Di Raniero Mercuri
Lo hanno chiamato fascista. E hanno sbagliato. Poi complottista. E hanno ancora sbagliato. Antifascista? Giammai. Poi ancora, tutti in coro: sessista, omofobo, razzista. Infine, finalmente: antisistema. Eccola, per ultima, la ciliegina. O, per meglio dire, la torta. Tutta insieme.
Di che parliamo? Di quello che tutti hanno sotto gli occhi ma non vedono più da troppo tempo. I giochini di chi muove i fili. Di quelli facili facili, che non richiederebbero neanche uno sforzo particolare per comprenderli, se non fossimo nell’epoca ideale per lanciarli così, senza indugi, nella mandria sterminata di pony coi paraocchi che prende il nome di opinione pubblica.
Un tempo, negli anni Settanta per capirci subito, decennio di forti ideali e personalità ben strutturate, li avrebbero “sgamati”, per dirla alla romana, in un attimo, senza perderci troppo tempo. Oppure, probabilmente, questo giochino da due soldi non sarebbe stato neanche attuato, data l’epoca.
Ma con piazze virtuali e quindi stupide, fatiscenti, genuflesse ed apparenti, ben costruite nel tempo e sul nulla, è un gioco da ragazzi. Uno spasso, bellezza.
Tutti lì, nel labirinto amorale di pensieri mai pensati, a dibattere (?) del nulla eretto a simbolo. Negli ultimi quindici anni il mondo ha preso la piega che sappiamo: disumana, artificiale, disidentitaria e via cantando, con un’accelerata drammatica dal Covid in poi. Alcuni si sono posti domande e i fatti hanno dato loro risposte e ragione. Altri li hanno seguiti e messo in fila tanti perché. Poi, con loro, sempre più gente.
E allora via con la censura ad personam e pensieri non più accettati dalla “nuova normalità”.
Neologismi da sballo ad etichettare chi non segue il pensiero stupendo, la maledetta primavera delle nuove masse virtuali signorsì. Così, mentre agli ultimi liberi pensatori è toccata la damnatio memoriae, occorreva pur dare a qualcuno lo scettro mediatico di simbolo confuso, di paladino zoppicante. Qualcuno che desse un’immagine deviata ma ufficiale del pensiero di tanti che, sempre in numero maggiore, stavano tornando a pensare.
Lo hanno trovato. Pieno agosto 2023, un caldo boia. Un generale dell’Esercito pubblica un libro, si chiama Il mondo al contrario. Cavolo, un membro dello Stato utilizza una frase che una fetta di popolo si ripete nella testa da qualche anno! I contenuti saranno certamente espressione del pensiero di chi è stato costretto a tacere in nome di una libertà non autorizzata. O no? Ah no, qui è tutto autorizzato: presentazioni, titoli di giornale, interviste. Leggiamolo però. Qualcosa non torna?
Tutto. Nel libro del generale Roberto Vannacci non torna davvero nulla. Contenuti a dir poco inopportuni, errati, contorti e distorti dal loro vero significato, banalizzati, destrutturati. Un’esaltazione artificiosa del grottesco, senza capo né coda. E, quindi, perfetto. “Abboccano” tutti o quasi, è lui il simbolo voluto da chi muove i fili ormai anche in modo maldestro, spiccio. Ma tant’è, oggi basta e avanza questo.
Le mandrie tolgono i paraocchi e si scagliano inferocite contro di lui, contro il cowboy dal cavallo bianco ma non candido, scelto dagli stessi che hanno tolto i paraocchi a pony furibondi. Qualcuno prende le sue difese, di certo non gli onesti pensatori, già costretti in ghetti d’oblìo. E allora chi?
Maggio 2024, Vannacci è candidato con la Lega alle elezioni europee. C’è chi lo difende, chi lo attacca. E chi, ormai quasi silente, ha capito il solito vecchio giochino di chi dà le carte. Così, mentre le folle virtuali si accalcano sull’impavido Vannacci, il mondo continua ad andare nella direzione decisa. Unica e mai contraria al senso di marcia.
Di Raniero Mercuri
Raniero Mercuri. Docente di Italiano, Storia e Filosofia nella scuola secondaria. Già “cultore di materia” nelle cattedre di Storia contemporanea e Storia e istituzioni delle americhe. Giornalista e scrittore, collaboro da anni con importanti giornali, riviste ed agenzie di stampa. Plurilaureato in università pubbliche: Lettere e Filosofia (magistrale in Scienze storiche), Scienze Politiche (specialistica in Relazioni Internazionali).