DI GEORGE MONBIOT
Questo coronavirus suona come un campanello d’allarme per una civiltà confusamente complice.
Abbiamo vissuto dentro una bolla: una bolla di falsi agi e di negazione (dell’evidenza). Nelle nazioni ricche, abbiamo iniziato a credere di aver trasceso il mondo materiale. La ricchezza che abbiamo accumulato – spesso a spese degli altri – ci ha fatto da scudo contro la realtà. Vivendo dietro uno schermo, passando da una capsula all’altra – da casa, alla macchina, all’ufficio e ai centri commerciali – ci siamo persuasi che il fato ci aveva ceduto il passo, che avevamo raggiunto il punto che tutte le civiltà cercano: la capacità di proteggerci contro i rischi della natura.
Ora questa membrana si è rotta e ci troviamo nudi e violati, come la biologia che sembrava aver messo al bando la violenza dei temporali dalle nostre vite. La tentazione, quando questa pandemia sarà passata, sarà cercare di rientrare in un’altra bolla. Non possiamo permetterci di soccombere alla pandemia, d’ora in poi, dovremmo guardare in faccia tutte quelle realtà dolorose, di cui abbiamo negato l’esistenza per troppo tempo.
Il pianeta ha una gran quantità di punti deboli, alcuni dei quali farebbero sembrare questo coronavirus, al confronto, una cosetta facile da trattare. Sopra tutto uno negli ultimi anni per me è stato una ossessione : come ci nutriremo? Le lotte per accaparrarsi la carta igienica non sono state una bella cosa da vedere: spero che non dovremo mai assistere a lotte per il cibo. Ma sta diventando difficile immaginare come le potremo evitare.
Una gran quantità di prove sta cominciando ad accumularsi, dimostrando come gli sconvolgimenti climatici possano influire sulla nostra catena alimentare. L’agricoltura in alcune parti del mondo è già martellata dalla siccità, dalle inondazioni, dagli incendi e dalle locuste (il cui risveglio nelle ultime settimane sembra essere il prodotto di anomali cicloni tropicali). Quando definiamo “biblici” questi pericoli , intendiamo dire che sono un tipo di cose successe molto tempo fa, a persone le cui vite difficilmente possiamo immaginare. Ora però, sempre con maggior frequenza, stanno accadendo a noi.
Nel suo prossimo libro, Our Final Warning – Il nostro ultimo avvertimento – Mark Lynas spiega cosa è probabile che accada alla nostra catena alimentare per ogni grado in più di riscaldamento globale. Scopre che il pericolo estremo bussa da qualche quando si superano di 3°/ 4° i livelli climatici pre-industriali. A questo punto, una serie di impatti a incastro cominciano a minacciare di spingere la produzione alimentare dentro una spirale mortale. Le temperature esterne diventano troppo elevate per essere tollerate dall’uomo, rendendo impossibile l’agricoltura di sussistenza in Africa e nell’Asia meridionale. Il bestiame muore per lo stress termico. Le temperature iniziano a superare soglie letali per i raccolti in gran parte del mondo e le principali regioni produttrici di alimenti diventano ciotole piene di polvere. Contemporaneamente diventa altamente probabile la penuria nei raccolti di tutto il mondo – qualcosa che non è mai accaduto nel mondo moderno.
In combinazione con l’aumento della popolazione umana, la scarsità di acqua per l’irrigazione, del suolo e degli impollinatori potrebbero spingere il mondo verso una carestia strutturale. Ancora oggi, mentre il mondo ha un surplus alimentare totale, centinaia di milioni di persone sono malnutrite a causa della disparità di distribuzione della ricchezza e del potere. In regime di deficit alimentare, miliardi di persone potrebbero morire di fame. Ci sarà l’accaparramento, come è sempre stato, a livello globale, e le persone più potenti strapperanno il cibo dalla bocca dei poveri. Comunque, anche se ogni nazione manterrà le promesse previste dall’accordo di Parigi, cosa che attualmente sembra improbabile, il riscaldamento globale arriverà a più 3°- 4°.
Grazie alla nostra illusione di vivere in sicurezza, non stiamo facendo quasi nulla per anticipare questa catastrofe, e tanto meno per prevenirla. Questa questione esistenziale sembra a malapena toccare le nostre coscienze. Ogni industria della produzione alimentare sostiene che i propri processi attuali sono sostenibili e non devono essere rivisti. Quando li ho sfidati a dimostrarlo, ho incontrato un muro di rabbia, di abusi e di minacce come non mi era più capitato da quando facevo opposizione contro la guerra in Iraq. Ovunque ci sono le vacche sacre e gli agnelli di Dio, però il pensiero che serve per sviluppare i nuovi sistemi alimentari di cui abbiamo bisogno non lo troviamo quasi in nessun posto.
Ma questa è solo una delle crisi più imminenti. La resistenza agli antibiotici potenzialmente è letale come una qualsiasi nuova malattia. Una delle cause è il modo sorprendentemente prolifico con cui queste preziose medicine vengono utilizzate in alcune aziende zootecniche. Nei posti in cui sono raggruppati insieme un gran numero di animali da allevamento, gli antibiotici vengono distribuiti in modo profilattico, per prevenire malattie che altrimenti sarebbero inevitabili. In certe parti del mondo, non vengono utilizzati solo per prevenire le malattie, ma anche come stimolanti per la crescita. Basse dosi vengono regolarmente aggiunte ai mangimi: una strategia che difficilmente potrebbe essere meglio progettata per assicurare la resistenza ai batteri.
Negli Stati Uniti, dove 27 milioni di persone non hanno nessuna copertura medica, ci sono persone che si stanno curando con antibiotici veterinari, inclusi quelli venduti, senza prescrizione medica, per curare i pesciolini rossi. Le aziende farmaceutiche non stanno investendo sufficientemente nella ricerca di nuovi farmaci. Se gli antibiotici cesseranno di essere efficaci, la chirurgia diventerà quasi impossibile. Il parto ricomincerà a essere un pericolo mortale. La chemioterapia non potrà più essere praticata in sicurezza. Le malattie infettive, di cui ci siamo disinvoltamente dimenticati, diventeranno minacce mortali. Dovremmo discutere di questi problemi ogni volta che invece parliamo di calcio. Ma non capita quasi mai.
Le nostre tante crisi, di cui queste sono solo due, hanno una radice comune. Il problema è esemplificato dalla dalla risposta che hanno dato gli organizzatori della Mezza Maratona di Bath, un evento di grande portata che si è svolto il 15 marzo, alle molte persone che chiedevano di cancellare la manifestazione. “Per noi ormai è troppo tardi per annullare o per posticipare l’evento. L’appuntamento è fissato, le infrastrutture sono state montate, il sito e i nostri contractors sono pronti. ” In altre parole, i costi sommersi per noi sono più importanti di qualsiasi cosa che questo evento potrà provocare – la potenziale trasmissione di malattie e i possibili morti.
Il tempo che ci ha messo il Comitato Olimpico Internazionale per rimandare i Giochi potrebbe riflettere delle valutazioni simili, ma almeno alla fine ci sono arrivati. I costi sommersi nell’industria dei combustibili fossili, nell’agricoltura, nel settore bancario, nella sanità privata e in altri settori impediscono che possano avvenire le rapide trasformazioni di cui abbiamo bisogno. I soldi diventano più importanti della vita.
Ci sono due modi in cui potrebbero andare le cose. Come tanti hanno fatto, potremmo dire che non è vero niente e dirlo due volte. Qualcuno di quelli che ha negato l’esistenza di altre minacce, come gli sconvolgimenti climatici, cerca anche di minimizzare la minaccia del Covid-19. Come testimonia il presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, che afferma che il coronavirus non è altro che “una piccola influenza” e considera i media e i politici dell’opposizione che hanno chiesto il lockdown, apparentemente, tutti associati in una cospirazione contro di lui.
Oppure questo potrebbe essere il momento in cui cominciamo a guardare a noi, ancora una volta, come esseri governati dalla biologia e dalla fisica e subalterni a un pianeta abitabile. Non dovremmo mai più ascoltare i bugiardi e i negazionisti. Non dovremmo mai più permettere che una dolce menzogna sconfigga una dolorosa verità. Non possiamo più permetterci di essere dominati da persone che mettono i soldi davanti alla vita. Questo coronavirus ci ricorda che noi apparteniamo a un mondo materiale.
George Monbiot
Fonte : www.monbiot.com
Link : https://www.monbiot.com/2020/03/29/real-life/
29.03.2020
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario