Comportati ammodo. Aspetti del nuovo autoritarismo

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Nestor Halak per Comedonchisciotte.org

Pare che per essere assunti nelle università americane occorra fare una dichiarazione non di “sana e robusta costituzione fisica” come un tempo da noi, ma di “diversità, equità e inclusione”, come la chiamano, in sostanza un atto di fedeltà politica col quale si aderisce formalmente alla nuova ideologia obbligatoria che pretende di eliminare per legge la discriminazione intendendo con essa non solo i fatti, ma anche qualunque espressione di opinione che, ad avviso dei custodi dell’ ideologia, possa ricondurre, anche vagamente, alla discriminazione, razziale o di qualsiasi altro genere.

E’ fin troppo facile notare che tale dichiarazione ricorda molto da vicino quella richiesta ai professori universitari italiani dopo le leggi razziali del 1938, che peraltro quasi tutti sottoscrissero tranquillamente, esattamente come ora fanno quelli americani. Del resto all’epoca la “scienza” riconosceva largamente l’inferiorità della “razza ebraica” come ora riconosce l’inesistenza delle razze umane. Pare inoltre che a differenza dei loro colleghi degli anni trenta, i professori 2.0 siano anche tenuti a specificare quali comportamenti intendano adottare per tradurre in pratica questo loro impegno. Una sorta di business plan, tanto per ribadire l’aziendalizzazione di qualsiasi cosa nella nostra società.

Il clima politico all’interno degli atenei è tale che sia gli studenti che i professori temono di poter manifestare in qualche modo, soprattutto senza accorgersene, un atteggiamento razzista o omofobo o non inclusivo o negazionista di una qualunque delle verità assolute che il credo ufficiale impone correndo così il rischio di essere licenziati o espulsi o addirittura incorrere in guai giudiziari. Del resto il canone di comportamento è piuttosto incerto e suscettibile di diverse interpretazioni: sarebbe probabilmente d’aiuto la recitazione mattutina di un credo ufficiale prima di iniziare le lezioni, imitando chi ha esperienza bimillenaria in materia, ma penso sia una carenza voluta poiché l’incertezza del diritto, crea paura ed è un’arma formidabile in mano al potere. Dove sia finita la libertà di parola costituzionalmente riconosciuta, nessuno lo sa.

E la paura è ben comprensibile se si pensa che si può essere accusati anche solo per aver usato il pronome personale sbagliato verso qualcuno che magari sembra una donna, ma che quel giorno si sente un uomo, o per  aver ingenuamente domandato a qualcuno da dove provenga. Rimanere in una stanza chiusa con una studentessa è pericoloso, ne può uscire un’accusa di violenza sessuale. Francamente, più che alla situazione dei professori italiani del 1938, quella dei docenti americani ricorda l’epoca di Galileo Galilei  quando la Santa Inquisizione aveva mille orecchie e sostenere un concetto “sbagliato” poteva costare molto caro. I nuovi inquisitori non paiono essere meno zelanti degli antichi, né più restii a ricorrere alla delazione, come del resto si addice a chi lavora per una causa santa e giusta, per cui è prudente stare attenti a ciò che si dice anche con gli amici più intimi come al tempo delle purghe staliniste. Bisogna insomma, comportarsi ammodo, qualunque cosa ammodo voglia dire. Occorre forse dire che questo clima può essere anche usato per portare avanti rivalità e vendette personali che nulla hanno a che vedere con la discriminazione?

Evidentemente era molto più semplice tenersi lontano dalla “questione ebraica” che dover continuamente dimostrare di essere antirazzisti, pentiti di essere maschi, sostenibili, ecocompatibili, a emissioni zero e fluidi senza che ti scappi mai una risatina o una parola sbagliata. Lo so, a noi italiani (per il momento), tutto questo può apparire esagerato, paradossale e anche un poco umoristico: la stupidità intrinseca della faccenda è tale che tendiamo (per ora), a non prenderla seriamente, tuttavia gli americani la prendono molto, molto sul serio e conseguentemente si comportano nel modo più prudente possibile, in ciò aiutati, probabilmente, anche dalla proverbiale ipocrisia anglosassone e dall’altrettanto proverbiale bigottismo americano.

Bisogna considerare che le università,  specie quelle più prestigiose dove più acuti si manifestano i sintomi di questo morbo, non sono un posto qualsiasi, ma sono il luogo eletto nel quale si dovrebbe produrre la cultura più alta di un paese ed anche la scienza più innovativa, il luogo dove pensatori intelligenti ed originali non hanno paura di rompere gli schemi e vedere i problemi da punti di vista nuovi e inaspettati. Sappiamo tutti che per la cultura e per la scienza la libertà di pensiero, di parola e di discussione è importante come l’aria, niente è più dannoso al progresso del conformismo, della censura, dell’auto censura e dell’impossibilità di mettere in discussione principi che si pretendono universali ed eterni. Abbiamo ben visto cosa è successo con la pandemia, quando il dibattito è stato stroncato sul nascere.

Inoltre  le università sono anche il luogo nel quale si forma e viene cooptata la classe dirigente americana, quella che poi avrà la responsabilità di guidare il paese. Se il merito viene sostituito dal conformismo, dal bigottismo e dalla prudente obbedienza, oppure, come peraltro già succede da tempo, dalle “quote” obbligatorie di “minoranze un tempo svantaggiate” , ne va pesantemente di mezzo la qualità dell’intellighenzia che si andrà a selezionare: i risultati, a quanto sembra, si riescono già ampiamente a vedere osservando il livello della classe politica che esercita il potere nel paese in questo momento: una serie di personaggi che definire impreparati al compito e di scarso valore umano e culturale sembra essere uno sperticato complimento.

Il danno derivante da essersi formati in istituzioni dove regna il timore di passare per eretici è grave anche nelle scienze esatte come Galileo dimostra, ma lo è molto di più nelle scienze umanistiche dove non esiste una realtà oggettiva che bene o male quando si esagera ci riporta in riga, tanto che in materie come le scienze politiche e sociali l’insegnamento si presta a divenire con facilità quasi esclusivamente propaganda e gli studenti più che istruiti, finiscono per essere indottrinati. Manco a dirlo sono proprio questi i corsi che frequentano in grande maggioranza coloro che saranno i futuri amministratori del paese. In pratica, oltre che ignoranti, saranno anche incapaci di ragionare con la propria testa.

Approfondendo solo un poco il merito dell’ideologia che ha così significativamente inciso nella cultura accademica americana, soprattutto in quella più alta,  ci si può facilmente rendere conto che la pretesa lotta a tutte le discriminazioni è del tutto fittizia e finisce semplicemente per ribaltare la situazione precedente introducendo norme, sempre razziste, ma questa volta a carico dei bianchi. Sembra proprio che nella cultura anglosassone il razzismo sia penetrato talmente in profondità che rispunta ovunque senza che nemmeno se ne rendano conto: se proprio non è più bon ton essere razzisti contro i negri, i latinos, i nativi, i musi gialli o magari gli italiani, si può sempre essere razzisti con se stessi, come bianchi, come maschi, come eterosessuali, o addirittura come componenti dell’umanità che per il mero fatto di essere in vita e respirare, consumano risorse, alterano ecosistemi ed infine “distruggono il pianeta”, come certi oligarchi filantropi ci ripetono di continuo.

A quanto pare il complesso di superiorità dell’occidente, soprattutto dell’occidente ad egemonia anglosassone, lungi dal diventare più ragionevole col tempo, si trasferisce semplicemente da un aspetto all’altro, dall’etnia alla cultura, dalla cultura ai “valori” di propria invenzione, ma che si vuole imporre come universali. In altre parole diventa autodistruttivo: ultimamente i “valori universali” più gettonati sono appunto concetti vagamente definiti come “democrazia”, ”inclusività”, “sostenibilità”,“non discriminazione”,  “fluidità”, ”eco compatibilità”, che da bravi dogmi parareligiosi, in mano ai più fanatici, tendono a distaccarsi sempre di più dalla realtà fisica e dal buon senso fino ad arrivare ad una sorta di suicidio per motivi ideologici. In religione succede piuttosto spesso, il martirio è molto apprezzato.

In qualche modo pare che per tradurre in pratica questi costrutti mentali prodotti pur sempre dall’occidente bianco, può diventare giusta e necessaria perfino la soppressione dello stesso occidente bianco. La sovrastruttura diventa più importante della struttura che l’ha creata. Per esempio l’immigrazione di massa in Europa e in America deve essere sostenuta anche se implica la distruzione dell’Europa o dell’America e per “salvare il pianeta dall’umanità” si può giungere tranquillamente alla soppressione dell’umanità … da parte, e questo è il bello, della stessa umanità! Quasi non fosse anch’essa un’azione “artificiale”. Possibile che nessuno si renda conto che reintrodurre il lupo è altrettanto “artificiale” quanto sterminare il lupo? In realtà non dovrebbe essere una questione ideologica, ma di opportunità: cosa è meglio fare. Qualunque strada seguita fino in fondo non porta da nessuna parte è sempre una questione di misura, di equilibrio.

Tutto sommato era preferibile “il fardello dell’uomo bianco” del vecchio Kipling.

Se è così che funzionano le università americane, o meglio, se è così che hanno smesso di funzionare le università americane, non è che qui da noi si stia molto meglio, anche se siamo leggermente più distanti dal ridicolo conclamato. Tutto quello che siamo in grado di fare è scimmiottare i nostri padroni d’oltremare, magari con meno convinzione, perché siamo fatti così, ma credo che con la seria applicazione e il duro impegno ci possiamo arrivare anche noi. Già oggi si tengono corsi non più in italiano, ma nella lingua ieratica dei padroni. I nuovi Alberto Sordi, per non passare da provinciali, imitano anche l’accento padronale, per quanto ridicolo sia, e darebbero chissà cosa per essere indistinguibili da un membro della razza padrona, naturalmente non importa se bianco o nero, omosessuale o etero, anche perché non ci sono bianchi e neri, omosessuali o etero, maschi o femmine, siamo tutti fluidi, lo dice la scienza.

Devo dire che perfino il mio Comune (mio, si fa per dire, perché ogni volta che ne ho avuto bisogno per adempimenti burocratici da lui stesso creati, ha sempre fatto il possibile per rendermi la vita difficile), manda avvisi bilingui e nemmeno più nel burocratese di una volta, ma in un linguaggio molto più confidenziale, moderno e smart. Anche molto più buzzurro a dire il vero.

Qualche giorno fa, ad esempio, mi hanno inviato per posta (modalità affatto smart), una specie di depliant dal titolo rivelatore “COMPORTATI AMMODO” che suona molto come una minaccia di un padre incazzato al figlioletto discolo: attenzione, ti stiamo osservando, comportati ammodo! Ammodo, come bisognava comportarsi durante la grande pandemia? Chiusi in casa, punturati, mascherati e scodinzolanti sulle terrazze senza far domande inopportune?

Un tempo, almeno formalmente, ti trattavano con una certa dignità, ti davano dell’egregio signore anche quando ti facevano la multa, non presumevano che tu ti comportassi male, ora si rivolgono a te come fossi un ragazzino che tira i sassi ai lampioni. I rapporti di subordinazione del suddito nei confronti del nuovo latrante padroncino non potrebbero essere più chiari. Né, a dire il vero, più buzzurri.

E  pensare che gli eletti dal popolo, in teoria, stanno li per servire il popolo: non siamo noi i loro datori di lavoro? Non che io l’abbia votata, beninteso, dico votata perché il nostro sindaco è donna e questo, ovviamente, aggiunge un valore in più alla carica, anche se i generi come dice la “scienza”, sono un costrutto sociale. Ma ai nuovi ideologi il principio di non contraddizione gli fa un baffo.

Devo dire che anche i contenuti del foglietto sui quali l’autorità simpaticamente ci intrattiene sono perfettamente in linea con la sua forma e col suo valore: si tratta perlopiù di immondizia e merda di cane.

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