L’ha scritto ieri Curzio Maltese sul Fatto: siccome la soluzione più ragionevole sarebbe un appoggio di quel che resta del centrosinistra a un governo 5Stelle, è molto probabile che il Pd farà di tutto per evitarla. Ma va detto che anche Luigi Di Maio sta facendo sforzi sovrumani per complicarla o impedirla. Infatti continua a ripetere che sul programma non si tratta perché l’hanno scelto gli elettori; sui ministri non si tratta perché li hanno scelti gli elettori; e ovviamente non si tratta neppure sul premier (lui), perché l’hanno scelto gli elettori. Dimentica sempre di precisare: i suoi elettori. Che sono tanti. Ma non tutti. Arrivare primi (come lista) con il 32,7% significa partire favoriti per l’incarico di formare un governo (anche se Mattarella potrebbe iniziare col centrodestra, cioè con la prima coalizione, sempre che non si sfasci nel frattempo). Ma non conferisce il diritto divino di fare un governo con i voti altrui, per giunta gratis. È vero che l’ammucchiata centrodestra-Pd la vogliono solo i due trombati del 4 marzo, cioè B. e Renzi, terrorizzati dalle rispettive ininfluenze e soprattutto da nuove elezioni. E un governo Lega-M5S non conviene né a Salvini né a Di Maio, ormai concorrenti e alternativi. Ma è pure vero che una maggioranza del 50% più uno non nasce da sola per mancanza d’altro.
Bisogna costruirla: non aspettando che si facciano vivi gli altri e poi meravigliandosi perché “finora non s’è visto nessuno” (e ti credo!). Ma facendo ai partner una proposta che non possano rifiutare. Se Di Maio vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un’offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare (che non si regge su maggioranze relative, ma assolute). Proprio quello che non fece il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S: si pappò le presidenze delle due Camere, designò Bersani come premier, stese un programma e una lista di ministri, poi pretese che i 5Stelle sostenessero al Senato il suo governo di minoranza. Risultato: il famoso e disastroso incontro in streaming. Quella di Bersani e Letta era una proposta che Crimi e Lombardi non solo potevano, ma dovevano rifiutare. Quando poi Grillo, venti giorni dopo, ne avanzò una non solo accettabile, ma auspicabile per il M5S, per il Pd e soprattutto per l’Italia – “eleggiamo Rodotà al Quirinale e poi governiamo insieme” – fu il Pd napolitanizzato e lettizzato, cioè berlusconizzato a rifiutarla. E condannò il Paese a cinque anni di vergogne. Ora Di Maio crede che avere quasi doppiato il Pd lo autorizzi a fare altrettanto.
Ma sbaglia di grosso. Nessuno regala voti a chi nemmeno si abbassa a chiederglieli. Se il Pd pretendesse poltrone, i 5Stelle farebbero bene a rifiutare. Ma se chiedesse alcuni punti programmatici condivisibili, perché no? La cosa sarebbe meno difficile se Di Maio aprisse la sua squadra di esterni ad altri indipendenti di centrosinistra, per un governo senza ministri parlamentari. E bilanciasse la sua premiership lasciando la presidenza di una Camera alla Lega. Dopodiché, è ovvio, è sul programma che dovrebbe garantire il cambiamento che gli elettori hanno appena chiesto. La palla tornerebbe al Pd, che dovrebbe scegliere: accettare una soluzione equilibrata o suicidarsi con nuove elezioni. Intendiamoci: il Pd sarebbe capace di optare per la seconda ipotesi. Ma almeno sarebbe chiaro di chi è la colpa.
Purtroppo, mentre personalità autorevoli della sinistra come Zagrebelsky, Settis, Spinelli e Cacciari indicano la strada, c’è chi lavora per bruciare i ponti. Su Repubblica si leggono commenti che fanno ridere per non piangere. Stefano Cappellini rimuove dalla scena del 2013 Napolitano e le Presidenziali che lo rielessero impallinando Prodi e Rodotà, per spacciare la sua favoletta – “Se i dem hanno governato col centrodestra è perché Grillo e Casaleggio mandarono Crimi e Lombardi a umiliare in streaming Bersani” – e spingere il Pd sull’Aventino in nome della “centralità del Parlamento” (chissà dov’era Cappellini nell’ultimo quinquennio, mentre il Parlamento veniva calpestato da 107 fiducie, due leggi elettorali incostituzionali e due governi di minoranza dopati dal Porcellum illegittimo). Corrado Augias, siccome gli elettori non ascoltano i consigli di Repubblica, cita il politologo Jason Brennan, teorico dell’“epistocrazia” cioè “una democrazia degli informati”, e invoca “nuovi strumenti che limitino le scelte sciagurate fatte sull’onda di risentimenti alimentati dalle reti sociali”. Ideona: si potrebbe tornare al voto per censo, onde evitare che il popolo bue continui a votare e poi scelga chi non vuole Augias; oppure, visto che anche il voto censitario presenta dei rischi, riservare l’elettorato attivo e passivo ai lettori di Repubblica, o meglio ancora ai suoi giornalisti ed editori. Sebastiano Messina fa esercizi matematici per dimostrare che: a) i 5Stelle hanno perso perché li ha votati solo un terzo degli elettori e gli altri due terzi no; b) nel 2013 il M5S (25,5%) doveva dire di sì al Pd (25,5%), ora invece il Pd (18.7%) deve dire di no al M5S (32,7) perché Bersani aveva “344 deputati e 119 senatori mentre oggi nessuno ha raggiunto queste cifre”. Il nuovo Pitagora s’è scordato che nel 2013 c’era il premio incostituzionale del Porcellum, senza cui Renzi e Gentiloni non avrebbero governato un giorno.
La comica finale è di Alessandra Longo, che sbeffeggia Pif, la Spinelli, Muccino, Zagrebelsky e Flores d’Arcais perché osano dare “consigli non richiesti” al Pd. Come si permettono? Non sanno che funziona come a scuola? Si parla solo se interrogati, oppure si alza la mano e si chiede l’autorizzazione. A Repubblica o al Pd, tanto è lo stesso.
Marco Travaglio
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Link: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/gli-opposti-cretinismi/
15.03.2018
Beh…io rispetto tantissimo Travaglio ma non condivido l’ articolo. Se vero che M5S non è un bluff, nel senso che non prende ordini dalla massoneria, deve accordarsi solo con la Lega, STANANDOLA, in un programma di governo e di riforme costituzionali di 5 anni. Questi due non dovrebbero esitare e devono prendersi TUTTO il potere che gli italiani gli hanno dato il 4 marzo lasciando all’ opposizione soltanto le commissioni di controllo. Sempre che M5S non sia un bluff. Nel caso invece fosse tentato di fare un governo insieme al PD, se pur derenzizzato…(ma se completamente derenzizzato i numeri non ci sarebbero!!!), come auspicato da Travaglio, puzzerebbe di marcio fino al midollo, non completerebbe il suo programma e alle prox votazioni regalerà il paese a Salvini. Si ricordino i deputati M5S di come sono stati trattati nella legislatura appena trascorsa! Anche Salvini in questo momento non può allearsi con il PD e nemmeno con suoi pezzi. Già a stare con Berlusconi perde voti e dovesse presentarsi in Parlamento per un governo accettando i voti del PD o transfughi rischierebbe a sua volta di bruciarsi regalando il paese a M5S. L’ unico governo possibile quindi è Lega-M5S, prima che arrivino le sirenette e la pecunia di berlusconi, gli attacchi della stampa, dell’ Europa, della magistratura e pure i consigli del Vaticano a distruggere il parlamento. Io auspico un patto d’ acciaio di 5 anni e poi si vedrà! Il PD e Forza Italia in questo momento sono delle belve ferite…ma non morte! Se M5S e Lega faranno questa alleanza si salveranno entrambi se no uno dei due perirà. CORAGGIO…e se farete qualche sbaglio il paese vi perdonerà!
Per intanto la Lega apre al M5S sul RdC e non solo…
https://www.fanpage.it/anche-la-lega-apre-al-reddito-di-cittadinanza/
La logica vuole che i vincitori delle elezioni debbano convergere per fare un governo, lo impone anche il rispetto al voto democratico scaturito dalle urne che ha premiato due partiti mentre ha punito altri.
Allearsi con i perdenti è un inciucio, è tenere in vita chi dalle elezioni è uscito sconfitto, è mancanza di rispetto verso gli elettori che non ne vogliono più sapere del PD e dei sinistroidi.
Il PD non voterà mai per abolire la legge Fornero, per abolire il Giobbat, per istituire il RdC, per semplificare il fisco senza metterci qualche patrimoniale, per rispettare i parametri europei solo e quando essi non sono controproducenti al paese.
Ma quale punto in comune può esserci con chi in 5 anni ha distrutto il paese ancor più che Berlusconi in venti?
E’ ovvio che solo il PD avrebbe tutto da guadagnarci, a cominciare dal fatto di rimanere in gioco nonostante l’irrilevanza politica e la credibilità ai minimi storici.
Renzi o non Renzi non ha importanza, non è che con Bersani le cose andassero meglio, sono le politiche del PD a suscitare orrore per l’ossequiosa osservanza dei diktat europei.
Il PD è questo, queste sono le sue politiche, e queste politiche sono state bocciate, Renzi non ha fatto altro che accelerare questo senso di ribrezzo verso questo partito che tutto e tutti rappresenta tranne che l’interesse nazionale, negando all’Italia di poter andare a testa alta e fiera del suo essere e della sua italianità, ma sopratutto libera e non schiava dell’ideologia europeista dietro al quale si cela quella neoliberista.
Già solo il fatto che tutti poteri forti spingono e vedono come positiva un’alleanza PD/M5S dovrebbe immediatamente suscitare sospetti e prese di distanza, e memori della brutta esperienza da cui siamo reduci, fare l’esatto contrario.
Non ci si mette d’accordo con i nemici, si combattono. Si eliminano oppure li si sottomette rendendoli innocui.
La strada da percorrere è quella che deve vedere i mercati, Bruxelles, la Merkel, la finanza, terrorizzati, impauriti da un ridimensionamento propedeutico ad una sottomissione forzata alla politica e al volere degli Stati che devono ripristinare la loro supremazia su ogni cosa e dove.
Non serve essere di sinistra per fare cose di buon senso, con buona pace dei sinistri Gomez, Padellaro e Travaglio che parlano ancora una lingua vecchia, vestigia obsolete in mondo che sta cambiando più velocemente della loro capacità di comprenderlo.
«Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta»