Di Guido Salerno Aletta (Editorialista dell’Agenzia Teleborsa), teleborsa.it
Bisogna essere chiari su un punto: le Banche centrali non hanno poteri di intervento nell’attuale contesto di inflazione dei prezzi dell’energia e delle materie prime, tutti prodotti che l’Italia importa sia per i propri consumi interni sia per la sua caratteristica di economia di trasformazione che rivende all’estero con valore aggiunto quanto ha acquista dall’estero.
A maggior ragione vale la questione della indipendenza sul piano alimentare: il problema non è solo quello di soddisfare il fabbisogno interno, quello di sfamare coloro che vivono in Italia, ma quello delle importazioni destinate alla trasformazione. Le industrie italiane comprano grano dall’estero per fabbricare pasta che viene poi esportata in tutto il mondo. Lo stesso vale per le importazioni del latte e delle carni: i formaggi o gli insaccati che vengono prodotti riprendono la via dell’export. Lo stesso vale per una serie di materie prime minerali: si importano caolino ed argilla per fare ceramiche e piastrelle che vengono esportate con buon profitto.
Anche per quanto riguarda i consumi energetici, e quindi le importazioni di petrolio e gas, una parte consistente è utilizzata per la produzione delle merci da esportare.
Queste premesse sono indispensabili per affrontare il tema delle conseguenze delle sanzioni alla Russia: la rinuncia agli approvvigionamenti non comporta solo i sacrifici personali, come sopportare un paio di gradi in meno di temperatura per il riscaldamento domestico, o rinunciare all’uso dei condizionatori d’aria in estate.
C’è un altro aspetto: sono i motori elettrici e le resistenze dei forni e degli apparati che assorbono grandi quantità di corrente. Tutti abbiamo fatto esperienza dello scarso risparmio economico derivato dal cambio delle lampadine di casa, passando da quelle ad incandescenza a quelle a led che consumano effettivamente molto meno: i veri kilowatt che pesano, quelli che rimangono inalterati, sono infatti quelli della lavabiancheria, dello scaldabagno, del forno in cucina e dell’asciugacapelli. Questo significa che anche l’idea di illuminare le strade alternando la luce dei lampioni è davvero poco utile.
L’Italia si trova dunque in una condizione di vulnerabilità sul versante dei prezzi all’importazione sia delle materie prime che dell’energia, soprattutto perché si paga le materie prime e l’energia che servono per i consumi interni con i proventi dei prodotti esportati, i quali richiedono spesso a loro volta la importazione di materie prime e di energia.
Nel caso di un passivo commerciale, invece, c’è un esborso netto di risorse interne verso l’estero, un deflusso di risparmio, ovvero la necessità di indebitarsi: non ha alcuna importanza se dal punto di vista tecnico si tratti di un debito contratto con una banca italiana che poi si indebita all’estero, oppure di un finanziamento ottenuto da parte di una banca del Paese da cui si importano le merci.
L’Italia, in questi ultimi dieci anni è riuscita con moltissimi sacrifici a ribaltare il segno negativo della sua bilancia commerciale e della sua posizione finanziaria internazionale netta. Con la feroce stretta fiscale del governo Monti e riducendo continuamente i salari, le importazioni dall’estero sono crollate mentre l’export è tornato competitivo: abbiamo assorbito solo così lo shock dell’euro troppo forte, che ci penalizzava dal 2001. Un po’ alla volta, la somma delle attività finanziarie e dei debiti netti dell’Italia verso l’estero, ivi compresa la quota del debito pubblico italiano detenuta da non residenti, è stata superata dalla somma delle attività finanziarie estere e dei crediti verso l’estero che sono detenuti dai residenti in Italia. Questo vuol dire che, se ipoteticamente si dovessero saldare tutti i conti di dare e avere, gli Italiani avrebbero diritto a ricevere una somma netta dall’estero. Siamo creditori netti e non debitori.
C’è una diretta correlazione dunque tra l’enorme debito pubblico italiano, di cui una parte è detenuta da Fondi di investimento, Banche, Assicurazioni e privati stranieri, e la posizione finanziaria netta: in pratica, questi stranieri sono rassicurati dal fatto che la loro quota di debito pubblico italiano è garantita da altrettante attività finanziarie e da crediti che l’Italia ha verso l’estero.
Tutto si regge finché è chiaro a tutti che l’Italia non compra dall’estero a credito, indebitandosi.
Se i conti commerciali con l’estero dovessero andare in rosso, come purtroppo è stato rilevato dall’Istat per quanto riguarda le relazioni extra-Ue del mese di febbraio scorso, entreremmo in un’area di pericolosissima instabilità.
Se i conti commerciali vanno in rosso, il debito pubblico italiano non regge
“Saldi esteri da brivido”
Di Guido Salerno Aletta (Editorialista dell’Agenzia Teleborsa), teleborsa.it
Articolo originale di Guido Salerno Aletta: https://www.teleborsa.it/Editoriali/2022/04/08/saldi-esteri-da-brivido-1.html?p=3#.YlLIXNNBy3A