di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org
Nel tardo pomeriggio del 27 luglio 2021, esattamente un anno fa, il dottor Giuseppe De Donno veniva trovato impiccato nella sua abitazione di Curtatone, alle porte di Mantova. Era diventato celebre per le sue battaglie pro-terapia del plasma contro la Covid-19 e per aver salvato tanti malati gravi durante l’emergenza sanitaria.
Nonostante i risultati, la sua cura però non è mai stata ufficialmente riconosciuta qui in Italia, all’estero invece sì. Il Ministero della Salute russo, infatti, l’ha approvata in via definitiva giudicandola sicura e neutralizzante e c’è uno studio molto autorevole coordinato dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, pubblicato sul New England Journal of Medicine (tra le riviste mediche più importanti al mondo), che dimostra che la somministrazione di plasma convalescente entro 9 giorni dall’insorgenza dei sintomi di SARS-CoV-2 riduce il rischio di progressione della malattia che porta al ricovero in ospedale.
Il dottor Giuseppe De Donno lo aveva capito fin dall’inizio della primavera 2020 quando ancora si era nella fase critica dell’emergenza, gli ospedali erano pieni di pazienti gravi e le terapie intensive al collasso. Insieme al suo gruppo di lavoro utilizzò il plasma convalescente per trattare i malati e salvò molte persone, ma non fu ascoltato anzi fu attaccato e denigrato. Il Ministero della Salute gli tolse la sperimentazione per darla a Pisa che, in realtà, non aveva alcuna esperienza in questo senso, dopodiché la sua terapia fu bocciata da Aifa e ISS.
Amareggiato De Donno cambiò vita e da primario di pneumologia del Poma di Mantova scelse di tornare a fare il medico di medicina generale a Porto Mantovano. Dopo poco, però, è stato ritrovato morto.
Subito i media hanno parlato di suicidio, in realtà rimangono aperti molti interrogativi e in tanti pensano che sia impossibile che si sia tolto la vita, anche perché era profondamente religioso e legatissimo ai suoi familiari ai quali non avrebbe lasciato neppure un biglietto. Anche alcuni dei suoi amici più intimi hanno raccontato sgomenti che non c’erano stati segnali che potessero fare pensare a un gesto estremo e che, anzi, l’avevano visto finalmente sereno negli ultimi giorni nel nuovo lavoro di medico di base.
Coincidenza, è venuto a mancare proprio alla vigilia dell’arrivo delle cure con gli anticorpi monoclonali, farmaci cari a differenza del plasma convalescente Covid-19 che non ha limiti di brevetto ed è poco costoso da produrre poiché molti singoli donatori possono fornire più unità.
Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare che lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine mette in luce: qualsiasi persona che si riprende dall’infezione con una variante SARS-CoV-2 ha anticorpi contro quella variante, il che significa che il plasma convalescente covid-19 è una terapia basata su anticorpi che tiene il passo con le varianti a circolazione locale, di conseguenza, può essere un’opzione terapeutica vincente per la Covid.
INSOMMA De Donno aveva trovato la soluzione e per giunta a basso costo, ma avrebbe frenato il mercato degli anticorpi monoclonali anti SARS-CoV-2 (che sono diventati disponibili a partire dal 7 agosto 2021, guarda caso una settimana dopo la sua morte) e sarebbero risultati evidenti i limiti della vaccinazione (che era stata avviata su scala mondiale a fine dicembre 2020) dal momento che anche chi si vaccina può infettarsi e contagiare altre persone perché in realtà privo di copertura rispetto alle varie varianti naturali emergenti. Senza considerare il rischio di ADE e di effetti avversi che, purtroppo, casistiche abbondanti in tutto il mondo hanno poi cominciato a evidenziare. Era stato lo stesso dottor Giuseppe De Donno a rivolgersi al Ministro della Salute Speranza facendosi portavoce di molti dubbi in merito al profilo di sicurezza riguardo quei vaccini approvati in così poco tempo.
Fino al giorno in cui è venuto a mancare, il 27 luglio scorso, De Donno ha continuato a difendere la validità della cura con il plasma iperimmune. FA MALE, nell’anniversario della sua morte, ripensare a tutto ciò che è accaduto. E si stringe il cuore nel rivedere l’ultima intervista di questo medico che dichiarava di “essere orgogliosamente figlio di un carabiniere” e di avere la trasparenza come punto di riferimento della vita. Di questo servizio realizzato dalle Iene rimarranno scalfiti in eterno nella mia mente gli ultimi minuti. In particolare due soli minuti, che vanno dal minuto 6.54 al minuto 8.54, che però sono più che sufficienti: mostrano un Uomo che, con i suoi occhi al limite delle lacrime, con il suo sorriso tanto buono quanto amaro, con le sue mezze parole e i suoi penetranti silenzi, fa capire tante cose.
“Avevamo intuito che fosse in difficoltà, ma non al punto da togliersi la vita”, dice l’autore del servizio delle Iene. Eh no, mi spiace, ma tutto considerato, diventa difficile credere che il dottor Giuseppe De Donno si sia tolto la vita da solo.
Anzi De Donno, benché abbia dovuto vivere in un clima ostile, piuttosto che un depresso, come qualcuno ha cercato di farlo passare, sembra semmai più un martire e la sua morte pare avere molti mandanti.
Un ulteriore indizio in questo senso viene anche da un audio che è iniziato a circolare dopo la sua scomparsa in cui a un certo punto il medico pronuncia questa frase: “So di certo che mi sta cercando … (l’audio qui per un attimo si interrompe e non si riesce a decifrare il nome della persona cui sta facendo riferimento) per cui presumo che mi voglia inserire tra i suoi consulenti, probabilmente perché si sta preoccupando per quel che ho detto in Senato sull’altra sperimentazione ma, se credono di tapparmi il muso così, forse si sbagliano.”
Invece quella bocca adesso è chiusa per sempre, anche se nei suoi pazienti e in tutti coloro che l’hanno apprezzato vivrà in eterno la memoria di una persona genuina e di un medico onesto e amato che ha cercato di salvare più vite possibili.
Ci ha lasciato un’eredità morale immensa.
Insieme agli altri dottori che hanno rispettato davvero il giuramento di Ippocrate attivandosi subito fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria nelle terapie domiciliari, De Donno e i colleghi che con lui hanno creduto nella terapia del plasma sono state le uniche scintille di luce che hanno illuminato il periodo più buio della storia italiana recente.
LA VERITA’ rimane nella coscienza di ognuno dei protagonisti di questa vicenda. LA GIUSTIZIA, invece, nelle mani di un qualche magistrato coraggioso (se esiste) che un giorno vorrà prendersi la briga di indagare senza farsi intimorire dagli interessi enormi che hanno gravitato e gravitano ancora intorno alla cosiddetta emergenza Covid-19.
P.S.
Al momento il plasma viene quotidianamente usato all’estero per curare la Covid, sono state anche aggiornate le nuove linee guida europee che consigliano il plasma convalescente ai soggetti con leucemia e anche negli Stati Uniti la FDA a gennaio ne ha autorizzato l’uso soprattutto per la cura dei pazienti fragili.
Ciò nonostante, in Italia ancora si vuole ostacolare la cura di De Donno. Di plasma convalescente ce n’è pochissimo, o non ce ne è proprio, e resta solo la strada dell’uso compassionevole che comporta comunque la necessità del parere favorevole del Comitato Etico. Eppure, anche chi usa rigorosamente questo protocollo, rischia di trovarsi in grosse difficoltà, come ha testimoniato il dottor Giovanni Belcari, medico del Pronto soccorso dell’area di Livorno, che ha dichiarato di aver ricevuto fortissime pressioni dalla direzione dell’Ospedale dopo aver eseguito in modo regolare e autorizzato la trasfusione al plasma su un paziente.
A questo punto è ancora più difficile pensare che saranno mai chiarite le circostanze della morte del dottor Giuseppe De Donno, se sia suicidato davvero o se, invece, non si tratti di un ennesimo caso di persona scomoda “suicidata” come certe brutte vicende della storia, anche italiana, hanno purtroppo mostrato che possa accadere.
La Verità, molto probabilmente, non la sapremo mai.
La tragica fine di questo Medico dimostra comunque il prezzo enorme che può essere costretto a pagare chi osa mettere in discussione certi interessi e certi poteri. Da un lato. Dall’altro è anche un richiamo fortissimo e un pungolo per le coscienze di quanti ancora credono nei valori e negli ideali che possono fare grandi gli uomini e sane le società.