I messaggi nascosti dell’apparato culturale dell’élite del potere

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Edward J. Curtin Jr. – Behind the curtain – 2 maggio 2024

 

Essere crocifissi significa soffrire e morire lentamente e in modo agonizzante. Era una forma comune di esecuzione nel mondo antico. È generalmente associata all’uccisione di Gesù da parte di Roma (ma ancora prima fu la morte riservata ai 6.000 gladiatori di Spartaco superstiti, N.d.T.) e ha un profondo significato simbolico e spirituale per i cristiani. Nel suo senso figurato, si riferisce a molti tipi di sofferenza e morte inflitte ai deboli dai forti, come il massacro genocida dei palestinesi da parte del governo di Israele.

Una ventina di anni fa, quando l’indossare croci da parte di ogni tipo di persona era una moda culturale, una donna che conosco mi disse che stava pensando di comprarne una. Quando le chiesi il motivo, visto che era ebrea, mi rispose che era perché pensava che fossero belle. Sembrava ignara del fatto che per i cristiani fossero simboli spirituali raccapriccianti ma rivelatori, l’equivalente della sedia elettrica o del cappio, ma legati alla Pasqua di risurrezione e al trionfo non violento sulla morte che è al centro del cristianesimo.

La sua attenzione per la bellezza mi ha forzatamente colpito: la cultura secolare ha trionfato nell’affermare un credo anti-credo in cui la ricerca di un senso di benessere e di tranquillità estetica ha avuto la meglio sulle credenze tradizionali, mentre ha usato tutte le fedi nel perseguire un nichilismo egocentrico attraverso una finta spiritualità legata a una preziosa estetica della bellezza.

Philip Rieff se ne accorse a metà degli anni Sessanta quando scrisse in “Il trionfo della terapeutica”:

Sollevare la questione del nichilismo, come hanno fatto i sociologi a partire da Auguste Comte, dimostra un importante cambiamento di tono: la nota di apprensione è scomparsa dalla domanda. Crediamo di sapere qualcosa che i nostri predecessori non sapevano: che possiamo finalmente vivere liberamente, godendo di tutti i nostri sensi – tranne il senso del passato – come barbari senza memoria, onesti e amichevoli, in un Eden tecnologico…, questa cultura, che un tempo si immaginava all’interno di una chiesa, si sente intrappolata in qualcosa di simile a uno zoo di gabbie separate. Gli uomini moderni sono come la pantera di Rilke (*), che guarda sempre fuori da una gabbia verso un’altra.

Anche se oggi queste gabbie sarebbero meglio descritte come celle – come i telefoni cellulari – il punto di Rieff era estremamente preveggente, riecheggiando a suo modo la profezia di Max Weber del 1905 in “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” sull’imminente “gabbia di ferro”.

Sarebbe comprensibile se si pensasse che la fotografia del crocifisso che precede le mie parole sia stata scattata in una chiesa, poiché il suo primo piano davanti all’abside della chiesa medievale spagnola di San Martin a Fuentidueña lo fa sembrare tale. Non è così, se non si pensa che i musei sono diventati le chiese moderne, dove le persone accorrono per venerare l’arte per amore dell’arte e forse per trovare una consolazione che hanno perso a un livello più profondo.

Musei che sono stati costruiti e mantenuti da persone molto ricche per servire come chiese alla gloria di Mammona e alla loro auto-illusa immortalità.

Mammona che è stato costruito sulle spalle dei poveri e della classe operaia, proprio come questi edifici.

Sotto tutte le istituzioni culturali di alto livello, musei e luoghi d’arte come il Metropolitan Museum of Art, il Museum of Modern Art, il Lincoln Center di New York ecc. si nasconde il lavoro e la terra espropriati alle classi inferiori, le stesse classi il cui sudore e il cui sangue sono stati sfruttati nel corso delle trasmutazioni storiche del capitale da commerciale a industriale a finanziario per creare l’immensa ricchezza dei super-ricchi.

C’è un motivo per cui gli industriali americani del XIX secolo, come Vanderbilt, Mellon, Carnegie, Rockefeller e altri, erano chiamati “i baroni ladri”. Erano dei truffatori. Sono ancora tra noi, ovviamente, aiutati e sostenuti dall’ultima classe di miliardari di oggi. Costruiscono e finanziano le istituzioni culturali di cui sopra, oltre a possedere e gestire le principali istituzioni di comunicazione e intrattenimento di massa, come giornali, reti televisive, società di telecomunicazioni, studi cinematografici, ecc. – il complesso industriale dell’intrattenimento. In questa capacità di comunicazione diretta, controllano la mediazione della “realtà” alla popolazione generale. Servono gli interessi di quella che il grande sociologo C. Wright Mills definì l’élite di potere dentro e fuori il governo, di cui sono parte integrante e attraverso la quale si muovono agevolmente in un gioco di sedie girevoli. Gestiscono il grande spettacolo per la popolazione generale, mentre muovono le leve del potere dietro le quinte.

Quando morì, Mills stava lavorando a un enorme libro che esplorava quello che aveva provvisoriamente intitolato “The Cultural Apparatus”. Definì questo complesso come segue:

L’apparato culturale è composto da tutte le organizzazioni e gli ambienti in cui si svolge il lavoro artistico, intellettuale e scientifico e dai mezzi con cui tale lavoro viene reso disponibile. … contiene un insieme elaborato di istituzioni: scuole e teatri, giornali e uffici di censimento, studi, laboratori, musei, piccole riviste e reti radiofoniche… All’interno di questa rete, tra gli uomini e gli eventi, le immagini, i significati e gli slogan che definiscono i mondi in cui viviamo sono organizzati e confrontati, mantenuti e rivisti, persi e custoditi, nascosti, sfatati, celebrati. Nel suo insieme, l’apparato culturale è la lente dell’uomo attraverso la quale gli uomini vedono; il mezzo con cui riferiscono e interpretano ciò che vedono.

La Columbia University, dove ha insegnato e che oggi è alla ribalta delle cronache per la repressione da parte della polizia del dissenso degli studenti per la loro protesta pro-palestinese, è una di quelle istituzioni culturali d’élite, un luogo in cui Mills non si è mai trovato a suo agio e i cui colleghi lo guardavano con sospetto per la sua critica allo stato di guerra dell’élite di potere.

La Columbia, con la sua storia di razzismo, ha visto il suo status di élite minacciato dalla crescita della vicina comunità nera di Harlem negli anni ’20 e ’30 e da allora la sua ulteriore espansione in questi quartieri.

La Columbia, come tutte le istituzioni culturali d’élite, è nata con una mentalità sui generis ed è stata innalzata alle vette della purezza e dell’innocenza, ma le sue fondamenta sono marce a causa del denaro sporco.

Eppure, come ha scritto recentemente Terry Eagleton sulla “London Review of Books”,

non è questo il modo in cui la cultura in genere ama vedere se stessa. Come il bambino edipico, tende a disconoscere la sua bassa parentela e a fantasticare di essere scaturita dai propri lombi, autogenerandosi e autoformandosi“.

Come la Columbia e tutte le università d’élite di “alta formazione” – Harvard, Oxford, Yale, Princeton, Stanford, ecc. – che fungono da strumenti di legittimazione per l’élite di potere e la sua mendacità, i musei e le altre note istituzioni artistiche esercitano un’enorme influenza, non solo sulla cultura in senso alto, ma sulla trasformazione della società nel suo complesso, spesso in modi che passano inosservati. Ancora Eagleton:

Vi è in questo un’ironia, perché poche cose legano l’arte così strettamente al suo contesto materiale come la sua pretesa di essere libera da quel contesto. Questo perché l’opera d’arte come autonoma e autodeterminante, un’idea nata alla fine del XVIII secolo, è il modello di una versione del soggetto umano che sta rapidamente guadagnando terreno nella vita reale. Uomini e donne sono ora visti come autori di se stessi…

La foto del crocifisso e dell’abside che precede le mie parole è stata scattata di recente nel The Cloisters di Upper Manhattan, a New York, nelle cui stanze si aggirano i fantasmi di credenze religiose defunte. L’intento è quello di presentare una “galleria simile a una cappella”. Il Cloisters è un museo di proprietà del Metropolitan Museum of Art ed è ora conosciuto come The Met Cloisters. Il museo, insieme al bellissimo parco di Fort Tryon di 67 acri che lo ospita, è stato creato e finanziato da John D. Rockefeller, Jr. che, secondo il sito web del Met, era affascinato dal passato. “L’abilità artistica dell’arte medievale e la sua innata spiritualità attraevano fortemente questo filantropo e collezionista“, si legge.

Spiritualità del Medioevo, mi permetto di dire, che quando è stata trasportata al museo era priva del suo contesto vitale e poteva essere presentata come un dono di una famiglia di baroni rapinatori alla gente di New York che aveva bisogno di essere sollevata dalla gentilezza “noblesse oblige” dei Rockefeller. Spiriti morti, privi di una religiosità interiore viva, che trasmettono messaggi segreti a un pubblico affamato di significati.

Come la mia amica che aveva preso in considerazione l’idea di comprarsi una croce, Rockefeller ha senza dubbio trovato il crocifisso e l’abside che lo incornicia piuttosto belli e spiritualmente edificanti, ma non la spiritualità viva del Gesù ‘criminale’, il cui messaggio sulla ricchezza non ha mai informato lo spietato sfruttamento operato dai Rockefeller nella loro ascesa al potere.

Negli anni passati, quando ho visitato per la prima volta The Cloisters, essendo un newyorkese del Bronx, era conosciuto semplicemente come The Cloisters, anche se il Met ne era proprietario fin dalla sua nascita negli anni Trenta. Prima di visitarlo da giovane, avevo l’impressione che avesse un qualche significato religioso, come suggerisce il nome stesso del chiostro (XIII secolo, cloystre, “un monastero o un convento, un luogo di ritiro religioso o di clausura“).

Ma mi sbagliavo: è un museo, un bellissimo museo costruito con pietre provenienti da monasteri, chiese e conventi europei trasportati molto tempo fa attraverso l’Atlantico e ricostruiti sulle alture sopra il fiume Hudson. È pieno di opere d’arte medievale raccolte da Rockefeller, George Gray Barnard e altri ricchi collezionisti d’arte. Per coloro che sono disposti a chiedersi per cosa pregassero i reali nel Medioevo – per massacrare quanti più musulmani possibile nelle Crociate? – si può vedere il piccolo libro di preghiere appartenuto alla Regina di Francia – e immaginare. Immaginare potrebbe far capire quanto poco siano cambiate le cose e quanto le piccole cose significhino molto. Il trucco è notarle.

Il potere politico ha bisogno del potere culturale per operare efficacemente. Le élite non possono limitarsi a sbattere la gente in giro e non aspettarsi alcuna risposta. Devono far penetrare i loro messaggi ideologici nella coscienza pubblica in modi piacevoli. Scrivendo di Edmund Burke, Eagleton dice: “Riconosce invece che la cultura in senso antropologico è il luogo in cui il potere deve adagiarsi per essere efficace. Se il politico non trova una casa nel culturale, la sua sovranità non potrà affermarsi“.

Così, per fare un esempio da Hollywood e dal regno pop-culturale, potremmo notare come molti film e spettacoli televisivi siano stati segretamente co-scritti dal Pentagono.

Un altro nome per questo è propaganda

La messaggistica culturale è l’ambito in cui l’élite di potere ha bisogno di sedurre le persone normali, convincendole che il potere viene esercitato per il loro bene e che tutti hanno gli stessi interessi. Soft power. Potere gentile. Potere che viene mascherato come benefico per tutti. Potere bello. Potere “spirituale”.

Come ho detto, Fort Tryon Park (progettato dai fratelli Olmsted, figli del progettista di Central Park, Frederick Law Olmsted) e The Cloisters sono di una bellezza spettacolare. Camminando attraverso il parco in una soleggiata giornata di primavera per raggiungere il museo all’estremità settentrionale – con i fiori e i ciliegi in fiore che abbagliano e il fiume Hudson che luccica sotto di noi – si è sopraffatti dalla bellezza e si è grati al suo donatore umano, John D. Rockefeller, Jr. Ci vuole un po’ di sforzo mentale per cogliere il paradosso o il sogno delirante di tale gratitudine. Ma va al cuore del potere del complesso culturale e dei modi in cui lavora per ammorbidire la spietatezza dei suoi controllori capitalistici ultra-ricchi.

Prima vi derubano, poi vi regalano una passeggiata nel parco.

Quando si entra nelle loro istituzioni, si ha l’opportunità di pensare all’interno di parametri controllati, e allo stesso tempo si ha un’idea della natura teatrale della propria esperienza. La sensazione è importante quanto il pensiero, perché ci ricorda di tenere la bocca chiusa e di prosperare anche noi. L’inganno del complesso culturale dell’intrattenimento e dell’educazione può emergere in alcuni che sono stati invitati nei santuari del potere e del prestigio, come è successo attualmente a molti studenti universitari (e ad alcuni docenti) la cui coscienza non permette loro di stare fermi mentre i palestinesi vengono massacrati. Ma se osate agire in base alla vostra sensazione di essere presi per i fondelli, state attenti! Sarete banditi dai piaceri offerti per la vostra acquiescenza, come stanno scoprendo questi studenti.

Hanno rifiutato quella parte dell’esperienza di apprendimento che George Orwell chiamava Autocensura:

“…[significa] la facoltà di fermarsi, come per istinto, alle soglie di qualsiasi pensiero pericoloso. Comprende il potere di non cogliere le analogie, di non percepire gli errori logici, di fraintendere le argomentazioni più semplici se sono in contrasto con i principi del SocIng, e di essere annoiato o respinto da qualsiasi corrente di pensiero che possa condurre in una direzione eretica. Autocensura, in breve, significa stupidità protettiva.”

A volte il vero pensiero e la coscienza hanno la meglio, perché il potere delle istituzioni culturali dell’élite non è onnipotente. Non tutti sono in vendita, nemmeno gli invitati al banchetto. Insegnate alle persone a pensare e a meditare sulla storia e forse penseranno fuori dalla gabbia delle vostre aspettative.

Mentre il genocidio dei palestinesi è sotto gli occhi di tutti, i dirigenti di queste università d’élite, a differenza degli studenti ribelli, chiudono gli occhi di fronte all’evidenza. Seguono il copione che gli è stato consegnato quando hanno accettato le loro prestigiose posizioni di potere, tenendo fede alla famosa definizione di Julian Benda, “Il tradimento dei chierici”.

Ma il “bel” potere diventa il pugno di ferro quando la plebe diventa troppo arrogante e prende sul serio i suoi studi e si ribella come essere umano con una coscienza. Questo è il rovescio della medaglia dei messaggi nascosti delle istituzioni culturali d’élite.

Questo processo bifronte di messaggi nascosti ed evidenti opera anche nel complesso dei media (si veda qui). Mentre i cosiddetti media liberali e conservatori – tutti stenografi delle agenzie di intelligence – diffondono la propaganda più palese su Palestina, Israele, Russia e Ucraina ecc., che è così evidente da risultare comica se non fosse così pericolosa, gli autodefiniti “addentro alle segrete cose” ingeriscono anche messaggi più sottili, spesso provenienti dai media alternativi e da persone che considerano dissidenti. Sono come piccoli semi infilati come se nessuno se ne accorgesse; operano la loro magia quasi inconsciamente. Pochi li notano, perché spesso sono impercettibili. Ma hanno i loro effetti, sono cumulativi e sono molto più potenti, nel tempo, delle dichiarazioni palesi che spengono le persone, soprattutto quelle che pensano che la propaganda non funzioni su di loro. Questo è il potere della propaganda di successo, che sia intenzionale o meno. In particolare, funziona bene con le persone “intellettuali” e altamente istruite.

Alcuni pensano che se si vede più di quanto sia apparente quando si visitano siti come The Cloisters nel parco di Fort Tryon, non si è in grado di godere della bellezza di questi “doni”. Questo non è vero. Non si escludono a vicenda. Il grande studioso afroamericano W. E. B. DuBois ha coniato il termine “doppia coscienza“, che credo possa essere usato in questo contesto per descrivere l’esperienza di alcune persone, non solo quella degli afroamericani. Vedono almeno due verità contemporaneamente. Vedono almeno due verità contemporaneamente. La loro doppia coscienza non riconciliata impedisce loro di avere una visione unica quando visitano le belle creazioni dell’élite del potere. Le parole di William Blake – “Che Dio ci preservi dalla visione unica e dal sonno di Newton! – informano la loro prospettiva.

Durante la stessa gita a The Cloisters, mia moglie e io abbiamo camminato a lungo per Central Park, sicuramente uno dei parchi più belli del mondo. Era spettacolarmente pieno di alberi di ciliegio in fiore e di persone provenienti da tutto il mondo che si godevano i suoi piaceri, come noi. Tuttavia, entrando e uscendo da questo paradiso, non ho potuto fare a meno di pensare che questo parco fosse ingabbiato dai massicci complessi di appartamenti della classe elitaria super-ricca, come a dire ai visitatori del parco: potete visitarlo, ma non restarci. Noi controlliamo i vostri piaceri.

Max Weber l’ha detto bene un secolo fa:

“Nessuno sa chi vivrà in futuro in questa gabbia, o [se] alla fine di questo tremendo sviluppo sorgeranno profeti del tutto nuovi, o ci sarà una grande rinascita di vecchie idee e ideali, o, in caso contrario, una pietrificazione meccanizzata, abbellita da una sorta di convulsa presunzione. Per quanto riguarda l’ultima fase di questo sviluppo culturale, si potrebbe dire che: ‘Specialisti senza spirito, sensualisti senza cuore; questa nullità immagina di aver raggiunto un livello di civiltà mai raggiunto prima’”.

 

edward_curtinCon una formazione classica, teologica e sociologica, Edward Curtin è un ex professore di sociologia al MCLA e uno scrittore ampiamente pubblicato, il cui ultimo libro è “Seeking Truth in a Country of Lies” (Clarity Press). Vive a Great Barrington, nel Massachusetts.

 

 

Link: https://edwardcurtin.com/the-hidden-messages-of-the-power-elites-cultural-apparatus/

Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte

 

(*)

La pantera

Dal va e vieni delle sbarre è stanco

l’occhio tanto che nulla più trattiene.

Mille sbarre soltanto ovunque vede

e nessun mondo dietro mille sbarre.

Molle ritmo di passi che flessuosi e forti

girano in minima circonferenza,

è una danza di forze intorno a un centro

ove stordito un gran volere dorme.

Solo dalle pupille il velo a volte

s’alza muto. – Un’immagine vi penetra

scorre la quiete tesa delle membra –

e nel cuore si smorza.

 

R.M. Rilke

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