In questa intervista, Ben Norton e Michael Hudson esaminano dettagliatamente il rapporto profondamente intrecciato tra Stati Uniti e Israele, basato sul desiderio degli Stati Uniti di avere una “base” militare nel cuore del Medio Oriente, ricco di petrolio, e ci forniscono un’interessante retrospettiva storica sul ruolo che Israele e Gerusalemme hanno giocato nel tempo.
Michael Hudson/Ben Norton – Geopolitical Economy – 13 novembre 2023
Ben Norton: Perché gli Stati Uniti sostengono così fortemente Israele?
In questo video di oggi, spiegherò le ragioni geopolitiche ed economiche per cui Israele è una parte così importante della politica estera degli Stati Uniti e del tentativo di Washington di dominare non solo la regione del Medio Oriente, ma il mondo intero.
Per questa analisi oggi ho avuto il privilegio di essere affiancato dall’economista Michael Hudson. Lo farò intervenire più tardi per fornire ulteriori dettagli su questo argomento. Prima, però, vorrei evidenziare un contesto di base molto importante per comprendere questa relazione.
È fondamentale sottolineare che Israele è un’estensione del potere geopolitico degli Stati Uniti in una delle regioni più importanti del mondo.
Infatti, è stato l’attuale Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, nel 1986, quando era senatore, a dire che se Israele non fosse esistito, gli Stati Uniti avrebbero dovuto inventarlo:
Biden/video:
“Se guardiamo al Medio Oriente, penso sia ora che quella maggior parte di noi in questa commissione che sostiene Israele, smetta di scusarsi per questo. Non ci sono scuse. Nessuna. È il miglior investimento da 3 miliardi di dollari che facciamo. Se non ci fosse Israele, gli Stati Uniti d’America dovrebbero inventare un Israele per proteggere i propri interessi nella regione; gli Stati Uniti dovrebbero andare ad inventare un Israele.
Sono con i miei colleghi della Commissione per le relazioni estere e ci preoccupiamo parecchio per la NATO; ci preoccupiamo per il fianco orientale della NATO, la Grecia e la Turchia, e di quanto sia importante. Però impallidiscono al confronto…, impallidiscono in termini di benefici per gli Stati Uniti d’America.”
Ben Norton: Innanzitutto, è ovvio che il cosiddetto Medio Oriente, o meglio l’Asia Occidentale, possiede alcune delle più grandi riserve mondiali di petrolio e gas, e l’intera infrastruttura economica mondiale si basa sui combustibili fossili. Stiamo gradualmente passando a nuove fonti energetiche, ma i combustibili fossili sono ancora assolutamente fondamentali per l’intera economia globale.
E l’obiettivo di Washington è stato quello di assicurarsi di poter mantenere prezzi costanti sui mercati globali del petrolio e del gas.
Ma si tratta di qualcosa di molto più grande del semplice petrolio e del gas. La politica dichiarata delle forze armate statunitensi a partire dagli anni ’90, dalla fine della Guerra Fredda e dalla caduta dell’Unione Sovietica, è che gli Stati Uniti hanno cercato di mantenere il controllo su ogni regione del mondo.
Questo è stato affermato molto chiaramente dal Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti nel 1992. Nella cosiddetta Dottrina Wolfowitz. Il Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti affermava:
“L’obiettivo [degli Stati Uniti] è quello di impedire a qualsiasi potenza ostile di dominare una regione critica per i suoi interessi e di rafforzare le barriere contro il riemergere di una minaccia globale agli interessi degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Queste regioni includono Europa, Asia orientale, Medio Oriente/Golfo Persico e America Latina. Il controllo consolidato e non democratico delle risorse di una regione così critica potrebbe generare una minaccia significativa alla nostra sicurezza.”
Poi, nel 2004, il governo statunitense pubblicò la Strategia Militare Nazionale, in cui Washington sottolineava che il suo obiettivo era la “Full Spectrum Dominance – la capacità di controllare qualsiasi situazione o di sconfiggere qualsiasi avversario in tutta la gamma delle operazioni militari“.
Storicamente, quando si trattava di Medio Oriente, gli Stati Uniti si affidavano alla cosiddetta strategia dei “due pilastri”. Il pilastro occidentale era l’Arabia Saudita e quello orientale l’Iran. Fino alla rivoluzione del 1979, il Paese era governato da un dittatore, uno scià, un monarca, sostenuto dagli Stati Uniti e al servizio degli interessi americani nella regione.
Tuttavia, con la rivoluzione del 1979, gli Stati Uniti persero uno dei due pilastri della loro strategia e Israele divenne sempre più importante per mantenere il controllo su questa regione crucialmente strategica.
Non si tratta solo delle enormi riserve di petrolio e di gas della regione; non si tratta solo del fatto che molti dei principali produttori mondiali di petrolio e di gas si trovano in Asia occidentale.
È anche il fatto che alcune delle più importanti rotte commerciali del pianeta passano attraverso questa regione.
Sarebbe difficile sottovalutare l’importanza del Canale di Suez in Egitto: collega il commercio dal Medio Oriente all’Europa, dal Mar Rosso al Mediterraneo, e circa il 30% di tutti i container marittimi del mondo passa attraverso il Canale di Suez. Questo rappresenta circa il 12% del commercio globale di tutte le merci.
Poi, direttamente a sud del Canale di Suez, dove il Mar Rosso entra nel Mar Arabico, c’è un punto di strozzatura geo-strategico cruciale noto come Stretto di Bab al-Mandab, proprio al largo delle coste dello Yemen. Da lì passano più di 6 milioni di barili di petrolio al giorno.
Storicamente, gli Stati Uniti hanno cercato di dominare questa regione per mantenere il controllo non solo delle forniture energetiche, ma anche per garantire le rotte commerciali globali su cui si basa l’intero sistema economico neoliberale globalizzato.
E poiché l’influenza statunitense nella regione si è indebolita in questo mondo sempre più multipolare, Israele è diventato sempre più importante per gli Stati Uniti per cercare di mantenere il controllo.
Lo vediamo chiaramente nelle discussioni sul prezzo del petrolio attraverso l’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, che è stata essenzialmente ampliata ed è ora nota come OPEC+ per includere la Russia.
Ora l’Arabia Saudita e l’arcinemico di Washington, la Russia, giocano un ruolo chiave nel determinare i prezzi globali del petrolio.
Storicamente, l’Arabia Saudita è stata un fedele “procuratore” degli Stati Uniti, ma sempre più spesso Riyadh ha mantenuto una politica estera non allineata. Un motivo importante è che la Cina è ora il principale partner commerciale di molti Paesi della regione. Per un decennio, la Cina è stata il maggior importatore di petrolio e gas dal Golfo Persico.
Inoltre, attraverso il suo progetto infrastrutturale globale, la Belt and Road Initiative, la Cina sta riportando il centro del commercio mondiale verso l’Asia. E nella Belt and Road Initiative, la “strada” in particolare fa riferimento alla Nuova Via della Seta.
Riuscite a indovinare quale regione è assolutamente cruciale nella Nuova Via della Seta e nella Belt and Road Initiative? Beh, ovviamente è il Medio Oriente – o, ancora una volta, un termine migliore è Asia occidentale, che in realtà spiega molto meglio l’importanza geo-strategica di questa regione, perché collega l’Asia all’Europa.
Questo spiega anche perché gli Stati Uniti hanno cercato disperatamente di sfidare la Belt and Road con i propri tentativi di costruire nuove rotte commerciali. In particolare, gli Stati Uniti stanno cercando di creare una rotta commerciale che vada dall’India al Golfo Persico e poi attraverso Israele.
In tutti questi progetti, quindi, Israele gioca un ruolo importante, come estensione del potere imperiale statunitense in una delle regioni più importanti del mondo. Ecco perché Biden nel 1986 diceva che se Israele non fosse esistito, gli Stati Uniti avrebbero dovuto inventarlo.
Ed è anche per questo che Biden lo ha ripetuto in un incontro alla Casa Bianca con il presidente israeliano Isaac Herzog il 27 ottobre 2022:
“Discuteremo anche del ferreo impegno – e questo, lo ripeterò 5.000 volte nella mia carriera – del ferreo impegno che gli Stati Uniti hanno nei confronti di Israele, basato sui nostri principi, sulle nostre idee, sui nostri valori; sono gli stessi valori.
E ho spesso detto, signor Presidente [Herzog], che se non ci fosse Israele, dovremmo inventarlo.”
E anche recentemente, il 18 ottobre 2023, Biden ha ripetuto ancora una volta la stessa cosa in un discorso tenuto in Israele: “Da tempo dico che se Israele non esistesse, dovremmo inventarlo“.
Per quel discorso del 2023, Biden è andato in Israele per sostenere il Paese mentre stava conducendo una brutale campagna di bombardamenti a Gaza e una pulizia etnica dei palestinesi nell’ambito di quello che molti esperti di tutto il mondo hanno definito un “caso da manuale di genocidio“.
I massimi esperti delle Nazioni Unite hanno avvertito che il popolo palestinese rischia il genocidio da parte di Israele.
E gli Stati Uniti hanno costantemente sostenuto Israele, perché ancora una volta, come ha detto Joe Biden, Israele è un’estensione del potere imperiale statunitense in Asia occidentale; e se non esistesse, Washington dovrebbe inventarlo.
A questo punto, passo all’intervista che ho fatto all’amico del programma Michael Hudson, brillante economista e autore di molti libri, tra cui “Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire”.
Ecco un breve spezzone della nostra conversazione:
Michael Hudson: Israele è una portaerei terrestre nel Vicino Oriente. Israele è il punto di decollo dell’America per controllare il Vicino Oriente…
Gli Stati Uniti hanno sempre considerato Israele solo come la propria base militare estera… Quando l’Inghilterra approvò per la prima volta l’atto che stabiliva che ci sarebbe dovuto essere un Israele, la Dichiarazione Balfour, era perché voleva controllare il Vicino Oriente e le sue forniture di petrolio…
E poi, naturalmente, quando arrivò Truman, i militari videro subito che l’America stava sostituendo l’Inghilterra come capo del Vicino Oriente…
Quello a cui stiamo assistendo è che, dopo aver combattuto la Russia fino all’ultimo ucraino e minacciato di combattere l’Iran fino all’ultimo israeliano, gli Stati Uniti stanno cercando di inviare armi a Taiwan per dire: non vorreste combattere fino all’ultimo taiwanese contro la Cina?
E questa è davvero la strategia degli Stati Uniti in tutto il mondo: cercare di foraggiare altri Paesi per combattere guerre per il proprio controllo.
Di seguito la trascrizione dell’intervista a Michael Hudson.
Ben Norton: Michael, grazie per esserti unito a noi oggi. Stiamo parlando del 9 novembre, e l’ultimo bilancio delle vittime della guerra a Gaza è che Israele ha ucciso più di 10.000 palestinesi.
Le Nazioni Unite hanno definito Gaza un “cimitero di bambini“. Più di 4.000 bambini sono stati uccisi. Circa il 40% delle vittime sono bambini.
E gli Stati Uniti hanno continuato a sostenere Israele, non solo diplomaticamente e politicamente, non solo ponendo il veto alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedono un cessate il fuoco, ma anche inviando miliardi di dollari a Israele.
Non solo i 3,8 miliardi di dollari che gli Stati Uniti danno sempre a Israele ogni anno in aiuti militari, ma anche altre decine di miliardi di dollari.
Mi chiedo quindi se puoi esporci la tua analisi del perché, secondo te, gli Stati Uniti investano così tante risorse per sostenere Israele mentre questo sta chiaramente commettendo crimini di guerra.
Michael Hudson: Beh, certamente sta sostenendo Israele, ma non lo sta facendo per altruismo.
Per gli Stati Uniti, Israele è la sua portaerei di terra nel Vicino Oriente. Israele è la pista di decollo dell’America per controllare il Vicino Oriente.
E fin da quando si è parlato di creare un Israele, si è sempre pensato che Israele sarebbe stato un avamposto, prima dell’Inghilterra, poi della Russia, poi degli Stati Uniti nel Vicino Oriente.
E posso citare un aneddoto. Il principale consigliere di Netanyahu per la sicurezza nazionale negli ultimi anni è stato Uzi Arad. Ho lavorato all’Hudson Institute per circa cinque anni, dal 1972 al ’76. E lì ho lavorato a stretto contatto con Uzi.
Uzi e io abbiamo fatto due viaggi in Corea e in Giappone per parlare di finanza internazionale. Così abbiamo avuto modo di conoscerci meglio. Durante un viaggio, ci siamo fermati da New York a San Francisco. A San Francisco c’era una festa o un incontro per farci conoscere.
Uno dei generali americani si avvicinò, diede una pacca sulla schiena a Uzi e gli disse: “Sei la nostra portaerei da sbarco laggiù. Ti vogliamo bene”.
Ebbene, ho visto Uzi irrigidirsi e sentirsi molto imbarazzato e non avere nulla da dire. Ma gli Stati Uniti hanno sempre considerato Israele solo come la propria base militare estera, non [come stato di] Israele.
Quindi, ovviamente, [gli USA] vogliono assicurarsi questa base militare.
Ma quando l’Inghilterra approvò per la prima volta l’atto che stabiliva la presenza di Israele, la Dichiarazione Balfour, era perché voleva controllare il Vicino Oriente e le sue forniture di petrolio.
Quando Israele fu costituito in seno alle Nazioni Unite, il primo Paese a riconoscerlo la Russia di Stalin, il quale pensava che i russi avrebbero avuto una grande influenza su Israele.
E poi, naturalmente, quando arrivò Truman, i militari videro subito che l’America stava sostituendo l’Inghilterra come capo del Vicino Oriente. E questo anche dopo la lotta, il rovesciamento del governo di Mossadegh in Iran nel 1953.
Quindi, da parte degli Stati Uniti, non è Israele che scodinzola all’America, ma il contrario. Tu hai detto che l’America sostiene Israele. Non credo affatto che l’America stia sostenendo Israele, né la maggior parte degli israeliani, né la maggior parte dei democratici.
L’America sostiene Netanyahu. Sta sostenendo il Likud, non Israele. La maggioranza degli israeliani, certamente gli israeliani non religiosi, la popolazione principale di Israele fin dalla sua fondazione, si oppone al Likud e alle sue politiche. Per gli Stati Uniti, Netanyahu è la versione israeliana di Zelensky in Ucraina.
E il vantaggio di avere una persona così sgradevole, opportunista e corrotta come Netanyahu, che è sotto accusa per corruzione e concussione, è proprio che tutta l’attenzione del mondo intero, che è così sconvolto dagli attacchi in corso a Gaza, non sta dando la colpa agli Stati Uniti.
Stanno incolpando Israele. Incolpano Netanyahu e Israele, quando sono gli Stati Uniti ad aver inviato aerei carichi di bombe e armi. Ci sono 22.000 mitragliatrici, armi automatiche, la cui vendita è vietata negli Stati Uniti, che l’America sta inviando ai coloni perché le usino in Cisgiordania.
Quindi c’è una finzione di poliziotto buono e poliziotto cattivo. Il signor Blinken dice a Netanyahu: “Quando bombardate gli ospedali, assicuratevi di farlo secondo le regole della guerra“. E quando uccidete migliaia bambini di Gaza, assicuratevi che sia tutto legale e conforme alle leggi di guerra. E quando parlate di pulizia etnica e di cacciare una popolazione, assicuratevi che [anche questo] sia tutto legale.
Certo, non sono le regole della guerra e si stanno commettendo crimini di guerra, ma gli Stati Uniti fanno finta di dire a Netanyahu e al governo israeliano: “Usate bombe più piccole. Siate più delicati quando bombardate i bambini in ospedale, mentre in realtà è tutta una messinscena”.
Gli Stati Uniti stanno cercando di dire che sono lì solo per dare aiuto a un alleato. Tutto il mondo ha notato che gli Stati Uniti hanno due portaerei nel Mediterraneo, proprio al largo delle coste del Vicino Oriente, e hanno un sottomarino atomico vicino al Golfo Persico.
Perché sono lì? Il Presidente Biden e il Congresso dicono che non avremo truppe americane a combattere Hamas a Gaza. Non ci faremo coinvolgere. Ebbene, se le truppe non saranno coinvolte, perché sono lì?
Sappiamo cosa stanno facendo gli aerei americani. Ieri hanno bombardato un altro aeroporto e un deposito di carburante in Siria. Stanno bombardando la Siria. Ed è molto chiaro che non sono lì per proteggere Israele, ma per combattere l’Iran.
Ogni giornale americano, quando parla di Hamas, dice che Hamas agisce per conto dell’Iran. Quando si parla di Hezbollah, e se ci sarà un intervento dal Libano contro il nord di Israele, si dice che gli Hezbollah sono i burattini dell’Iran.
Ogni volta che si parla di un leader del Vicino Oriente, si dice che tutti questi leader sono burattini dell’Iran, proprio come in Ucraina e in Europa centrale si parla dell’Ungheria e di altri Paesi come se fossero tutti burattini di Putin in Russia.
Il loro obiettivo, in realtà, è che l’America non sta cercando di combattere per proteggere l’Ucraina. L’America non sta cercando di combattere per proteggere l’Ucraina, ma sta combattendo per esaurire l’ultimo ucraino in quello che si sperava sarebbe stato l’esaurimento delle forze armate russe. Ebbene, non ha funzionato.
Lo stesso vale per Israele. Se gli Stati Uniti stanno spingendo Israele e Netanyahu a un’escalation sempre maggiore, a fare qualcosa che a un certo punto porti Nasrallah a dire finalmente: “Ok, non ce la facciamo più, scenderemo in campo e aiuteremo a salvare gli abitanti di Gaza e, soprattutto, la Cisgiordania, dove si stanno svolgendo altrettanti combattimenti. Entreremo in azione”.
E a quel punto gli Stati Uniti si sentiranno liberi di muoversi non solo contro il Libano ma anche, attraverso la Siria e l’Iraq, contro l’Iran.
Quello che stiamo vedendo oggi a Gaza e in Cisgiordania è solo il catalizzatore, la causa scatenante del fatto che i neocon dicono che non avremo mai un’occasione migliore di quella attuale per sconfiggere l’Iran.
Questo è il punto della resa dei conti: se l’America vuole controllare il petrolio del Vicino Oriente, portandolo sotto il controllo degli Stati Uniti, può controllare le importazioni di energia di gran parte del mondo.
E quindi, questo dà ai diplomatici americani il potere di tagliare il petrolio e il gas e di sanzionare qualsiasi Paese che cerchi di diventare multipolare, qualsiasi Paese che cerchi di resistere al controllo unipolare degli Stati Uniti.
Ben Norton: Sì, Michael, credo che tu abbia centrato un punto molto importante, ovvero che questa è una delle regioni più geo-strategiche del mondo, soprattutto per quanto riguarda gli idrocarburi.
L’intera economia globale dipende ancora pesantemente dal petrolio e dal gas, soprattutto se si considera che gli Stati Uniti non fanno parte dell’OPEC, e soprattutto se si considera che l’OPEC si è ampliata fino a diventare OPEC+ e ora include la Russia.
Ciò significa che l’Arabia Saudita e la Russia possono essenzialmente contribuire a controllare i prezzi globali del petrolio. Lo abbiamo visto negli Stati Uniti negli ultimi anni con l’aumento dell’inflazione dei prezzi al consumo.
Abbiamo visto che l’amministrazione Biden era preoccupata per i prezzi del gas, in particolare in vista delle elezioni di mezzo-termine. Inoltre, l’amministrazione Biden ha utilizzato molto petrolio delle riserve strategiche degli Stati Uniti.
Questo tipo di dichiarazioni si riscontra anche, in particolare, quando si torna indietro e si guarda all’amministrazione Bush. Numerose persone coinvolte nell’amministrazione Bush e nella cosiddetta “guerra al terrorismo” hanno apertamente parlato di quanto fosse importante per Washington dominare questa regione.
Mi riferisco al 2007, quando il generale Wesley Clark, comandante della NATO, rivelò che l’amministrazione Bush aveva pianificato di rovesciare sette Paesi in cinque anni. Si trattava di Paesi del Nord Africa e dell’Asia occidentale.
In particolare, in un’intervista con la giornalista Amy Goodman a Democracy Now, rivelò che il piano di Washington prevedev il rovesciamento dei governi di Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e infine Iran:
Wesley Clark: “Circa 10 giorni dopo l’11 settembre, sono passato dal Pentagono e ho visto il Segretario Rumsfeld e il Vice Segretario Wolfowitz. Sono sceso al piano di sotto solo per salutare alcune persone dello Stato Maggiore che lavoravano per me. Uno dei generali mi chiamò e mi disse: “Generale, ho bisogno di parlare un attimo con lei”.
Io risposi: “Beh, lei è troppo occupato”. E lui: “No, no”. Disse: “Abbiamo preso la decisione: entreremo in guerra con l’Iraq”.
Questo accadeva all’incirca il 20 settembre. Gli chiesi: “Andiamo in guerra con l’Iraq, perché?”. Lui rispose: “Non lo so”. Disse: “Credo che non sappiano cos’altro fare”.
Allora ho chiesto: “Beh, hanno trovato informazioni che collegano Saddam ad Al-Qaeda?”. Lui rispose: “No, no”. Ha detto: “Non c’è niente di nuovo. Hanno solo preso la decisione di entrare in guerra con l’Iraq”.
E aggiunse: “Credo che sia come se non sapessimo cosa fare con i terroristi, ma abbiamo un buon esercito e possiamo far cadere i governi”.
E concluse: “Credo che se l’unico strumento che hai è un martello, ogni problema deve sembrare un chiodo”.
Così tornai a trovarlo qualche settimana dopo, e a quel punto stavamo bombardando l’Afghanistan.
Gli chiesi: “Stiamo ancora andando in guerra con l’Iraq?”. E lui rispose: “Oh, è peggio di così”.
Mi disse: “Ho appena ricevuto questo dai piani alti”, cioè dall’ufficio del Segretario alla Difesa, e mi disse: “Questo è un promemoria che descrive come elimineremo sette Paesi in cinque anni, a partire dall’Iraq e poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e per finire l’Iran”.
Chiesi: “È riservato?”. Lui rispose: “Sì, signore”. E io: “Beh, non me lo faccia vedere”.
Lo rividi circa un anno fa e gli chiesi: “Se lo ricorda?”. E lui rispose: “Mi dispiace, non le ho mostrato quel promemoria! Non gliel’ho fatto vedere!”.
Amy Goodman: Mi scusi, come ha detto che si chiamava? (ride)
Wesley Clark: Non le dirò il suo nome. (ride)
Amy Goodman: Allora, torniamo a parlare dei paesi in questione.
Wesley Clark: Beh, a partire dall’Iraq, poi la Siria e il Libano, poi la Libia, poi la Somalia e il Sudan, e poi alla fine l’Iran.
Ben Norton: Da allora, abbiamo assistito alla guerra degli Stati Uniti contro l’Iraq. Abbiamo assistito alla guerra per procura in Siria, che continua ancora in molti modi. Gli Stati Uniti occupano un terzo del territorio siriano, comprese le aree ricche di petrolio.
E lo stesso Trump, il Presidente Donald Trump, si è vantato in un’intervista del 2020 con la conduttrice di Fox News Laura Ingraham che avrebbe lasciato le truppe statunitensi in Siria per prendere il petrolio:
Donald Trump: E poi dicono: “Ha lasciato le truppe in Siria”. Sapete cosa ho fatto? Ho lasciato le truppe per prendere il petrolio. Ho preso il petrolio. Le uniche truppe che ho stanno prendendo il petrolio. Stanno proteggendo il petrolio.
Laura Ingraham: Non stiamo prendendo il petrolio. Non lo stiamo prendendo.
Donald Trump: Beh, forse lo faremo, forse no.
Laura Ingraham: Stanno proteggendo le strutture.
Donald Trump: Non so, forse dovremmo prenderlo. Ma abbiamo il petrolio. In questo momento, gli Stati Uniti hanno il petrolio. Quindi dicono: “Ha lasciato le truppe in Siria”. No, le ho eliminate tutte, a parte il fatto che stiamo proteggendo il petrolio; abbiamo il petrolio.
Ben Norton: Abbiamo anche visto gli Stati Uniti imporre sanzioni al Libano, che hanno contribuito all’iperinflazione e alla distruzione dell’economia libanese. E questo soprattutto perché Hezbollah fa parte del governo e gli Stati Uniti hanno fatto pressione sul governo libanese affinché creasse un nuovo governo senza Hezbollah.
Abbiamo anche visto, naturalmente, che la NATO ha distrutto lo Stato libico nel 2011. Anche la Somalia è uno Stato fallito. E il Sudan è stato diviso in gran parte grazie al sostegno di Stati Uniti e Israele al movimento separatista del Sud Sudan su base etno-religiosa, utilizzando il settarismo religioso.
Quindi, se si guarda all’elenco dei Paesi che Wesley Clark ha nominato nel 2006, i sette Paesi in cinque anni, di nuovo Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e infine Iran, l’unico Paese che è stato davvero in grado di mantenere la stabilità dello Stato, che non è stato completamente devastato dagli Stati Uniti, è l’Iran.
Certo, ci sono voluti più di cinque anni, ma gli Stati Uniti hanno avuto un discreto successo. E naturalmente Israele ha svolto un ruolo importante nell’obiettivo degli Stati Uniti di destabilizzare i governi della regione.
Michael Hudson: Beh, vediamo come è stato fatto. Ricordiamo che dopo l’attacco all’America dell’11 settembre, ci fu una riunione alla Casa Bianca, e tutti sapevano che i piloti erano sauditi, e sapevano che alcuni dei piloti avevano soggiornato nell’ambasciata saudita a Los Angeles, credo, negli Stati Uniti (“Tu quoque, Michael Hudson? N.d.T.).
Ma dopo l’11 settembre, ci fu una riunione di gabinetto e Rumsfeld disse ai presenti: “Cercate di trovare qualsiasi collegamento con l’Iraq, dimenticate l’Arabia Saudita, non c’è problema, l’Iraq è la chiave“. E diede loro l’ordine di trovarlo, e l’11 settembre divenne la scusa per attaccare non l’Arabia Saudita, ma l’Iraq, e continuare a farlo.
Beh, c’era bisogno di una crisi simile in Libia. Hanno detto che in Libia c’erano alcuni, credo, fondamentalisti nei sobborghi di una delle [città], non la capitale, che stavano causando problemi. Quindi bisognava “proteggere” la gente innocente [da Muammar Gheddafi], e andare a prendere tutte le loro riserve d’oro, tutti i loro soldi, e impadronirsi del petrolio per conto del monopolio petrolifero francese.
Ebbene, questo è il ruolo dei combattimenti di oggi a Gaza. La lotta di Netanyahu contro Gaza viene usata come scusa per l’America che vi trasferisce le sue navi da guerra, i suoi sottomarini e bombarda, insieme a Israele, l’aeroporto siriano in modo che i siriani non siano in grado di spostare armi o qualsiasi tipo di supporto militare né verso il Libano, a ovest, né verso l’Iran, a est.
È quindi ovvio che tutto ciò che stiamo vedendo serve in qualche modo ad ammorbidire l’opinione pubblica sul fatto che, proprio come abbiamo dovuto invadere l’Iraq a causa dell’11 settembre, ora dobbiamo finalmente combattere e distruggere le raffinerie di petrolio dell’Iran e i loro istituti scientifici e tutti i laboratori in cui potrebbero fare ricerca atomica.
E l’Iran se ne rende conto. La scorsa settimana, la TV iraniana ha dichiarato che il loro ministro della Difesa ha detto che se ci sarà un attacco all’Iran, sia da parte di Israele che di chiunque altro, gli Stati Uniti e le loro basi estere saranno colpiti duramente.
Iran, Russia e Cina hanno guardato alla situazione di Gaza non come a un’azione israeliana, ma come a un’azione statunitense. Tutti vedono esattamente che l’obiettivo reale è l’Iran e la stampa americana, quando parla di Gaza o di Hamas o di Hezbollah o di qualsiasi altro gruppo, dice sempre che si tratta di alleati dell’Iran ecc. ecc.
Stanno demonizzando l’Iran nello stesso modo in cui i neocon hanno demonizzato la Russia, per preparare l’America a dichiarare una guerra non dichiarata contro l’Iran. E potrebbero anche dichiarare guerra.
Ieri sera, l’8 novembre, i repubblicani hanno avuto il loro dibattito presidenziale senza Trump, e Nikki Haley ha detto: “Dobbiamo combattere l’Iran, dobbiamo conquistarlo“. E DeSantis [il governatore] della Florida ha detto: “Sì, uccidiamoli tutti“. Non ha detto chi fossero. Era Hamas? Erano tutti quelli che vivono a Gaza? Tutti gli arabi del Medio Oriente?
Stiamo assistendo a qualcosa di molto simile alle Crociate. È una vera e propria lotta per chi controllerà l’energia, perché, di nuovo, è questa la chiave: se si riesce a controllare il flusso mondiale di energia, si può fare a tutto il mondo quello che gli Stati Uniti hanno fatto alla Germania l’anno scorso facendo saltare i gasdotti Nord Stream.
Si può far crollare l’industria, l’industria chimica, l’industria siderurgica, qualsiasi industria ad alta intensità energetica, se i Paesi non accettano il controllo unipolare degli Stati Uniti. Ecco perché vuole controllare queste aree.
Il jolly è l’Arabia Saudita. Tra due giorni il presidente iraniano visiterà l’Arabia Saudita e vedremo cosa succederà.
Ma l’Arabia Saudita ritiene che, sebbene il suo ruolo sia fondamentale, potrebbe semplicemente dire che non esporteranno più petrolio finché l’America non si ritireranno dal Vicino Oriente. Ma bisogna considerare che tutti i risparmi in valuta dell’Arabia Saudita sono investiti negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti tengono in ostaggio il mondo, non solo controllando il petrolio, il gas e l’energia, ma anche la finanza. È come se aveste i vostri soldi in una banca mafiosa o nel fondo comune di criptovalute della Bankman-Fried. Possono farci quello che vogliono.
Quindi penso che sia molto improbabile che l’Arabia Saudita rompa visibilmente con gli Stati Uniti, perché gli Stati Uniti la terrebbero in ostaggio.
Ma credo che farebbe quello di cui si parla fin dagli anni Sessanta, quando si presentarono problemi simili con l’Iran. L’asso nella manica dell’Iran è sempre stata la capacità di affondare una nave nello stretto di Hormuz, dove il petrolio passa attraverso questo piccolo stretto, molto stretto, dove se si affonda una petroliera o una nave da guerra, si blocca tutto il commercio marittimo con l’Arabia Saudita.
E questo sicuramente, numero uno, toglierebbe all’Arabia Saudita la responsabilità di dire: “Non possiamo farci niente. Certo, ci piacerebbe esportare petrolio, ma non possiamo perché le rotte di navigazione sono tutte bloccate perché voi, America, avete attaccato l’Iran e loro si sono difesi affondando la nave. Quindi non potete mandare le vostre portaerei e i vostri sottomarini ad attaccare l’Iran”. È comprensibile.
Ma gli Stati Uniti stanno causando una crisi mondiale.
Ovviamente gli Stati Uniti sanno che questo accadrà, perché se ne parla letteralmente da 50 anni. Quando ero all’Hudson Institute e mi occupavo di sicurezza nazionale, si discuteva di cosa fare quando l’Iran avesse affondato le navi nello Stretto di Hormuz.
Ebbene, gli Stati Uniti pensano: “Ok, i prezzi del petrolio saliranno“. E se l’Iran reagisce in questo modo, avremo il potere di fare al mondo quello che abbiamo fatto alla Germania nel 2022, tagliandole il petrolio. Ma in questo caso non ci prendiamo la colpa.
Diranno: “Non siamo stati noi a bloccare il commercio di petrolio saudita e arabo. È stato l’Iran a bloccarlo, ed è per questo che bombarderemo l’Iran”, ammesso che ci riescano.
Questo, a mio avviso, è il piano di emergenza. E proprio come l’America aveva un piano di emergenza, in attesa di un’opportunità, come l’11 settembre, aveva bisogno di un innesco, e Netanyahu ha fornito l’innesco. Ed è per questo che gli Stati Uniti hanno appoggiato Netanyahu.
E naturalmente l’Iran dice: “Abbiamo la capacità di spazzare via Israele“. E al Congresso, il generale Milley e gli altri hanno detto: “Sappiamo che l’Iran potrebbe spazzare via Israele. Ecco perché dobbiamo attaccare l’Iran”.
Ma attaccando l’Iran, si inviano i suoi missili contro Israele e, ancora una volta, Israele finirà per essere l’equivalente dell’Ucraina nel Vicino Oriente. Questo è il piano, e credo che molti israeliani se ne rendano conto, e sono quelli che si preoccupano e si oppongono a Netanyahu, cercando di impedirgli di innescare una serie di scontri militari a cui Israele non sarà in grado di resistere.
E anche se sono sicuro che possono bombardare alcuni luoghi in Iran, però ora che la Russia e la Cina sostengono l’Iran attraverso l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, le linee vengono tracciate molto, molto chiaramente.
Sembra che questo scenario sia inevitabile, perché Mearsheimer ha sottolineato che è impossibile avere una soluzione negoziata o un accordo tra Israele e Palestina. Ha detto che non si può avere una soluzione a due Stati perché lo Stato palestinese sarebbe come una riserva indiana in America, tutto tagliato a parte e isolato, non proprio uno Stato. E non si può avere uno Stato unico perché uno Stato unico è uno Stato teocratico. È come, di nuovo, come gli Stati Uniti nel selvaggio West del XIX secolo.
E credo che il modo per metterlo in prospettiva sia quello di rendersi conto che ciò a cui stiamo assistendo oggi nel tentativo di dividere il mondo è molto simile, molto simile a ciò che è accaduto nel XII e XIII secolo con le Crociate.
Ben Norton: Sì, Michael, hai sollevato molti punti molto importanti. So che vuoi parlare ancora delle Crociate e dell’analogia storica. E credo che tu abbia fatto un’ottima osservazione sul fatto che l’impero statunitense sia il nuovo Crociato.
Ma prima di abbandonare la discussione politica più contemporanea, vorrei sottolineare due punti molto importanti che hai citato.
Uno è quello delle riserve di idrocarburi del Medio Oriente, così importanti per l’economia mondiale e per il tentativo degli Stati Uniti di mantenere il controllo sulle forniture di petrolio e gas e in particolare sui costi dell’energia.
Poi, nel 2024 si terranno le elezioni e gli Stati Uniti sono preoccupati per i prezzi del gas e l’inflazione. E naturalmente gli input energetici sono un fattore chiave dell’inflazione.
Ma la regione è strategica anche per le rotte commerciali. Naturalmente il Canale di Suez, secondo i dati del World Economic Forum, è il punto di passaggio del 30% del volume mondiale di container e il 12% di tutto il commercio mondiale è costituito da merci che passano attraverso il Canale di Suez.
Lo abbiamo visto nel 2021, quando c’è stato il grande scandalo mediatico di una nave statunitense rimasta incagliata nel Canale di Suez. E questo, ovviamente, è avvenuto anche nel momento in cui il mondo stava uscendo dalla pandemia e c’erano tutti questi shock della catena di approvvigionamento.
Possiamo quindi constatare quanto l’economia globale sia sensibile anche a piccoli problemi nella catena di approvvigionamento globale. E quando si parla di rotte di navigazione, non ci si riferisce solo al Canale di Suez, ma anche al Mar Rosso, verso sud.
C’è anche Bab al-Mandab Si tratta di uno stretto molto importante al largo delle coste dello Yemen. E nella guerra in Yemen, a partire dal 2014 e dal 2015, molti dei combattimenti degli Stati Uniti si sono svolti a sud, al largo di Bab al-Mandab, perché si tratta di uno stretto così importante, attraverso il quale passano ogni giorno milioni di barili di petrolio.E questo mi ha anche ricordato, Michael, che stavi parlando del contesto storico. E se si torna indietro al 1956, Israele invase l’Egitto. E perché? Israele invase l’Egitto perché il presidente di sinistra, Nasser, aveva nazionalizzato il Canale di Suez.
In quel momento, l’aspetto molto interessante fu che il Regno Unito e la Francia sostenevano fortemente Israele in questa guerra contro l’Egitto perché erano preoccupati anche per la nazionalizzazione di Suez da parte di Nasser. In quel momento, gli Stati Uniti non erano così profondamente a favore di Israele come lo sono diventati in seguito.
Naturalmente, nel 1967, nella Guerra dei Sei Giorni, Israele attaccò gli Stati arabi confinanti e occupò parte dell’Egitto, il Sinai, e poi anche quella che divenne Gaza. Israele occupò le alture del Golan in Siria, che oggi rimangono territorio siriano occupato illegalmente. E occupò la “sponda occidentale”, quella che noi oggi chiamiamo Cisgiordania.
Ma un altro dettaglio importante è che, dopo la guerra del 1967, Israele divenne sempre più un alleato degli Stati Uniti.
Mentre la prima generazione di leader israeliani era molto più europei, lo erano molti di loro, le generazioni successive di israeliani sono state veramente americane.
Voglio dire, qualcuno, come Netanyahu, è americano. Netanyahu è cresciuto negli Stati Uniti, ha frequentato le scuole superiori a Philadelphia. Tra l’altro, ha frequentato il liceo con Reggie Jackson. Ha trascorso gli anni più formativi negli Stati Uniti. Ha frequentato l’università al MIT.
Poi ha lavorato a Boston e con molti repubblicani di cui è diventato amico, come Mitt Romney e Donald Trump. E poi, quando è tornato in Israele, è stato mandato a fare il diplomatico negli Stati Uniti.
Quindi, essenzialmente, la nuova generazione di leader israeliani è molto più americana.
Un altro dettaglio che hai citato sull’Iran è molto importante, perché fino alla rivoluzione iraniana del 1979, l’Iran dello Scià, la monarchia sostenuta dagli Stati Uniti, era un alleato molto importante nella regione.
In effetti, l’Arabia Saudita e l’Iran venivano notoriamente definiti i due pilastri gemelli. L’Arabia Saudita era il pilastro occidentale e l’Iran quello orientale. Gli Stati Uniti cercavano di dominare la regione, ovviamente con il sostegno di Israele.
Volevo quindi ricordare questi dettagli sull’importanza strategica delle rotte commerciali, come lo stretto di Bab al-Mandab, come il Canale di Suez, e anche il fatto che la Rivoluzione iraniana ha cambiato radicalmente la politica degli Stati Uniti nella regione e ha reso Israele ancora più importante dal punto di vista dell’imperialismo statunitense.
E ora ci troviamo in un momento in cui, come tu hai detto, gli Stati Uniti stanno perdendo il controllo sull’Arabia Saudita. Quindi stann perdendo entrambi i pilastri, e questo è il motivo per cui Washington è così disperata nel sostenere Israele, nonostante il fatto che l’intera regione sia completamente contraria a queste politiche colonialiste e di pulizia etnica che Israele sta portando avanti in questo momento, come tutto il mondo sta vedendo.
Michael Hudson: Per i diplomatici statunitensi, quello che tu chiami sostegno a Israele è in realtà il sostegno alla capacità degli Stati Uniti di controllare militarmente il resto del Vicino Oriente.
È tutta una questione di petrolio. L’America non dà tutti questi soldi a Israele perché ama Israele, ma perché Israele è la base militare da cui gli Stati Uniti possono attaccare Siria, Iraq, Iran e Libano. Quindi è una base militare.
E naturalmente si può inquadrare il tutto in termini di politica filo-israeliana e filo-ebraica, ma questo serve solo per le pubbliche relazioni del Dipartimento di Stato.
Se la strategia americana si basa sull’energia nel Vicino Oriente, allora Israele è solo un mezzo per raggiungere questo fine. Non è il fine in sé. Ed è per questo che gli Stati Uniti avevano bisogno di un governo israeliano aggressivo.
Si può considerare Netanyahu, in un certo senso, un burattino degli Stati Uniti, proprio come Zelensky. Le loro posizioni sono identiche nel loro affidarsi agli Stati Uniti contro la maggioranza del loro stesso popolo.
Quindi si continua a parlare del sostegno dell’America a Israele. Non sta affatto sostenendo Israele. Rifiuta la maggioranza degli israeliani. Sostiene l’esercito israeliano, non la società o la cultura israeliana, che non hanno nulla a che fare con l’ebraismo. Si tratta di pura politica militare, ed è così che ho sempre sentito parlare i militari ed i responsabili della sicurezza nazionale. Quindi bisogna stare attenti a non farsi ingannare dalla storia di copertina.
C’è un altro mezzo di controllo, credo, che dovremmo menzionare, e cioè che nell’ultimo mese o giù di lì gli Stati Uniti hanno fatto ogni sorta di dichiarazione sul fatto che non appena la Russia conquisterà l’Ucraina e solidificherà il suo controllo, presenterà denuncerà la Russia per crimini di guerra e contro l’umanità.
L’America sta cercando di usare il disonesto sistema giudiziario. La Corte Penale Internazionale è un ramo del Pentagono all’interno del Dipartimento di Stato, ed è un tribunale fasullo. L’idea è che in qualche modo il tribunale fasullo possa dare all’America sentenze contro Putin, dato che lo hanno dichiarato arrestabile ovunque vada da parte di persone che rispettano il tribunale fasullo, e si possa applicare ogni sorta di sanzioni contro le proprietà russe ovunque.
Ebbene, vediamo come potranno mai giustificare queste affermazioni di crimini di guerra della Russia alla luce di ciò che sta accadendo tra Israele e Gaza in questo momento quando , di fatto, le armi e le bombe che vengono usate contro Gaza sono bombe statunitensi, armi statunitensi. Gli Stati Uniti stanno alimentando tutto questo.
Come possono gli Stati Uniti, sulla base di ciò di cui stanno cercando di accusare la Russia, non accusare invece se stessi di crimini di guerra? Parte della spaccatura del mondo a cui si assisterà, sia che gli Stati Uniti riescano o meno a bombardare l’Iran, sarà un’intera configurazione di tribunali paralleli e un isolamento, non solo degli Stati Uniti, ma anche dell’Europa.
In sostanza, c’è una lotta per chi controllerà il mondo in questo momento, ed è per questo che ho citato le Crociate.
Voglio dire che sto scrivendo una storia dell’evoluzione della politica finanziaria. Ho già completato due volumi, uno sul Vicino Oriente dell’Età del Bronzo, …e rimetti loro i debiti, e l’altro sull’antichità classica, Il crollo dell’antichità. Ora sto lavorando al terzo volume, che tratta dalle Crociate fino alla Prima Guerra Mondiale.
Si tratta in realtà del tentativo di Roma, che non aveva praticamente alcun potere economico, di impadronirsi di tutti i cinque vescovati cristiani che erano stati creati. Costantinopoli era davvero la nuova Roma. Era a capo della cristianità ortodossa.
L’imperatore di Costantinopoli era davvero l’imperatore di tutto il mondo cristiano. Seguirono Antiochia, Alessandria e infine Gerusalemme.
Le Crociate iniziarono, di fatto, prima di attaccare il Vicino Oriente, nell’XI secolo. Roma stava per essere attaccata dagli eserciti normanni che stavano entrando e conquistando parti della Francia e si erano spostati in Italia.
Così il papato fece un accordo con i signori della guerra normanni e disse: “Vi daremo il diritto divino di governare, vi riconosceremo come re cristiani e scomunicheremo tutti i vostri nemici, ma dovrete giurare fedeltà feudale, lealtà a noi, e dovrete lasciarci nominare i vostri vescovi e controllare le chiese, che controllano la maggior parte delle vostre terre, e dovrete pagarci un tributo“.
Per tutto il X secolo il papato era controllato da un piccolo gruppo di famiglie aristocratiche intorno a Roma che trattavano il papato proprio come trattano il sindaco politico di una città o gli amministratori locali.
La Chiesa era semplicemente gestita da una famiglia. Non aveva nulla a che fare con la religione cristiana. Era solo: questa è la proprietà della chiesa, e uno dei nostri parenti lo avremo sempre come papa.
Ebbene, alla fine dell’XI secolo i papi non avevano truppe, quindi le ottennero facendo un accordo con i Normanni e decisero: “Ok, avremo un ideale, organizzeremo le Crociate e salveremo Gerusalemme dagli ‘infedeli’, i musulmani“.
Il problema è che Gerusalemme non aveva bisogno di essere salvata, perché in tutto il mondo medievale, in tutto l’Islam, indipendentemente dalla religione delle classi dirigenti, c’era una tolleranza religiosa che è continuata per centinaia di anni sotto l’Impero Ottomano.
C’era solo un gruppo intollerante, quello dei Romani, che diceva: “Dobbiamo controllare tutta la cristianità, per evitare che queste famiglie aristocratiche italiane prendano di nuovo il potere“.
E così si organizzarono le Crociate, nominalmente contro Gerusalemme, ma finirono per saccheggiare Costantinopoli e due secoli dopo, nel 1291, i cristiani persero a San Giovanni d’Acri.
L’intera crociata contro il Vicino Oriente fallì.
Penso che possiate vedere il parallelo che sto per fare.
Quindi la maggior parte delle Crociate non furono combattute contro l’Islam, perché l’Islam era troppo forte.
Le crociate furono combattute contro altri cristiani. E la lotta del cristianesimo romano è stata contro il cristianesimo originale per se stesso, così come è esistito negli ultimi 10 secoli.
Ebbene, oggi si sta verificando qualcosa di simile. Proprio come Roma nominò i Normanni come governanti feudali, Guglielmo il Conquistatore in Sicilia, gli Stati Uniti nominano Zelensky, sostengono Netanyahu, sostengono gli oligarchi clienti in Russia, sostengono i dittatori latino-americani.
Quindi gli Stati Uniti hanno una visione del mondo che non solo è unipolare, ma per avere il controllo unipolare del mondo, gli Stati Uniti devono essere in posizione tale da trattare ogni Stato straniero, ogni presidente straniero come un servo della gleba, in pratica, che deve fedeltà feudale agli sponsor degli Stati Uniti.
Così come l’Inquisizione fu istituita nel XII secolo per imporre l’obbedienza a Roma contro la Francia meridionale indipendente, l’Italia indipendente e la scienza araba in Spagna, oggi gli Stati Uniti utilizzano il National Endowment for Democracy e tutte le organizzazioni controllate da Victoria Nuland con i suoi biscottini per sostenere le cose.
Ebbene, l’intera strategia della presa di potere romana, il modo in cui avrebbe preso il controllo di altri Paesi, il modo in cui avrebbe impedito ad altri Paesi di diventare indipendenti da Roma, è letteralmente quello che si trova nei rapporti sulla sicurezza nazionale americana su come controllare altri Paesi. Ed è proprio questa la lotta a cui assistiamo.
E contro di essa si trova la lotta di altri Paesi, la maggioranza globale. Ma in questo caso, mentre Costantinopoli è stata saccheggiata nel 1204 e in un certo senso distrutta dalla quarta crociata, la Russia, la Cina, l’Iran e gli altri Paesi non sono stati saccheggiati.
L’unica cosa che gli Stati Uniti possono fare in questo momento è mettere a punto un piano militare per attaccare l’Iran. Quale sarà il ruolo, ad esempio, dell’India? L’attacco all’Iran e al petrolio è allo stesso tempo un attacco alla Belt and Road Initiative guidata dalla Cina, l’intero tentativo di controllare i trasporti, non solo il petrolio, ma i trasporti della maggioranza globale per la crescita reciproca, il guadagno reciproco, il commercio reciproco.
E gli Stati Uniti stanno cercando di avere un piano alternativo per tutto questo che passerebbe dall’India, essenzialmente in gran parte attraverso Israele, tagliando proprio attraverso Gaza, che è uno dei grandi problemi di cui si sta discutendo ora: il controllo israeliano di Gaza, per controllare il suo petrolio e il suo gas offshore.
Nel piano degli Stati Uniti ci sono quindi i jolly: che cosa faranno l’India, l’Arabia Saudita e la Turchia, perché anche la Turchia è interessata a questo petrolio e a questo gas. E se i Paesi islamici decidono che sono davvero sotto attacco e che questo attacco dell’Occidente cristiano contro l’Islam è davvero una lotta all’ultimo sangue, allora la Turchia si unirà all’Arabia Saudita e a tutti gli altri Paesi, gli sciiti, i sunniti e gli alawiti si uniranno e diranno: ciò che abbiamo in comune è la religione islamica.
Questo sarà essenzialmente l’estensione della lotta dell’America contro la Cina e la Russia.
Quindi, riassumendo, quello a cui stiamo assistendo è che abbiamo combattuto la Russia fino all’ultimo ucraino e minacciamo di combattere l’Iran fino all’ultimo israeliano. Gli Stati Uniti stanno cercando di inviare armi a Taiwan per dire: non vorreste combattere fino all’ultimo taiwanese contro la Cina? Questa è la strategia degli Stati Uniti in tutto il mondo.
Sta cercando di alimentare altri Paesi per combattere guerre per mantenere il proprio controllo. È così che Roma ha usato le armate normanne per conquistare l’Italia meridionale, l’Inghilterra e la Jugoslavia.
Israele, e le notizie sugli attacchi a Gaza, sono solo la fase iniziale, l’innesco di questa guerra, proprio come la sparatoria a Sarajevo ha dato il via alla Prima Guerra Mondiale e la Serbia ha dato il via a tutto.
Ben Norton: Hai sollevato molti punti interessanti, Michael, e penso che la tua analisi sia molto fresca e unica e molto perspicace. Vorrei che avessimo più tempo per approfondire alcuni di questi argomenti, ma abbiamo già parlato per circa un’ora.
Perciò credo che chiuderemo qui. Ma voglio ringraziarti, Michael, per esserti unito a noi. E naturalmente torneremo molto presto per ulteriori analisi.
Michael Hudson: È stato un piacere essere qui. Grazie a voi.
Ben Norton è un giornalista investigativo e analista. È fondatore e redattore di Geopolitical Economy Report. Ha vissuto in America Latina per diversi anni e ha lavorato in Cina, a Pechino.
Michael Hudson è presidente dell’Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET), analista finanziario di Wall Street, professore ricercatore di economia presso l’Università del Missouri, Kansas City. È autore di vari libri, tra cui “Super-Imperialism: The Economic Strategy of American Empire”.
Link: https://geopoliticaleconomy.com/2023/11/12/why-us-support-israel-geopolitics-michael-hudson/
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