Fincantieri: a volte sei il parabrezza e a volte sei l’insetto

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DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

 

Alta tensione tra Macron, le nouvel empereur e Gentiloni, carismatico come una sogliola lessa, sul caso Fincantieri, ma anche su quell’annuncio della Francia, poi smentito, di creare dei centri hotspot in Libia.

Pier Carlo Padoan si stupisce della «sfiducia verso Italia» nella trattativa tra Fincantieri e Stx da parte del nuovo presidente, ma forse dimentica di dire che l’Italia fa parte dei Paesi PIGS, quindi una vera e propria triplice colonia, degli USA, che l’hanno colonizzata dal dopoguerra, dell’UE che l’ha assoggettata da Maastricht, e dalle lobbies transatlantiche globaliste, che hanno deciso di farne un grande hotspot a cielo aperto.

Il muro contro muro è concreto, infatti la Francia ha di fatto nazionalizzato i cantieri francesi di Saint Nazaire, anche se Macron ha poi tentato di ricucire con il prode Gentiloni, che a sua volta aveva salutato la sua ascesa all’Eliseo con grande entusiasmo «Evviva #Macron Presidente! Una speranza si aggira per l’Europa!».

Così anche la nostra cantieristica navale affonda sul piano finanziario. Dopo essere stata quotata in Borsa, l’azienda pubblica, gioiello nella costruzione delle navi, ha dovuto pagare il prezzo della sua solidità industriale, ed ora il governo francese chiarisce che libero mercato e libera concorrenza vengono dopo le gerarchie imperiali tra gli stati. Ma non era un turbo-liberista?

L’operazione Fincantieri-Stx è nata sotto due governi deboli, quello di Renzi e quello di Hollande, giunto a fine corsa, poi i rapporti di forza sono cambiati e hanno determinato la crisi.

Diventa così evidente che l’Italia è uno stato vassallo, mentre la Francia è un paese colonialista, quindi le colonie devono vendere, mentre l’acquisto spetta solo ai colonizzatori.

L’intrepido Gentiloni potrebbe a questo punto ri-nazionalizzarla, ma cosa aspettarsi dal signor Nessuno in ambito europeo, che governa sempre più ingobbito verso le oligarchie mondialiste, che esce dal suo guscio di lumacone solo per svendere i gioielli italiani, Alitalia, Ilva, Banche?

Hanno un bel da starnazzare Padoan e Calenda che «nazionalismo e protezionismo non sono basi accettabili su cui regolare i rapporti tra due grandi paesi europei».

Non si comprende come sia possibile che la società Stx fosse prima controllata al 66% dalla Corea e ora invece non possa avere una maggioranza italiana … «Attendiamo la proposta che ora ci faranno i francesi», dicono i due ministri, ma certo, l’impegno di quasi 80 milioni messo da Fincantieri, società pubblica, si spiega solo se si crea un gruppo a guida italiana in grado di confrontarsi nel difficile scenario internazionale della cantieristica.

Macron il nuovo gattopardo europeo, globalista, liberista, protezionista, tutto e il suo contrario, sta sempre dalla parte degli interessi della nazione, ruba la scena allo stesso Trump durante il G-20, ed ora ruba la scena e i miliardi all’Italia.

Dopo l’incontro organizzato a Parigi tra Fayez Al Sarraj e Khalifa Haftar, prosegue nel suo disegno: scalzare l’Italia nella gestione della crisi migratoria e presentarsi all’UE come l’attore capace di raggiungere l’obiettivo che Roma ha finora mancato.

Così dopo aver convocato per primo l’uno di fronte l’altro il capo del governo di Tripoli e il capo delle milizie fedeli a Tobruk, rilancia l’idea «di creare hotspot in Libia per evitare alle persone di assumere dei rischi folli quando non hanno alcun titolo per ottenere l’asilo, andremo a cercare direttamente le persone. Conto di farlo a partire da quest’estate, con o senza l’Europa».

Ma la replica del premier italiano rimbalza nel vuoto: «La sfida non può essere lasciata ai singoli Paesi, serve un impegno comune».

Insomma, falsi incidenti diplomatici, per mascherare l’assoluta dipendenza politica del governo italiano nei confronti del potere eurista e globalista. Infatti la stessa Commissione europea ha tenuto a sottolineare come l’ipotesi di trattare le richieste d’asilo nei Paesi terzi non sia proprio in agenda, si lavora invece ad un nuovo schema di trasferimenti in Europa (vedi Italia) di 40mila profughi da Libia e Paesi vicini, con un finanziamento dell’Ue da 40milioni.

La «bomba» Macron è esplosa con dichiarazioni molto simili a quelle a cui ci hanno ormai abituato i falchi europei come il premier ungherese Viktor Orban, o il ministro degli Esteri austriaco Sebastian Kurz, ma abbastanza improbabile per un leader come Macron, così allineato alla cancelliera Angela Merkel nel rilancio del progetto dell’Unione.

E mentre Calderoli esulta ricordando che gli hotspot in Libia sono la soluzione predicata dal Carroccio da anni, il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha avvertito: «Non si può andare avanti con battute improvvisate. Ora anche la Francia. I campi là devono essere gestiti dalle organizzazioni internazionali come l’Unhcr». Ovvero, quelli a cui sta lavorando l’Ue. Però anche lui aveva salutato la vittoria del nuovo presidente con entusiasmo.

Quindi siamo in competizione con la Libia per la costruzione degli hotspot, e non con la Francia per la nazionalizzazione di gioielli industriali, non possiamo comprare i cantieri dei paesi che comandano nella UE, ma dobbiamo fare i lager per i migranti che gli altri respingono … del resto siamo i popoli del Sud Europa, i popoli maiali, quelli che secondo il presidente dell’Eurogruppo Jeroen  Dijesselbloem, sono in crisi perché hanno speso i soldi in vino e donne.

L’Unione Europea è un organismo colonialista, e l’Italia, assieme a tutti gli altri PIGS, sta dalla parte dei valvassini. Il nostro compito sembra essere quello di fare da guardiani alle frontiere altrui.

Macron poi con la mossa cantieristica sta cercando di ottenere un ampio controllo delle forniture energetiche al nostro paese, un’arma potentissima che Parigi potrà usare contro Roma in qualsiasi futura crisi diplomatica. Senza dubbio sta cercando di diventare il referente europeo per la Libia, in grado di garantire, a differenza dell’Italia, forniture militari, assistenza nel settore petrolifero, copertura diplomatica in sede di Nazioni Unite grazie al diritto di veto.

Però la Libia rimane per l’Italia una nazione dove ancora possiamo gestire direttamente vastissimi giacimenti di gas e petrolio (ENI), la Libia è connessa all’Italia da linee di trasporto per le materie prime energetiche, che collegano Tripoli alla Sicilia.

Se il nuovo governo libico diventasse filofrancese, potrebbe revocare le concessioni ad Eni e nazionalizzare le infrastrutture petrolifere, per poi affidarne la gestione tecnica ai francesi. Se così accadesse la Francia, che già è uno dei nostri principali fornitori di energia elettrica, prodotta dalle sue centrali nucleari, diventerebbe nostro fornitore anche per la componente Oil&Gas.

Parigi sta boicottando le eventuali armi strategiche italiane, e i cantieri navali di St. Nazaire lo sono diventati, infatti solo da quando l’italiana Fincantieri si stava  apprestando a prenderne il controllo, il governo francese aveva chiesto  di non superare il 50% nella quota di proprietà.

Al contrario nel 2016 era stata Fincantieri a piazzare un colpo vincente ai francesi, quando  aveva soffiato la commessa del Qatar, che prevedeva la creazione di un’intera marina per l’Emirato del deserto petrolifero. Significato un assegno iniziale da cinque miliardi diviso tra Fincantieri e Leonardo, entrambe nelle mani del Tesoro, e lavoro per diecimila persone.

Ogni cosa doveva essere prodotta in Liguria, e la vendita di navi voleva dire imporre al cliente l’intera dotazione di radar e armi. All’Eliseo avevano fatto buon viso a cattivo gioco, ma ora si è aperta la corsa agli armamenti e i francesi sembrano aver sete di vendetta, perché ci sono di mezzo 40 miliardi di commesse militari. Il vento è cambiato, al timone c’è Macron, ambizioso e spregiudicato, mentre a Palazzo Chigi si naviga a vista.

L’intesa tra Macron e Merkel per la costruzione di un superjet da combattimento e di droni militari potrebbe addirittura abbattere il futuro dell’industria aeronautica italiana, retrocessa a mero assemblatore di pezzi del programma statunitense F-35. Fondamentale la capacità dello Stato di siglare alleanze e contare a livello internazionale, uno scenario che non lascia alternative all’Italia.

Ma la Libia è troppo importante per la geopolitica italiana. Con la caduta di Gheddafi nel 2011 è stato perso il controllo delle risorse energetiche, sono sfumati miliardi di euro di contratti (50 miliardi di dollari in 20 anni) e la sponda Sud è diventata il trampolino di lancio dei migranti. L’Italia ha bombardato il Colonnello, mentre la Nato aveva inserito tra i bersagli da colpire anche i terminali dell’Eni.

Non c’è dubbio che Gran Bretagna, Francia e USA in Libia abbiano scatenato il caos. «Follow the money and the oil», ovvero segui dove si dirigono denaro e petrolio: è una ricetta utile per capire il Medio Oriente.

L’offensiva poi del maresciallo Haftar nella Mezzaluna petrolifera ha restituito peso politico a Tobruk, quindi solo rimettendo sullo stesso piano Tobruk e Tripoli si poteva arrivare a un’intesa che inevitabilmente ruota intorno al petrolio e al controllo del LIA (Libyan Investment Authority), il fondo sovrano con 67 miliardi di dollari di investimenti (tra cui quote Eni e Unicredit).

«Sometimes you’re the windshield, sometimes you’re the bug», a volte sei il parabrezza a volte sei l’insetto, cantava Mark Knopfler … giusto per restare in sintonia con la litania del regresso.

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

29.07-2017

 

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