Senza il M5S le teorie economiche sovraniste sarebbero rimaste puri atti di fede vanagloriosa

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DI ROSANNA SPADINI

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Alea iacta est !! Il contratto di governo M5S/Lega è concluso e firmato, mentre gufi nazionali e internazionali stanno scagliando saette velenose contro l’accordo, malumori e mal di pancia trasversali travagliano le forze europeiste e globaliste.

Intanto Renzusconi è morto, a sua insaputa, e tutta la cloaca di potere mafioliberista sta facendo terrorismo mediatico contro questo governo, dopo aver provocato la demolizione sociale del Paese, con 5 milioni di poveri totali, la distruzione dell’occupazione (max storico disoccupazione giovanile), elevato all’ennesima potenza il debito pubblico, demolito la domanda interna con politiche di austerity, la scuola pubblica, la sanità, i diritti dei lavoratori.

Le novità del contratto sono tante, ed ognuna delle due forze politiche cerca di arrogarsi il merito di una premiership programmatica, in realtà l’esito dell’accordo sembra essere piuttosto equilibrato, perché spazia dalla sicurezza alle pensioni, dallo stop al business dell’immigrazione al lavoro, dalla legittima difesa alla flat tax, dalla chiusura dei campi rom ai sostegni alle famiglie … e poi ancora il reddito di cittadinanza, il superamento della  legge Fornero, l’eliminazione delle pensioni d’oro, una tassazione più bassa per le imprese, il codice etico per i membri del governo, la tutela del territorio.

Certo, un accordo prevede il tentativo di giungere a conclusioni condivise, evitando il rischio di rinunciare alla propria identità politica, ma proprio perché è un «accordo» tra forze politiche distinte, postideologiche e postmoderne, sembra che sia riuscito nel suo primo intento di voler  restituire dignità sociale alle classi demolite dal neoliberismo e dalla globalizzazione. Forse proprio perché le vecchie categorie, destra e sinistra, sono state ulteriormente smantellate dal capitale, con la vittoria sulla lotta di classe di Warren Buffet, ora è stata possibile una sorta di alleanza di governo tra due forze che sembrano schierate su posizioni decisamente opposte, ma che hanno trovato alcuni punti di contatto nella tutela del benessere socio nazionale.

Le trattative sono state condotte fin dall’inizio da una precisa e magistrale strategia politica da parte dei 5 Stelle, perché la sera stessa delle elezioni Di Battista si è presentato davanti alle Tv dicendo «Ora tutti dovranno parlare con noi», facendo quindi intendere che non si poteva fare un governo escludendo il partito che aveva ottenuto più voti a livello nazionale, così come era avvenuto nel 2013.

Poi successivamente Di Maio aveva proposto un accordo con gli unici due partiti che avrebbero potuto consentire un’alleanza di governo, sia per i numeri che per convergenze programmatiche. La più favorevole è apparsa fin da subito la Lega, ma i veti incrociati del nano mafioso l’hanno costretta ad una retromarcia ingloriosa, mentre la proposta rivolta al Pd è apparsa ai meno sprovveduti come la tattica velleitaria per un patto che non avrebbe mai potuto suggellarsi, per motivi di contrasti politici insanabili tra le due forze politiche.

L’astuzia istrionica di Grillo unita all’abilità serafico politica di Di Maio sono sfuggite ai più ed anche a buona parte di quel popolo social che ha spesso criticato aspramente il mondo pentastellato, etichettato come grullino, idiota, fanatico, stupido, stolto, rozzo, ignorante etc etc…

Al contrario le proposte sovraniste venivano esaltate come le uniche in grado di risolvere il problema della crisi dell’Eurozona, però si dimenticava che le teorie economiche, pur giuste e meritevoli che siano, hanno sempre bisogno di una strategia politica che le possa realizzare, diversamente restano lettera morta come fossero semplici atti di fede mistica e vanagloriosa.

Ora le teorie economiche di Borghi e Bagnai forse potrebbero anche realizzarsi grazie all’accordo stipulato con i 5 Stelle, diversamente sarebbero rimaste inapplicate se affidate alle grinfie di un tale ben noto cavaliere dalla triste figura (non certo Don Chisciotte).

Anche se attualmente il Financial Times si spaventa per i minibot lanciati da Claudio Borghi, che sembrano essere un problema e affossare l’euro, e se fossero introdotti su larga scala le pressioni politiche potrebbero forzare l’Italia fuori dall’euro (tanto meglio per noi).

Nonostante sia Lega che M5s continuino a negare la loro valenza di valuta parallela o di imbroglio mistificatorio del debito pubblico, promettendo anzi di rispettare il Trattato di Lisbona e in particolare l’articolo 106 secondo cui solo la Bce può coniare moneta, John Dizard scrive «banchieri centrali e ministri delle finanze sono stati equilibrati nella loro reazione. Un equilibrio tra lo sdegno e il colpo apoplettico».

I minibot sarebbero dei titoli di stato commerciabili, per far fronte al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione: «Hai un credito Iva? Il fisco ti deve dei soldi? Non sei ancora riuscito a incassare gli importi che ti spettano per le ristrutturazioni che hai fatto? Sei una delle tantissime imprese che vantano crediti per lo Stato?».

Ma il FT non è affatto tranquillo. «March of the mini-BoTs may bring down the euro» sostiene che  la sensazione diffusa di noia del QE «è stata spazzata via con le elezioni politiche italiane dello scorso 4 marzo. Lega e M5S sono d’accordo su alcuni punti, in particolare hanno concordato sul fatto che i tagli alle tasse e le spese aggressive possano essere funzionali alla ripresa economica e finanziati in parte attraverso l’emissione di minibot».

Sarebbero titoli del Tesoro, privi di interessi, senza scadenza, denominati in euro, sotto forma di titoli al portatore garantiti dalle entrate fiscali. Caratterizzati dal piccolo taglio, da 5, 10, 20, 50 fino a 100 euro, verrebbero emessi dal Tesoro a favore di persone fisiche e aziende che vantano un credito nei confronti della pubblica amministrazione. Potrebbero essere utilizzati per pagare le tasse e le imposte, ma anche benzina o mezzi di trasporto.

«Gli eurocrati credono che i minibot siano un modo simulato per finanziare la spesa pubblica. Se ciò venisse consentito, avverte l’establishment, gli elettori convenzionali dell’Eurozona potrebbero ribellarsi contro un fenomeno che svilirebbe di fatto il valore della loro moneta (l’euro). A quel punto, i populisti risponderebbero che il rispetto delle regole da parte dell’Italia ha provocato la stagnazione e la disoccupazione giovanile. Piuttosto vero, ma non sarebbero certo i giovani a beneficiare dei minibot.

No. I grandi profitti andrebbero a chi acquistasse minibot dai pensionati e dai creditori dello stato a sconto, diciamo al 20-30%. A quel punto, gli stessi venderebbero la quasi-moneta a chi acquista beni e servizi italiani, o punta sul mercato immobiliare e azionario. Ci sarebbe anche una redistribuzione interna. Probabilmente l’industria del Nord Italia e i lavoratori qualificati riceverebbero il valore dei sussidi alle esportazioni, mentre i pagamenti ai pensionati italiani del Sud e ai dipendenti statali verrebbero ridotti».

Sta di fatto che «Alla fine se i minibot verranno lanciati su larga scala, le tensioni politiche costringeranno l’Italia o la Germania a lasciare l’euro. E una volta provocato il danno, lo schema dei minibot verrebbe alla fine liquidato».

Dal canto suo Wolfgang Munchau, responsabile del think tank Eurointelligence, con sede a Londra, avverte che «se reso esecutivo, il programma di governo (M5S-Lega) sarebbe la scossa più grande per il sistema economico italiano dei tempi moderni».

E poi Federico Fubini aggiunge: «Emettere titoli di Stato in tagli piccolissimi che si diffondano tra la popolazione e diventino simili a banconote, equivale di fatto a cercare di creare una moneta parallela all’euro».

L’equilibrio politico tra Lega e 5 Stelle potrebbe però essere messo a dura prova dalle «difficili  decisioni economiche» che il governo sarà costretto a prendere, un esempio lo abbiamo visto proprio ieri, quando le parole di Claudio Borghi «Monte dei Paschi dovrebbe rimanere pubblica e c’è bisogno di un cambio nella governance della banca» avevano fatto crollare il titolo in borsa. MPS addirittura era stata sospesa a un certo punto della seduta, salvo poi riprendere per chiudere con un pesante -9%.

Il rimprovero implicito è arrivato da Stefano Buffagni, parlamentare dei 5S, che sui propri account social ha espresso una posizione critica «Giocare sulla pelle di MPS con i soldi dei cittadini non è quello che deve fare chi si appresta a guidare un paese. Le responsabilità dei disastri del passato a marchio PD sono chiare a tutti; i responsabili dovranno sicuramente pagare. Ora però bisogna lavorare per risolvere i problemi limitando al minimo le perdite della collettività che sono e saranno ingenti».

Bolgia dei barattieri, Rutebeuf (Ciampolo) sfugge alla morsa di Alichino, demone dei Malebranche.

Ma l’astuzia è il dna proprio della razza italiana, che ha subito nei secoli una moltitudine variegata di dominazioni, e si è dovuta arrangiare tra servilismo irriducibile e ribellione disincantata. Di astuzia giullaresca ne ha parlato anche l’Alighieri in un canto gustosissimo della Commedia, il XXII dell’Inferno, quello dei barattieri. Ciampólo (o Gian Paolo, o Jean Paul, o Rutebeuf), originario del regno di Navarra, fu un artista del trobar al servizio del re Tebaldo II di Navarra, sotto il quale si era macchiato di molti reati di baratteria. I barattieri o tangentari, mentre oggi fanno spesso carriera politica, vengono ficcati da Dante in questa bolgia infame, costretti a stare immersi nella pece bollente, e se osano anche solo sporgere il naso fuori, vengono scorticati dagli uncini roventi dei demoni guardiani, i malebranche.

Ma Ciampolo o Rutebeuf che fosse, era troppo astuto per subire tale pena, quindi nella conclusione del canto, prima provoca un zuffa tra i demoni che ruzzolano nella pece e s’imbrattano e si ustionano le ali, poi sfugge al loro killeraggio assassino, lasciandoli di stucco a leccarsi le ferite. Come si dice «ne sa una più del diavolo».

«I’ fui del regno di Navarra nato.
Mia madre a servo d’un segnor mi puose,
che m’avea generato d’un ribaldo,
distruggitor di sé e di sue cose.
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo;
quivi mi misi a far baratteria,
di ch’io rendo ragione in questo caldo »
(Inferno XXII, vv. 48-54)

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

19.05.2018

 

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