Neanche una quarantena di livello militare è in grado di fermare il coronavirus.

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Jeffrey A. Tucker
aier.org

Il New England Journal of Medicine ha pubblicato uno studio che va al cuore del problema dei lockdown. La domanda è sempre stata se, e fino a qual punto, un lockdown, per quanto estremo, sia in grado di contenere il virus. Se può farlo, si potrebbe dire che il lockdown, nonostante i suoi astronomici costi sociali ed economici, ottiene almeno qualcosa. Se non ci riesce, [allora significa che] le nazioni del mondo si sono imbarcate in un esperimento catastrofico, che ha avuto come unico risultato quello di rovinare miliardi di vite e ogni aspettativa di diritti umani e libertà.

[La prima versione di questo articolo non aveva riportato correttamente le condizioni del gruppo di controllo. Quest’ultimo era stato posto in quarantena insieme al gruppo che partecipava allo studio. La differenza fra i due gruppi concerneva la frequenza dei test e la gestione dell’isolamento. Questo non inficia le conclusioni di questo articolo; anzi le rafforza: anche applicando misure estreme il virus si diffonde, e lo fa ancora di più in presenza delle misure restrittive intese a contenerlo. Quasi tutti gli infetti erano asintomatici.]

AIER ha da tempo evidenziato studi che dimostrano come le quarantene non diano risultati nella gestione del virus. Già dal mese di aprile, un noto analista, aveva riferito che questo virus era diventato endemico già dopo 70 giorni dalla prima ondata di infezione, indipendentemente dalle misure adottate. Il più grande studio sul collegamento fra quarantene e decessi, pubblicato su The Lancet, non ha trovato alcun nesso fra misure coercitive e morti per milione da Covid-19.

Continuare a fare esperimenti può sembrare superfluo, ma, per qualche ragione, i governi di tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti, credono ancora di poter gestire la trasmissione del virus attraverso un insieme di interventi non farmaceutici, come mascherine obbligatorie, distanziamento sociale, isolamento domestico, divieti di assembramento, chiusura di scuole e negozi e forti restrizioni sugli spostamenti. Nella storia dell’umanità nulla di tutto questo è mai stato verificato su scala così grande, quindi si potrebbe supporre che i governanti abbiano delle basi che diano loro la certezza della reale efficacia di queste misure.

Uno studio condotto dalla Icahn School of Medicine del Mount Sinai Hospital, in cooperazione con il Naval Medical Research Center [Centro per la Ricerca Medica della Marina Ndt] ha condotto uno studio sul lokdown tramite il monitoraggio del contagio e dell’ isolamento. Nel mese di maggio a 3,143 reclute dei Marines era stata data la possibilità di partecipare ad uno studio che prevedeva frequenti rilevazioni cliniche in regime di quarantena totale. Lo studio era stato chiamato CHARM, acronimo di COVID-19 Health Action Response for Marines [Provvedimenti sul Covid-19 per la salute dei Marines]. Tra tutte le reclute interpellate,  1.848, in totale, avevano accettato di fare da cavie in questo esperimento che comportava “test qPCR settimanali ed esami del sangue per valutare le immunoglobuline IgG.” Inoltre, i volontari che erano risultati positivi nel giorno di arruolamento (giorno 0) o al settimo giorno o al quattordicesimo giorno erano stati separati dai loro compagni di stanza e posti in isolamento.

Cosa dovevano fare le reclute ? Lo studio illustra, come vedrete, un regime ancora più stringente di quello che viene applicato ai civili nella maggior parte delle situazioni. Tutte le reclute, anche quelle che non facevano parte del gruppo CHARM, dovevano comportarsi come segue.

Tutte le reclute indossavano costantemente mascherine di stoffa a doppio strato, sia al chiuso che all’aperto, eccetto quando dormivano o mangiavano, mantenevano un distanziamento sociale di almeno sei piedi [1,8 metri Ndt], non erano autorizzate a lasciare il campo di addestramento, non avevano accesso a dispositivi elettronici personali e ad altri oggetti che avrebbero potuto contribuire al contagio mediante contatto e si lavavano regolarmente le mani. Dormivano in stanze a due letti con lavandino, mangiavano in refettori condivisi e usavano bagni comuni. Tutte le reclute pulivano quotidianamente la propria stanza, disinfettavano i bagni dopo ogni utilizzo con salviette disinfettanti e mangiavano cibi preconfezionati in un refettorio che veniva pulito con candeggina dopo il pasto di ogni plotone. Molte lezioni ed esercizi erano svolti all’aperto. Tutti i movimenti delle reclute venivano supervisionati ed erano stati istituiti percorsi a senso unico, con ingressi ed uscite studiati per minimizzare i contatti interpersonali. Tutte le reclute, che partecipassero o meno allo studio, venivano visitate giornalmente per rilevare eventuali sintomi e verificare la temperatura corporea. Sei istruttori erano stati assegnati ad ogni plotone e lavoravano in turni di 8 ore per far rispettare le misure di quarantena. Se una recluta segnalava un qualsiasi sintomo compatibile con il Covid-19, veniva visitata, sottoposta a test qPCR rapido per SARS-CoV-2 e posta in isolamento in attesa dei risultati.

Anche gli istruttori non potevano lasciare il campo di addestramento, dovevano indossare le mascherine, mangiavano lo stesso cibo preconfezionato e venivano sottoposti a visite giornaliere di controllo per sintomi e temperatura. Gli istruttori assegnati ad un plotone in cui era stato diagnosticato un caso positivo, venivano sottoposti a test qPCR rapido per SARS-CoV-2 e, se il risultato era positivo, venivano sollevati dall’incarico. Alle reclute e agli istruttori era proibito interagire con il personale del campo, ad esempio con gli addetti alle pulizie e il personale di mensa. Dopo che ogni classe aveva completato la quarantena, veniva eseguita una accurata pulizia con candeggina di tutte le superfici nei bagni, nelle docce, nelle camere da letto, nei corridoi e i dormitori rimanevano vuoti per almeno 72 ore prima di essere rioccupati.

L’addestramento base dei Marine è noto per essere molto duro, ma qui siamo davvero ad un altro livello. Inoltre, questo è un ambiente dove chi comanda non scherza. Sicuramente c’è stata un’obbedienza vicina al 100%, molto superiore a quella che, per esempio, ci saremmo potuti aspettare in un tipico campus universitario.

Quali erano stati i risultati? Il virus si era comunque diffuso, anche se il 90% dei positivi erano risultati privi di sintomi. Incredibilmente, il 2% delle reclute dello studio CHARM aveva contratto il virus e tutti, meno uno, erano rimasti asintomatici. “Il nostro studio mostra che in un gruppo composto prevalentemente da giovani reclute di sesso maschile, approssimativamente il 2% era diventato positivo al SARS-CoV-2, come determinato dall’esame qPCR, durante una quarantena stretta di due settimane.

Come si rapporta questo risultato con quello del gruppo di controllo che non veniva isolato in caso di positività ?

Guardate questa tabella tratta dallo studio:

Questo dimostra che i non partecipanti avevano contratto il virus un po’ meno frequentemente di quelli sotto regime estremo. Al contrario, l’applicazione sistematica di interventi non farmaceutici, combinata ad esami frequenti e isolamento era associata ad un grado maggiore di infezione.

Sono grato a Don Wolt per aver attirato la mia attenzione su questo studio, che, fino ad ora, ha ricevuto pochissima attenzione da parte dei media, nonostante sia stato pubblicato l’11 novembre dal New England Journal of Medicine.

Ecco quattro titoli riguardanti lo studio che hanno completamente frainteso i risultati.

CNN: “Secondo uno studio, molti casi di Covid-19 nelle forze armate sono asintomatici
SciTech Daily: “Trasmissione di Covid.19 da asintomatici svelata da uno studio su 2000 reclute dei Marine.”
ABC: “Un ampio studio sulle reclute dei Marine mostra i limiti del monitoraggio dei sintomi di COVID-19.”
US Navy: “Conclusioni dello studio della Marina/Corpo dei Marine su COVID-19 pubblicate sul New England Journal of Medicine.”

Che io sappia, nessun articolo a livello nazionale ha evidenziato la scoperta più importante di tutte: la quarantena estrema, combinata con esami frequenti ed isolamento, non ha fatto nulla per fermare la diffusione del virus fra le reclute.

Lo studio è importante per via della struttura sociale presa in esame. Una cosa è non vedere risultati da lockdown nazionali. Ci sono innumerevoli variabili che possono essere citate come note cautelative: demografia, densità di popolazione, immunità preesistenti, grado di obbedienza, e così via. Ma in questo studio sui Marine abbiamo un gruppo praticamente omogeneo per età, stato di salute e densità abitativa. Eppure, anche qui viene confermato quello che molti altri studi avevano già dimostrato: i lockdown sono inutilmente distruttivi. Non gestiscono la malattia. Schiacciano la libertà e hanno costi sorprendenti, come i 5,53 milioni di anni di vita perduti [negli USA] per la sola chiusura delle scuole.

I fautori del lockdown continuano a dirci di dar retta alla scienza. E’ ciò che stiamo facendo. Quando i risultati contraddicono la loro narrativa, costantemente favorevole ai lockdown, fingono che gli studi non esistano e si affrettano a continuare con i loro spaventosi piani volti a bloccare il funzionamento della società in presenza di un virus. Le quarantene non sono scienza. Non lo sono mai state. Sono un esperimento di gestione sociale/politica dall’alto verso il basso senza precedenti per costi umani e perdita di libertà.

Jeffrey A. Tucker

Fonte: aier.org
Link: https://www.aier.org/article/even-a-military-enforced-quarantine-cant-stop-the-virus-study-reveals/
13.11.2020
Tradotto da Devis per comedonchisciotte.org

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