L’analisi di un think tank di West Point sull’evoluzione militare della Russia

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Simplicius the thinker
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Il Modern War Institute di West Point – una sorta di think tank presieduto da Mark Esper e che fa parte del Department of Military Instruction – ha pubblicato un’interessante e approfondita analisi delle innovazioni russe sul campo di battaglia dell’Operazione Militare Speciale (OMS), intitolata:

IL MODO RUSSO DI FARE LA GUERRA IN UCRAINA: UN APPROCCIO MILITARE CHE VIENE APPLICATO DA QUASI NOVANT’ANNI.

È abbastanza affascinante e merita un’analisi completa, perché gran parte dell’articolo conferma non solo molte cose di cui abbiamo discusso qui per mesi, ma anche il fatto che la Russia sta adattando, evolvendo e probabilmente rivoluzionando la guerra moderna. E, soprattutto, convalida le affermazioni da tempo sostenute dagli addetti ai lavori, secondo cui le attuali tattiche russe di prima linea, a volte mistificatorie, sono scelte intenzionali, piuttosto che il frutto di un comando disordinato o senza direzione.

L’articolo inizia con una nota cautelativa su come le carenze o gli “errori” attribuiti alla Russia – come la ritirata di Kharkov, eccetera – siano stati eccessivamente semplificati dalla falsa credenza che le forze armate russe fossero deboli o in crisi. L’autore per prima cosa ribadisce che la Russia è, in realtà, “in anticipo sui tempi” in termini di avanzamento strategico militare concettuale. Prosegue sviluppando la tesi che il campo di battaglia moderno è caratterizzato da unità disperse e frammentate, dove le dense concentrazioni di truppe sono estremamente vulnerabili agli attacchi di precisione:

La capacità di individuare e colpire obiettivi a distanze sempre più grandi e con una precisione sempre maggiore aumenta la vulnerabilità delle dense concentrazioni di truppe e limita quindi la capacità di condurre operazioni sequenziali e concentrate su larga scala. Per questo motivo, al fine di migliorare la sopravvivenza, le attuali condizioni del campo di battaglia costringono le unità militari a disperdersi in formazioni più piccole, a trincerarsi o a entrambe le cose, a meno che queste condizioni non vengano contrastate efficacemente. Di conseguenza, il campo di battaglia tende a diventare sempre più frammentato, dando la possibilità di un’azione più indipendente alle formazioni tattiche minori, poiché la profondità del fronte si sta espandendo in misura considerevole.

Ma vediamo di analizzare punto per punto le affermazioni che sottolineano la tesi di cui sopra.

 

La prima considerazione dell’autore è che gli strateghi militari russi avevano, in effetti, previsto correttamente i progressi odierni sul campo di battaglia:

Come illustra un’analisi di decenni di storia, negli ultimi anni la strategia militare russa aveva correttamente previsto le implicazioni dei progressi nelle armi e nelle tecnologie dei sensori che attualmente determinano le caratteristiche della guerra in Ucraina.

L’articolo cita ripetutamente il famoso concetto russo di “arte operativa“, in gran parte sviluppato dalle teorie del comandante e teorico militare russo Georgy Isserson. In breve, l’arte operativa è semplicemente una dottrina che cerca di fondere o di collegare gli sviluppi tattici locali agli obiettivi operativi più ampi della “strategia”. È una sorta di riorganizzazione mentale della battaglia in un quadro simile a quello degli scacchi, in cui i movimenti di ogni pedone rappresentano obiettivi generali più ampi piuttosto che semplici posizionamenti reattivi a livello tattico.

Una delle ragioni di questo tipo di struttura è che, classicamente, la strategia e la tattica sono sempre state trattate come discipline separate e a compartimenti stagni. I generali concentrano tutto il loro addestramento sullo sviluppo di ampi obiettivi strategici, sul movimento di grandi eserciti contro le forze di altri eserciti altrettanto grandi e sulle teorie relative al modo in cui queste si influenzano a vicenda. E i comandanti di unità si concentrano solo sulle tattiche locali, su come portare il plotone o la compagnia ad un determinato obiettivo o su come circondare un’unità nemica, ignorando completamente gli aspetti strategici o operativi perché non sono di competenza del comandante. Questo crea una sorta di forze armate disgiunte e compartimentate, mai del tutto “collegate” e in cui ogni forma di ragionamento è delegata al diretto responsabile.

L’arte operativa cerca di colmare questo divario, insegnando un metodo di pensiero strategico che impiega simultaneamente i “fini e i mezzi”.

Il livello operativo bellico si colloca tra la tattica, che consiste nell’organizzazione e nell’impiego delle forze combattenti sul campo di battaglia o in prossimità di esso, e la strategia, che coinvolge gli aspetti delle operazioni di teatro a lungo termine e ad alto livello, compresa la leadership di governo. L’Unione Sovietica era stato il primo Paese a distinguere ufficialmente questo terzo livello di pensiero militare, quando era stato introdotto come parte della teoria militare delle operazioni profonde, sviluppata sue forze armate negli anni ’20 e ’30 e utilizzata durante la Seconda Guerra Mondiale.

Alla luce di quanto detto, un altro buon modo di intenderla è racchiuso in questa citazione:

L’arte operativa comprende quattro elementi essenziali: tempo, spazio, mezzi e scopo. Ogni elemento ha una maggiore complessità a livello operativo che a livello tattico o strategico.

L’autore continua la sua prefazione con gli esempi di “battaglia in profondità” e delle “operazioni in profondità” sovietiche della Seconda Guerra Mondiale. In sintesi, queste operazioni utilizzavano una linea del fronte pesantemente stratificata, in cui le forze sovietiche attaccavano attraverso l’intera profondità operativa al fine di facilitare gli sfondamenti che i secondi livelli potevano poi sfruttare. Come afferma l’autore, “questo richiedeva un’enorme densità di truppe lungo una linea del fronte ininterrotta, a più livelli di profondità, e la struttura delle forze dell’Armata Rossa era organizzata di conseguenza”.

Tuttavia, il primo cambiamento era avvenuto con l’avvento delle armi nucleari:

Ciononostante, nel corso del tempo erano stati apportati degli adattamenti a questa strategia. Il primo grande cambiamento era avvenuto negli anni Cinquanta, in seguito alla consapevolezza che qualsiasi guerra convenzionale su larga scala avrebbe comportato l’impiego di armi nucleari. Questo aveva avuto un impatto significativo sulla strategia militare sovietica e sulla successiva strutturazione delle forze militari, poiché [l’arma nucleare] aumentava la vulnerabilità della tradizionale concentrazione di forze necessaria per condurre operazioni in profondità. Le unità avrebbero avuto bisogno di una maggiore mobilità per aumentare la loro sopravvivenza. Le successive riforme di Zhukov miravano quindi a trasformare le più grandi e ingombranti divisioni meccanizzate e di fanteria della Seconda Guerra Mondiale in divisioni meccanizzate e di fanteria motorizzata più piccole e più mobili.

Per il timore che massicce concentrazioni di truppe sul campo di battaglia potessero essere spazzate via da bombe atomiche tattiche, l’Armata Rossa aveva cercato di frammentare la sua struttura militare in organizzazioni più sciolte e mobili.

L’autore continua notando che, negli anni ’70, questa minaccia persistente aveva costretto i Sovietici ad “abbandonare gradualmente le forze profondamente inquadrate e densamente ammassate”, “optando invece per distaccamenti tattici più dispiegati in avanti e per gruppi di manovra a livello operativo”.

Uno dei cambiamenti chiave creati da questa nuova dottrina era stato quello di cambiare la velocità di avanzamento percepita. Si era capito che il precedente metodo di avanzata avrebbe lasciato le forze vulnerabili al fuoco su larga scala, come le già citate bombe atomiche, quindi la nuova struttura organizzativa “più sciolta e mobile” era volta a raggiungere un tasso di avanzamento più veloce, in modo da mantenere le forze vulnerabili ammassate per un periodo di tempo più breve:

La necessaria concentrazione di forze per le operazioni offensive non doveva più essere raggiunta tramite formazioni ammassate, ma piuttosto attraverso un rapido movimento da posizioni disperse, aumentando l’importanza delle formazioni che operano in modo indipendente. Di conseguenza, secondo la visione sovietica, il campo di battaglia sarebbe diventato sempre più frammentato, offrendo una maggiore indipendenza d’azione ai comandanti delle formazioni di armi combinate.

Rileggete la parte evidenziata, perché non solo ha un ruolo centrale nel tema degli sviluppi della Russia, ma dovrebbe anche ricordarvi l’attuale filosofia operativa della Russia nell’OMS.

Ma ancora più importante è notare la singolare ammissione contenuta nella frase finale. Questo nuovo cambiamento dottrinale dà maggiore indipendenza d’azione ai comandanti russi delle formazioni di armi combinate. Questa è una notizia bomba che vanifica immediatamente tutte le attuali idee della propaganda occidentale sul carattere delle forze armate russe. Fin dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale ci è stato detto quotidianamente che la Russia opera con un “comando verticista, centralizzato in stile sovietico”, con una struttura di comando rigida e inflessibile e un corpo di sottufficiali che o non esiste affatto o è incapace di operare in modo indipendente.

Personalmente sono stato una delle poche voci che si sono opposte con veemenza a questa caratterizzazione del tutto pretestuosa. Ho ripetuto più volte che tutto nell’OMS, per chiunque la osservi da vicino e non si limiti a prendere le notizie dai titoli della CNN, fa capire che sono le unità russe, in realtà, ad avere una maggiore indipendenza operativa, flessibilità e iniziativa autonoma rispetto alle loro controparti occidentali e questo articolo di un think tank di West Point non fa altro che sottolineare questo fatto, illustrando come l’iniziativa delle piccole unità sia radicata nelle prerogative dottrinali della Russia.

Successivamente, l’autore ribadisce i concetti russi di guerra non lineare e di guerra senza contatto, ricordandoci prima la storia dello sviluppo da parte della NATO della dottrina Air-Land Battle, creata negli anni ’80 per rompere lo “stallo” percepitocon le forze sovietiche in un ipotetico scontro europeo. Per contrastarla, l’URSS aveva di conseguenza sviluppato il famoso Complesso Ricognizione-Assalto e il Complesso Ricognizione-Fuoco (la sua controparte a livello tattico), di cui ho scritto qui.

Per riassumere il tutto molto brevemente – e in modo eccessivamente semplificato – la dottrina della battaglia aereo-terrestre privilegiava fortemente le forze aeree della NATO e le sue capacità di attacco in profondità volte ad eliminare le seconde linee e le “retrovie” del Patto di Varsavia. Si trattava della prima dottrina che ruotava intorno ad attacchi di precisione in profondità nelle retrovie, contribuendo così a cementare un nuovo paradigma di guerra.

L’autore prosegue affermando che i Sovietici “avevano cercato di mitigare la distruttività di queste nuove capacità occidentali (gli attacchi in profondità della battaglia aereo-terrestre) disperdendo ulteriormente le loro forze sul campo di battaglia, compresi gli elementi di supporto logistico, per renderle meno vulnerabili”.

In particolare, l’autore afferma una cosa sa di presagio per il conflitto odierno:

In questo modo, avevano riconosciuto che mantenere lo slancio e raggiungere la concentrazione necessaria prima della battaglia sarebbe diventato più difficile.

Tutto ciò era culminato nel concetto sovietico di “battaglia non lineare”, di cui l’autore scrive:

“Nel 1990, il tenente colonnello Lester Grau, dell’Ufficio Studi sull’Esercito Sovietico presso il Centro Armi Combinate dell’Esercito degli Stati Uniti, aveva redatto un rapporto sulle previsioni sovietiche riguardo ad una guerra futura, affermando:”

I Sovietici considerano la battaglia non lineare come una battaglia in cui battaglioni e reggimenti/brigate separati e “tatticamente indipendenti” combattono battaglie frontali e assicurano i loro fianchi per mezzo di ostacoli, fuoco a lungo raggio e coordinazione . . . Le grandi unità, come le divisioni e gli eserciti, possono influenzare la battaglia attraverso l’impiego delle loro riserve e dei sistemi di attacco a lungo raggio, ma l’esito sarà deciso dalle azioni dei battaglioni e dei reggimenti/brigate di armi combinate che combattono separatamente su più assi a sostegno di un piano e di un obiettivo comuni. . . . Il combattimento tattico sarà ancora più distruttivo che in passato e sarà caratterizzato da combattimenti focalizzati [ochagovyy] o non lineari. La linea del fronte scomparirà e termini come “zone di combattimento” sostituiranno i concetti obsoleti di FEBA [forward edge of the battle area], FLOT [forward line of own troops] e FLET [forward line of enemy troops]. Non esisteranno rifugi sicuri o “retrovie in profondità”.

Questa dottrina prevedeva quindi che battaglioni e reggimenti “tatticamente indipendenti”, essendo influenzati dalle formazioni classiche, avrebbero combattuto solo in modo ausiliario, e l’esito sarebbe stato deciso da queste piccole unità e dalle loro operazioni indipendenti.

L’altra importante rivelazione è che la classica linea del fronte cesserà letteralmente di esistere e sarà invece sostituita da “zone di combattimento”. Comincia a sembrarvi familiare? Dovrebbe, perché assomiglia sempre di più all’attuale OMS, dove piccole unità disparate combattono per il controllo di “zone di combattimento” apparentemente scollegate, come il corridoio Kupyansk-Svatovo o le aree nel sud di Donetsk o Zaporozhye, ecc. O anche lungo fronti adiacenti, come le zone occidentali e orientali di Zaporozhye.

In seguito, l’autore introduce il concetto di “guerra senza contatto”, premettendo che gli strateghi russi erano stati fortemente influenzati dalla distruzione dell’Iraq e della Jugoslavia da parte della NATO con intense campagne aeree e si erano quindi resi conto della minaccia rappresentata da un “attacco aerospaziale massiccio”.

Secondo il defunto Maggiore Generale Vladimir Slipchenko, probabilmente uno dei più influenti teorici militari russi degli ultimi decenni, l’Operazione Desert Storm era stata la prima manifestazione di quella che Ogarkov aveva definito una “rivoluzione negli affari militari” – un riferimento al crescente uso dei sistemi di attacco di precisione a lungo raggio nelle guerre future. Il concetto di guerra di sesta generazione, elaborato dallo stesso Slipchenko, indicava la computerizzazione della guerra e l’aumento dell’uso delle armi a distanza. Il suo elemento più importante era stato quindi chiamato guerra senza contatto, in contrapposizione alla tradizionale guerra di contatto di quarta generazione.

Il punto chiave di questi sviluppi è la frase seguente:

“Aveva sottolineato che l’accresciuta capacità di trovare e colpire bersagli sia a maggiore velocità che a maggiore distanza, che negli eserciti occidentali odierni viene definita la catena della morte, avrebbe reso le tradizionali concentrazioni di massa di truppe un’impresa pericolosa”.

In più, il teorico militare russo Slipchenko aveva sottolineato l’idea precedente, secondo cui tutti i concetti classici riguardanti il campo di battaglia sarebbero stati gradualmente cancellati a causa della natura imprevedibile e onnicomprensiva dei moderni sistemi di attacco:

Concetti fondamentali come “fronte”, “retro” e “linea avanzata” stanno cambiando. . . . . Sono ormai passati di moda e sono stati sostituiti da due sole frasi: “bersaglio” e “non bersaglio” per un attacco a distanza di alta precisione.

L’autore continua facendo notare che il concetto di “battaglia in profondità” è stato sostituito da quello di “attacco in profondità” e che, invece di schierare sul campo di battaglia formazioni enormi e stratificate per sfondare e distruggere le aree C2 [comando e controllo] nelle retrovie, come i quartieri generali delle brigate ecc., sarebbero stati utilizzati gli attacchi in profondità. L’importante deduzione è che questo cambiamento non è dovuto semplicemente alla “convenienza” dei moderni sistemi di attacco in profondità, ma piuttosto al fatto che anche le concentrazioni locali di truppe sufficientemente grandi per ottenere i classici sfondamenti da “battaglia in profondità” non sono più fattibili a causa delle capacità dei moderni sistemi ISR [Intelligence, Surveillance and Reconnaissance] (e delle relative dottrine “recon-fire-complex” presenti in entrambi gli schieramenti) di spazzare via in modo catastrofico i concentramenti di truppe.

L’autore continua sottolineando che alcuni moderni teorici militari russi come S.S. Bogdanov, il colonnello S.G. Chekinov, il colonnello generale Kartapolov e il generale Gerasimov avevano successivamente sottolineato e sviluppato queste teorie in concetti come “guerra di nuova generazione”. È interessante notare che di due dei teorici citati, Chekinov e Bogdanov, esiste un documento collegato intitolato The Nature and Content of a New-Generation War.

Nel documento scrivono:

Nella Guerra del Golfo, scoppiata all’inizio degli anni ’90, l’esercito iracheno aveva impiegato la sua obsoleta e inflessibile strategia di stallo posizionale, che non era all’altezza delle nuove forme e dei nuovi metodi di guerra utilizzati dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Questa strategia aveva contribuito alla disastrosa sconfitta degli iracheni.

La Guerra del Golfo era stata una dimostrazione pratica del fatto che la superiorità tecnologica negli armamenti può annullare il vantaggio numerico di un nemico dotato di armi ormai obsolete. Era stata la prima volta nella storia della guerra che formidabili forze di terra, forti di mezzo milione di uomini, non avevano combattuto nel tentativo di vincere. Erano state dispiegate completamente solo negli ultimi giorni del conflitto, quando l’esercito iracheno era ormai stato distrutto con attacchi aerei e missilistici che si erano protratti per settimane.

Per molti aspetti critici, la prima guerra della nuova era high-tech era stata diversa da tutte quelle che l’avevano preceduta: non c’erano chiare linee di demarcazione tra le forze avversarie; i fianchi dei belligeranti erano esposti; i loro ordini di battaglia operativi presentavano ampi spazi non difesi, le loro forze di combattimento erano separate da una distanza considerevole; l’attaccante aveva una superiorità schiacciante ottenuta con armi ad alta tecnologia; le armi a lungo raggio e ad alta precisione erano state utilizzate su scala massiccia, in particolare in un momento in cui le forze della Coalizione stavano prendendo l’iniziativa strategica e conquistando l’assoluta superiorità aerea; le forze della Coalizione colpivano regolarmente e selettivamente gli obiettivi chiave delle forze nemiche, le principali strutture economiche di importanza militare e i centri di controllo civili e militari, distruggendo i sistemi di supporto vitale in qualsiasi punto del territorio nemico per costringere il difensore a deporre le armi.

Un’altra peculiarità della campagna contro l’Iraq era stata l’integrazione, per la prima volta in assoluto, di forze di ricognizione, fuoco,  guerra elettronica e informazione di diverse branche e armi del servizio in un sistema condiviso di ricognizione e attacco spazialmente distribuito, che aveva fatto ampio uso di moderne tecnologie informatiche e di sistemi automatizzati di controllo delle truppe e delle armi”.

Prestate attenzione in particolare alla parte evidenziata sopra. Ciò che i teorici stanno dicendo è che la guerra del Golfo, ai loro occhi, non aveva impiegato alcuna “formazione classica” nel modo in cui immaginiamo dovrebbero essere tipicamente combattute le guerre. Per usare un esempio forse un po’ esagerato, non si era trattato di una guerra dell’era napoleonica, in cui c’erano linee chiaramente definite tra gli eserciti, differenziazioni precise tra unità destinate a difendere i fianchi e unità d’avanguardia e d’assalto che si scontravano su una linea di contatto ben precisa. Invece, grazie all’avvento delle moderne integrazioni e dei sistemi di controllo network-centrici, le forze nemiche erano state distrutte con modalità che non richiedevano affatto il dispiegamento di tali formazioni classiche.

Si potrebbe pensare che la Russia avesse fatto la stessa cosa in Afghanistan, per esempio, ma lì si trattava di combattere contro formazioni di guerriglieri, non contro un Paese con un vero e proprio “esercito permanente”. Dopo tutto, la guerra in Afghanistan non era stata combattuta contro l’Afghanistan inteso come nazione, la Russia era al fianco del governo afghano e si trovava lì su sua richiesta. Stava combattendo i Mujaheddin. Nella Guerra del Golfo, invece, la coalizione si era scontrata con le forze armate classiche di una potenza statale legittima.

Il documento militare russo contiene altri interessanti spunti, come il seguente:

Una guerra di nuova generazione sarà dominata dall’informazione e dalla guerra psicologica, che cercherà di ottenere la superiorità nel controllo delle truppe e delle armi e di deprimere moralmente e psicologicamente il personale delle forze armate e la popolazione dell’avversario. Nella rivoluzione in corso nelle tecnologie dell’informazione, la guerra di informazione e psicologica getterà in gran parte le basi per la vittoria.

Così come:

Si prevede anche che forme non tradizionali di lotta armata saranno utilizzate per provocare terremoti, tifoni e forti piogge di durata sufficiente a danneggiare l’economia e ad aggravare il clima socio-psicologico dei Paesi in guerra.

Torniamo al rapporto di West Point.

L’autore osserva quanto segue:

Invece di combattere lungo le migliaia di chilometri di una linea del fronte ininterrotta, i pensatori militari russi immaginavano una guerra futura in cui il contatto lineare si sarebbe verificato solo in luoghi specifici e il combattimento non lineare lungo la maggior parte del fronte, con effetti equivalenti alle [enormi] concentrazioni di truppe che sarebbero state necessarie a mettere in pratica il tentativo principale [di sfondamento].

Insieme alla prospettiva di guerricciole lungo tutta la periferia della Russia, questi punti di vista hanno fortemente influenzato gli sforzi di riorganizzazione e modernizzazione dell’esercito russo, intrapresi sulla base della crescente necessità di formazioni tattiche più piccole, ad alta prontezza, capaci di azioni indipendenti e di una condotta bellica priva di contatto.

La parola chiave qui è l’uso dell’oscuro termine “effetti” per indicare qualsiasi tipo di “attacco” cinetico, elettronico o addirittura non letale. Il punto è che su un’ampia linea del fronte la nuova dottrina russa elimina lo stile lineare di combattimento continuo tipico della fanteria e lo sostituisce con forze di manovra più piccole che operano in luoghi chiave specificamente isolati, mentre il “combattimento” lungo il resto della linea del fronte è portato avanti con vari tipi di “combattimento senza contatto”, come l’artiglieria, la guerra elettronica, gli effetti psicologici, ecc. In breve, ciò significa che la linea del fronte può essere ampia in senso definitorio, ma solo sui settori chiave si concentrerebbe l’attenzione operativa di gruppi manovrabili in grado di ottenere successi.

L’autore osserva inoltre che il conflitto ucraino è, in realtà, un “conflitto tra pari”, in quanto l’Occidente mette a disposizione dell’Ucraina in tempo reale tutti i suoi sistemi più avanzati di C4ISR/ISTAR [Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance/Intelligence, Surveillance, Target Acquisition, and Reconnaissance]. Questo porta l’autore al nocciolo dell’intero articolo, che io stesso avevo già evidenziato più volte:

Di conseguenza, questa è la prima guerra della storia in cui entrambe le parti sono in grado di colpire l’intera profondità tattica e operativa dell’avversario con un alto livello di precisione.

Rileggete le ultime righe e cercate di comprenderne il significato. L’ovvia implicazione è che gli Stati Uniti non hanno mai combattuto una guerra del genere, neppure la NATO. Ricordiamo che a dirlo è il prestigioso istituto di West Point, non un “troll del Cremlino”.

Questo significa che la Russia sta combattendo la guerra più complessa e difficile dell’era moderna. In effetti, questo conflitto è il culmine e la collisione di due dottrine a lungo contrapposte, la battaglia aereo-terrestre della NATO e il complesso ricognizione-attacco della Russia. Sono stati spesi decenni a teorizzare quale di questi sistemi contrapposti avrebbe vinto in un potenziale scontro tra giganti, e lo stiamo vedendo proprio qui e adesso. L’unica differenza, ovviamente, è che la NATO non è (ancora) in grado di utilizzare i suoi strumenti più importanti, come l’intera flotta di caccia stealth, le armi stand-off e così via, ma ci sta lentamente arrivando con l’inclusione di elementi come gli Storm Shadows, gli HIMAR e, probabilmente, con gli ATACM, gli GLSDB, gli F-16 e così via.

L’autore prosegue poi con un altro punto importante, non solo elogiando le capacità di attacco della Russia, ma delineando in modo perspicace come il conseguente cambiamento delle tattiche ucraine stia plasmando l’attuale campo di battaglia:

Dopo il fallimento dell’invasione iniziale, il periodo successivo dei combattimenti nel Donbass è stato inizialmente caratterizzato dal dominio russo nel volume di fuoco. Oltre alle munizioni di precisione, l’impiego di UAV per il rilevamento dei bersagli ha migliorato notevolmente l’efficacia dei numerosi sistemi di artiglieria russi. Le batterie di artiglieria russe dotate di UAV per il rilevamento dei bersagli si sono dimostrate generalmente in grado di impegnare le posizioni ucraine entro pochi minuti dal rilevamento. Di conseguenza, le compagnie di fanteria ucraine sono state costrette a disperdersi e spesso hanno dovuto occupare linee del fronte larghe fino a tre chilometri. I battaglioni hanno quindi dovuto coprire fronti che tradizionalmente erano di competenza delle brigate. La superiorità dell’artiglieria russa e la densità dei loro sensori hanno persino impedito agli ucraini di concentrarsi in unità di dimensioni superiori alla compagnia, perché qualsiasi formazione più grande sarebbe stata subito rilevata e colpita efficacemente da lontano.

Questo è più che mai evidente in questo momento, poiché durante le recenti sortite a Zaporozhye, ad ogni ondata successiva le forze ucraine hanno attaccato in forze sempre più atomizzate. Mentre l’attacco iniziale li ha visti operare in gruppi a livello di compagnia e battaglione, con la seconda ondata hanno tentato incursioni sempre più piccole con manovre solo a livello di plotone e compagnia.

Un altro punto importante è che la sicurezza sul campo di battaglia si trova ora solo nella mobilità. Ricordiamo che questo si ricollega all’idea iniziale delle “Riforme di Zhukov”, in cui la dottrina sovietica aveva favorito organizzazioni più piccole e mobili per creare avanzate tattiche più “rapide”, in modo da limitare il tempo di esposizione su posizioni vulnerabili al fuoco  e agli attacchi operativi di profondità.

Ecco un esempio in questo video, paracadutisti russi che assaltano le posizioni dell’AFU a Kremennaya e che sfruttano la mobilità dei BTR-D per portare all’attacco in modo protetto una intera compagnia.

Ogni volta che si conduce una manovra offensiva o difensiva, la sicurezza si trova nella mobilità, con periodi di concentrazione il più possibile brevi. Ciò è stato dimostrato durante l’offensiva ucraina di Kharkiv, in cui le truppe ucraine si sono affidate alla velocità e alla sorpresa, utilizzando unità di ricognizione poco armate e in rapido movimento, mentre la densità delle truppe russe era relativamente bassa. Quando grandi formazioni rimangono statiche e concentrate diventano un facile bersaglio. Questo si era visto durante il fallito attraversamento russo del Siverskyi Donets, l’11 maggio 2022, quando elementi significativi di una brigata russa fanteria motorizzata erano stati individuati e distrutti grazie alla ricognizione aerea e all’artiglieria.

E questo è vero: abbiamo diversi dati, tra cui recenti interviste a truppe dell’AFU, che fanno capire come i Leopard fossero dei facili bersagli e, ironicamente, i soldati trovassero una maggiore sicurezza nei mezzi MRAP [Mine-Resistant Ambush Protected], in grado di trasferirli molto velocemente al successivo punto di copertura.

È ormai assodato da tempo, fin dai tempi dell’offensiva di Kharkov, che la tattica dell’Ucraina è la seguente: in un periodo di diverse settimane, o addirittura mesi, trasferisce lentamente le truppe in un’area di sosta, facendole entrare molto gradualmente, in abiti e veicoli civili, e solo con la copertura dell’oscurità. Ogni notte ci possono essere auto civili con poche decine di uomini che arrivano in posti come Mala Tokmachka. Lo stesso vale per i mezzi corazzati, che vengono distribuiti nei numerosi villaggi della regione, portati di notte e coperti da teloni, un mezzo alla volta, e tenuti fermi per un lungo periodo di tempo.

Poi, man mano che si avvicina il momento dell’offensiva, le truppe ricevono gli ordini di battaglia mentre vivono e operano ancora come “civili” in quest’area nelle retrovie, protetti da una prima linea di altre forze a 20-40 km di distanza. Quando mancano pochi giorni o una settimana all’offensiva, le truppe cominciano a ricevere le uniformi e i blindati si concentrano. Lo sappiamo dalle fughe di notizie e dalle comunicazioni intercettate, per esempio durante la recente offensiva di Zaporozhye, dove le intercettazioni hanno mostrato che le principali brigate d’avanguardia, come la 47ª, la 33ª, ecc. erano state dotate di uniformi e documenti solo pochi giorni prima dell’assalto.

E solo al momento di entrare in azione, i comandanti di brigata danno il via libera finale al consolidamento completo in compagnie che possono muoversi al calar delle tenebre. Questo è il tipo di operazioni clandestine, distribuite e non lineari che sono diventate la caratteristica del campo di battaglia moderno. Ho già detto più volte che il dottor Philip Karber, sempre a West Point, ha riconosciuto che gli Stati Uniti si troverebbero in una posizione molto sfavorevole in un campo di battaglia di questo tipo, dato che queste tattiche di “distribuzione” e occultamento non funzionerebbero per le unità dell’esercito americano, che hanno un grado di “inquinamento elettromagnetico” di molti ordini di grandezza superiore a quello di qualsiasi altro Paese del mondo. Ciò significa che tutti i posti di comando nelle retrovie, le aree C2, ecc. si illuminerebbero come alberi di Natale sui sensori SIGINT/ELINT. I droni russi sono in grado di localizzare gli ucraini grazie ai deboli segnali delle loro schede telefoniche, immaginate il quartier generale di un battaglione statunitense con una propria rete di router wifi 5G.

Nel continuare, l’autore nota anche che l’esercito russo si è notevolmente adattato a questo campo di battaglia moderno, con le forze di artiglieria, in particolare, che sono diventate “altamente reattive… e meno vulnerabili al fuoco di controbatteria”. Fa riferimento a come anche gli attacchi HIMAR siano stati in gran parte neutralizzati dalle contromisure elettroniche russe, mentre la sua infrastruttura C2 è diventata più resistente a tali attacchi grazie ad una migliore distribuzione, sicurezza operativa, ecc.

Le forze russe, inoltre, impiegano raramente i blindati e la fanteria in assalti concentrati e nella difesa occupano posizioni disperse, mentre ricorrono sempre più spesso all’artiglieria per smussare gli attacchi ucraini.

L’autore conclude il pezzo con dicendo che l’attuale disposizione sul campo di battaglia è il culmine di decenni di sviluppi russi e della comprensione del fatto che nell’era moderna le grandi concentrazioni di truppe sono estremamente vulnerabili. Secondo lui ci sono solo due modi possibili per contrastare queste vulnerabilità e uscire dallo stallo attuale:

Il primo consiste nel migliorare l’efficacia dei propri complessi di ricognizione-fuoco e ricognizione-attacco, al fine di ridurre le capacità di attacco in profondità dell’avversario. Il secondo consiste nel disperdere le formazioni sul campo di battaglia per aumentarne la sopravvivenza.

Sia la Russia che l’Ucraina stanno facendo esattamente quanto sopra. Entrambe stanno migliorando il loro complesso ricognizione-fuoco in molti modi, nel caso dell’Ucraina si tratta della fornitura aggiuntiva di sistemi ISR occidentali, come la costellazione finlandese di satelliti SAR ICEYE, annunciata di recente e resa disponibile all’Ucraina. E, chiaramente, entrambe stanno disperdendo le loro formazioni. Anzi, per certi versi si potrebbe anche dire che l’Ucraina lo sta facendo ancora di più, o meglio, della Russia, semplicemente per necessità.

L’autore ci lascia con un ultimo punto, molto importante:

Tuttavia, le attuali condizioni del campo di battaglia aggiungono la difficoltà di raggiungere la concentrazione di forze necessaria per stabilire gli sforzi principali durante le operazioni offensive. Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che il tradizionale ammassamento fisico delle truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per i centri comando e controllo, soprattutto se contestati dalla guerra elettronica. Solo interrompendo la catena della morte dell’avversario, le formazioni più grandi possono riacquistare la capacità di concentrarsi e di impegnarsi in una guerra di manovra. Nella guerra in Ucraina, avere una maggiore efficacia nella catena della morte è diventato uno degli obiettivi principali per entrambe le parti. In questa guerra e in qualsiasi altro conflitto caratterizzato dalle stesse dinamiche, questa superiorità diventa una condizione essenziale per la vittoria.

Per i non addetti ai lavori potrebbe sembrare un’insalata di parole, ma permettetemi di scomporla perché converge in un punto conclusivo, che io stesso avevo esposto qualche tempo fa, su come sia possibile superare il temuto stallo [sul campo di battaglia] moderno.

In primo luogo, l’autore ribadisce un’ultima volta l’ovvio: raggiungere la concentrazione di forze necessaria per fare breccia è quasi impossibile, perché i grandi gruppi di unità sono troppo vulnerabili all’annientamento istantaneo da parte degli inarrestabili sistemi di precisione a lungo raggio. Proprio la settimana scorsa è circolata la voce che un comandante ceceno, che aveva tenuto un “discorso entusiasmante” ad un folto gruppo di truppe, era stato visitato dalla fata HIMAR nel giro di pochi istanti.

Il fatto è che i piccoli droni moderni sono quasi invisibili ai radar. Lo ha ammesso lo stesso Putin nei colloqui della scorsa settimana, quando gli era stato chiesto un commento sugli attacchi dei droni al Cremlino e di come poterli fermare. Aveva detto che la Russia stava prendendo provvedimenti al riguardo, ma che era un compito difficile perché i piccoli droni moderni, in particolare quelli fatti di legno e altri materiali economici/sottili, sono praticamente “trasparenti” alle onde radar. Avete mai notato che la parte anteriore del cono anteriore di un caccia è fatta di un materiale diverso dal metallo più duro del resto dell’aereo?

Infatti le onde radar semplicemente passano attraverso il cono anteriore come se non ci fosse, perché i materiali più leggeri sono piuttosto porosi alle onde radar. Il punto è che non c’è modo di aggirare il fatto che i piccoli droni vi ronzeranno e vi osserveranno in ogni momento, a prescindere da quanto sia grande la vostra “superpotenza”, e qualsiasi concentrazione di truppe che esporrete stupidamente sul campo sarà rapidamente bombardata da un nemico competente.

Ma la chiave è la frase successiva, che incollo di nuovo:

Questo riduce gli impegni su larga scala e quindi richiede una concentrazione e una sincronizzazione degli effetti, piuttosto che il tradizionale ammassamento fisico delle truppe. A sua volta, questo comporta un onere aggiuntivo per i centri comando e controllo, soprattutto se contestati dalla guerra elettronica.

Questo è il punto cruciale: per aggirare questa situazione di stallo, l’unico modo è creare un centro comando e controllo altamente efficiente, fluido e ben addestrato, in grado di coordinare con grande competenza le varie unità e i vari “effetti” (EW, fuoco, psico/ibrido, ecc.) in modo assolutamente sincronizzato, così da consentire alle unità di terra in avanzata di sfondare le linee del nemico grazie agli altri sistemi coordinati che identificano e sopprimono le strutture difensive chiave, le batterie, ecc.

In breve, è necessaria una capacità di armi combinate a spettro completo in cui l’aviazione, l’artiglieria divisionale, le truppe addette ai segnali/guida e i comandi di grado inferiore operino tutti in una sincronizzazione fluida per avanzare insieme. Se ricordate, questo è stato esattamente il punto principale su cui mi ero soffermato per spiegare perché la prima grande incursione dei Leopard/Bradley dell’AFU era fallita nei campi minati e come mai [gli ucraini] non erano stati in grado di sincronizzare tutti gli elementi necessari per sopprimere le difese russe (artiglieria, ATGM, riporti di mine, ecc.). La conseguenza era stata un’avanzata a scatti, con i convogli di corazzati dell’AFU che dovevano “fermarsi e aspettare” sul posto per lunghi periodi di tempo, mentre i loro esploratori avanzati o le squadre ISR dei droni trasmettevano lentamente le coordinate ai loro gruppi di fuoco, nel tentativo di sopprimere le difese [russe], in modo che il gruppo di corazzati potesse avanzare senza essere distrutto all’istante.

Il problema è che la Russia ha ancora problemi con questo tipo di integrazione. Può essere migliore di quella dell’Ucraina, e sta migliorando di giorno in giorno, con alcuni settori e accoppiamenti di unità/comandi di teatro che vanno meglio di altri. Ma ci sono stati casi in passato, in particolare durante l’offensiva di Kharkov dell’anno scorso, in cui c’era stata una dovizia di storie dell’orrore sulla mancanza di comunicazione/coordinamento tra i gruppi aerei russi e le forze di terra, ad esempio con i piloti dei Su-25 che cercavano disperatamente di chiamare le truppe a terra con i loro cellulari per capire chi bombardare.

Ci si potrebbe chiedere come sia possibile una cosa del genere, se l’intero scopo di questo articolo è quello di illustrare i decenni di genialità militare della Russia nel teorizzare queste stesse soluzioni. Il problema sta nel fatto che una cosa è teorizzare e una cosa completamente diversa è introdurre il concetto senza problemi nelle strutture di comando e, soprattutto, inculcarlo in ogni formazione e unità. Quindi, anche se questi sistemi sono stati sviluppati sulla carta, la loro effettiva applicazione rimane frammentaria, ma è in continuo miglioramento.

Una delle altre ragioni di questa disomogeneità ha a che fare con l’equipaggiamento tecnico stesso – o con la sua mancanza – piuttosto che con l’addestramento del personale. Uno dei limiti principali delle forze armate russe riguarda i sistemi di comunicazione. Alcuni di essi sono obsoleti e non sono all’altezza dei moderni standard di collegamento digitale. Abbiamo tutti sentito parlare del famigerato scandalo delle radio cinesi Baofeng da 20 dollari. Ma ricordate: la parola chiave è “alcuni”.

Questo causa ovvi problemi nel coordinamento di operazioni su larga scala. Ancora una volta: si tratta di una scala progressiva, non binaria. La Russia ha alcuni problemi in questa categoria, ma, da questo punto di vista, è ancora una delle forze armate più potenti al mondo. La maggior parte dei Paesi della NATO ha problemi ancora peggiori, come la storia recente di alcuni carri armati tedeschi che non riuscivano nemmeno a comunicare, con i comandanti costretti ad aprire i portelloni e a gridare indicazioni ai mezzi vicini perché le loro apparecchiature di comunicazione erano inefficienti.

È semplicemente qualcosa su cui la Russia deve ancora lavorare, come ha riconosciuto lo stesso Putin durante la recente tavola rotonda in cui ha elencato i “sistemi di comunicazione” tra i droni e le munizioni guidate tra le cose trovate “carenti” durante l’OMS.

Ma, come avevo illustrato in dettaglio in un precedente articolo sull’ISR, la Russia sta rapidamente migliorando anche in questo senso, poiché sta introducendo una grande varietà di sistemi di integrazione del campo di battaglia incentrati sulla rete, come lo Strelets-M, l‘Andromeda-D, il Planshet-M e molti altri, che danno ai comandanti la possibilità di trasmettere istantaneamente le coordinate dei bersagli nemici a qualsiasi tipo di unità presente sul campo di battaglia, che si tratti di una batteria di artiglieria o persino di un cacciabombardiere come un Su-34 dotato di un sistema corrispondente.

Questi sono esattamente i tipi di sistemi richiesti per ottenere il coordinamento necessario a superare l’impasse insito nella moderna guerra basata su intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Se tutte le unità sul campo di battaglia fossero completamente integrata tra loro, e con un solo clic si potessero evidenziare i vari obiettivi sugli schermi di ogni altra unità presente nel teatro, allora l’avanzamento e lo sfondamento sarebbero una cosa semplice. Tenete presente che anche l’Ucraina dispone di una serie di sistemi di questo tipo (di cui avevo parlato a lungo nel mio articolo sull’ISR), come GIS Art, Nettle, Delta e altri ancora. Ma il problema è che sono per lo più incentrati sull’artiglieria e non sono completamente diffusi, per non parlare del fatto che l’Ucraina non ha una vera e propria forza aerea, e questa è una componente critica riguardo a ciò di cui stiamo parlando.

In generale, l’esercito russo è ancora “disomogeneo”, ma lo sono anche tutti gli altri eserciti del mondo, la maggior parte dei quali ancor di più di quello russo. Al suo interno esistono unità specializzate e d’élite tra le più avanzate al mondo nelle loro specialità, persino di gran lunga superiori ai loro equivalenti americani (in particolare nel reparto contromisure elettroniche, per esempio, e qui anche gli Stati Uniti, in un rapporto interno di Fort Benning, avevano ammesso che la Russia è in vantaggio. Ma poi, in qualche altra parte del teatro, la Russia avrà altre unità dello stesso tipo che utilizzano ancora equipaggiamenti degli anni ’70 semplicemente perché gli ammodernamenti non hanno ancora fatto il loro corso in tutte le forze armate. La ragione di ciò, tra l’altro, è dovuta al fatto che questa guerra è per la Russia il più grande impegno in assoluto dalla Seconda Guerra Mondiale, il che significa che sta usando unità che non erano mai state pensate per essere risorse di prima linea e un numero di truppe mai usato in 70 anni, ed è per questo che ha dovuto attingere alle vecchie scorte per armare tutte queste truppe impreviste.

Lo si può vedere ovunque: ci sono unità di artiglieria con i più recenti 2S19M2 completamente automatizzati e computerizzati e poi ci sono ancora unità che si vanno in giro con i Gvozdika o addirittura con i cannoni D-20 della Seconda Guerra Mondiale. In tempo di pace, queste unità dotate di equipaggiamenti obsoleti sarebbero state tenute nelle retrovie, solo per addestramento, mentre i distretti militari di pronta risposta e di prima linea, come l’Ovest e il Sud, avrebbero avuto tutte le ultime novità.

Ciò significa che su alcuni fronti limitati, la Russia è in grado di eseguire completamente tutte le evoluzioni teoriche descritte in questo articolo, mentre in altre aree subirà un relativo rallentamento e le unità presenti saranno probabilmente in grado solo di mantenere una difesa statica.

Ma, con la grande industrializzazione avviata dall’OMS, la Russia si sta modernizzando ad un ritmo più veloce che mai. Lo si può vedere chiaramente anche guardando i video recenti dei soldati stessi: le loro uniformi e l’equipaggiamento generale sono molto migliorati rispetto all’inizio dell’OMS, dove si vedevano ancora molti reparti con divise raffazzonate ed elmetti/giubbetti antiproiettile/mimetiche malridotte.

Quando la modernizzazione raggiungerà il punto critico di saturazione dei necessari sistemi di rete ad alta tecnologia, allora vorrà dire che la Russia avrà voltato pagina e vedremo un esercito russo come nessun altro. I decenni di teorizzazione e di evoluzione delle dottrine convergeranno con il progresso tecnologico necessario per trasferire con successo queste dottrine nella pratica. A quel punto, nessun altro esercito al mondo avrà sia la base dottrinale istituzionalizzata sia la tecnologia, l’equipaggiamento e l’esperienza per superare il grande enigma del campo di battaglia moderno.

Simplicius the thinker

Fonte: simplicius76.substack.com
Link: https://simplicius76.substack.com/p/dissecting-west-point-think-tanks
21.06.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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