L’ultima crociata – Parte II

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Dmitry Orlov
cluborlov.wordpress.com

Siamo, per lo più inconsapevolmente, testimoni di uno sviluppo epocale: la fine della millenaria Drang nach Osten (l’inesorabile marcia verso est del cadavere rianimato dell’Impero Romano d’Occidente, con il Papa come capo simbolico e il Vaticano come capitale simbolica) nota come le Crociate. Di queste, le Crociate del Sud sono molto più note in Occidente, mentre le Crociate del Nord, lanciate nel 1147, sono molto meno conosciute. Ma erano durate molto più a lungo – fino al 22 febbraio 2022 – perché, a differenza della Cina, dell’India e di quasi tutti gli altri Paesi non occidentali, la Russia non si è mai arresa a nessuno.

Il guanto di sfida era stato lanciato nel 1252, quando Alessandro Nevskij aveva accettato un documento ufficiale, chiamato yarlyk, dal Khan Batyj dell’Orda d’Oro (parte dell’Impero Mongolo), che gli permetteva di regnare come Gran Principe di Kiev (e quindi sovrano di tutta la Russia), invece di chiedere la benedizione del Papa di Roma, come era richiesto a tutti i re occidentali. Per questi potentati occidentali, la loro pretesa di essere ordinati da Dio si basava sull’approvazione della sua sede centrale, in Vaticano; per i Russi, il Papa era solo un eretico usurpatore. La distinzione religiosa si è sviluppata nel tempo, ma l’idea che ci sia un club esclusivo di nazioni occidentali che hanno il diritto di esercitare l’autorità sul resto del mondo è rimasta fino ad oggi.

Era seguita, per la durata di molti secoli, una serie di assalti alla Russia, tutti derivanti dallo stesso semplice principio: ciò che l’Occidente non può controllare deve essere distrutto. I Tedeschi e gli Svedesi avevano continuato ad attaccarla fino al 1709. Poi i Francesi l’avevano attaccata di nuovo nel 1812 e i Tedeschi nel 1941. Gli Americani erano pronti ad attaccare nel marzo del 2022, attraverso i loro proxy ucraini/NATO, ma erano stati anticipati dall’operazione militare speciale della Russia. Così, l’ultima crociata è stata interrotta e ulteriori tentativi sembrano improbabili, poiché, a questo punto, l’Occidente non può più distruggere ciò che non riesce a controllare, e non parliamo solo della Russia, ma anche di gran parte del resto del mondo. Persino la minuscola Corea del Nord è in grado di fronteggiare l’Occidente collettivo e di mostrargli il dito medio. Lo spettacolo millenario è quasi finito.

Nei secoli precedenti, ogni volta che la Russia espelleva l’ennesimo crociato, qualche altra nazione occidentale prendeva il comando e tentava di marciare su Mosca: prima erano stati i Tedeschi (i Cavalieri Teutonici), poi gli Svedesi, i Polacchi, poi altri Svedesi, poi i Francesi con Napoleone, poi di nuovo i Tedeschi con Hitler, e ora gli Americani (travestiti da goffi e sprovveduti Ucraini) con Biden. (Sì, l’ultimo atto di questo dramma è sicuramente una farsa). Ma chi potrebbe mai ergersi a prossimo crociato del giorno? Nessuno! Non c’è più nessuno in Occidente che possa portare avanti il progetto.

Esiste una netta e curiosa correlazione tra le lingue straniere che i Russi scelgono di studiare e le capitali occidentali che poi andranno ad occupare. I Russi avevano studiato il francese e la cavalleria russa era entrata a Parigi; avevano studiato il tedesco e i carri armati russi erano entrati a Berlino. E ora i Russi studiano tutti l’inglese, a partire dalla seconda elementare. Dobbiamo forse aspettarci i fuochi d’artificio russi su Washington? Londra è capace solo di qualche altro colpo basso. Questa correlazione è un qualcosa da tenere d’occhio per il futuro.

Ma siamo già in grado di rivisitare la storia di quest’ultima e definitiva crociata che si sta concludendo. Per farlo, dobbiamo tornare indietro al 1998, 24 anni fa. L’economia russa era in rovina, la Prima Guerra Cecena era in gran parte persa e l’Occidente era impegnato a saccheggiare ciò che restava dell’economia sovietica. I sentimenti separatisti erano diffusi e il Paese avrebbe potuto crollare in qualsiasi momento, realizzando il vecchio sogno occidentale di cancellare la Russia dalla mappa politica. Ma l’Occidente non aveva potuto aspettare e aveva deciso di dare il colpo di grazia alla Russia scatenando la Seconda Guerra Cecena.

E poi qualcosa era andato storto: al posto del presidente ubriaco Eltsin era salito al potere Putin, che aveva, a tutti gli effetti, vinto la Seconda Guerra Cecena. L’apparizione di Putin sul palcoscenico mondiale era stata una sorpresa totale per lo Stato profondo occidentale, che aveva capito che, questa volta, aveva bisogno di un piano completamente nuovo per distruggere definitivamente la Russia: un nuovo Drang nach Osten globalista. L’obiettivo principale di questo nuovo assalto era il perseguimento del completo dominio degli Stati Uniti sul mondo intero, garantito dallo smembramento, dall’inghiottimento e dal divoramento del suo principale avversario geopolitico, la Russia. La Russia doveva essere attaccata contemporaneamente da ovest (attraverso l’Ucraina), da sud (attraverso il Caucaso) e da est (attraverso l’Afghanistan e l’Asia centrale). Il commercio di petrolio e gas della Russia sarebbe stato interrotto, i suoi legami economici con l’economia globale tagliati e la sua politica sconvolta dalle proteste interne.

L’11 settembre 2001, il nuovo piano era pronto ed era fragorosamente iniziato con la distruzione di tre grattacieli di New York ottenuta tramite due aerei di linea Boeing, una sorta di moderno miracolo dei pani e dei pesci che metteva in netto svantaggio tutti coloro che avevano dei problemi con l’aritmetica. Questo aveva dato agli Stati Uniti carta bianca per sospendere le libertà civili in patria e per inserire le proprie forze ovunque all’estero nell’ambito della guerra globale al terrorismo che, data la natura artificiosa dell’evento dell’11 settembre, era una finzione dentro una finzione.

Nel 2001, il primo passo era stato preparare un’incursione in Asia centrale invadendo l’Afghanistan. Questo sforzo era andato notoriamente male. In seguito, due tentativi di colpo di Stato erano falliti, uno in Turkmenistan nel 2002 e l’altro in Kirghizistan nel 2005, entrambi sventati dai servizi speciali russi. Gli Americani si erano quindi trattenuti in Afghanistan per un paio di decenni, molto più interessati al traffico di eroina, ma, quando i tossicodipendenti americani avevano iniziato a passare al fentanil di produzione cinese, molto più economico, non c’era più motivo di continuare il commercio di eroina in Afghanistan. L’ultimo regalo di addio era stato il tentativo di colpo di Stato in Kazakistan nel gennaio 2022, represso dalle truppe russe invitate dal Presidente del Kazakistan. Così era terminato lo sforzo di distruggere la Russia attraverso l’Asia centrale.

Il secondo passo era stato quello di preparare un’incursione terroristica attraverso il Caucaso. Il governo della Georgia era stato rovesciato nel 2003 e gli Stati Uniti, con l’assistenza di Israele, avevano iniziato ad addestrare l’esercito georgiano. Si era cercato di fomentare un nuovo ciclo di estremismo separatista ceceno, con l’infusione di fondamentalisti islamici attraverso la Valle del Pankisi, in Georgia. Questo avrebbe potuto essere un problema per la Russia – oppure no, non lo sapremo mai con certezza, perché l’8 agosto 2008, il presidente georgiano Saakashvili, psicologicamente instabile, aveva fatto di testa sua e aveva iniziato a bombardare le forze di pace russe in Ossezia del Sud. Questa regione era stata arbitrariamente incorporata dai Bolscevichi nella Repubblica Socialista Sovietica Georgiana ed era rimasta bloccata [nella Georgia] dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica, analogamente a quanto era accaduto al Donbass in Ucraina. La Russia aveva reagito espellendo l’esercito georgiano dalla regione e disorganizzandolo in gran parte. In sostanza, Saakashvili aveva scambiato una sconfitta tattica georgiana con una vittoria strategica russa. Da allora, la Georgia è rimasta indifesa e il piano [americano] per un’incursione da sud è rimasto nel limbo.

La terza fase era stata di gran lunga la più riuscita. La Rivoluzione arancione a Kiev nel 2004 era stata seguita da varie altre rivoluzioni e colpi di stato, culminati nella violenta Rivoluzione del Maidan, nella primavera del 2014. Ispirati dalle chimere russofobiche di Zbigniew Brzezinski, gli Stati Uniti avevano riposto grandi speranze nell’Ucraina, adottando un approccio intransigente per farne una sorta di anti-Russia. Questo sforzo ha finora permesso alla Russia di espandersi in cinque nuove regioni (Crimea, Donetsk, Lugansk, Zaporozhye e Kherson), trasformando al contempo l’Ucraina in un parassita di livello mondiale, che ha inondato l’Europa con otto milioni di migranti e risucchiato un centinaio di miliardi di dollari in aiuti (utilizzati per riempire le tasche di molti oligarchi) e armi (che vengono distrutte sul fronte orientale o utilizzate per rifornire il mercato nero internazionale). L’Ucraina è ora uno Stato zombie fallito, con l’economia dimezzata, le infrastrutture a pezzi, la società distrutta e con un governo che è di gran lunga il più corrotto del pianeta. Sebbene questa parte del piano di distruzione della Russia sia quella che ha funzionato meglio, le sue possibilità di permettere agli Stati Uniti di smembrare, inghiottire e divorare la Russia sono ancora nulle.

Nel frattempo, nel 2010 un cattivo raccolto in Russia aveva fornito [agli stati Uniti] quello che avrebbe potuto essere un importante guadagno strategico in quella che sarebbe stata conosciuta come la Primavera Araba. L’aumento dei prezzi del grano nei Paesi africani e mediorientali, che vivevano in gran parte delle importazioni di grano russo, aveva causato una grande sofferenza. Di conseguenza, si erano verificati sconvolgimenti sociali, talvolta sfociati in rovesciamenti di governo e guerre civili, a Tunisi, in Egitto, nello Yemen, in Libia, in Siria, in Bahrein, ad Algeri, in Iraq, in Giordania, in Marocco, in Oman, in Kuwait, in Mauritania, in Arabia Saudita, in Sudan, a Gibuti e nel Sahara occidentale.

Questa situazione aveva permesso agli Stati Uniti di sviluppare un piano completamente nuovo per attaccare la Russia da sud, giocando ancora una volta la carta del radicalismo islamico. Questa carta aveva già fallito in modo spettacolare in Afghanistan e in Cecenia, quindi, secondo la tipica logica dei funzionari statunitensi, perché non usarla di nuovo? I giovani islamici radicalizzati provenienti da questi Paesi in difficoltà erano stati organizzati nell’ISIS, alias il Califfato o Stato Islamico, che era stato poi trapiantato in Iraq, Siria e Libia, con armi, addestramento e un generoso sostegno mediatico, completo di video di propaganda in stile hollywoodiano che mostravano decapitazioni di infedeli con indosso le tradizionali tute arancioni americane. L’esecuzione del piano non era stata priva di elementi comici: ad un certo punto, l’ISIS del Pentagono e l’ISIS del Dipartimento di Stato erano entrati in guerra tra loro, in quello che deve essere stato il primo caso al mondo di terrorismo interistituzionale.

La Siria era così diventata l’obiettivo principale. Il piano prevedeva l’insediamento dello Stato Islamico in Siria e la sua successiva espansione in Turchia, e il successivo rovesciamento del governo del Paese. In questo modo, sarebbe stato facile espandersi più a nord, nelle regioni musulmane turcofone della Russia. La Russia aveva neutralizzato questo piano in due fasi. In primo luogo, nel 2015, aveva introdotto le proprie forze in Siria e aveva iniziato a bombardare l’ISIS, permettendo al governo siriano di ristabilire la sua autorità su gran parte del Paese. In secondo luogo, nel 2016 aveva impedito un rovesciamento del governo turco organizzato dagli Stati Uniti e l’assassinio del Presidente turco Erdoǧan, avvertendolo di questa azione imminente. Erdoǧan aveva quindi colto l’occasione per fare pulizia, epurando il governo e la società turca dall’influenza statunitense, rafforzando al contempo i suoi legami con Putin, a cui ora deve la vita. Un gesto importante in questo senso era stato l’acquisto da parte della Turchia del moderno sistema di difesa aerea russo S-400, nonostante questo avesse fatto sputare sangue a Washington. Per punire la Turchia per questa disobbedienza (i membri della NATO devono acquistare solo armi di fabbricazione statunitense), i Washingtoniani avevano rifiutato di vendere alla Turchia i caccia F-35, costosi e strategicamente inutili.

Questo abisso politico è stato recentemente ampliato dallo sforzo della NATO di assorbire Svezia e Finlandia, solo per dimostrare che la NATO può espandersi dove vuole. Così facendo, la NATO ha violato i termini del Trattato di Parigi del 1947, in base al quale la Finlandia deve rimanere militarmente neutrale, e ha automaticamente riportato la Finlandia in uno stato di guerra con la Russia, il che darebbe alla Russia non solo un motivo per attaccare la Finlandia a suo piacimento, ma anche una scusa legale per farlo, ma chi a Washington ha il tempo di esaminare questi dettagli? Tuttavia, il piano si era arenato quando la Turchia si era rifiutata di ratificare l’espansione, perché la Svezia dà rifugio ai terroristi curdi e la Finlandia non si unirà alla NATO se la Svezia non potrà farlo. Come tocco finale, Erdoǧan (comandante del secondo esercito più grande della NATO) e il presidente siriano Assad (bersaglio di rovesciamento e morte violenta da parte di ogni amministrazione statunitense da Clinton in poi) hanno deciso di passare da nemici a cooperanti. I rispettivi ministri della Difesa hanno appena tenuto un proficuo incontro, naturalmente a Mosca.

Anche gli altri sforzi dell’America per destabilizzare e indebolire la Russia creando problemi nel Caucaso sono falliti. In Armenia, una rivoluzione colorata orchestrata dagli Stati Uniti aveva insediato Nikol Pashinyan, addestrato da Soros, a capo del Paese. Ma poi erano successe alcune cose che avevano in gran parte annullato questo vantaggio politico. Il garante della sovranità armena è la Russia; senza il suo sostegno, l’Armenia, un Paese piccolo, debole e senza sbocchi sul mare verrebbe inghiottito dalla Turchia e dall’Azerbaigian, che si fonderebbero allegramente in una “turcofonia” di lingua turca, magari per ripetere il genocidio armeno.

Per creare il momento propizio all’evento, nel 2020 l’Azerbaigian aveva inglobato il Nagorno-Karabakh, una provincia contesa da Armenia e Azerbaigian ma occupata dall’Armenia poco dopo la dissoluzione dell’URSS. Per fermare i combattimenti e proteggere la popolazione armena in questa regione, la Russia ha dovuto introdurre le sue forze di pace. Un fatto importante sul Nagorno-Karabakh è che si tratta di un territorio imperiale russo: la Russia lo aveva ottenuto dalla Persia con il Trattato di Gulistan nel 1813 e, da allora, è popolato da Armeni, Azeri e Russi, con il russo come lingua franca. Pertanto, la situazione attuale, con le truppe russe che mantengono la pace, può essere vista come un parziale ritorno alla norma.

Un altro fatto importante del Nagorno-Karabakh è che fornisce un corridoio terrestre dalla Russia all’Iran, passando per l’Azerbaigian, il percorso più breve da Mosca all’Iran e da lì al Mar Arabico e all’Oceano Indiano (c’è anche un percorso più lungo attraverso il Kazakistan e il Turkmenistan). Questo corridoio nord-sud consente alla Russia di accedere al commercio mondiale aggirando facilmente tutti i principali punti di strozzatura controllati dall’Occidente: il Kattegat all’imboccatura del Mar Baltico, il Bosforo e i Dardanelli tra il Mar Nero e il Mediterraneo, lo Stretto di Gibilterra all’imboccatura del Mediterraneo e il Canale di Suez.

Ma Yerevan, la capitale dell’Armenia, ospita la più grande ambasciata americana della regione e gli Americani non hanno alcuna intenzione di andarsene. Così avevano mandato Nancy Pelosy, l’ex presidente della Camera dei Rappresentanti, a fare una visita veloce alla fine dei suoi vari altri viaggi inutili. Naturalmente, qualche giorno dopo c’era stata una mini-dimostrazione a Erevan, con persone che sventolavano bandiere americane e chiedevano che l’Armenia rompesse con la Russia. Mettere Nancy dentro una pistola e spararla contro il Cremlino sarebbe stato altrettanto efficace.

A proposito di punti di strozzatura controllati dall’Occidente, un altro di questi è lo Stretto di Malacca, che collega l’Oceano Indiano, attraverso il Mare delle Andamane, al Mar della Cina e attraverso il quale passa gran parte del commercio cinese con il mondo e gran parte del petrolio che alimenta l’economia cinese. Non contenti di prendersela miseramente con la Russia, gli Stati Uniti hanno anche compiuto diversi sforzi per creare problemi alla Cina, creando tensioni tra la Cina e i suoi vicini meridionali. A tal fine, hanno cercato di dipingere la Cina come una minaccia e hanno organizzato esercitazioni di “libertà di navigazione” vicino alle isole Spratly, che la Cina rivendica e che ha trasformato in formidabili fortezze. Tutti questi sforzi sono stati vanificati da una vittoria strategica congiunta russo-cinese in Myanmar, nel 2021.

La storia del Myanmar è lunga e contorta, ma, in breve, con il sostegno cinese e russo, Aung San Suu Kyi (titolare di passaporto britannico, premio Nobel per la pace, di origine occidentale) è stata rimossa dal potere e sostituita da Min Aung Hlaing, comandante delle forze armate, il tutto nel rigoroso rispetto dei termini della Costituzione del 2008, di cui i militari sono garanti. Grazie a questa azione piuttosto limitata, è stato sbloccato un altro corridoio di trasporto nord-sud. Questo passa attraverso il Myanmar e collega la Cina direttamente all’Oceano Indiano, aggirando il punto di strozzatura dello Stretto di Malacca.

I clamorosi fallimenti della politica estera statunitense non si limitano quindi agli sforzi per contenere e indebolire la Russia; anche i tentativi per contenere e indebolire la Cina non sono meno spettacolari. Ma sto divagando.

Tornando al tema dell’ultima crociata, essendo state escluse tutte le altre possibilità di disturbo della Russia, rimane solo la tradizionale via d’accesso delle crociate: il fronte occidentale russo. Su questo fronte, la Russia sta ora smilitarizzando la NATO (avendo già ampiamente smilitarizzato l’Ucraina e distrutto l’esercito e gli armamenti di epoca sovietica) e denazificando l’Ucraina uccidendo tutti i giorni centinaia di nazisti ucraini (e alcuni mercenari stranieri). Il rapporto delle vittime tra le forze russe e ucraine è ora vicino a 1:30 a favore dei Russi: un tiro al piccione.

I Russi hanno recentemente scoperto come abbattere in modo affidabile i razzi forniti dalla NATO e come far passare i loro missili attraverso i sistemi di difesa aerea della NATO. L’aspetto più interessante è che ora i Russi sanno anche come disattivare i sistemi di difesa aerea della NATO, lanciando prima nelle loro vicinanze un’esca a volo lento, individuando le loro posizioni mentre abbattono l’esca, e infine eliminandoli con un attacco di precisione con qualcosa che non possono intercettare – magari qualcosa di ipersonico. Una volta che l’Ucraina sarà stata liberata da tutti i suoi sistemi antiaerei, la Russia avrà finalmente campo libero per usare la sua forza aerea per bombardare l’esercito ucraino fino al completo oblio, come aveva fatto con l’ISIS in Siria.

Nessuno sa esattamente quanto tempo ci vorrà; come avevo scritto in un precedente articolo, i Russi non hanno molta fretta. Ma possiamo essere certi che la politica estera e la difesa degli Stati Uniti stanno lavorando sodo a un altro piano, o due. Il più ovvio (e stupido) è quello di spingere la Polonia ad entrare in guerra, una volta terminato con l’Ucraina. A tal fine, la Polonia ha appena annunciato l’intenzione di raddoppiare le dimensioni delle sue forze armate, portandole a 250.000 uomini – il padrone lo ha ordinato e i suoi leader si sono inchinati.

Ci sono solo tre problemi in questo piano. In primo luogo, i Polacchi hanno tutti il passaporto dell’UE e hanno la possibilità di correre al confine più vicino per evitare di essere arruolati. In secondo luogo, anche se i Polacchi hanno subito il lavaggio del cervello quasi quanto gli Ucraini nel loro odio per la Russia, l’economia polacca sta andando abbastanza bene, soprattutto se paragonata al resto d’Europa, e non sono così disperati da lanciare tutti i loro giovani contro l’esercito russo. In terzo luogo, ci vuole energia per attaccare qualcosa di grande come la Russia, ma l’Occidente collettivo è già affamato di energia, e la cosa non potrà che peggiorare con il tempo. A breve scriverò della prossima carestia energetica.

È difficile fare previsioni, ma sono convinto che non ci saranno più Dränge nach Osten, inutili marce su Mosca, crociate del Nord o altri tentativi dell’Occidente di attaccare seriamente la Russia. Dopotutto, più l’Occidente cerca di mettere in difficoltà la Russia, più diventerà freddo e affamato. Ma quando se ne renderanno conto?

Dmitry Orlov

Fonte: cluborlov.wordpress.com
Link: https://cluborlov.wordpress.com/2022/12/30/the-last-crusade-part-ii/
30.12.2022

La prima parte è qui.

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Dmitry Orlov è nato a Leningrado, nell’URSS, da una famiglia di accademici ed è emigrato negli Stati Uniti a metà degli anni Settanta. Laureato in ingegneria informatica e linguistica, ha lavorato in diversi campi, tra cui la fisica delle alte energie, il commercio su Internet, la sicurezza delle reti e la pubblicità. È autore di numerosi libri, tra cui Reinventing Collapse e The Five Stages of Collapse.

 

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