Perché, invece, è fondamentale andare a votare

La convinzione che il non voto possa scuotere il potere è solo un'illusione.

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Continua la serie inerente le prossime elezioni amministrative ed europee previste per l’ 8 e 9 giugno prossimi.

Si alterneranno tante voci e posizioni, nella migliore tradizione di CDC, utenti e lettori sono invitati e benvenuti al dibattito: andare, o non andare, a votare? Questo è il dilemma…

Buona lettura.

La Redazione

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

Gli argomenti principali che i fautori dell’astensione portano a sostegno della propria tesi sono sostanzialmente due:

  1. Non votiamo perché non vogliamo legittimare l’istituzione per la quale dovremmo votare;
  2. Non votiamo perché in questo modo, superata la soglia del 51% di astensione, costringiamo i partiti politici e le istituzioni a mettersi in qualche modo in discussione.

Non condivido nessuna delle due tesi.

La legittimazione delle istituzioni non è data dal numero di votanti. Le istituzioni esistono, ad esempio l’Unione Europea, e continueranno a esistere anche a fronte di un numero di elettori esiguo, per il semplice fatto che esse si auto-legittimano. Dal momento, infatti, che l’idea dell’Europa unita nasce indipendentemente dalla volontà dei popoli delle nazioni che la compongono, a maggior ragione, poco importa a chi siede sugli scranni del potere se fette intere di popolazione non esprimono il proprio voto. Ci chiedono cosa ne pensiamo di un esercito comune? No. Ci hanno chiesto cosa ne pensavamo dell’acquisto inconsulto di vaccini e limitazioni varie della libertà personale? No. Ci stanno chiedendo se abbiamo voglia di farla, la guerra alla Russia? No. Perché l’opinione dei popoli non conta, se una minoranza continua a votare i soliti noti, in modo da permettere agli eletti di proclamare trionfi inesistenti, a maggior ragione, non conta chi non vota. Anzi, è un fastidio in meno per una certa classe politica (quasi tutta, pensiamo), perché la scheda non utilizzata è in sostanza una firma in bianco a favore di chi, eventualmente esprime la propria preferenza. Le azioni, nefaste o no, non diminuiscono il loro effetto se commesse da una commissione votata da un parlamento votato a sua volta dal 30% degli Europei aventi diritto.

Parimenti ci si potrebbe chiedere perché votare, quindi. Se non cambia nulla, perché prendersi il disturbo di recarsi alle urne? Perché in realtà, il voto che infastidisce il potere c’è, eccome. Farage ce lo ha insegnato, con il suo Brexit Party; nel 2019 si era presentato con un programma molto preciso, ed è stato votato per questo. Il resto è storia. Ma se non fosse stato votato? Se l’opinione generale dei britannici fosse stata quella di non votare, in nome del “tanto non cambia nulla e io non legittimo le istituzioni”, come sarebbe andata a finire? Gli UK sarebbero ancora dentro la gabbia europea, probabilmente. Quindi il punto non è “non votare” ma “provare a votare il partito giusto”, cioè funzionale alla volontà politica personale di ognuno di noi.

Ritengo che il voto fastidioso per il potere ci sia, ed è quello che si pone come obiettivo l’uscita dall’EU e il ritorno a moneta sovrana. Esistono partiti che hanno questi punti come fondamentali e fondanti del proprio programma? Lo vedremo nella prossima campagna elettorale, che parte ufficialmente la settimana prossima. Un buon criterio di selezione potrebbe essere quello che utilizza i media televisivi:

ne parli malissimo o, peggio, non ne parli proprio? Allora probabilmente quello è il partito giusto.

Il non voto non è fastidioso, anzi. Significa indifferenza, nella lettura politica, e cosa c’è di meglio per una classe dirigente come quella che ci tocca subire in EU? Anche a fronte di un’astensione del 65%, sarebbero capaci di urlare al trionfo, se vincessero le elezioni. Perché non c’è limite all’avidità e alla sete di potere, e pazienza se li hanno votati quattro gatti: gli altri hanno rinunciato a esprimersi!

Ecco perché non credo affatto alla seconda teoria addotta dagli astensionisti.

Chi ci dice che, fissata una soglia di tolleranza dell’astensione “accettabile”, le istituzioni così colpite da una massa di non-votanti alzerebbero bandiera bianca, subendo una sorta di movimento rivoluzionario degli astensionisti. Niente di più improbabile. In fondo, perché dovrebbero mollare la presa. O non li vota nessuno, e allora forse uno schiaffone del genere farebbe crollare il regno di Mordor, o i pochi che votano, usufruendo legittimamente del diritto di esprimersi nel segreto dell’urna, farebbero la differenza. Il voto espresso oggettivamente vale doppio, perché valido anche per chi ha optato per la scheda bianca.

Un foglio bianco non esprime un messaggio. O, meglio, esprime il messaggio di non volersi esprimere.

Preferisco tacere.

Ma se taci, come fai a far capire cosa c’è che non va? Un po’ come quando, in preda all’arrabbiatura, ti chiudi in un ostinato silenzio. Beh, ma è ovvio, qualcuno potrebbe obiettare: se non voto è perché non c’è nessuno degno della mia preferenza. Benissimo, ma questo non costituirà il benché minimo stimolo nei confronti dei partiti a cambiare. Basta seguire le cronache politiche dopo le recenti elezioni amministrative. Affluenza vertiginosamente in calo, qualcuno ha notato un qualche cambio di passo in tutti i partiti dell’arco parlamentare? Una qualche novità nei programmi, una riflessione?

No, erano troppo impegnati a contare i voti di chi, invece, a votare ci è andato.

Certo, credere a un’utopia, cioè la totale diserzione dalle urne, è legittimo, e sarebbe l’unica reale possibilità di far cadere i regimi dei quali siamo vittime sotto i colpi del non-voto. Nel frattempo, mentre speriamo in un sogno, potremmo magari vedere se, nelle realtà dei piccoli partiti ci siano delle persone che meritano la nostra fiducia. Vale la pena di rischiare, non sarebbe la prima volta e non sarà l’ultima.

Cominciamo col votare chi potrebbe dar fastidio al potere e al mainstream: sempre meglio che restare a casa, e magari poi anche lamentarsi di come vanno le cose.

Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

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