Un ponte troppo lontano: il Washington Examiner chiede che l’infrastruttura russa venga bombardata

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Di NEIL CLARK

rt.com

Immaginate soltanto se un quotidiano russo avesse chiesto all’aviazione canadese di bombardare il ponte di Brooklyn. Sarebbe scoppiato un putiferio, e giustamente.

Ma dov’è la condanna dell’Occidente per l’articolo pubblicato dal Washington Examiner, in cui si auspica il bombardamento del nuovo ponte della Crimea inaugurato questa settimana?

E’ stato definito una delle più grandi imprese dell’ingegneria moderna. Questo ponte a doppia sezione, che collega la Penisola di Taman, nella regione di Krasnodar Krai, con la Penisola di Kerch, in Crimea, è lungo in tutto 11.2 miglia (18,02 km.), cosa che lo rende il più lungo di tali opere, sia in Russia che in Europa. Ora la gente potrà arrivare molto più facilmente in Crimea da tutto il resto della Russia e l’economia crimeana ne beneficerà molto.

Ma non tutti sono felici. Si fa avanti un certo Tom Rogan, un articolista del quotidiano neo-conservatore Washington Examiner. Tom definisce la costruzione del ponte “una appropriazione formale, fisica e psicologica di territorio ucraino”.

E questo guerriero da poltrona, che ha una laurea (Bachelor of Arts) in “War Studies”, conseguita al King’s College di Londra, vuole che l’aviazione ucraina lo faccia saltare in aria. Ammette a denti stretti che una cosa del genere causerebbe delle perdite di vite umane, ma afferma che la lunghezza del ponte “ridurrebbe il rischio” per coloro che dovessero attraversarlo nel momento cruciale.

In un pezzo successivo, Rogan ha asserito: “avrei potuto essere stato un po’ più chiaro nel dire che un’operazione del genere potrebbe (e, naturalmente, dovrebbe) essere portata a termine con zero perdite”.

Tom Rogan, che auspica la distruzione da parte dell’Ucraina del ponte sullo stretto di Kerch, che unisce la Crimea alla terraferma russa, pensa anche che la guerra illegittima degli Stati Uniti e della Gran Bretagna nei confronti dell’Iraq nel 2003 sia stata una buona idea.

Da dove si può iniziare a rispondere ad un simile incitamento pieno di odio mascherato da “cronaca”? Tutta la premessa di questa diatriba, che la Russia si sia “appropriata” di territorio ucraino è falsa, dal momento che i Crimeani avevano votato in un referendum per la riunificazione con la Russia, dopo un colpo di stato illegale a Kiev nel 2012, nei confronti di un governo democraticamente eletto. Senza il cambio di regime sostenuto dall’Occidente, oggi la Crimea farebbe ancora parte dell’Ucraina. Ma, naturalmente, questa importante informazione di base, nel pezzo, non viene riportata. Se si vende russobobia, allora i fatti sono solo un ostacolo fastidioso.

Se gli Ucraini dovessero seguire il consiglio di Rogan e bombardare il ponte, allora scoppierebbe una guerra totale con la Russia. Il Presidente Putin dovrebbe rispondere ordinando attacchi aerei russi contro le basi aeree ucraine. Un conflitto generalizzato in Europa sarebbe “una vera festa” per certi Neoconservatori americani, seduti davanti ai  computer, a migliaia di miglia di distanza, ad osservare con esultanza il rialzo azionario del loro comparto industriale militare. Naturalmente, per quelli in prima linea non sarebbe un divertimento. Infatti, il conflitto potrebbe in breve tempo diventare globale, specialmente se, come sostiene Rogan, lo Zio Sam dovesse fornire un appoggio incondizionato agli Ucraini.

Una guerra atomica sarebbe assai probabile, ma la cosa non dovrebbe interessarci. “Non preoccupatevi, gli stati Uniti vincerebbero una guerra nucleare con la Russia”, è il verdetto di Tom Rogan.

Dati i costi esorbitanti che dovrebbe pagare, è assai improbabile che l’amministrazione del soldatino di cioccolato Petro Poroshenko a Kiev sia così stupida da farsi convincere dal trentaduenne saggio del Washington Examiner. Ma qualcun altro potrebbe esserlo. Rogan ha reso di pubblico dominio l’idea di un attacco al Ponte della Crimea. Per peggiorare ancora questa mossa sconsiderata, il Washington Examiner, non solo ha pubblicato il pezzo, ma lo ha anche twittato ai suoi 130.000 sostenitori.

Il regolamento di Twitter stabilisce che: “Non si possono fare esplicite minacce di violenza, o augurare danni fisici, morte o malattie a individui o gruppi di persone”. Non si applicano queste norme a quelli che chiedono la distruzione di un ponte russo adibito al pubblico?

Il Comitato Inquirente Russo (RIC) ha aperto un’inchiesta giudiziaria nei confronti di Tom Rogan, @dcexaminer, che ha consigliato all’Ucraina di far saltare il Ponte della Crimea. Viene inoltre eseguito un controllo pre-investigativo nei confronti dell’editore del giornale.

Una ricerca su Internet rivela che il proprietario dell’Examiner è un certo Philip Anschutz che, ci dicono, è un miliardario “cristiano conservatore”. Personalmente non credo sia molto cristiano pubblicare articoli dove si invocano attacchi aerei contro un ponte, e voi? O mi sono perso quel paragrafo del Nuovo Testamento?

E’ chiaro che non dovremmo prendere come esempio di moralità il giornale di Anschutz. Un altro articolo sul loro sito web, questa settimana, era intitolato, e non sto scherzando, “Nessuno è così mite nella propria autodifesa come Israele”.

No, non era una parodia. Ma, per quanto disgustoso possa essere l’Examiner, non opera nel vuoto pneumatico. Il pezzo di Rogan è solo l’ultimo di una serie di articoli incredibilmente russofobi della stampa occidentale che causerebbero una dipartita professionale immediata se l’autore prendesse di mira, allo stesso modo, altre nazioni o i cittadini di altre nazioni.

Ripensate al brutale assassinio, nel dicembre del 2016, di Andrey Karlov, l’ambasciatore russo in Turchia. Karlov, sposato con un figlio, era stato ucciso a revolverate mentre partecipava all’inaugurazione di una mostra d’arte ad Ankara. Nessuno avrebbe potuto difendere una tale, premeditata azione, vero? Purtoppo, ci sono riusciti. Nel New York Daily News, un certo Gersh Kuntzman aveva scritto un pezzo intitolato: “L’assassinio dell’ambasciatore russo non è stato terrorismo, ma una punizione per i crimini di guerra della Russia”.

“E’ stata fatta giustizia”, aveva altezzosamente dichiarato Kuntzman. Ancora una volta, immaginate se un ambasciatore di una nazione occidentale, o di Israele, fosse stato assassinato in modo simile. Ogni giornalista che avesse scritto “è stata fatta giustizia” non avrebbe pubblicato mai più nulla sui media mainstream.

Tanto per aggiungere un insulto all’omicidio, una fotografia dell’assassino, con l’arma in pugno e con ai piedi il corpo dell’ambasciatore ucciso, aveva poi vinto il primo premio al World Press Photo Event. Immaginate la sofferenza per la famiglia e gli amici del sig. Karlov. Ma, che cosa volete, Andrey era “solo un Russo”, perciò era caccia libera.

Ogni volta che dei Russi vengono uccisi, sembra che se la siano andati a cercare. Non ci è permesso dire che gli attacchi terroristici in Occidente potrebbero essere causati dalla politica estera occidentale, ma, quando queste cose succedono in Russia, sono dovute esclusivamente alla politica del Kremlino e bisogna anche prendere in considerazione il punto di vista dei terroristi.

Ripensate all’atto terroristico all’aereoporto Domodedovo di Mosca nel gennaio del 2011. Trentasette persone erano state uccise nell’atrio arrivi da un attentatore suicida. Immaginate se questo fosse successo al JFK o a Heathrow. Sarebbe stato possibile, come tutta risposta, scrivere un pezzo intitolato “La politica estera degli Stati Uniti e della Gran Bretagna fa autogol”?

Ma Adrian Blomfield aveva scritto un articolo, pubblicato sul Daily Telegraph, intitolato “La rivolta in Russia centra il bersaglio”, da cui traspariva la totale mancanza di compassione per tutti i Russi che erano stati uccisi. Era stata la politica “repressiva”  della Russia nel Caucaso a creare il terrorismo.

“L’atmosfera di totale repressione aveva determinato la mancanza di sbocchi per le vere forze di opposizione al governo instaurato dal Kremlino nel Caucaso del Nord. Per molti, in modo particolare i giovani che avevano visto uccidere i propri familiari, la scelta era lasciare incancrenire il proprio risentimento o unirsi ai ribelli”, aveva scritto Blomfield.

Opinioni simili erano state espresse dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri della Gran Bretagna, Philip Hammond, quando un ordigno esplosivo dello Stato Islamico (IS, ex ISIS) aveva causato la distruzione di un aereo passeggeri russo pieno di turisti di ritorno da una vacanza in Egitto, il 31 0ttobre 2015. Hammond lo aveva descritto come un “colpo di avvertimento” alla Russia e aveva sperato che l’attacco inducesse la Russia a mostrare una “maggior propensione” a partecipare ai colloqui sulla Siria, a Vienna.

Immaginate, ancora una volta, se i terroristi avessero abbattuto un aereo pieno di turisti inglesi e Sergei Lavrov, il Ministro degli Esteri russo, lo avesse descritto come un “colpo di avvertimento” per la Gran Bretagna ed avesse espresso la speranza che ciò potesse rendere la Gran Bretagna “più volenterosa” di impegnarsi nei colloqui sulla Siria. Naturalmente, Lavrov non avrebbe mai detto una cosa del genere. Ha classe ed è una persona civile. Philip Hammond ha fatto capire, con i suoi commenti, di non esserlo.

Quando nei disastri muoiono dei Russi, si può deridere anche la tragedia. Uno dei peggiori esempi di ciò è stato il modo in cui il giornale “satirico” francese Charlie Hebdo ha preso in giro la morte di 92 persone, compresi i 68 membri del famoso Complesso Accademico di Canto e Ballo dell’Esercito Russo ‘A.V. Aleksandrov’, in un incidente aereo, il giorno di Natale 2016.

In una rappresentazione dell’incidente, l’estremamente spiritoso fumettista aveva disegnato un jet mentre si schianta, con il fumetto “Mauvaise Nouvelle…’Poutine N’Etait Pas Dedans” (Brutte notizie…a bordo non c’era Putin). Ancora più disgustosa, un’altra vignetta mostrava un membro del coro che gridava “Aaaaa”, con il fumetto “Il repertorio del Coro dell’Armata Rossa si sta espandendo”. Una terza immagine raffigurava un altro membro della disgraziata ensemble che affondava in mare, con il fumetto “L’Armata Rossa conquista un nuovo pubblico”.

Il portavoce del Ministero della Difesa russo, il Maggiore-Generale Igor Konashenkov ha sintetizzato perfettamente la cosa quando ha detto: “Se un simile, oserei dire, talento è la fedele rappresentazione dei ‘valori occidentali’, allora tutti quelli che li tengono in considerazione e li sostengono sono condannati, come minimo alla solitudine, in futuro”. Il nostro grido di risposta ad una tale depravazione dovrebbe essere “Nous ne sommes pas Charlie! Nous sommes tous humains!”  Noi non siamo Charlie! Noi siamo tutti quanti umani!

Il Neoconservatorismo, mescolato alla superiorità liberale dell’Occidente, non ha nulla da offrire all’umanità, eccetto l’inumanità. Spero che Philip Anschutz legga questo articolo, ritorni al Vangelo e decida di portare il suo giornale su un percorso molto diverso, uno che raccomandi di costruire ponti, non di distruggerli.

 

Neil Clark

Fonte: https://www.rt.com/

Link: https://www.rt.com/op-ed/427200-crimea-bridge-putin-washington-examiner/

21.05.2018

Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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