DI MARCO TRAVAGLIO
ilfattoquotidiano.it
L’invito è ufficiale, anzi ufficialissimo: “Domani 18 gennaio alle ore 17.00, presso il Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (CNAIPIC) al Polo Tuscolano in Via Tuscolana 1548, alla presenza del Ministro dell’Interno Marco Minniti e del Capo della Polizia Franco Gabrielli, verrà presentato il nuovo servizio di segnalazione istantanea contro le fake news. Ti aspettiamo”. Quel “ti aspettiamo” ha un che di vagamente inquietante, tipo quando ballavo in discoteca con una tipa che mi piaceva e un coetaneo più robusto di me (ci voleva poco) mi diceva “ti aspetto fuori”.
In effetti l’idea che a decidere quali news sono fake, cioè false, siano il Viminale e la Polizia di Franco Gabrielli detto Nazareno, cioè il governo, allarma un po’. Riporta alla mente il ministero della Verità di George Orwell in 1984, che fra l’altro spacciava fake news a tutto spiano, le più pericolose e imperiture perché consacrate dal timbro dell’ufficialità, dall’ipse dixit dell’autorità. Il ministero aveva sede in una mega-piramide bianca che recava sulla facciata gli slogan “La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù” e “L’ignoranza è forza”. E aveva il compito di riscrivere secondo i dettami e la “neolingua” della propaganda governativa tutto ciò che la contraddiceva: romanzi, cronache, statistiche, libri di storia.
È anche il sogno del nostro pericolante e tremebondo regimetto, in vista delle elezioni che potrebbero spazzarlo via dalla faccia della terra. Dunque che faranno le nostre forze dell’ordine? Disperderanno le fake news, o presunte tali, con gli idranti? Le calpesteranno con plotoni di carabinieri a cavallo? Caricheranno gli autori con agenti in tenuta antisommossa armati di manganello? Niente paura. Siamo in Italia, dove ogni dramma diventa melodramma e ogni tragedia si muta in farsa. Infatti la mirabolante guerra alle fake news sarà affidata a una decina di appuntati chiusi in un commissariato. I quali, nei ritagli di tempo fra una denuncia di furto, una di documenti smarriti e una di gattini scomparsi, raccoglieranno le segnalazioni dai privati che si sentiranno offesi dal tal sito, blog, social network; dopodiché dovranno rivolgersi al server per convincerlo a cancellare tutto e, se quello opporrà resistenza, chiameranno un pm perché indaghi sull’eventuale contenuto diffamatorio del messaggio incriminato ed eventualmente sequestri il corpo del reato (la fake news) o l’arma del delitto (il sito o la pagina facebook, twitter, instagram ecc.). Già, perché è dato per scontato che le fake news siano un’esclusiva della Rete.
Invece i tg e i giornali sono dei pozzi di scienza e verità, scevri come sono da conflitti d’interessi e da intenti propagandistici. Lo dice il 10 gennaio lo stesso sito della Polizia: “ATTENZIONE!! Fake news. È tempo di campagna elettorale e, come spesso purtroppo accade, assistiamo ad un’impennata nella diffusione di fake news via internet e social network… la ben nota e poco edificante attività di creazione a tavolino, e successiva diffusione, di notizie prive di fondamento, relative a fatti o personaggi di pubblico interesse, al solo scopo di condizionare fraudolentemente l’opinione pubblica. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, ha interessato la Presidente della Camera, Laura Boldrini” e te pareva: “ai suoi danni è circolata su whatsapp la bufala virale secondo cui un ragazzo di 22 anni senza adeguate referenze professionali, presunto nipote della Presidente, sarebbe stato assunto a Palazzo Chigi”. La classica bufala a cui credono poche migliaia di gonzi, mai ripresa da giornali o tg, dunque innocua.
Invece contro le balle dei giornaloni, che di solito si muovono a testuggine, ripresi poi da tutti i tg, nulla è previsto perché per lorsignori il problema non esiste: e ci mancherebbe, visto che giornaloni e tg li controllano loro e spacciano solo le fake news che vogliono loro. La madre di tutte le fake news dell’ultimo quarto di secolo la raccontano gli ex pm Caselli e Lo Forte nel libro La verità sul processo Andreotti (ed. Laterza): la falsa assoluzione, annunciata a reti ed edicole unificate, del sette volte premier, dichiarato colpevole in appello e in Cassazione di associazione per delinquere con Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, reato “commesso” ma prescritto poco prima della sentenza. Fecero tutto le tv e i giornaloni. E tutt’oggi milioni di italiani non sanno come finì il processo del secolo, anzi peggio: sono convinti dell’opposto della verità.
C’è poi un altro trascurabile dettaglio: che si fa se le fake news le raccontano direttamente i politici? La polizia irrompe negli studi televisivi per imbavagliarli e ristabilire ipso facto la verità? L’altra sera abbiamo tanto sperato che ciò avvenisse a Matrix, mentre B. sparava le sue cifre mirabolanti sulla flat tax che aumenta il gettito (uahahah), sulla lotta all’evasione (parola di un pregiudicato per frode) e sulla sua prossima abolizione dell’Imu sulle prime case (abolita due anni fa). Se poi la guerra alle fake news fosse retroattiva, non vorremmo essere nei panni di Renzi che, tra un “Enrico stai sereno” e un “Se vince il No lascio la politica”, dovrebbe subire il sequestro della lingua a vita. Infine ci sarebbero le fake news sulle fake news, tipo le balle senza prove sul mandante Putin, per nascondere le vere interferenze straniere nelle elezioni italiane: quelle degli americani e dei governi europei, ma anche della Ue (ultimo esemplare: il commissario Moscovici, lo stesso Nostradamus che nel 2016 vaticinò l’apocalisse “populista” in caso di No al referendum). Ma di questo si occuperà senz’altro la “Task force europea contro le fake news” istituita da Juncker al quarto whisky e composta da 39 “esperti”, fra cui Gianni Riotta. Quindi tranquilli, siamo in buone mani.
Marco Travaglio
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Link: https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/il-ministero-della-verita/
18.01.2018
Con Travaglio sarebbe anche peggio senza whisky.
Finalmente potremo far fallire i giornali, della serie: quando il Regime si dà da solo la zappa sui piedi…
Insomma, si prepara una specie di minculpop digitale, senza avere idee chiare su cosa sia la verità. Quale verità, quella dell’approssimazione, ovvero oggettiva ma perennemente indimostrabile, come quella scientifica? Oppure quella dell’appropriazione, ovvero quella filosofica, lasciata all’interpretazione di ognuno? Nel dubbio, il tentativo di gestire la verità, sarà lasciato a volenterosi garzoni di bottega, che probabilmente procederanno a caso, nella loro opera di restaurazione della verità stessa. Non essendo in grado di riconoscere la propria verità rispetto a quella oggettiva, bene comune, è persino possibile che si lascino vivere fake news devastanti per il sistema, suggerendo a chi vuole conoscerla veramente, da che parte sta. Confidiamo nei bug del sistema.
Non ci sono bug nel sistema, le verità sono sempre e solo quelle che piacciono a loro:
– L’Iran è un regime teocratico maligno, l’Arabia Saudita è un regime teocratico benigno.
– I vaccini fanno bene sempre e comunque e a tutte le età.
– Il riscaldamento globale è vero, irreversibile e causato dalle attività umane.
– I migranti sono tutti e sempre brava gente e tutti sono venuti qui perché costretti dagli eventi, perciò vanno accolti e mantenuti senza se e senza ma.
– L’omosessualità è sempre innata e genetica, e le differenze tra i sessi sono solo culturali (splendido esempio di “verità” che si autocontraddicono ma che restano valide lo stesso!)
Tutto il sistema per mantenere il potere si basa sulla propaganda. La propaganda è menzogna, falsificazione, censura.
La politica utilizza il marketing pubblicitario che per sua natura è menzogna e illusione.
Fino a quando la maggior parte delle persone non riconosce queste ovvietà, andranno avanti in questa direzione, cioè colpendo le news che contrastano il sistema, definendole false.
In sostanza è quasi tutto fake news, sta a noi riconoscere di chi fidarsi. Ma non è assolutamente facile, ci vuole tempo, voglia e malizia.
Resta il fatto che senza la fiducia non si va da nessuna parte, essa è il collante principale per ogni azione contro il sistema e, bollare come falso, gettare discredito su ogni tentativo di contrasto è il modo migliore per disinnescarlo.
In effetti si dovrebbe chiamare “ministero della propaganda”…ma fa troppo fascista.
Spesso qualcuno chiede, a volte in modo provocatorio, in cosa consista essenzialmente il fascismo, ci vogliono pochi tratti per definirne i contorni.
Uno riguarda il fatto che il sottinteso conseguente al complesso di nozioni, notizie, informazioni trasmesse alla popolazione, per vie diverse, e la percezione della realtà che ne consegue deve, per disposizioni di legge, essere univoca.
La novità consiste nella procedura “democratica” grazie alla quale giungeremo all’imposizione.
Travaglio che critica gli Americani? Gli è apparso San Pietro?
Più probabile San Paolo.
Il bottone rosso anti fake news di Minniti è più pericoloso delle fake news (e non serve a nulla)
Nel film Le conseguenze dell’amore di Paolo Sorrentino, a un certo punto Titta Di Girolamo, il protagonista che lava i soldi per la mafia impersonato da Toni Servillo,
si trova in una sala di una banca svizzera davanti a una decina di
impiegati che devono contare l’ultima valigia di contanti che vuole
depositare. Quando i conti non tornano — Titta ne ha sottratto un
milioncino — il direttore propone di farli contare da una macchina, ma
lui si impunta.
«Non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini»,
dice Titta al direttore della banca con la sua solita voce lenta e
scandita, «Il giorno che accadrà, sarà un giorno sbagliato». Lo dice
perché bluffa, certo, e perché le macchine tanto odiate rivelerebbero la
sua truffa nella truffa. Ma il significato profondo di quell’episodio è
un altro: su alcune cose non si può mai dare l’ultima parola alle macchine,
alle strutture, alle autorità terze, perché bisogna responsabilizzare
gli uomini, certo, ma soprattutto perché una volta che si crea il
precedente e ci si inchina alla procedura si imbocca una strada che non si sa dove porti.
Per un motivo simile, anche il 18 gennaio, per l’Italia, è stato un giorno sbagliato. Che cosa è successo? È successo che il ministro dell’Interno Marco Minniti
ha presentato “il Primo protocollo operativo per il contrasto alla
diffusione delle fake news attraverso il web”, predisposto dal Ministero del’Interno in collaborazione con la Polizia.
E lo è stato per due motivi legati a doppio filo. Il primo è un motivo
che fa paura, il secondo, invece, farebbe pure ridere se non ci fosse il
primo, ma in realtà fa mettere ancora di più le mani nei capelli.
Questo progetto è per prima cosa un progetto pericoloso, perché, come
le macchine contasoldi della banca svizzera del film di Sorrentino,
pone nella realtà un precedente terrificante e minaccioso, con cui ora,
per colpa del ministro e della polizia, dovremo fare i conti. Perché un
precedente? E un precedente di cosa? Dare alla polizia il ruolo, seppur
come vedremo più simbolico che effettivo, di tutelare l’esistenza della verità, oltre a riuscire a dimostrare con molta efficacia quanto sia malcompreso il fenomeno delle Fake News e della cosiddetta Post Verità,
fa qualcosa di maldestramente terrificante: senza nemmeno accorgersene
torna a dare alla verità uno statuto oggettivo, assoluto e soggiogato
all’autorità. Insomma, robette da Santo Uffizio, da medioevo.
Il secondo motivo di inquietudine deriva proprio dalla palese malcomprensione di quale sia il reale problema che sta appena sotto la superficie di questa baracconata.
Il pericolosissimo precedente è stato infatti promosso sul nulla,
perché questo è quello che vale quel “Red Button”, come lo chiama
grottescamente il ministro e la polizia: nulla. Perché di fatto, come le
stesse autorità sagacemente puntualizzano, «non esiste nessun sistema
tecnologico in grado di individuare in maniera assoluta le notizie false
e la loro veridicità è dimostrabile solo attraverso la valutazione di
esperti di settore».
Toh. Chi l’avrebbe mai detto? E guarda un po’, la veridicità è dimostrabile solo dopo una valutazione degli esperti.
Servono cervelli umani, anzi, di più, perché in realtà qui le cose non
sono così semplici: serve ristabilire una comunità, perché è nel
territorio dell’isolamento, dell’ignoranza e delle bolle
autoconfermative che la disinformazione attecchisce e prospera.
Nella prima puntata del nuovo talk show di David Letterman, prodotto e distribuito da Netflix,
l’anchor man (in pensione) più famoso d’America ha come ospite l’ex
presidente Obama che, nei primi minuti della loro chiacchierata, centra
il problema e lo descrive molto più lucidamente dei Minniti, dei Riotta
e di tutti i giocolieri improvvisati che vogliono affrontare la
diffusione di mala informazione ponendo l’autorità alla sua
sorveglianza. Oggi, dice Obama, il problema macroscopico della
democrazia statunitense è che il suo corpo sociale, gli elettori, vivono
in due mondi paralleli, composti non soltanto, come un tempo, di
ideologie avverse, ma addirittura da paradigmi di realtà costruiti su
set di fatti completamente diversi. «Il mondo di uno che si informa su Fox News non ha praticamente nessun punto in comune con quello di uno che si informa ascoltando la NPR».
Questo è il vero problema. E non c’entra con il web,
non c’entra coi troll russi e nemmeno con la falsità di un singolo
fatto, ma con tutto il set di fatti che compongono la realtà della gente
e su cui la gente si basa per costruire il proprio livello di realtà.
Realtà che è dunque totalmente diversa e ribaltata a seconda dei flussi
di informazione a cui si è soggetti. Per questo l’idea di mettere in
piedi un protocollo di polizia non solo è una deviazione pericolosa che fa da precedente orribile e che ci immette su una strada che porta verso un mondo orwelliano, ma è anche idiota, perché ideata da qualcuno che evidentemente non sa nemmeno di cosa parla.
Viviamo in un mondo complicato. Un mondo in cui non esiste più la comunità, né l’autorevolezza,
due elementi chiave per mantenere in funzione un ecosistema della
informazione e della controinformazione bilanciato e salutare. Sarà
difficile uscirne e ancora non sappiamo esattamente come, quando e se ce
la faremo. Ma se su qualcosa possiamo essere certi, questa è che la verità non è uno stato, ma un processo, e che mai e poi mai una autorità di polizia dovrebbe avere la scusa per poterci mettere becco.
Perché oggi è solo per far finta, è solo propaganda e per fortuna è un
progetto talmente demenziale che non potrà far molti danni, ma è un
precedente. E visto l’andazzo non c’è da star tranquilli.
Andrea Coccia
Fonte: http://www.linkiesta.it/
Link: http://www.linkiesta.it/it/article/2018/01/20/il-bottone-rosso-anti-fake-news-di-minniti-e-piu-pericoloso-delle-fake/36860/
20.01.2018
Bel commento, che sarebbe stato indimenticabile se si fosse concluso così: «D’altra parte anche noi del Fatto Quotidiano abbiamo sparato tonnellate di fake news USA-NATO-Israeliane sulla Siria, sul Medio Oriente, sulla Russia, sulla Cina e sul Sudamerica, come se niente fosse, anzi essendo così cooptati nel gotha dei media mainstream, con l’autorevolezza e le ricche prebende che ciò comporta. Quindi vedete un po’ voi… io intanto vado da Minniti perché se no i money dalla CIA, dall’USAID, dalla NED, dalla NATO e dal SISDE non mi arrivano. Teniamo famiglia, e solo con le fake news possiamo mantenerla. E questo è tutto vero. Marco Travaglio »
Senza voler fare polemiche, ma il mio commento è sparito dopo la pubblicazione. Mi chiedo il perché..
Se avessi letto le regole e le FAQ non avresti bisogno di chiederlo e, soprattutto non avrei dovuto perdere tempo a cancellarlo
Sta a vedere che mi tocca di nuovo a leggere il Fatto, è possibile che Travaglio sia ridiventato quel grande giornalista di almeno dieci anni addietro ? Comunque sia un pezzo di vero giornalismo, complimenti, non me lo aspettavo.
Notoriamente, la balla delle armi di distruzione di massa di Saddam proveniva dal web…
Bell’articolo ma…
“Infine ci sarebbero le fake news sulle fake news, tipo le balle senza prove sul mandante Putin, per nascondere le vere interferenze straniere nelle elezioni italiane: quelle degli americani e dei governi europei, ma anche della Ue”: quando fa comodo a Travaglio – cioè quando si parla di Politica Interna – si può anche criticare gli yankees e “difendere” il Presidente Russo.
Quando però si oltrepassa il Brennero ecco che il “valoroso” direttore del Fatto Quotidiano si mette sugli attenti ai desiderata di Washington e, con profondo sprezzo del ridicolo, comincia a sparare le più assurde fake-news come quella, urlata col megafono da “tutti i giornaloni e le tv di regime”, sul GENOCIDIO(!?!?!?!) che il Legittimo Presidente Siriano Assad starebbe commettendo in Siria insieme al Presidente Putin. Ovviamente trattasi di classica fake-new propinata da Washington (che i terroristi li addestra e li finanzia unitamente a Francia, Regno Unito, Israele e stati beduini arabi come la cricca dei Saud e il Qatar) per screditare i propri nemici – Siria e Russia – che il Terrorismo Made in USA lo stanno combattendo impedendo agli yankees di raggiungere i propri obiettivi geostrategici. Ma questo non ditelo a Travaglio…