Un film dell’orrore: il nuovo piano per lo Yemen

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DI DAN  GLAZERBROOK

counterpunch.org

Si presentano come scioccati spettatori per la crescente carestia dello Yemen, ma gli Stati Uniti e il Regno Unito sono invece il motore primario della strategia che la farà peggiorare.

I protagonisti della guerra nello Yemen – Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita e Emirati Arabi – sono stati assaliti da problemi sin da quando hanno lanciato l’operazione nel marzo 2015. Ma negli ultimi mesi questi problemi sembrano essere arrivati all’esasperazione.

Primo punto, nonché principale, è la totale mancanza di avanzamento militare nella guerra. Originalmente concepita come una specie di guerra lampo – o “tempesta decisiva” così come fu chiamato l’intervento del primo bombardamento – che avrebbe dovuto mettere rapidamente a tacere il movimento di ribellione Ansarallah condotto dagli Huthi, ma quasi tre anni dopo nulla è stato fatto. L’unico significante territorio riconquistato è stato la città portuale di Aden, solo grazie all’affidamento fatto sul movimento scissionista – largamente ostile al “Presidente” Hadi, il cui ruolo in guerra era apparentemente quello di combattere per riaverlo. Nel frattempo, tutti i tentativi di riprendersi la capitale Sanaa, erano diventati sogni irraggiungibili.

In seconda istanza, i belligeranti sono stati sempre di più in guerra con loro stessi. Nel febbraio dello stesso anno, scoppiò una feroce battaglia tra gli Emirati e le forze che sostenevano i sauditi per il controllo dell’aeroporto di Aden. Secondo il  Carnegie Endowment for International Peace, la battaglia “ha evitato il piano degli Emirati di andare verso nord, a Taiz”, aggiungendo che “il rischio di conflitti di questo genere rimane…privi ovunque di forze di terra nello Yemen, i sauditi si preoccupano che gli Emirati potrebbero ritagliarsi un appoggio strategico per se stesso, indebolendo l’influenza saudita nel tradizionale regno vicino.” Evidenziano gli intelligence analysts della Jamestown Foundation, “La battaglia dell’aeroporto di Aden si sta combattendo per una più grande nonché più complessa battaglia per Aden e il sud dello Yemen. La lotta tra le fazioni rivali tra Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, mostra chiaramente che la già complicata guerra civile dello Yemen si sta inasprendo sempre di più e sta così diventando essenzialmente una guerra di una guerra: la lotta tra l’Arabia Saudita e gli Emirati e i rispettivi alleati.” Queste tensioni sono scoppiate nuovamente lo scorso ottobre, quando le truppe emirate arrestarono 10 membri degli alleati sauditi del movimento Islah, la confraternita musulmana della fazione dello Yemen.

E alla fine, la guerra sta subendo una seria crisi di legittimità. Le organizzazioni degli aiuti umanitari sono solitamente determinati a tacere sulle cause politiche dei disastri per i quali devono intervenire. Ancora sulla quesitone del blocco – e specialmente da quando è stato reso totale lo scorso 6 novembre – è stato inusualmente dichiarato, dando la responsabilità alla carestia del paese – nel quale più di un quarto della popolazione sta morendo di fame – esattamente al blocco e ai suoi sostenitori. Jami McGoldrick, il coordinatore umanitario delle Nazioni Unite per lo Yemen, ha severamente dichiarato al notiziario dell’ABC lo scorso mese: “150.000 persone moriranno prima della fine dell’anno a causa dell’impatto che ha il blocco”. Save the Children ha affermato nel marzo del 2017 che “il cibo e gli aiuti sono usati come un’arma di guerra”, e chiesto alle armate del Regno Unito di chiudere le trattative con l’Arabia Saudita, nonostante nel novembre 2017, Shane Stevenson di Oxfam ha detto: “Tutti coloro che hanno influenza sulle coalizioni saudite sono complici della sofferenza dello Yemen a meno che non si impegnino a chiedere loro di eliminare il blocco.” Paolo Cernuschi, dell’International Rescue Committee, ha aggiunto che: “Siamo andati ben oltre la necessità di far scattare l’allarme. Quello che sta accadendo adesso è una completa disgrazia.” I governi di Donald Trump e Theresa May sono stati dipinti – dalla maggior parte delle organizzazioni di beneficenza –essenzialmente come omicida di massa, complici per quanto Alex de Waal ha definito “il peggiore crimine di questa decade”. Anche il Financial Times ha scritto un titolo in cui la Gran Bretagna “rischia di essere complice nell’uso della fame come arma di guerra”. “È complice” sarebbe più giusto di “rischio di essere complice”, ma ciò nonostante: un’accusa incriminante.

Per affrontare questi problemi, è chiaramente emersa una nuova strategia. Ed è stata inaugurata da Theresa May e Boris Johnson il 29 novembre. In quella data, mentre il Primo ministro inglese incontra a Riyadh il Re Salman e il Principe della Corona Mohammed Bin Salman, il segretario estero stava avendo una riunione a Londra con i ministri esteri dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi e il sottosegretario degli Stati Uniti, i quattro rappresentanti dei poteri belligeranti nello Yemen.

La prima mossa di questa strategia è partita dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti al fine di calmare i gruppi NGO facendoli allontanare dai blocchi, come se in qualche modo fossero estranei alla guerra nella quale invece erano profondamente coinvolti. Questo in realtà è accaduto nei giorni precedenti a queste riunioni, quando Theresa May ha dichiarato alla stampa che avrebbe “richiesto l’immediata” rimozione del blocco durante l’imminente visita al re. Non è stato veritiero; dopo tutto, non avrebbe realmente voluto che il blocco fosse rimosso, perché in tal caso avrebbe potuto farlo immediatamente semplicemente minacciando di tagliare il supporto militare per i sauditi fino a che non fosse rimosso. Stando al War Child UK, le armi vendute all’Arabia Saudita hanno raggiunto i 6 bilioni di sterline, e la Gran Bretagna ha il maggiore programma di allenamento per i militari sauditi, con 166 persone impiegate nelle strutture militari saudite. Il precedente consigliere presidenziale americano, Bruce Riedel aveva ragione quando ha dichiarato che “La Royal Saudi Air Force non può operare senza il supporto britannico e americano. Se gli Stati Uniti e il Regno Unito, stanotte, dicessero al Re Salman [dell’Arabia Saudita] ‘questa guerra deve finire’, finirebbe domani.”

In effetti, l’obiettivo dell’incontro sembra essere stato più quello di rassicurare i sauditi e che le sue parole fossero più retorica per uso domestico, e non destinate ad essere prese sul serio. In quel caso, lontano da una fine “immediata”, il sito web del governo inglese ha riportato che May e Salman semplicemente “hanno stabilito che c’è bisogno di fare qualche passo” e che “avrebbero successivamente ripreso la discussione in maniera più dettagliata su come proseguire”. Solo per rendere assolutamente chiaro che il supporto del Regno Unito nella guerra non era in nessun modo in dubbio, la frase successiva del comunicato era “Hanno concordato sul fatto che la relazione tra Regno Unito e Arabia Saudita era forte e che sarebbe durata”. Una testata giornalistica complice ha garantito che in realtà gli argomenti della riunione erano stati riportati a malapena; l’ultima parola sulla questione, per quanto gli riguarda, era la promessa della May a “richiedere” la fine del blocco. Donald Trump ha seguito la vicenda la scorsa settimana, chiedendo anche i sauditi a dare cibo, carburante, acqua e medicine per il popolo dello Yemen” sebbene non abbia fatto nulla per realizzarlo. Perciò i governi del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno cercato di manipolare i fatti mediaticamente così che il blocco che stanno continuando a agevolare non rifletta in maniera negativa su di loro.

Il seguente aspetto della strategia è diventato ovvio prima che gli incontri di Johnson e May fossero finiti, dato che lo stesso giorno scoppiò la battaglia tra gli Huthi e le forze fedeli al precedente presidente Ali Abdullah Saleh. Saleh fece un’alleanza con i precedenti nemici degli Huthi nel 2015 in un presunto tentativo di riprendersi il potere dal precedente vice Abdrabbuh Mansur Hadi, dato che fu obbligato a abdicare nel 2012. Ma gli Huthi non hanno mai avuto piena fiducia in lui, e i loro sospetti sono stati pienamente confermati quando sabato 2 dicembre lui si è ufficialmente rivoltato contro e si è offerto ai sauditi. Saleh è sempre stato vicino ai sauditi nonostante il potere, diventando un cardine per la loro influenza; adesso sta tornando al suo ruolo tradizionale. La rapidità e l’intensità degli attacchi aerei sauditi a supporto delle proprie forze armate contro gli Huthi suggerisce in seguito all’annuncio premonizioni e collaborazioni già avvenute, dato che i sauditi avevano affermato che il loro precrdente favorito Hasi aveva avuto gli arresti domiciliari il mese prima. Questo ripristino dell’alleanza Saleh-saudita rappresenta una vittoria per gli Emirati, che stavano spingendo i sauditi a ricostruire i rapporti tra di loro da ormai un po’ di tempo. L’analista Neil Patrick, per esempio, aveva scritto qualche settimana prima di della mossa che “Gli Emirati stavano avvertendo i sauditi di tornare dal precedente presidente dello Yemen, Ali Abdullah Saleh, credendo che le crescenti dispute con gli Huthi, suoi alleati tattici, potevano incoraggiare a rompere definitivamente.” Quindi il problema era dello stallo militare che si supponeva doveva essere risolto dividendo l’alleanza degli Huthi con Saleh, facendo strada per un drammatico riadattamento delle forze a favore di quelle belligeranti. L’esecuzione di Saleh due giorni dopo ha solo parzialmente fatto naufragare questo piano, con molte delle sue forze aperte sia contro gli invasori, sia non facendogli resistenza.

Nel frattempo siccome i sauditi avevano finalmente persuaso gli emirati a preferire una riconciliazione con le forze di Saleh, gli Emirati Arabi Uniti sembra che abbiano adesso accetto un’alleanza con i sostenitori sauditi, il partito Islah. Nonostante i sauditi abbiano la solita antipatia nei confronti della confraternita musulmana, hanno supportato i loro ramo yemenita in questa guerra, una mossa finora fermamente in opposizione al pensiero degli Emirati. Tuttavia, seguendo riunioni antecedenti tra il principe Mohammed bin Salman – della corona saudita – e il leader Islah Abdullah al-Yidoumi, i due si sono incontrati lo scorso 13 dicembre con il principe degli Emirati, Mohammed bin Zayed. Maged Al Da’arri, editor del giornale Yemen’s Hadramout, ha spiegato al The National che “i leaders del Golfo stanno cercando di mettere insieme le diverse parti dello Yemen lavorando in maniera collaborativa al fine di avere la possibilità di liberare le province che sono ancora degli Huthi.”

Sembra come se il supporto emirato per l’Islah sia stato un quid-pro-quo per il supporto saudita per Saleh, entrambe le mosse suggerite forse dal fatto che entrambe le divisioni del potere stavano in qualche modo per essere sopraffatte. Questo riavvicinamento è stato formalizzato con l’annuncio ufficiale di una nuova alleanza militare tra loro il 5 dicembre, il giorno dopo la morte di Saleh.

Quindi, a una settimana dagli incontri di Londra e di Riyadh, gli apparenti problemi delle tre coalizioni – la paralizzante divisione tra Emirati e Arabia Sauditi, lo stallo militare, e la crisi della legittimità dell’ovest sul blocco – sono state apparentemente messe da parte. Questa riconciliazione è stata ed è intesa per spianare la strada per una nuova e decisiva pagina nella guerra: un attacco totale su Hodeidah, come preludio della cattura di Sanaa.

Questa nuova strategia è in corso. Il 6 dicembre – quattro giorni dopo che Saleh aveva cambiato sponda, e il giorno dopo l’annuncio dell’alleanza Emirato-saudita – gli invasori dello Yemen hanno organizzato “un’importante iniziativa… per liberare Al Houthis da accampamenti costieri sul Mar Rosso includendo la città strategica di Hodeida.” Gli Emirati stanno favoreggiando un attacco su Hodeidah da almeno un anno, ma, secondo il giornale emirato The National, il presidente Obama ha vietato nel 2016, sebbene a marzo 2017 i sauditi fecero un passo indietro per paura che il piano era “un’indicazione di un tentativo (da parte degli emirati) per realizzare un punto di appoggio nello Yemen”. Ora, sembra, alla fine che sia in corso.

Il giorno seguente Khokha, città del mar rosso della provincia di Hodeidah, è stata presa d’assalto dalle truppe emirate e le loro risorse yemenite, appoggiati dagli attacchi aerei sauditi. Gulf News ha riportato che “Il colonello Abdu Basit Al Baher, il portavoce del deputy del Concilio Militare di Taiz, ha affermato al Gulf News che la liberazione di Khokha permetterebbe alle forze del governo e alle coalizioni saudite di accerchiare Hodeida da mare e terra.” Il giorno dopo, le posizioni degli Houthi a Al Boqaa, tra Khokha e Hodeidah, erano stare prese dalle forze emirate.

La domenica successiva, il 10 dicembre, Borish Johnson ha incontrato il principe emirato nonché sovrano in carica Mohammed bin Zayed a Abu Dhabi, dove “ha sottolineato lo spessore delle relazioni strategiche tra i due paesi e la voglia del suo paese di aumentare la cooperazione bilaterale”, prima di partecipare a un’altra riunione di “Commissione a quattro” tra i suoi Emirati e le controparti saudite e il segretario di stato americano per gli affari del vicino oriente. I quattro “hanno concordato di fare incontri periodicamente, e il prossimo è organizzato per la prima parte del 2018”.

Questa attività intensa è stata concentrata nel giro di sole due settimane, i cui protagonisti sono stati per l’appunto questi incontri di alto livello del ‘quartetto’. Ma ciò che è stato annunciato è veramente terrificante. Presentandosi come scioccati spettatori della crescente carestia dello Yemen, gli Stati Uniti e il Regno Unito sono invece il motore primario di una nuova strategia che la intensificherà.

Quando è stato rivendicato l’attacco a Hodeidah a marzo del 2017, le organizzazioni di aiuti umanitari e gli analisti della sicurezza sono stati chiari allo stesso modo sugli impatti. Un comunicato stampa di Oxfam recitava: “Reagendo alla questione che il porto di Hodeidah nello Yemen sta per essere attaccato dalla coalizione saudita, l’organizzazione internazionale degli aiuti umanitari Oxfam avverte che questa potrebbe essere la goccia che fa trabocare il vaso e spingere il paese nella miseria assoluta…Mark Goldring, Presidente della Oxfam ha detto: “Se questo attacco prosegue, un paese che è già sull’orlo della carestia morirà ancor più di fame dato che un’altra strada di collegamento sarà distrutta… Una stima del 70% del cibo dello Yemen arriva dal porto di Hodeidah. Se venisse attaccato, ci sarà un deliberato atto di distruzione di forniture vitali – la coalizione saudita non solo infrangerà la legge umanitaria internazionale, ma sarà complice della fame.” Il punto è stato ripetuto dal World Food Programme, anche se l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha avvisato che 400.000 persone saranno dislocate se Hodeidah dovesse subire un attacco.

“Il potenziale impatto umanitario della battaglia Hodeidah sembra impensabile”. Suze Vanmeegen, difesa e consigliere della difesa del Norwegian Refugee Council, ha detto a IRIN recentemente. “Stiamo già utilizzando parole come ‘catastrofico’ e ‘orrendo’ per descrivere la crisi nello Yemen, ma qualsiasi attacco su Hodeidah potrebbe far esplodere una già allarmante crisi per andare a completare questo film dell’orrore – e non sto usando iperboli.”

All’Indipendent, Peter Salisbury ha argomentato “prendersi Hodeidah è facile senza alcun dubbio” così come “l’alleanza Houthi-Saleh è ben a conoscenza del piano ”e si sta preparando di conseguenza. Ha aggiunto che “Mentre la coalizione saudita afferma che prendendosi il porto aiuterebbe la crisi umanitaria, le organizzazioni si agitano poiché gli effetti a breve termine di chiudere gli accessi al porto principale potrebbe essere un omicidio per i milioni di yemeniti che già stanno patendo la fame.” La fondazione Jamestown è stata ancora più diffidente, scrivendo che la conquista della città sarebbe impossibile senza un coinvolgimento degli Stati Uniti e che “Anche con il supporto degli Stati Uniti, l’invasione sarebbe costosa e inefficiente. Il terreno a est di Hodeidah è composto da alcuni dei più temibili terreni montuosi al mondo. Le montagne, cave, e gole profonde sono l’ideale per guerre che farebbero cadere anche i militari più preparati.” Tuttavia, gli sforzi attuali degli Stati Uniti di discutere che agli Huthi sono stati dati missili iraniani tramite Hodeidah potrrebbe essere finalizzato giustificando un così diretto coinvolgimento degli Sati Uniti nell’attacco al porto. Dopo tutto, continua Jamestown “lo sforzo saudita dipende dall’invasione di Hoeidah. Il ragionamento dietro l’invasione sta nel fatto che senza Hodeidah e il suo porto – dove passano i rifornimenti – gli Huthi e i loro alleati, al fianco di milioni di civili, possono morire di fame sottomettendosi.”

Questo, poi – l’intensificazione del “armi della fame” – è la fine ultima di questa nuova fase nella guerra. L’umanità richiede opporsi con vigore.

 

Dan Glazerbrook

Fonte: www.counterpunch.org

Link: https://www.counterpunch.org/2017/12/22/a-total-horror-show-the-new-plan-for-yemen/

22.12.2017

Traduzione per www,comeonchisciotte.org a cira di MARIARITA MORI

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