Di Franco Ferrè per ComeDonChisciotte.org
Il 7 dicembre scorso ad Atene è avvenuto un fatto che, se non proprio definibile come “storico” (poi vedremo perché) è senza dubbio da catalogare come “rilevante”, o quantomeno come “inusuale”, dato che un evento simile non avveniva dal 2017. Si tratta dell’incontro tra i presidenti Erdogan per la Turchia e Mitsotakis per la Grecia.
I due Paesi, pur essendo entrambi membri NATO, di fatto intrattengono rapporti molto tesi da decenni, forse da sempre, si potrebbe dire, e a (rari) periodi di apparente distensione sono (molto più spesso) seguiti altri periodi conflittuali, a volte sull’orlo di veri e propri conflitti armati. Proprio il rapporto pre-conflittuale con l’ingombrante vicino ottomano è una delle cause principali dell’alto budget militare greco, del tutto sproporzionato alle dimensioni del Paese ed alla sua popolazione (ne abbiamo parlato in un precedente articolo QUI) e del tutto insensibile ai tagli che il bilancio pubblico ha subito negli ultimi dodici anni.
Eppure di questo evento si è parlato pochissimo. Nulla sul mainstream, poco e con scarso rilievo sulle testate online (ad esempio QUI, QUI, oppure QUI, qualcosa su siti in inglese, QUI), niente perfino sul sito di Limes, la principale pubblicazione italiana di Geopolitica, che pure pubblica una rassegna giornaliera dei fatti più rilevanti.
Il motivo, forse, va ricercato nei contenuti estremamente scarsi che l’incontro ha partorito, più che sulla forma. La quale forma, pur supportata da un cerimoniale piuttosto pomposo, non ha comunque potuto nascondere più di tanto l’imbarazzo per un meeting che probabilmente né l’una né l’altra parte avevano veramente voluto. Si veda in proposito la faccia eloquente del Ministro degli Esteri greco, Georgios Gerapetrisis e del suo omologo turco, Hakan Fidan, mentre si stringono la mano per i fotografi
Le dichiarazioni del Dipartimento di Stato a Washington, seguite all’incontro, non lasciano dubbi in proposito [1]
“Gli Stati Uniti supportano le discussioni bilaterali ad ogni livello tra Grecia e Turchia per lavorare insieme al fine di far progredire la pace, la sicurezza e la prosperità nella regione”.
Tradotto: non voglio noie nel mio locale (come diceva un vecchio sketch televisivo).
Dopo quanto sta succedendo a Gaza, Washington non ha alcun bisogno di altri conflitti nel Mediterraneo orientale e ha detto ai due scolari riottosi di piantarla di farsi i dispetti e di mettersi per un po’ il cuore in pace sulle rispettive rivendicazioni. Che infatti non sono minimamente state toccate nelle dichiarazioni conclusive del vertice, dove un rassegnato Erdogan ha dichiarato insieme a Mitsotakis che [2] “la geografia e la storia ci hanno destinato a vivere nella stessa regione”, mentre poi il premier greco non ha potuto fare a meno di aggiungere che “Non siamo d’accordo su Cipro. Per noi non c’è altra soluzione che le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Dobbiamo riavviare il dialogo da dove è stato interrotto nel 2017. Solo attraverso di esso si potranno compiere progressi sostanziali” che, per inciso, NON è affatto ciò che la Turchia pensa di fare. Quest’ultima, infatti, ha di fatto occupato dal 1974 una fetta rilevante dell’isola, installandovi uno Stato-satellite non riconosciuto da nessuno (tranne che da lei stessa) a livello internazionale. Stato dove la popolazione turca, una volta in netta minoranza rispetto agli abitanti di etnia greca, oggi ammonta alla quasi totalità dei 260 mila residenti [3], con enormi problemi ancora aperti sul riconoscimento delle proprietà dei precedenti abitanti greco-ciprioti.
Di cosa parlano, allora, gli accordi stipulati il 7 dicembre? Di alti e roboanti princìpi (sette “Dichiarazioni”) e piccoli e concreti accordi operativi (Sette MoU – Memorandum of Understanding). Tra i primi, si possono citare un vago impegno greco a “sostenere la candidatura di Ankara per l’ingresso in UE, a patto di passi avanti turchi nel campo dei diritti umani”, oppure la disponibilità di Ankara a “continuare il dialogo con la vicina Grecia senza precondizioni e a sviluppare i rapporti in tutte le aree sulla base dei nostri interessi comuni”, dichiarando poi di voler “mantenere aperti i canali di comunicazione e (…) sviluppare ulteriormente l’attuale slancio positivo nei rapporti”.
Tra i secondi, invece, si possono ricordare il “telefono rosso” istituito tra i due Presidenti, sul modello del vecchio Telefono Rosso USA-URSS, finalizzato ad evitare escalation dovute a malintesi e/o ad azioni poco prudenti di singoli esponenti (magari militari) delle due parti, ma anche una serie di accordi commerciali volti ad incrementare (raddoppiare) i volumi di commercio tra i due Paesi nei prossimi cinque anni, nonché l’istituzione di un “libero accesso” per un anno ai cittadini turchi su una decina di isole greche, ma solo sette giorni alla volta (sic!) [4].
Perfino la stampa mainstream greca, il quotidiano Ekahtimerini (che si può paragonare all’incirca al nostro Corriere della Sera) è volato molto basso, con una corta serie di tweet molto essenziali, ed un articolo dove veniva esposta solo “la fredda cronaca” (citando un vecchio personaggio di Antonio Albanese) con un elenco senza commenti dei sette+sette accordi stipulati.
Addirittura il quotidiano ellenico si è esposto con alcune vignette satiriche che mettono in ridicolo le reali intenzioni dei due Presidenti.
E se non ci mettono enfasi i media governativi, vuol dire che non c’è proprio nulla da enfatizzare, forse anche perché in Grecia le posizioni di Mitsotakis in politica estera sono da molti considerate un po’ troppo morbide (eufemismo).
Ultimo impegno è stato quello di rivedersi in occasione della prossima Assemblea Generale dell’ONU e di cominciare a discutere delle Zone di sfruttamento esclusivo (ZEE) del Mediterraneo orientale (ne abbiamo parlato già QUI), che forse, tra tutti gli argomenti oggetto di controversia tra i due Stati, è quello con le maggiori ripercussioni anche internazionali.
Come si dice dalle parti della Madonnina…“Pùtost che nient, l’è mej pùtost” – “Piuttosto che niente, è meglio piuttosto”, che in questo caso si potrebbe parafrasare in “piuttosto che un’altra guerra a due passi da casa, meglio una pace forzosa”.
E forse questa volta è davvero meglio così.
Di Franco Ferrè per ComeDonChisciotte.org
NOTE:
[1] https://x.com/ekathimerini/status/1733049169278124126?s=20
[3] https://www.treccani.it/enciclopedia/la-repubblica-turca-di-cipro-nord_(Atlante-Geopolitico)/