Il ‘Maidan serbo’ in risposta ai fallimenti NATO in Ucraina e nel Mar Rosso

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Ilya Tsukanov
sputnikglobe.com

Domenica scorsa, a Belgrado circa 2.500 sostenitori radicalizzati dell’opposizione si sono riuniti e hanno tentato di prendere d’assalto il municipio dopo le contestate elezioni parlamentari lampo della scorsa settimana. Sputnik ha chiesto ai principali analisti geopolitici, tra cui uno dei maggiori esperti americani di Balcani, le loro opinioni sull’accaduto e su chi potrebbe tirare le fila dietro le quinte.

Le proteste di domenica nella capitale serba sono state un tentativo sfacciato da parte dell’Occidente di destabilizzare la situazione nel Paese balcanico utilizzando “tecniche di colpo di stato alla Maidan”, ha dichiarato lunedì a Sputnik la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, dopo che le era stato chiesto di commentare gli eventi della notte precedente a Belgrado.

Domenica, migliaia di accesi sostenitori dell’opposizione serba si sono radunati nel centro della capitale, con il termometro che segnava 2 C°, insoddisfatti dei risultati delle recenti elezioni parlamentari lampo, vinte dalla coalizione Serbia Must Not Stop del presidente Aleksandar Vucic, sostenendo che il voto era stato truccato e chiedendo nuove elezioni.

Le autorità serbe hanno assicurato che il voto del 17 dicembre si è svolto in modo trasparente, libero ed equo, ma molti dei soliti sospetti che vivono all’estero, tra cui gli osservatori elettorali del Parlamento europeo e il Centro per la ricerca, la trasparenza e la responsabilità (un’organizzazione non profit serba finanziata dall’UE e legata al National Endowment for Democracy statunitense) hanno denunciato presunti “abusi elettorali” e “irregolarità che hanno compromesso direttamente i risultati delle elezioni”.

Fatto curioso, la missione di osservazione dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa non ha esattamente marciato in sincronia con la narrazione dei “brogli” di Bruxelles, lamentando invece presunte “carenze procedurali” che potrebbero essere facilmente applicate alle elezioni negli Stati Uniti e a quelle della maggior parte delle altre democrazie liberali occidentali.

“Sebbene tecnicamente ben amministrate e in grado di offrire agli elettori una scelta di alternative politiche, [le elezioni] sono state dominate dal coinvolgimento decisivo del Presidente che, insieme ai vantaggi sistemici del partito al potere, ha creato condizioni ingiuste”, si legge nella valutazione dell’OSCE.

“La campagna elettorale è stata generalmente rispettata”, ha ammesso l’OSCE, “ma è stata inficiata da una retorica aspra, dalla parzialità dei media, dalle pressioni sui dipendenti del settore pubblico e dall’uso improprio delle risorse pubbliche… Il lavoro della Commissione elettorale della Repubblica ha beneficiato di una maggiore trasparenza”, ha affermato l’OSCE. “Anche se i media hanno coperto tutti i concorrenti elettorali nei termini di legge, la maggior parte delle emittenti nazionali non ha fornito un vero e proprio resoconto analitico, impedendo agli elettori di fare una scelta informata”.

Alla fine, la missione dell’OSCE ha concluso di non aver riscontrato alcun caso di brogli elettorali, confermando che “la giornata elettorale si è svolta senza problemi”, salvo alcune “carenze procedurali”.

A quanto pare, nella giornata di domenica, queste “carenze procedurali” sono state sufficienti all’opposizione serba per tentare di prendere d’assalto con la forza il municipio di Belgrado. La polizia antisommossa è intervenuta rapidamente, respingendo i manifestanti con gas lacrimogeni e manganelli; almeno trenta agenti sono rimasti feriti nei tafferugli con i manifestanti, due in modo grave, mentre 38 manifestanti sono stati arrestati.

Le autorità hanno immediatamente riconosciuto quanto stava accadendo e domenica sera il presidente Vucic è apparso in televisione per condannare i manifestanti come “teppisti”, definendo i disordini “un prodotto di circostanze geopolitiche molto più gravi” e un tentativo “di distruggere l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità della Repubblica di Serbia”. Il primo ministro Ana Brnabic ha ringraziato i servizi segreti russi per aver avvertito in anticipo Belgrado degli imminenti disordini.

Il sindaco di Belgrado Aleksandar Sapic ha concordato con la valutazione di Vucic, definendo la violenza un tentativo di “maidanizzazione” della capitale serba.

Il tentativo di cancellare il “tasto dolente” serbo

“La Serbia è da tempo una spina nel fianco per la NATO e l’UE”, ha dichiarato a Sputnik il Dr. George Szamuely, commentatore geopolitico americano e ricercatore senior presso il Global Policy Institute di Londra, spiegando le motivazioni alla base del possibile sostegno occidentale ad un tentativo di colpo di stato in stile Maidan a Belgrado in questo particolare momento.

“La Serbia, insieme alla Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (metà della Bosnia-Erzegovina), si sono sempre opposte ala NATO. Nessuna delle due entità vuole entrare nella NATO. Entrambe le entità si sono rifiutate di seguire la politica della NATO e dell’UE nei confronti della Russia. Entrambe si sono rifiutate di imporre qualsiasi tipo di sanzione alla Russia”, ha ricordato Szamuely, noto esperto della politica occidentale nei confronti della ex Jugoslavia.

“È un tasto dolente perché, essenzialmente, la NATO ha inglobato l’intero continente europeo, con l’eccezione della Serbia e della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e la NATO, ovviamente, vuole porre fine a tutto questo… Da tempo stanno cercando di cacciare Vucic e, allo stesso tempo, di sbarazzarsi di Milorad Dodik, il presidente della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina”, ha detto l’osservatore.

“Altrettanto importante è che fin dall’inizio, dagli anni ’90 in poi, la Serbia è sempre stata vista come un sostituto della Russia. Dove c’è la Serbia, c’è la Russia. È l’unica cosa che impedisce alla NATO di dominare completamente i Balcani. Ed è l’area in cui la Russia continua ad avere una certa influenza in Europa. Quindi, se si vuole spingere la Russia fuori dall’Europa, bisogna affrontare il “problema Serbia”. C’erano andati vicini subito dopo il 2000, quando c’era stata la rivoluzione colorata che aveva rovesciato [Slobodan] Milosevic. Poi, per gli otto anni successivi, aveva governato l’opposizione e poi l’Occidente aveva riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. C’erano andati vicini, ma non c’erano riusciti. È evidente che qui si tratta di un tentativo continuo di rimediare alle questioni in sospeso degli anni ’90”, ha detto Szamuely.

Ricordando che i disordini di domenica a Belgrado sono solo l’ultima manifestazione dei tentativi di spodestare Vucic, Szamuely ha osservato che il presidente serbo ha subito una “enorme quantità di pressioni” contro di lui nel corso dell’ultimo anno.

“Lo scorso maggio c’erano state grandi proteste contro Vucic, cosa molto strana, visto che il motivo apparente di queste grandi proteste erano state due uccisioni di massa avvenute in modo casuale, qualcosa di tragico, molto simile a quello che è appena successo a Praga, il tipo di cose che succedono spesso negli Stati Uniti. Ma, in qualche modo, l’opposizione in Serbia aveva deciso di incolpare il governo. Così avevano organizzato queste grandi proteste chiedendo le elezioni… Vucic aveva detto: “Ok, va bene, faremo le elezioni, e così le hanno fatte. L’opposizione ha perso” , solo per poi affermare “che si trattava di una frode, di un furto e così via, in piena sintonia con il progetto di rivoluzione colorata”, ha sottolineato Szamuely.

Il veterano esperto di relazioni internazionali e di affari dell’Europa orientale Gilbert Doctorow concorda con la valutazione di Szamuely.

“Stiamo assistendo a questo nuovo tentativo di colpo di Stato in stile Maidan, e questo perché gli autori di questo tentativo di rovesciare Vucic sono gli stessi superficiali complottisti della Ivy League nel Dipartimento di Stato e nella CIA che hanno guidato le disastrose avventure di politica estera dell’America negli ultimi trent’anni”, ha dichiarato Doctorow a Sputnik.

“Non si rendono conto dell’importanza storica delle persone. Per essere precisi, non riescono a capire che Vucic non è un pazzo pusillanime come l’ucraino Yanukovych, la cui mancanza di determinazione e coraggio aveva reso possibile il successo del colpo di Stato a Kiev. Vucic è più simile a Lukashenko, il presidente della Bielorussia; l’atteggiamento di quest’ultimo contro i ribelli, kalashnikov alla mano, nel 2020 aveva sedato un’insurrezione analoga, privando Washington di una vittoria a buon mercato”, ha aggiunto Doctorow.

Il tentativo di rivoluzione colorata serba è lo sforzo delle potenze occidentali di “agitare le acque il più possibile” e “creare il caos in ogni regione strategicamente importante”, secondo Doctorow. La Serbia è una spina nel fianco dell’Occidente collettivo”, ma qualsiasi tentativo di estromettere Vucic sarà “destinato al fallimento”, secondo l’analista.

Un segno di disperazione?

Da parte sua, l’analista politico ed ex membro del Parlamento europeo Nick Griffin ha dichiarato a Sputnik che il tentativo di colpo di Stato a Belgrado è un segno della crescente “disperazione” della NATO che perde su altri fronti, militarmente ed economicamente, contro i suoi avversari globali.

“Sospetto che l’attuale sforzo dell’Occidente per il Maidan a Belgrado non sia tanto un piano a lungo termine attentamente ponderato, quanto piuttosto una risposta disperata al disastro della NATO in Ucraina”, ha detto Griffin. “La portata della sconfitta in Ucraina è tale che le potenze occidentali hanno un disperato bisogno non solo di una distrazione, ma anche di una ‘vittoria’, qualcosa che possano sventolare come prova che possono ancora sconfiggere il ‘piano malvagio del mostro Putin per il dominio del mondo'”.

“Oltre alle questioni a breve termine sopra citate, derivanti dalla disfatta ucraina, l’interruzione della navigazione nel Mar Rosso ha riportato il progetto cinese Belt and Road in cima all’agenda geopolitica. Le strette relazioni stabilite di recente tra Ungheria e Serbia, che includono importanti lavori di miglioramento dei collegamenti ferroviari tra i due Paesi, assumono un significato maggiore con la possibilità che le tensioni e i conflitti in corso in Medio Oriente rendano le rotte commerciali via terra dalla Cina ai mercati occidentali e arabi molto più importanti e redditizie”, ha spiegato Griffin, sottolineando i complessi e difficili calcoli in gioco nei Balcani.

“La Serbia ha la possibilità di diventare un importante trampolino di lancio verso l’Adriatico e oltre – soprattutto se la vittoria della Russia in Ucraina dovesse convincere Vucic a smettere di camminare sul filo del rasoio e a schierarsi una volta per tutte dalla parte della Russia, collegando la Serbia alle enclavi serbe sulla costa”, ha sottolineato l’osservatore.

Alla domanda se l’Occidente potrebbe alla fine riuscire nei suoi sforzi per spodestare Vucic, Griffin ha sottolineato che questo “dipenderà dalla Russia!”.

“Non c’è assolutamente nessuna buona ragione perchè questo strampalato avventurismo occidentale abbia successo, o addirittura continui. La lezione del Maidan di Kiev dovrebbe essere che è molto più facile affrontare queste cose mentre vengono fatte da teppisti e agitatori finanziati dall’Occidente, piuttosto che aspettare che siano seduti nei carri armati forniti dalla NATO”, ha concluso l’esperto osservatore geopolitico.

Ilya Tsukanov

Fonte: sputnikglobe.com
Link: https://sputnikglobe.com/20231225/serbian-maidan-attempt-a-desperate-flailing-response-by-nato-to-ukraine-red-sea-failures-1115810064.html
26.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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