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La Redazione

 

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Droga: narco-capitalismo e cultura della dipendenza

L'ultimo articolo della serie "L'uso politico della droga".
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A cura di Sonia Milone
Il 14 Ottobre 2023
9201 Views

Introduzione a cura della Redazione

Lo scorso luglio il viceministro degli Esteri iraniano per gli Affari politici Ali Bagheri Kani denunciava pubblicamente l’Occidente e il suo braccio armato, la Nato. Riferendosi alla ventennale presenza dell’Alleanza Atlantica a Kabul, svelava non proprio un dettaglio ma forse la chiave del conflitto e dell’occupazione militare: in Afghanistan, la produzione di narcotici è aumentata di 45 volte dall’inizio della cosiddetta “guerra al terrorismo” post 11 settembre 2001.

Droga e guerra; droga e Superpotenze; droga e governi; droga e crimine organizzato; droga e affari; droga e consumo di massa; droga e società; droga e evasione; droga e stordimento; droga e relazioni; droga e dipendenza; droga e psiche. Come nasce la cultura della droga.

In poche parole: l’uso politico della droga.

E’ questo il tema che il Gruppo redazionale Società, Inchieste e Reportage di ComeDonChisciotte.org ha affrontato, indagato e analizzato attraverso una serie di articoli tematici e di approfondimento sul fenomeno “droga”, ormai più che diffuso e gravemente penetrato nella nostra società, già disgregata e largamente impoverita; in cui aumentano costantemente aree di marginalità, di degrado urbano e suburbano, tanto da risultare uno dei principali vettori politici del caos.

In un mondo sempre più coscritto da obblighi e sofferenze, mascherati da libertà e opportunità, è importante chiedersi perchè i governi ormai tollerino e – come vedremo in diverse forme e maniere – promuovano e permettano la diffusione della droga. E cosa essa comporti davvero alla comunità, alla persona, sia individualmente che nel suo rapportarsi agli altri.

Alla fine, l’unico che gode veramente, è il Potere.

Buona lettura.

Droga: narco-capitalismo e cultura della dipendenza

L’uso politico della droga – Capitolo VII

Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

Parlare di droga significa parlare dei registri immaginativi che la connotano e che caratterizzano la sua fortissima attrazione nel pensiero collettivo. E’ la manifestazione di  un desiderio che erompe, ovvero  una fenomenologia dell’eccesso. Dimensione che nell’Ottocento assume, per la prima volta, una valenza positiva andando ad ispirare alcuni poeti che, fra paradisi artificiali e inferni personali, ne fanno il soggetto dei loro libri.

E’ in quell’ambito che si genera tutto un immaginario legato al maledettismo, alla trasgressione, al mito del “genio e sregolatezza” che verrà ereditato, in tutta la sua fascinazione, soprattutto dalle rockstar  degli anni Sessanta. Jim Morrison, ad esempio, si ispira esplicitamente a Rimbaud, Baudelaire e Nietzsche.

Quell’immaginario è ancora oggi potente e, perciò, abilmente sfruttato dal mercato che lo ha trasformato in uno stereotipo.

La visione della droga è, infatti, nuovamente cambiata e riflette il mutato scenario economico e comunicazionale, sempre più globalizzato, in cui l’industria dell’intrattenimento (che va dalla moda alla produzione discografica, televisiva e cinematografica fino alle discoteche) ha ormai consolidato il proprio assetto e interviene sempre più direttamente nella definizione dei modelli culturali e comportamentali di riferimento della società.

Il fenomeno attuale più seguito dai ragazzi è la musica trap. Sfera Ebbasta è il cantante più ascoltato in Italia insieme a Capo Plaza, Gemitaiz, Gue Pequeno e Salmo,

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E di che cosa parlano i trapper nelle loro canzoni? Soldi, successo, sesso e, soprattutto, droga che compare in ben il 33% dei brani che hanno raggiunto la top ten. Il termine trap deriva, infatti, da “trap house” che, in America, identifica le case abbandonate e usate come luoghi di consumo e di spaccio.

“Intrappolati in casa diamo i numeri, finché il vicino chiama il 112. E due gli euro con cui entro, 10 i grammi con cui esco”, canta Ghali in “Marijuana” mentre i Dark Polo Gang sono diventati famosi con il pezzo “Caramelle” il cui ritornello recita: “sto fumando kush, così non penso a te… Vendo solo caramelle alle amiche della Gang”.

Il vero status symbol dei trapper è, però, la “purple drank”, una bevanda viola dagli effetti psicoattivi composta da uno sciroppo per la tosse ricco di codeina e Sprite. “Droga, moda, rosa la mia soda…”, canta Sfera Ebbasta in “Sciroppo”, insegnando anche come prepararla: “Mixo Sprite e succo denso. Voglio solo blunt e Sprite”.

Il trap mette in luce come è cambiato il rapporto con le sostanze. Se nell’hip hop degli anni ‘90 l’immaginario era dominato da marjuana e cocaina, oggi spopolano soprattutto i prodotti farmaceutici e gli psicofarmaci. L’uso è stordente, lo scopo principale è non pensare, ecco perché usano sostanze come la codeina. “Nulla mi calma, bevo la mia bevanda. Succo rosa, sono una kanaglia”, canta DrefGold, che nel singolo “Nuvola” è ancora più esplicito: “sono sempre in aria e non sento nada, qui c’è gente che parla ma io sono zitto e guarda: sto sulla mia nuvola, nella mia nuvola, con la mia nuvola in aria nel nulla”.

Anche il consumo è cambiato, non ci sono più la piazza e la compagnia. ma la si assume in casa da soli e, se in gruppo, si arriva con la propria dose e ognuno usa la sua. “Non sono il tipo che segue la massa, Mambo fuma canne ma non le passa”, canta, ad esempio, MamboLosco in “Guarda come flexo”

“Mamma guarda come volo adesso, in un cinque stelle, prima stavo nel campetto, Sfera ne fa un’altra, Gigi versa succo denso, mamma non perdo tempo, ce la stiamo facendo, yah”, canta Capo Plaza con Sfera Ebbasta e DrefGold nel brano “Tesla”. Il titolo è iconico: oltre a richiamare la casa automobilistica di Elon Musk, fa riferimento ad una pasticca di ecstasy con impressa appunto la scritta Tesla che contiene il doppio della quantità di metanfetamina rispetto alle altre. Chi la usa può andare incontro a convulsioni, spasmi, allucinazioni, aumento della temperatura corporea e morte, nei casi estremi.

Ciononostante, radio, tv e discoteche trasmettono ininterrottamente brani come questi. Su migliaia di adolescenti, l’effetto è lo stesso della musica del pifferaio magico sui poveri topi.

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I trapper nascono sui social e sono frutto di questo tipo di comunicazione, parte fondamentale del loro progetto dove conta soprattutto  la creazione del personaggio, lo stile di vita, il modo di vestirsi, il linguaggio, ecc. Offrono modelli di esibizionismo superficialmente trasgressivo e disincantato. Alla droga non si chiedono più estasi e rivelazioni, solo un pò di eccitazione e di oblio. L’ebbrezza perde il suo pathos: il carro di Dioniso non è più trainato dalla tigre e dalla pantera – simboli delle forze istintuali e vitalistiche dell’uomo – ma dal mercato.

Il mito della trasgressione viene oramai modellato dagli esperti di marketing, capaci di offrire sia la regola sia la sua violazione. In un’epoca priva di limiti, la trasgressione si depotenzia e si mercifica, diviene un prodotto di serie da vendere in dosi tutte uguali per una specifica fetta di consumatori.

Nella “società della dipendenza”, come la ha definita Bernard Stiegler, il consumo è prescritto incessantemente e la dipendenza prodotta intenzionalmente, stimolando la dopamina. Lo scopo non è tanto produrre droga quanto piuttosto “gente che consuma” in perenne crisi di astinenza di piaceri compulsivi, secondo quella stessa “algebra del bisogno” con cui lo scrittore Burroughs descriveva la sua dipendenza dalla cocaina. L’insoddisfazione è necessaria al sistema per piazzare sempre nuovi desideri con tecniche sempre più persuasive, pervasive e occulte. (1)

Ma per vendere il desiderio occorre sterilizzare il sogno. Se nell’Ottocento i tradizionali ordini simbolici che avevano caratterizzato le società antiche reggevano ancora in parte, nel corso del secolo si sono progressivamente sgretolati fino al collasso odierno sotto l’azione congiunta del capitalismo dei consumi, delle innovazione tecnologiche, dei mass media e dei social.

Non è più la letteratura, la musica e nemmeno la tv a modellare l’immaginario collettivo contemporaneo, ma la narrativa social, opportunamente telecomandata, che invade ogni aspetto della vita, intossicandola.

I social sono esperimenti di costruzione allucinatoria della realtà, finalizzati alla programmazione tecnica della vita emotiva. “The pc is the Lsd ”, proclamava lo stesso Timothy Leary, il grande guru della psichedelia degli anni Sessanta. Gli stati di alterazione della coscienza ormai trascendono l’ambito chimico-farmacologico per estendersi a pratiche di condizionamento e dispositivi tecnologici di diversa natura.

Le nuove dipendenze riguardano l’abuso di Internet, dei social network, dei videogiochi. È il nuovo mercato della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il sistema del piacere del cervello, lo stesso che è alla base della compulsione del drogato. È una tossicomania invisibile, che non lascia tracce nel sociale, ma non per questo non miete vittime.

Il virtuale è la nuova piazza per lo spaccio di sogni a buon mercato che narcotizzano ed eccitano al contempo. Stare sulla rete comporta uno scollegamento dalla vita vera, rapisce in una realtà parallela esattamente come accade a chi assume stupefacenti. Per raggiungere stati alterati di coscienza non c’è più bisogno di comprare droga scendendo nei bassifondi della città. La dose è sempre disponibile, a portata di click. La società è oggi tutta drogata.

Individui isolati, disciplinarizzati e soggetti a potentissime sollecitazioni psicofisiche mediante dispositivi biotecnologici vagano nel web alla continua ricerca della dose quotidiana di eccitazione-sedazione controllata dall’alto.

È un mondo cupo, oppressivo, ad alta densità tecnologica, dominato dalla ragione commerciale e dalle forze del mercato internazionale, dove nulla è più a dimensione umana. Le sostanze oggi non sono altro che emarginazione e degrado, eppure i ragazzi continuano a drogarsi e a morire nel deserto di valori di riferimento positivi.

L’orizzonte culturale che plasma la contemporaneità è il transumanesimo che prevede l’artificializzazione totale dell’uomo. L’uso massivo e normalizzato di sostanze e psicofarmaci è uno dei punti fondamentali del suo Manifesto. Caduta definitiva dai paradisi di Baudelaire agli inferni reali della distopia moderna.

La dialettica fra l’elemento apollineo e quello dionisiaco, ovvero fra l’approccio logico e quello istintivo alla vita, che Nietzsche colloca agli albori della nostra civiltà, è andato perduto trasfigurandosi, da un lato, nell’assolutizzazione di un ordine congelante e, dall’altro, nel disordine mostruoso di un enorme buco nero.

Parlare di droga oggi dovrebbe significare avere il coraggio di affrontare la questione senza più ipocrisie e ammettere quanto essa sia diventata uno strumento di politica globale. Il narcotraffico finanzia tutte quelle operazioni occulte che non devono risultare tracciabili come l’invio di armi, la corruzione, l’appoggio a lobby di pressione, ecc. Un compito affidato dagli USA alla CIA a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale. Per Washington, il business della droga è, da lungo tempo, un elemento strutturale di politica estera.

La produzione di droga necessita però di consumatori. Ecco perchè mentre, da un lato, si cerca di contrastare la tossicodipendenza, dall’altro, si è apparecchiato tutto un sistema che favorisce la distribuzione della droga e la diffusione dell’immaginario che la investe. Cercare di trovare soluzioni senza avere presente questo quadro significa guardare il dito mentre il saggio indica la luna.

Nei primi anni Novanta, l’Onu ha organizzato un convegno sul tema droga invitando alcuni esponenti del mondo della cultura. Il sociologo francese Jean Baudrillard si presenta proponendo come soluzione di fare della droga moneta di scambio universale, così non sarebbe più consumata. Divenuto astratto commutatore di merci, l’oggetto-droga avrebbe la stessa astrazione dell’oro, passerebbe dal valore di bene d’uso al valore di scambio e smetterebbe di essere consumata per essere unicamente scambiata.

Propone, inoltre, di stoccarne qualche tonnellata come fondo internazionale di garanzia. Invece del Gold Exchange Standard avremmo il Narcotic Exchange Standard con cui sarebbe definitivamente sancito, e in modo trasparente, il connubio tra finanza e droga, banche e narcotraffico.

E mentre la radio trasmette l’ultimo singolo dedicato alla droga di Sferaebbasta, su Wikipedia troviamo scritto alla voce “psichedelico”: “tende ad alterare qualitativamente lo stato di coscienza e la sfera senso-percettiva in maniera simile ad altri stati non ordinari di coscienza come meditazione, trance, ipnosi, sogno, near death experience, deprivazione sensoriale. La maggior parte degli studi dimostrano che gli psichedelici sono fisiologicamente sicuri e raramente portano alla dipendenza”.

A quando il link per ordinarla su Amazon?

Benvenuti nel Mondo Nuovo.

Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

(L’uso politico della droga 7/7 – FINE)

NOTE

(1) Diamante Nigro, La Forma Droga nella Cultura Contemporana, ComeDonChisciotte.org, 29.09.2023

Tutti gli articoli della serie

LEGGI  – L’USO POLITICO DELLA DROGA – CAPITOLO I

LEGGI – L’OPPIO PER I POPOLI – L’USO POLITICO DELLA DROGA – CAPITOLO II

LEGGI – ALDOUS HUXLEY: LA DROGA COME STRUMENTO DI POTERE – CAPITOLO III

LEGGI – OPERAZIONE BLUEMOON: L’EROINA COME ARMA NARCOTIZZANTE – CAPITOLO IV

LEGGI – LA “FORMA DROGA” DELLA CULTURA CONTEMPORANEA – CAPITOLO V

LEGGI  – DROGA, CARRIERA E DESTINO – CAPITOLO VI

DROGA: NARCO-CAPITALISMO E CULTURA DELLA DIPENDENZA – CAPITOLO VII

 

 

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