Nicolai N. Petro e Ted Snider – Antiwar.com – 11 marzo 2024
Mito n. 1: se Putin non viene sconfitto in Ucraina, invaderà l’Europa
Funzionari ucraini e americani hanno ripetutamente avvertito che l’Ucraina non è solo una nazione da difendere da un’invasione russa illegale, ma la diga che impedisce a Vladimir Putin di invadere l’Europa. Secondo questa narrazione, gli Stati Uniti e gli alleati della NATO devono sostenere la guerra in Ucraina perché è la prima linea della guerra per l’Europa.
“Se Putin conquista l’Ucraina“, ha detto il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden al Congresso il 6 dicembre 2023, “non si fermerà lì… Continuerà ad andare avanti. Lo ha detto chiaramente“.
Ma Putin non lo ha detto “abbastanza chiaramente”. Di fatto, Putin ha sempre detto che:
“la crisi ucraina non è un conflitto territoriale… La questione è molto più ampia e fondamentale e riguarda i principi alla base del nuovo ordine internazionale“.
Biden ha anche sostenuto fin dall’inizio della guerra che Putin “ha ambizioni molto più grandi dell’Ucraina. Vuole, infatti, ristabilire l’ex Unione Sovietica. È di questo che si tratta“. Anche il Segretario di Stato Antony Blinken ha affermato che Putin “ha dichiarato che vuole ricostituire l’impero sovietico“.
Tuttavia, questi obiettivi attribuiti a Putin differiscono nettamente dai suoi obiettivi dichiarati, che includono: la garanzia che l’Ucraina rimarrà neutrale e non si unirà alla NATO, la garanzia che la NATO non trasformerà l’Ucraina in una testa di ponte armata anti-russa sul suo confine e la garanzia che i diritti civili degli ucraini russofili saranno protetti.
Come possiamo dare un senso a questo contrasto?
L’attuale narrazione deriva da una parte comunemente citata in modo errato del discorso di Putin all’Assemblea federale del 25 aprile 2005. Riferendosi alla difficile transizione del Paese verso la democrazia, Putin aveva detto:
“Soprattutto, dovremmo riconoscere che il crollo dell’Unione Sovietica è stato un grande disastro geopolitico del secolo. Per quanto riguarda la nazione russa, è diventato un vero e proprio dramma. Decine di milioni di nostri concittadini e compatrioti si sono ritrovati fuori dal territorio russo. Inoltre, l’epidemia di disintegrazione ha contagiato la Russia stessa“.
Molti in Occidente hanno sostenuto che, riferendosi al crollo dell’Unione Sovietica come a un disastro, egli alludesse a un desiderio segreto di ricrearlo. Tuttavia, leggendo l’intero discorso, è chiaro che egli stava richiamando l’attenzione sull’impatto disastroso che il crollo politico ed economico del Paese aveva avuto sulla vita personale della gente, e non sull’Unione Sovietica in sé. Continuava sottolineando che “i risparmi individuali erano stati svalutati“, gli oligarchi “servivano esclusivamente i propri interessi corporativi” e “la povertà di massa aveva cominciato ad essere vista come la norma“.
Due settimane dopo, durante una visita di Stato in Germania, Putin aveva ribadito lo stesso concetto, aggiungendo:
In Russia si dice che chi non rimpiange il crollo dell’Unione Sovietica non ha cuore e chi lo rimpiange non ha cervello. Noi non lo rimpiangiamo, semplicemente ne prendiamo atto e sappiamo che dobbiamo guardare avanti, non indietro“.
Non è certo un appello alla restaurazione dell’Unione Sovietica.
Biden sostiene che, dopo l’Ucraina, Putin “continuerà ad andare avanti” e allora “avremo qualcosa che non cerchiamo e che non abbiamo oggi: truppe americane che combattono contro truppe russe“. Tuttavia, vale la pena notare che in tutte le occasioni in cui Putin ha effettivamente schierato le forze armate russe all’estero, il loro impiego è sempre stato strettamente mirato ad un compito specifico, che si tratti della Georgia nel 2008, della Crimea nel 2014, della Siria nel 2015, del Kazakistan nel 2021 o dell’Ucraina nel 2022.
Pertanto, in assenza di prove tangibili, le affermazioni spudorate secondo cui la Russia intende attaccare la NATO dovrebbero essere prese con le molle.
Mito n. 2: L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non ha mai riguardato la NATO
I funzionari occidentali insistono sul fatto che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata “non provocata” e che la decisione della Russia di invadere illegalmente l’Ucraina non ha mai riguardato l’espansione della NATO e il superamento delle linee rosse della Russia, ma piuttosto una “guerra insensata contro una nazione sovrana e amante della libertà“.
Ma l’insistenza della NATO sul fatto che Putin non fosse motivato dalla sua espansione verso est è messa in discussione dalla NATO stessa.
Il 7 settembre 2023, il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha fatto la sorprendente ammissione che la decisione di Putin di invadere l’Ucraina è stata effettivamente provocata dallo “sconfinamento” della NATO in Ucraina.
Stoltenberg aveva detto che Putin, prima di prendere la decisione di invadere l’Ucraina, aveva “inviato una bozza di trattato che voleva che la NATO firmasse, per impegnarsi a non espandersi ulteriormente. Questo è ciò che ci ha inviato. Ed era una condizione preliminare per non invadere l’Ucraina. Ovviamente non l’abbiamo firmato“.
Stoltenberg aveva poi proseguito: “Voleva che firmassimo quella promessa, di non allargare mai la NATO… L’abbiamo rifiutata. Così è entrato in guerra per evitare che la NATO, più NATO, si avvicinasse ai suoi confini“. Il Segretario Generale della NATO ha poi ribadito la sua conclusione: “Il Presidente Putin ha invaso un Paese europeo per impedire un aumento della NATO“.
Diversi funzionari ucraini hanno confermato l’ammissione di Stoltenberg. David Arakhamia, capo del partito Servitore del Popolo di Zelensky, che ha guidato il team negoziale ucraino nei colloqui in Bielorussia e a Istanbul, ha confermato che l’assicurazione che l’Ucraina non sarebbe entrata nella NATO era la “questione nodale” per la Russia: “Tutto il resto era semplicemente retorica e ‘condimento’ politico“. Secondo Arakhamia, “erano disposti a porre fine alla guerra se avessimo accettato, come fece la Finlandia, la neutralità e ci fossimo impegnati a non entrare nella NATO“.
La testimonianza di Arakhamia è sostenuta anche dal Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il 27 marzo 2022, Zelensky aveva dichiarato a un intervistatore che la promessa di non aderire alla NATO “è stato il primo punto fondamentale per la Federazione Russa“, aggiungendo che “per quanto ricordo, hanno iniziato una guerra per questo motivo“.
L’idea che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia non avesse nulla a che fare con le sue preoccupazioni per la sicurezza dell’espansione della NATO è quindi contraddetta dagli stessi funzionari della NATO e dell’Ucraina e non dovrebbe essere usata come pretesto per rifiutare i negoziati per porre fine alla guerra.
Mito n. 3: la guerra in Ucraina è una guerra della democrazia contro l’autocrazia
Secondo questa narrazione, non si può permettere alla Russia di vincere perché questa guerra non riguarda solo l’Ucraina. È il primo campo di battaglia di una più ampia guerra per la democrazia contro l’autocrazia.
Ma la Russia ha abbandonato l’obiettivo di esportare un’ideologia quando l’Unione Sovietica è crollata. Infatti, la sua costituzione (articolo 13) proibisce esplicitamente l’imposizione di un’unica ideologia di Stato.
La Russia non sta combattendo contro la democrazia, ma per i propri problemi di sicurezza. Né gli Stati Uniti possono affermare in modo plausibile di combattere per la democrazia, quando cercano attivamente di arruolare autocrazie come l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Cina per unirsi al loro fianco.
Nello stesso momento in cui gli Stati Uniti dicono al mondo che l’Ucraina è una democrazia, dicono ai leader ucraini che “l’Ucraina non è pronta per l’adesione alla NATO” perché, come dice il Presidente Biden, ci sono “requisiti che devono essere soddisfatti, compresa la democratizzazione“.
È sempre più riconosciuto il fatto che l’Ucraina non sta combattendo per la democrazia, quanto per il diritto di stabilire un’Ucraina monoculturale, epurata dal patrimonio culturale, dalla lingua, dalla religione e dalla storia russa. In effetti, si può affermare che, dall’inizio della guerra, l’Ucraina ha fatto passi indietro in materia di democrazia. Ad esempio, nel marzo 2022, l’Ucraina ha messo al bando undici partiti politici di opposizione, tra cui il partito di opposizione Piattaforma per la Vita, che un tempo era il secondo partito del parlamento ucraino.
Nello stesso mese, un decreto presidenziale ha attuato “una politica di informazione unica… unificando tutti i canali televisivi nazionali… su un’unica piattaforma informativa” chiamata Telemarathon United News. L’anno scorso, una nuova legge sui media ha esteso i poteri di censura dello Stato alla stampa e ai media online, concedendo allo Stato l’autorità di esaminare il contenuto di tutti i media ucraini, di proibire i contenuti ritenuti una minaccia per la nazione e di impartire direttive obbligatorie ai media.
Infine, nonostante l’esplicita garanzia costituzionale della libertà di filosofia personale e di religione (articolo 35), il Parlamento ucraino si sta muovendo verso la messa al bando della tradizionale Chiesa ortodossa ucraina del Paese attraverso un disegno di legge che vieta i gruppi religiosi “affiliati a centri di influenza… situati fuori dall’Ucraina, nello Stato che conduce l’aggressione militare contro l’Ucraina“. Il Lord Vescovo di Leeds, il Right Revd. Nick Baines, che supervisiona le politiche della Chiesa d’Inghilterra in materia di politica estera, ha recentemente condannato questa proposta come “una misura retrograda che a lungo termine danneggerà gli interessi dell’Ucraina “.
Ci sono stati anche passi indietro nelle libertà culturali, negando agli ucraini le tutele legali che sono esplicitamente enumerate nell’articolo 10 della Costituzione ucraina, che garantisce “il libero sviluppo, l’uso e la protezione del russo e di altre lingue delle minoranze nazionali dell’Ucraina“.
Per potenziare la diplomazia, questa narrazione del tutto manichea di democrazia contro autocrazia dovrebbe essere abbandonata. Solo così le parti potranno ascoltare le legittime preoccupazioni dell’altro.
Mito n. 4: Putin non è interessato a negoziare
L’Occidente insiste sul fatto che Putin non è interessato a negoziare la fine di questa guerra. Nonostante le numerose notizie secondo cui “ha segnalato attraverso intermediari” che “è aperto ad un cessate il fuoco” e che “è pronto a fare un accordo“, la Casa Bianca continua a insistere che Putin “non ha mostrato alcun segno di essere disposto a negoziare“.
Ma i dati storici dimostrano che Putin ha cercato una soluzione negoziale fin dai primi giorni della guerra. A detta di tutti, la Russia e l’Ucraina avevano persino raggiunto un accordo provvisorio a Istanbul nell’aprile del 2022. Ciò è stato confermato da rapporti americani, dall’allora primo ministro israeliano Naftali Bennett, dall’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder, dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu e da Numan Kurtulmus, vicepresidente del partito di Erdogan.
Ancora più importante, la sincerità di Putin nel negoziare è stata confermata da numerosi delegati ucraini presenti a questi colloqui.
Di recente è stato chiesto a Oleksiy Arestovych, ex consigliere dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, se pensasse che “i negoziati bilaterali tra Ucraina e Russia avrebbero potuto funzionare prima“. Ha risposto: “Sì, completamente“. Alla fine dei colloqui di Istanbul, dice, la delegazione ucraina “ha aperto una bottiglia di champagne”.
David Arakhamia, che ha guidato il team negoziale ucraino a Istanbul, ha dichiarato in un’intervista del 24 novembre 2023 che la Russia era “pronta a porre fine alla guerra se noi… ci fossimo impegnati a non entrare nella NATO“.
Oleksandr Chalyi, ex viceministro degli Esteri e anch’egli membro della squadra negoziale ucraina a Istanbul, concorda sul fatto che Putin “ha dimostrato uno sforzo genuino per trovare un compromesso realistico e raggiungere la pace“. E anche il Presidente Zelensky aveva riconosciuto pubblicamente, nel marzo 2022, che le discussioni erano state “profondamente elaborate“.
Questo non significa che gli Accordi di Istanbul possano essere resuscitati. Forse sono successe troppe cose da allora per poterlo fare. È comunque interessante notare come né la Russia né l’Ucraina avessero rilasciato alcun dettaglio sul presunto accordo, forse per evitare che quanto concordato venisse silurato dalla stampa. Tuttavia, ciò suggerisce che l’accanimento sulla presunta riluttanza di Putin a negoziare non è altro che un depistaggio volto a impedire una soluzione negoziale del conflitto.
Insieme, questi quattro miti costituiscono le fondamenta delle argomentazioni occidentali che privilegiano le soluzioni militari rispetto a quelle diplomatiche alla crisi attuale. Smascherarli sarà quindi fondamentale per invertire il corso degli eventi e porre fine a questa guerra devastante.
Nicolai N. Petro è Senior Washington Fellow presso l’Institute for Peace and Diplomacy, professore di Scienze politiche all’Università di Rhode Island e autore di The Tragedy of Ukraine: What Classical Greek Tragedy Can Teach Us About Conflict Resolution (Berlino e Boston: De Gruyter, 2023).
Ted Snider scrive regolarmente di politica estera e storia degli Stati Uniti su Antiwar.com e The Libertarian Institute. Collabora spesso anche con Responsible Statecraft e The American Conservative, oltre che con altre testate.
Scelto e tradotto (IMC) da CptHook per ComeDonChisciotte