Niente pizza, acqua e gelati dopo la mezzanotte, questo prevede l’ordinanza anti movida di Milano. E ci piacerebbe sapere cosa passa davvero per la testa del sindaco Sala, quando si inventa certe regole. Di certo fa irritare i milanesi, forse anche quelli che lo hanno votato dalla ZTL. A parte i cittadini che dovrebbero smettere di votare politici animati da spirito di mala sopportazione nei confronti degli esseri umani che non siano loro stessi e parenti stretti, sarebbe ormai il caso che i commercianti legali, penalizzati da decenni dalle scelte di questa e altre giunte affini, si facessero finalmente sentire con forza in questa disgraziata città, in preda al degrado e sempre più abbandonata a follie ideologiche (e non è la sola).
Da gambero rosso.it, 19 aprile 2024
Presagi oscuri, per chi quest’estate vorrà concedersi un gelato o una pizza d’asporto “notturna”, ma anche una più canonica bottiglietta d’acqua in centro a Milano. Saranno infatti alcune delle zone più frequentate del capoluogo lombardo, da corso Como e piazza Gae Aulenti all’area contigua all’Arco della Pace, solo per citarne alcune, ad essere oggetto del documento di “avvio del procedimento per la regolamentazione” della movida emanato dal comune di Milano.
A quanto si legge sull’ordinanza ufficiale, sarà previsto “uno stop a mezzanotte per quanto riguarda l’asporto” (comprendente bevande alcoliche ed analcoliche, oltre al cibo) “e i dehors” fino alle sei del mattino. Per il resto degli esercizi, la chiusura verrà imposta “dalla mezzanotte e mezza alle 6 dal lunedì al venerdì e dall’1.30 alle 6 nella notte tra il venerdì e il sabato e la notte tra il sabato e la domenica, e i giorni festivi infrasettimanali”. Le norme entreranno in vigore dal 17 maggio fino al 4 novembre.
Devo ascoltare tutti, chi fa commercio e chi vuole dormire»
era stato il commento di qualche settimana fa del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. L’ordinanza, si legge ancora sul sito ufficiale, è di fatto “volta a tutelare la tranquillità e il riposo dei residenti”, ma ha già scatenato le proteste dell’altra faccia della medaglia, ovvero i commercianti.
Chiudere è inutile se non si attuano tre interventi necessari»,
ha spiegato il presidente della Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe), Lino Enrico Stoppani.
Contrastare l’abusivismo tipico nelle zone della vita notturna, dove gli esercizi vengono penalizzati da chi vende bevande senza licenza, fermare gli ambulanti aggressivi che stazionano dalle sei del pomeriggio alle tre di notte e, infine, rafforzare i controlli, se vogliamo ripristinare un minimo di decenza».
Le associazioni pubbliche e private avranno tempo fino al 3 maggio per “inviare eventuali osservazioni” ai provvedimenti, che manterranno comunque l’ossatura già definita da Palazzo Marino. Proprio la vendita di gelati d’asporto dopo la mezzanotte a Milano era stata al centro, ormai più di dieci anni fa, nel giugno 2013, di un’ordinanza poi ritirata dall’allora assessore al Commercio, Franco D’Alfonso. A ritrattare era stato il sindaco Giuliano Pisapia, che aveva bollato la questione come “un equivoco”, rassicurando gli abitanti meneghini e non sulla possibilità di «continuare a gustare liberamente il loro gelato anche dopo le 24».
La mediazione tra il diritto dei residenti ad un sonno tranquillo così come quello degli esercenti a sfruttare appieno la bella stagione (e, nel caso di Milano, la possibilità di rinfrescarsi con un po’ d’acqua nei mesi più afosi), si è negli ultimi anni rivelata complicata ed ampiamente divisiva.
Un’imposta chiusura dei locali per limitare la movida si era registrata, la scorsa estate, a Venezia, dove il sindaco Luigi Brugnaro aveva previsto la chiusura degli esercizi artigianali di gastronomia, escludendo le tanto discusse gelaterie, alle 23, e alle 20 quella dei distributori automatici di alimenti e bevande. Di recente, a Trento è entrato in vigore il divieto di vendita di alcolici dopo le 23. Un “pugno duro”, per regolamentare la movida che in Sicilia verrà trattato direttamente dal Tar. L’ordinanza anti-movida emessa dal comune di Palermo causerebbe alle attività economiche, nello specifico a presentare il ricorso è stata una società attiva nel settore delle scommesse, disagi tra i quali la possibilità concreta di riduzione del personale.
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