Riflessioni strategiche da Mosca

La tensione intrinseca e la mancanza di uno scambio autentico sono peggiori rispetto al periodo della Guerra Fredda, quando i canali di comunicazione erano comunque rimasti aperti.

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Alastair Crooke
strategic-culture.su

Le relazioni tra Stati Uniti e Russia hanno toccato il fondo; la situazione è peggiore di quanto si possa immaginare. Nei discorsi con gli alti funzionari russi, è evidente che gli Stati Uniti trattano i primi come nemici palesi. Per farsi un’idea, è come se un alto funzionario russo chiedesse: “Cosa volete da me?”. La risposta potrebbe essere: “Che tu fossi morto”.

La tensione intrinseca e la mancanza di uno scambio autentico sono peggiori rispetto al periodo della Guerra Fredda, quando i canali di comunicazione erano comunque rimasti aperti. Questa lacuna è aggravata dalla mancanza di senso politico tra i leader politici europei, con i quali non è possibile intavolare una discussione sensata.

I funzionari russi riconoscono i rischi di questa situazione. Tuttavia, non sanno come correggerla. Anche il tenore del discorso è scivolato da una vera e propria ostilità verso la meschinità: gli Stati Uniti, ad esempio, potrebbero bloccare l’accesso alla missione russa all’ONU agli operai addetti alla riparazione delle finestre rotte. Mosca, a malincuore, si ritroverebbe con poche alternative se non quella di rispondere in modo altrettanto meschino, rendendo sempre più tesi i rapporti.

Si riconosce che la “guerra dell’informazione”, deliberatamente offensiva, è interamente dominata dai media occidentali, il che inasprisce ulteriormente l’atmosfera. Anche se gli sparsi media alternativi occidentali esistono e stanno guadagnando dimensioni e importanza, non sono facilmente coinvolgibili (essendo individualisti e di diversa natura). Anche l’etichetta di “apologeta di Putin” rimane tossica per qualsiasi fornitore autonomo di notizie e può distruggere la credibilità in un colpo solo.

In Russia si ritiene che, attualmente, l’Occidente esista in uno stato di “falsa normalità”, un interludio all’interno della propria guerra culturale (in vista del 2024). I russi, tuttavia, percepiscono alcuni evidenti parallelismi, vista la loro esperienza nella polarizzazione civile radicale – quando la Nomenklatura sovietica esigeva la conformità alla “linea” del Partito e, in caso contrario, comminava sanzioni.

Mosca è aperta al dialogo con l’Occidente, ma, finora, gli interlocutori finora rappresentato solo se stessi e non hanno alcun mandato. Questa esperienza fa capire che non ha molto senso “sbattere la testa” contro il muro di mattoni di una leadership occidentale guidata dall’ideologia – i valori russi sono come uno straccio rosso per il “toro” ideologico occidentale. Tuttavia, non è chiaro se, al momento opportuno, sarà presente a Washington un interlocutore dotato di veri poteri (in grado di impegnarsi) per rispondere al telefono.

In ogni caso, l’inimicizia che l’Occidente proietta verso la Russia è percepita come un aspetto positivo, oltre che come un grave rischio (l’assenza di trattati sull’uso e il dispiegamento delle armi). Gli interlocutori sottolineano come il disprezzo degli Occidentali nei confronti dei russi – oltre alla loro esplicita inimicizia – abbia finalmente permesso alla Russia di superare il processo di europeizzazione di Pietro il Grande. Quest’ultimo episodio storico è ora visto come una deviazione dal vero destino della Russia (anche se da valutarsi nel contesto dell’ascesa e dell’affermazione dello Stato nazionale europeo post-westfaliano).

L’ostilità mostrata dagli europei nei confronti del popolo russo (e non solo della sua governance) ha spinto la Russia a tornare ad “essere se stessa”, con grande beneficio per il Paese. Tuttavia, questo cambiamento genera una certa tensione: è evidente che i “falchi” occidentali scrutano sempre la scena russa per individuare all’interno del corpo politico un ospite in cui inserire le spore del loro Nuovo Ordine Morale militarizzato, con l’obiettivo di incunearsi e frammentare la società russa.

Inevitabilmente, l’esplicito attaccamento alla cultura occidentale suscita una certa cautela nella “corrente patriottica” principale. I russi (soprattutto a Mosca e San Pietroburgo) orientati verso la cultura europea sentono una certa tensione. Non sono né pesci né galline: La Russia si sta muovendo verso una nuova identità e un nuovo “modo di essere”, lasciando gli europeisti a guardare i loro punti di riferimento allontanarsi. In generale, il cambiamento è considerato inevitabile e ha portato ad un vero e proprio rinascimento russo e ad un senso di rinnovata fiducia.

La rinascita della religione, ci è stato detto, è effettivamente avvenuta in modo autonomo, con la riapertura delle chiese dopo la fine del comunismo. Ne sono state costruite molte di nuove (circa il 75% dei russi si dichiara oggi ortodosso). In un certo senso, il “rinascimento” ortodosso ha un tocco escatologico – provocato in parte da quella che qualcuno ha definito un’”escatologia” antagonista dell’Ordine delle Regole! In particolare, pochi interlocutori hanno pianto i “liberali russi” secolari (che hanno lasciato la Russia) – “che liberazione!” (anche se alcuni stanno tornando). Qui si potrebbe anche parlare di una pulizia della società dalla “occidentalizzazione” dei secoli precedenti – anche se l’ambivalenza è inevitabile: la cultura europea – almeno per quanto riguarda la filosofia e l’arte – era ed è una componente integrante della vita intellettuale russa e non è destinata a scomparire.

L’ambito politico

Non è facile trasmettere il senso in cui la vittoria “assoluta” in Ucraina si è fusa con la nozione di rinascita del nuovo senso di sé della Russia. La vittoria in Ucraina è stata, in qualche modo, assimilata al destino metafisico, come qualcosa di assicurato e in divenire. I vertici militari russi sono (comprensibilmente) muti riguardo al probabile risultato strutturale/istituzionale [del conflitto]. I discorsi (nei programmi televisivi) sono tuttavia incentrati più sulle faide e gli scismi che affliggono Kiev, che sui dettagli del campo di battaglia, come invece avveniva in passato.

È chiaro che in Ucraina la NATO è stata completamente sconfitta. In Russia, l’ampiezza e la profondità del fallimento della NATO potranno anche essere state una sorpresa, ma sono viste come una testimonianza della capacità di adattamento e dell’innovazione tecnologica russa nell’integrazione e nella comunicazione tra i vari settori dell’esercito. La “vittoria assoluta” può anche significare che “mai” Mosca permetterà all’Ucraina di ridiventare una minaccia per la sicurezza russa.

I funzionari russi vedono sia l’Ucraina che le guerre israelo-mediorientali fondersi e suddividere l’Occidente in sfere separate e conflittuali, portandolo verso la frammentazione e una possibile instabilità. Gli Stati Uniti stanno affrontando battute d’arresto e sfide che riveleranno ulteriormente la loro perdita di deterrenza, esacerbando ulteriormente l’ansia degli Stati Uniti per la propria sicurezza.

Mosca è consapevole di quanto sia cambiato lo Zeitgeist politico in Israele (a seguito del governo radicale insediatosi dopo le ultime elezioni israeliane), e quindi delle conseguenti limitazioni alle iniziative politiche degli Stati occidentali. Osserva con attenzione i piani di Israele per il Libano meridionale. La Russia si sta coordinando con altri Stati per evitare uno scivolamento verso un conflitto importante. La visita del Presidente Raisi a Mosca, la scorsa settimana, sarebbe stata incentrata sull’accordo strategico globale in fase di negoziazione e (secondo quanto riferito) avrebbe incluso la firma di un documento per contrastare le sanzioni occidentali imposte ad entrambi gli Stati.

In termini di ordine globale emergente, nel gennaio 2024 Mosca assumerà la presidenza dei BRICS. Si tratta di un’enorme opportunità per affermare il mondo multipolare dei BRICS in un momento di ampio consenso geopolitico nel Sud globale, ma anche di una sfida. Mosca si rende conto della finestra di opportunità offerta dalla sua presidenza, ma è ben consapevole che gli Stati BRICS sono tutt’altro che omogenei. Per quanto riguarda le guerre di Israele, in Russia esiste un’influente lobby ebraica e una diaspora russa in Israele che impongono al Presidente determinati doveri costituzionali. Probabilmente, per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese, la Russia si muoverà con cautela per mantenere la coesione dei BRICS. Dalla presidenza russa dei BRICS emergeranno alcune importanti forme di innovazione economica e finanziaria.

E, per quanto riguarda il “problema UE” della Russia, in contrapposizione al cosiddetto “problema Russia” dell’Europa, l’UE e la NATO (dopo Maidan) avevano potenziato l’esercito ucraino fino a farlo diventare uno degli eserciti più grandi e più equipaggiati della NATO in Europa. Dopo che le proposte su un accordo ucraino-russo del marzo 2022 erano state bloccate da Boris Johnson e Blinken – e mentre diventava certa l’inevitabilità di una guerra più lunga e intensa – la Russia si era mobilitata e aveva messo a punto le proprie catene logistiche. I leader dell’UE, tuttavia, stanno ora “chiudendo il cerchio”, proiettando questa espansione militare russa (una reazione all’intensificazione degli sforzi della NATO in Ucraina) come prova di un piano russo per invadere l’Europa continentale. In quello che sembra uno sforzo coordinato, i media mainstream occidentali stanno cercando qualsiasi cosa che possa anche solo lontanamente assomigliare ad una prova dei presunti “disegni” della Russia contro l’Europa.

Viene evocato lo spettro dell’imperialismo russo per incutere paura alla popolazione europea e per sostenere che l’Europa dovrebbe dirottare le proprie risorse e prepararsi ad una prossima guerra con la Russia. Si tratta di un’altra svolta nel circolo vizioso della minaccia di guerra, una svolta che si preannuncia negativa per l’Europa. Per l’Europa non c’era alcun “problema” russo fino a quando i neoconservatori non avevano approfittato dell'”apertura” del Maidan per indebolire la Russia.

Alastair Crooke

Fonte: strategic-culture.su
Link: https://strategic-culture.su/news/2023/12/11/strategic-reflections-from-moscow/
11.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Alastair Crooke CMG, ex diplomatico britannico, è fondatore e direttore del Conflicts Forum di Beirut, un’organizzazione che sostiene l’impegno tra l’Islam politico e l’Occidente. In precedenza è stato una figura di spicco dell’intelligence britannica (MI6) e della diplomazia dell’Unione Europea.

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