DI ALCESTE
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Invecchiando non solo si diventa esperti e, perciò, restii alla logica (Russell: “L’esperienza è l’intelligenza degli stupidi”), ma si tende a divagare. Per tali motivi, non chiedetevi se tali notazioni sono tecnicamente esatte (non lo sono, anche se, forse, per pura combinazione, qualche frase può centrare il bersaglio) … e nemmeno chiedetevi, al contempo, se valga la pena di leggere gli incisi (li ho messi fra parentesi quadra così potete saltarli; nulla osta a saltare la lettura di tutto il pezzo, ovviamente).
Lo ammetto: sono ignorante in economia, sociologia e psicologia di massa. Posso affermare, con umiliante sincerità, che tali materie, ormai, mi spaventano. Per la vastità di opere e pubblicazioni; e per il labirintico viluppo delle correnti e delle diatribe in cui autori, discepoli, apologeti e apostati si scannano con sanguinosa regolarità. Ho maturato, perciò, una rassegnata ignoranza, non disgiunta, tuttavia, da un divertito distacco; tale pathos della distanza è dovuto a una ben nota dannazione (ben nota a me stesso, ovviamente).
Questa si abbatté sul sottoscritto in giovane età; si compone di due shock culturali, sorta di illuminazioni da scena primaria (e no, non riuscirò mai a liberarmene). Tali shock consistono in due brevi e apparentemente innocenti notazioni: la prima è di A. N. Whitehead (suona pressappoco: “L’intera filosofia occidentale è una serie di glosse a Platone”); la seconda è un estratto dal primo frammento di Parmenide (“Il solido cuore della ben rotonda Verità”).
Da ciò il rifiuto della contemporaneità (intuita irresistibilmente come fugace momento che ripete ciò che è stato, con altri vestimenti, altri slogan, altri vincitori) e la voglia di spizzicare – solo di spizzicare – la letteratura d’oggi. E così mi sono imbattuto nel testo di Euroschiavi (La Banca d’Italia. La grande frode del debito pubblico. I segreti del signoraggio), a cura di Marco Della Luna e Antonio Miclavez.
Ecco uno dei passi che mi ha dato da pensare (è uno dei cunicoli di Parmenide):
C’è, poi, una relazione fra denaro virtuale e accrescimento demografico?
Denaro virtuale = tecnica = umanità in più … umanità però virtuale e, quindi, virtualmente sacrificabile …
Il denaro virtuale, tale gigantesco aggregato, è a doppio taglio?
È una garrota che ci strangola, ma anche la culla delle nuove masse? Nulla che genera qualcosa pronto a essere risucchiato nel nulla?
Come è stato possibile passare dal miliardo del 1850 circa ai quasi otto di oggi?
Non sarà che quella massa di denaro virtuale siamo noi?
Non vi sentite inutili?
Siamo divenuti ormai delle fungibili evanescenze? Metafore del denaro virtuale? Così come il denaro virtuale – il denaro-nulla – esiste, ma potrebbe non esistere, così vaghiamo noi, come vivi-in-morte, sul London Bridge de La terra desolata? Cos’è l’Apocalisse? Miliardi di esseri umani, mani e fronti marchiati a fuoco, che si incamminano verso il nulla … miliardi di uomini e donne, ormai inutili, condannati in un attimo, per colpa dei lazzi di un supercomputer (l’Easy Money 9000 oppure Burlone 666) che ha deciso di – finalmente – dilavare l’economia dagli aggregati virtuali … immaginiamo, sorretti da Hollywood, le conseguenze: folli corse degli zombi ai bancomat riarsi, carte di credito come gusci vuoti, PC che ansimano, cellulari muti, urla per le strade alla ricerca di supermarket non ancora saccheggiati, grattacieli in fiamme, comprensori borghesi che si rabbuiano lentamente, città irreali, colonne di automobili rugginose su strade abbandonate, tempeste di neve, e piogge rovinose (la Natura si toglie di torno miliardi di parassiti, in fondo) … nascita di comunità paramilitari …
Se l’economia e otto miliardi di esseri si reggono su un debito impossibile da pagare, cosa accadrà quando il garzone verrà a riscuotere i sospesi? Soldi virtuali, umanità virtuale. L’umanità è inutile, insomma … lo scrissi tempo fa colpito da alcune riflessioni di Blondet rinvenute ne Gli Adelphi della dissoluzione.
A tal proposito, però, mi è venuto alla mente qualcosa d’altro: un passo di Pasolini.
Il 22 maggio 1975 Pasolini scrive uno dei suoi pezzi più terribili, dolosamente ignorato dai canonizzatori: si tratta di un ammonimento a Gennariello, un immaginario ragazzetto napoletano a cui il poeta impartisce socraticamente lezioni di vita.
[Non ho il feticcio di Pasolini. Nessuno dovrebbe avere feticci. Era un genio, questo sì. Un personaggio dilaniato da contraddizioni dolorose … fra la reale esistenza e il dover essere: privato e pubblico. Fra l’omaggio borghese ai suoi pari e il crescente disprezzo che provava verso di loro – poiché li conosceva a fondo, oserei dire – tra il fascino della suburra, dove pur rinveniva infamie e piccinerie urtanti, e la doratura fasulla dell’intelligencija, di cui, invece, avvertiva la desolante mediocrità della passione, nonostante essa fosse ancora sostanziata da almeno due generazioni di grandi scrittori. Nella mia minuscola esistenza, a onta dei quarant’anni passati dalla sua morte e della personale e assoluta estraneità al mondo accademico e letterario, ho conosciuto – per l’imperio ridente del Caso – i due volti del dilemma pasoliniano: il fango e le stelle. Il Pasolini essoterico, quello delle mostre e dei convegni, dove l’ultimo dei cretini, che non l’ha mai letto, cicala di “Pier Paolo”, il Pasolini inventato, costruito, usato per la carriera o la tesi di laurea e dottorato, in fondo un santino innocuo, filtrato bonariamente quanto impeccabilmente dal cerchio magico composto da chi detiene, per legge, i diritti della sua opera; e quello sconosciuto a tutti, delle gesta da trivio, delle umiliazioni e protervie e infamie: atti che rimarranno sempre confinati nel cono d’ombra dell’irrilevanza poiché i soli che possono testimoniarli sono guitti, popolani e cantastorie senza speranza di visibilità. Non ho, quindi, il feticcio di Pasolini. Mi è caro, per la sua intelligenza e inattualità, per la vita schiantata dal Doppelgänger di una diversa sensibilità … e per le ultime parole che riuscì a mormorare … quelle sì davvero prive di ogni sottofondo … e per la testimonianza, spesso vittimista e querula, ma altre volte – quando, esasperato, viola gli argini della cautela – sincera sino alla crudeltà swiftiana]
Da tale fantastico Paedagogium leggiamo:
“[Caro Gennariello] ti faccio un piccolo elenco dei tipi di tuoi coetanei che ti descriverò in questa sezione della nostra Pedagogia … mi è molto difficile descriverti i primi tipi del primo gruppo, cioè i destinati a esser morti … essi mi appaiono … come una categoria nuova, impensatamente comparsa in Italia da una dozzina d’anni … Chi sono questi destinati a essere morti? Sono coloro che fino a ppunto a una dozzina o una ventina d’anni fa (in Italia, e soprattutto nel Sud e trale classi povere) sarebbero morti nella primissima infanzia, in quel periodo che si chiama di mortalità infantile. La scienza è intervenuta … e li ha salvati dalla morte fisica. Essi sono dunque dei sopravvissuti, e nella loro vita c’è qualcosa di artificiale, di contro natura … trovare qualcosa di artificiale o di contro natura in coloro che da bambini sono stati salvati dalla morte dalla tecnica medica, avrebbe avuto qualcosa di atroce e di reazionario in un mondo dove uno dei valori fondamentali fosse realmente la conservazione della specie … ma in un universo come il mostro, in cui tale valore si va rovesciando … sono decisamente maledetti coloro che nascono in più … nessun figlio è ormai più accolto nel mondo con l’amore di un tempo, quando egli era appunto per definizione benedetto, Tutti sanno … che la distruzione dell’umanità dipende dal suo aumento demografico. Se tutti i figli, dunque, sento questa mancanza di benedizione dalla loro nascita – cosa che poi li rende così tristi e infelici per tutta l’infanzia e la giovinezza – coloro che per di più sono stati strappati alla morte innocente dell’infanzia sentono con ancora maggiore violenza la loro colpevolezza di essere al mondo, di pretendere di essere sfamati e curati … la nuova generazione è infinitamente più debole, brutta, triste, pallida, malata di tutte le generazioni precedenti che si ricordino … tutti costoro o sono depressi o sono aggressivi: ma sempre in modo o penoso o sgradevole. Niente può cancellare l’ombra che una anormalità sconosciuta getta sulla loro vita”.
Certo, a proposito di denaro virtuale, avrei potuto citare un passo meno plumbeo … quello di Gargantua e Pantagruele, magari … in cui il giullaresco Panurge tesse le lodi del debito quale motore principe dell’economia … comunque non c’è da preoccuparsi, l’1% veglia su di noi.
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