Morte Mimmo Biscardi: cosa sappiamo veramente?

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Di Marco Di Mauro per Come Don Chisciotte

Il pulviscolo telematico dei social in queste ore è in fermento: è morto Domenico Biscardi, ricercatore impegnato da mesi sullo studio e l’analisi del contenuto delle fiale del farmaco sperimentale a vettore virale Comirnaty della Pfizer. A quanto dicono familiari e amici, è successo stanotte: arresto cardiaco all’una e mezza in pieno sonno; tra il dolore e lo sconforto, monta la rabbia: «Me l’hanno ucciso!» ha detto a una nostra fonte la fidanzata di Mimmo. Biscardi infatti era molto noto nei giri della resistenza alla dittatura sanitaria, e non solo a quelli del Movimento 3V, il suo partito. A stretto contatto con Ricardo Delgado (autore insieme a José Luis Sevillano del documento ormai celebre della Universidad de Almeria che mostra lamine di ossido di grafene contenute in Comirnaty attraverso foto da microscopia elettronica), il ricercatore campano era tra i più accaniti sostenitori della presenza di minuscoli apparati bioelettronici – nanochip e quantum dots – sospesi nel liquido costituente il suddetto farmaco, con la finalità di monitorare l’attività biochimica e il metabolismo basale degli sventurati sottoposti alla sperimentazione “vaccinale” coatta. In linea con il progetto di instaurazione del transumanesimo e del passaggio dalla medicina alle cosiddette life sciences, queste tesi sostenute da Delgado, Biscardi e molti altri, hanno fatto il giro del web, e Mimmo si è speso per la causa anche politicamente, candidandosi con il Movimento 3V alle ultime amministrative partenopee. Ancora da confermare le voci secondo cui i NAS avrebbero fatto irruzione in casa sua per sequestrargli i materiali delle sue ricerche.

Questo basta alla maggior parte dei resistenti per fugare ogni dubbio: Biscardi è stato ucciso. A suffragare la certezza, due messaggi vocali che girano in queste ore su tutte le chat, nei quali il ricercatore casertano parla di una prova definitiva, che sarebbe bastata da sola a far crollare tutto il sistema: facendo evaporare la parte liquida del contenuto della fiala, Delgado sarebbe riuscito a isolare tutti gli apparati elettronici, nanochip e quantum dots, responsabili, oltre che dei tipici effetti avversi cui ci ha tristemente abituato la vaccinazione forzata, anche del fenomeno dei codici bluetooth che comparirebbero su alcuni tipi di telefonino quando si è in presenza di vaccinati. E c’è un’affermazione in particolare che calza proprio a pennello con l’idea dell’omicidio di stato: voglio metterci la faccia, dice Biscardi, anche se è pericoloso, se devo morire, voglio farlo da eroe.

Purtroppo, e sappiamo che alcuni dei nostri lettori non acconsentiranno, questi dati non bastano a fare del nostro ricercatore un altro Matteotti o Tinelli o De Donno che dir si voglia, per soddisfare la nostra fame di martirio, canalizzare la nostra rabbia, sfogare il nostro dolore. Innanzitutto, perché le tesi di Biscardi, ad eccezione dell’ossido di grafene, sono ancora tutte da dimostrare, anche nel campo della libera informazione. Non abbiamo una sola prova certa che l’inserimento di questi sofisticati apparecchi bioelettronici sia effettivamente iniziato. In secundis, se a fare l’esperimento è stato Delgado, sue le fiale sue le macchine, se il video è suo e Biscardi non vi compare, perché avrebbero dovuto uccidere lui e non il ricercatore spagnolo? Inoltre, nel rispetto dei familiari e amici del defunto, bisognerebbe aspettare almeno un’autopsia prima di esprimersi e strumentalizzarne la morte per appagare le proprie, pur rispettabilissime, esigenze emotive, quando non la propria deplorevole esigenza di incrementare le visualizzazioni.

Bisogna fare attenzione prima di far girare certe notizie: la costruzione del martirio è un’arma a doppio taglio, e molto spesso invece di fomentare una sana rabbia sociale, alimenta il terrore di agire, poiché attribuisce all’establishment un potere che di fatto non ha, una strategia omicida capillare che di fatto non viene attuata. Questi martìri costruiti a tavolino altro non fanno che castrare la vera resistenza.

Ma chi era Domenico Biscardi? Laureato in farmacia, ricercatore indipendente (non iscritto all’ordine dei medici), Mimmo ha una biografia molto particolare. Laureatosi quarantenne, sale alla ribalta delle cronache quando nei primi anni duemila, spacciandosi per medico, inizia a somministrare la cura Di Bella a svariati pazienti in una clinica di Caserta fino al 2005, quando viene scoperto e arrestato per riciclaggio e associazione a delinquere. Ma non si perde d’animo, e quello stesso anno si trasferisce sull’isola di Sal, a Capoverde, dove – guadagnata la cittadinanza grazie al matrimonio con una donna locale – fonda un’associazione e continua a esercitare la professione medica e il metodo Di Bella. Nel 2012, in un’intervista molto discussa de IlGiornale, egli afferma di essere discepolo di Giuseppe Di Bella ed esser riuscito a curare i melanomi con lo iodopovidone. A Capoverde inizia a praticare anche le staminali, e quando nel 2014 la fondazione Di Bella si dissocia da lui, inizia a vendere una cura contro gli effetti delle scie chimiche.

Ricapitolando: Biscardi non aveva una reputazione tale da renderlo mediaticamente un pericolo per la narrazione dominante, sosteneva teorie non dimostrate neanche nel campo della libera informazione, che inoltre non erano state formulate da lui in persona. Inoltre, la sua attività era innocua e improntata sul carpe diem. Nel rispetto della vita e morte di un uomo, dei suoi cari e familiari, di ciò che di bene e male ha fatto, ci sentiamo di dire: andiamoci piano coi complotti.

Marco Di Mauro per Come Don Chisciotte

12/01/2022

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