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La Redazione

 

Governo: la favola del pastore, la pecora, il cavolo e il lupo

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A cura di Rosanna
Il 19 Marzo 2018
971 Views

DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

C’era una volta un pastore che aveva una pecora, un cavolo e un lupo, e doveva portarli sull’altra sponda del fiume, facendo ben attenzione che nel tragitto la pecora non si sbafasse il cavolo o peggio il lupo non sbranasse la pecora. Il pastore aveva a disposizione una piccola canoa che poteva contenere solo due carichi. Cosa avrebbe dovuto fare il pastore? Insomma un vecchio rompicapo che ricorda molto da vicino l’incastro diabolico della formazione del prossimo governo.

blankCredo che il 4 marzo 2018 passerà alla storia come la data di un risveglio collettivo delle coscienze degli italiani, che finalmente sembrano aver aperto gli occhi sulle vere cause della crisi. Credo anche che entrambi, sia Salvini che M5S, abbiano fatto una campagna elettorale straordinaria, Salvini ha puntato su immigrazione e sovranità, mentre il M5S ha puntato su moralizzazione della politica e RdC. Alla fine queste elezioni hanno decretato non solo la vittoria di questi due partiti, ma anche la loro credibile assunzione di leadership alla guida del Paese, a scapito degli altri, PD e FI, che ormai dovrebbero essere destinati ad un futuro di nicchia. Ma la partita non è ancora vinta, perché la creazione di un governo fra questi tre poli non è operazione semplicissima.

Infatti l’establishment ha fatto di tutto per scongiurare un partito M5S e Lega, una macchina del fango quotidianamente puntata su Spelacchio e dintorni, programmi e talk show ostinatamente diretti a screditare l’odiato grillismo, corredati da continue insinuazioni sulla miserabile incompetenza degli avatar di Grillo.

Dall’altra parte i media stanno clamorosamente gonfiando la vittoria di Salvini, che sembra il vero e unico vincitore di queste elezioni, sostenendo quello che del resto dicono anche gli ambienti sovranisti, che Salvini, dopo il crollo subito ai tempi dello scandalo Belsito, avrebbe portato il partito: «dal 4,08% (4,33% Senato) delle europee del 2014, ad oltre il 17% dei consensi sia alla Camera sia al Senato, scavalcando Forza Italia all’interno della coalizione del centro-destra.» Il che è giusto.

Dimenticando però che al contrario il M5S, nato nel 2009, avrebbe fatto lievitare i propri consensi da 0,00% al  25,55% delle politiche del 2013, quando Pd e Pdl persero le elezioni (-3,5 milioni di voti il primo, -6,5 milioni il secondo) e i 5Stelle le vinsero (da 0,0 a 8,6 milioni di voti). Il M5S divenne il primo partito in Italia, poi superato dal Pd d’un soffio grazie agli italiani all’estero. In ogni caso il Porcellum premiava le coalizioni e il Pd con Sel arrivò al 30% e agguantò il premio di maggioranza (incostituzionale): 478 parlamentari, contro i 242 Pdl e i 163 M5S. Bersani giurava «Mai più larghe intese con Berlusconi» e pensava a un suo governo di minoranza Pd-Sel-Centro con l’astensione M5S al Senato.

blankPoi Napolitano iniziò le consultazioni, indicando ai partiti l’unico modo per uscire dallo stallo, cioè le larghe intese Pd-Pdl-Centro, appena bocciate alle urne. Bersani cercò allora di smacchiare il giaguaro, e insistette per il governo di minoranza.  Il M5S chiese un governo  di scopo, con un premier fuori dai partiti per tornare presto al voto. Il Berlusca, fra prescrizioni multiple e una condanna, cercò da parte sua di rientrare in gioco con le larghe intese.

Dopo settimane di consultazioni frenetiche, Napolitano abbracciava Berlusconi e lo elogiava per il suo «comportamento da statista». Poi tenne il famigerato discorso di reinsediamento a Camere riunite: attaccò i 5Stelle e ordinò un governo di larghe intese, intimando la riforma della Costituzione, con la minaccia di andarsene. Alla fine della soap opera telefonava a Berlusconi per sapere chi dei due preferisse come premier, o Letta o Renzi. Lui rispose: «Enrico Letta o Giuliano Amato». Allora Napolitano incaricò Letta jr. per un governo con tutti i partiti sconfitti alle elezioni. E i vincitori fuori.

Oggi la situazione è ancora più intricata. Salvini riuscirà a sganciarsi dalla coalizione di Cdx? O meglio, ha veramente intenzione di farlo? È vero che ha superato i numeri di FI, rimasta al 14%, ma un governo M5S-Lega non s’ha da fare, dice Roberto Maroni, che invita a riflettere sulle potenziali ripercussioni negative sul proprio elettorato di un’intesa con i pentastellati, intanto per incompatibilità dei programmi, ma anche per le conseguenze che avrebbe per la coalizione di centrodestra. «Vedo davvero impossibile un governo Lega-Movimento 5 Stelle» ha detto l’ex governatore della Lombardia a Lucia Annunziata davanti alle telecamere di Mezz’ora in più «perché metterebbe in grande imbarazzo le alleanze di centrodestra che governano in Lombardia e in Veneto», osservando che non si possono fare governi a livello nazionale con un partito e poi battersi nelle amministrazioni locali contro i propri alleati.

blank«Salvini può aspettare, gli auguro di diventare il leader di centrodestra, di diventare premier. Ma mi auguro che il centrodestra, un patrimonio che abbiamo creato con Bossi, non venga distrutto. Salvini aspetti i tempi giusti … ha avuto una grande vittoria elettorale, adesso la trasformi in vittoria politica. Non sia una vittoria di Pirro, dialoghi con tutto il centrodestra. Se così farà senza spaccare la coalizione, vedo anche la possibilità di erodere il M5S.»

Intanto gli ultimi sondaggi in divenire registrano il crollo dei vecchi partiti e l’esplosione dell’effetto bandwagon, per cui tutti cercano di salire sui carri dei vincitori, percependo aria di cambiamento, la fine auspicata della seconda Repubblica ed un possibile miglioramento delle condizioni di vita. Il Cdx complessivamente non muta i valori, ma subisce una continua trasfusione di sangue da FI (10,5%) alla Lega (22,3). Il Csx perde (20,7%), il M5S continua a crescere (34,5%).

Pd e FI, vecchi partiti logorati dalle inchieste giudiziarie, e dalla pervicace adesione al liberismo, si sono sgretolati sotto l’audace avanzata dei populismi, il Pd è diventato il partito più borghese di Milano, cresce in via della Spiga e corso Monforte, mentre FI vive un declino tangibile, simile a quello del boss padrone, non facilmente rimediabile con tossine botuliniche.

blankNella sezione 87 di corso Monforte, una delle vie più centrali della città, è il Pd a fare il botto, passa dal 10 al 24% ma la Lega di Matteo Salvini addirittura triplica i suoi voti, dal 4 al 13%. Stabile Forza Italia che si conferma in testa staccando tutti al 36% mentre i 5 Stelle arretrano dal 6 al 4%.

Il trend è confermato dal voto nel seggio 78 di via della Spiga nel Quadrilatero della moda, dove le case che costano meno si aggirano sui 10 mila euro al metro quadro. Forza Italia guadagna un punto rispetto alle ultime politiche e arriva al 33%. Il Pd guadagna tanto e passa dal 16 al 25% ma anche qui è la Lega ad avvantaggiarsi di più rispetto ai suoi risultati del 2013 passando dal 5% al 15%. Nella strada luxury di Milano i 5 Stelle perdono qualcosa e dal 6 scendono al 5%.

In via Andrea Appiani alla sezione 534 nel quartiere di Porta Nuova, una delle zone a crescita verticale di Milano, non solo per la quantità di grattacieli che sono stati costruiti in questi anni, e quindi zona residenziale di alto livello, i dati sono confermati. Forza Italia perde appena un punto passando dal 25 al 24%. Il Pd fa una delle sue migliori performance arrivando al 32% dei voti quando nel 2013 erano appena al 18. La Lega qui si deve «accontentare» solo di raddoppiare i suoi voti, dal 5 al 10%. Mentre i 5 Stelle rimangono stabili al 9%.

Quindi Pd, Fi e Lega si confermano come partiti dell’alta borghesia imprenditoriale lombarda, che ostile all’immigrazione fuori controllo sta vigilando sulla diffusione delle nuove mafie nigeriane nei centri storici, auspica l’avvento dell’aliquota fiscale singola (Flat Tax), della privatizzazione della sanità (gestore sanitario della proposta di riforma di Maroni) e dello sfruttamento di  manodopera a basso costo, sia endogena che esogena (Jobs Act).

https://www.youtube.com/watch?v=VwzkKG_CxUo

Al contrario il M5S si rivela sempre più un partito che abbraccia molte istanze sociali, dalla moralizzazione della politica (monitoraggio dei carichi pendenti per i candidati), alla tutela della salute e dell’ambiente (raccolta differenziata), ma soprattutto le richieste da parte dei più deboli, di lavoro e sicurezza. Il RdC poi, esistente in tutta Europa tranne che in Italia e Grecia, favorisce la ridistribuzione del reddito tra i ceti sociali impoveriti, mentre la Flat Tax diminuisce le tasse alle classi sociali ricche e benestanti, tagliando per forza di cose il welfare, perché la manovra è molto costosa (60 miliardi) e riduce il gettito fiscale

Ecco perché molto difficilmente Salvini potrà abbandonare la propria coalizione, per formare un governo con i 5S:  chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia, ma non sa quel che trova. Quindi liberismo nel Cdx (contro tutte le bufale goofynomiste), e keynesismo del M5S.

blankMentre i vecchi partiti faranno di tutto per scongiurare nuove elezioni, che li ridurrebbero alla più straordinaria ed eccezionale dissolvenza storica.

Per rimettere in moto l’Italia servirebbe più spesa pubblica che generi ricchezza e posti di lavoro, mentre il debito dovrebbe essere considerato uno strumento, non un fine, proprio perché lo statuto della BCE, a differenza della FED, le impedisce di perseguire la piena occupazione, e le consente solo il controllo dell’inflazione, ossessione neoliberista del finanzcapitalismo.

Quanto allo stallo istituzionale, l’assenza di una maggioranza per la governabilità ha scatenato un coro di commenti critici, che ne attribuiscono la colpa proprio al Rosatellum, bisognerebbe però riflettere sul fatto che i voti si sono distribuiti in modalità tripolare, quindi su tre poli politici di grandezza rilevante.

Nello specifico, il polo Cdx ha avuto il 37,00% dei voti, il secondo M5S il 32,66%, il terzo il 22,85%. Inoltre  il ballottaggio dell’Italicum è stato censurato dalla Corte costituzionale, e si è dato vita ad un sistema monco, che era il sistema elettorale in vigore prima dell’approvazione del Rosatellum: un semplice sistema proporzionale, con soglia di sbarramento al 3% e premio di maggioranza solo in caso di raggiungimento del 40% da parte di una singola lista. Ma nonostante il risultato eccellente, anche la coalizione di Cdx non ha raggiunto questa soglia e persino il Movimento 5 Stelle si è fermato molto al di sotto.

Ciò vuol dire che era praticamente impossibile ottenere la maggioranza dei seggi, sia alla Camera che al Senato, a condizione di superare il 40% dei voti, e di vincere nei collegi uninominali giusti,  proprio perché il sistema era tripartito.

Solo nel caso fosse stato adottato l’Italicum il M5S avrebbe raggiunto proporzioni bulgare, ma l’Italicum è stato abolito, perché dichiarato incostituzionale per via del ballottaggio, del resto vinto sempre nell’80% dai 5S. Chissà come mai lo hanno archiviato? Forse perché permetteva di dichiarare il vincitore la sera stessa delle elezioni, e forse perché permetteva la governabilità, però da parte di una delle forze politiche definita spesso con discredito  «populista»?

 

Rosanna Spadini

www.comedonchisciotte.org

19.03.2018

 

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