DI ROSANNA SPADINI
comedonchisciotte.org
Lo so, vi dirò cose che voi umani manco potreste immaginare e che vi faranno incazzare di brutto… ma tanto le dico lo stesso. Dovendo parlare di Viktor Orban e di Matteo Salvini, campioni eroi del nostro tempo liquido e fautori della tanto discussa “internazionale populista”, che raccatta tutta la galassia nazionalista a partire da Trump, Putin, fino al gruppo di Visegrad, vi dirò che appaiono agli occhi del mondo come due pericolosi eversori degli equilibri europei, capaci di far deflagrare l’UE con la facilità di due Boeing 767 lanciati a razzo contro le Twin Towers.
Ma se fossimo in grado di aguzzare meglio la vista e l’ingegno, potremmo scorgere dietro le vesti tigrate nazional populiste, due gattopardi collusi col sistema neoliberista, che hanno la precisa missione di salvare le élites della destra europea da se stesse.
I due gattoni pardati con la loro insistenza ossessiva sul tema immigrazione, e per le loro critiche sovraniste alla dittatura finanziaria di Bruxelles, si sono guadagnati il titolo di paladini della rivoluzione nazionalista, ma in realtà, dietro la reputazione da ribelli, alimentata dall’isteria della stampa liberal, si nascondono due politici legati a doppio filo proprio con quel sistema di potere europeo che dicono di volere abbattere.
Spesso ci si dimentica che Fidesz, il partito di Orban, aderisce al Partito Popolare Europeo, quello della Merkel, di Kohl, Di Tajani, di Barroso, che è stato responsabile di tutte le politiche di austerity della UE, mentre la Lega è alleata da oltre 20 anni di Forza Italia, principale membro italiano del PPE, e di conseguenza ha sostenuto tutte le misure neoliberiste volute dal PPE. Ecco perché visto con le lenti appropriate l’incontro tra Salvini e Orban si inserisce nei grandi giochi predatori di riallineamento delle alleanze politiche, in vista delle elezioni europee del prossimo anno.
In qualche catacomba del web si racconta anche che Orban voglia arruolare la Lega nel PPE, perché, soprattutto dopo la voragine di Forza Italia, il PPE avrebbe bisogno urgente di riempire il vuoto, e la Lega di Salvini sarebbe il candidato perfetto.
Finora il premier ungherese ha giocato per sé, i popolari avrebbero potuto buttarlo fuori, ma non l’hanno mai fatto a causa della doppiezza tedesca, e anche perché Orban è un liberista, quindi non un vero nemico. Potrebbe essere stata addirittura la Merkel a suggerire al leader di Fidesz l’incontro con Salvini.
Ora che sull’Europa spira il vento del nazionalismo di cui Viktor Orban è un idolo indiscusso, il leader ungherese sta cercando di cambiare dall’interno il vecchio gruppo, in modo che diventi la casa della rinnovata destra europea, molto più identitaria e meno democristiana.
Un’eventuale entrata di Salvini desterebbe sicuramente sconcerto dentro il PPE, specie da parte della fazione più europeista capeggiata da Juncker, ma sarebbe comunque difficile bloccarne l’ingresso, visto che vi bivaccano già tanti altri famigerati populisti di destra, come il premier austriaco Sebastian Kurz, famoso per le sue posizioni anti-migranti, e Horst Seehofer, ministro degli Interni tedesco, che ha costretto la Merkel ad accettare la linea dura sui richiedenti asilo.
Quindi, se Tomasi di Lampedusa non è vissuto invano, i gattoni felpati nazional populisti sembrano più intenzionati a prendere il potere dentro PPE per fare da ruota di scorta all’establishment europeo, che a voler far saltare in aria la UE e le sue politiche impopolari, specie sul fronte economico. Questa virata anti-migrazione, permetterebbe ai popolari di assorbire competitor, e neutralizzare gruppi come l’AfD.
Del resto ciò che unisce Orban e Salvini oltre alla linea dura sull’immigrazione, è che un fantomatico recupero di sovranità nazionale dovrebbe essere accompagnato da politiche a favore dei più ricchi di stampo neoliberista. Entrambi sono grandi sostenitori della Flat Tax, già introdotta in Ungheria e che Salvini spera di introdurre presto in Italia, se Tria trova i fondi.
Ecco perché sarebbe forse meglio smettere di denunciare i due compari di eversione fascista, e bisognerebbe invece vederli per quello che sono veramente: ciambelle di salvataggio per l’establishment di Cdx che spera di salvarsi, adottando una posizione più intransigente sul fronte immigrazione, per esempio sul modello della policy No Way del governo australiano, ma senza abbandonare la politica di austerità e il favoritismo verso ricchi e multinazionali. Insomma, cambiare tutto sulle politiche migratorie, per cambiare poco o nulla del capitalismo finanziario.
La CNN ha definito la coppia di fatto un cavallo di Troia all’interno dell’Unione Europea, e i due hanno concordato di perseguire congiuntamente la loro agenda anti-immigrazione prima delle elezioni europee del prossimo maggio. Ma Salvini non vorrà certo usare modi e metodi di Orban, così come appaiono nel video successivo.
Anche se il premier ungherese quanto a galateo non ha nulla da imparare, infatti prima di incontrare Salvini, aveva chiesto il permesso proprio all’amico di vecchia data del presidente Putin, Silvio B… e naturalmente quello ha concesso volentieri il permesso. Chissà perché?
Contemporaneamente Macron, con la sua solita sensibilità da Hannibal Lecter, fiutato il nuovo tsunami in arrivo, ha rilanciato l’idea di un’Europa a più velocità, annunciando che presto farà dieci proposte “concrete” per riformare l’UE dopo il Brexit: “Dobbiamo pensare a un’Europa a diverse velocità, andare oltre con quelli che vogliono accelerare, senza essere ostacolati dagli Stati che vogliono invece rallentare, ed è un loro diritto.”
In Italia i ponti crollano, ma l’euro resiste e sembra eterno, nonostante le numerose profezie di improbabili Tiresia, che dalla balconata dei loro blog ci promettevano che tutto sarebbe collassato nel giro di pochi mesi… intanto sono passati 6 anni.
Mentre quindi aspettiamo nuove salvifiche profezie, ricordiamo che nel frattempo l’Italia ha registrato una crescita pari a zero+ dall’ingresso nell’euro di inizio 1999, circa 20 anni fa. Il PIL reale italiano è aumentato solo dello 0,4% annuale dal 1 ° trimestre 1999, e registra uno 0,1% annuo in termini di PIL pro capite (potere di acquisto) su base annua nello stesso periodo (vedi grafico seguente).
Sembra però che oggi in Europa i nostri populisti anti-euro e anti-immigrazione abbiano un sostenitore alla Casa Bianca che li incoraggia apertamente a perseguire i loro programmi.
Donald Trump ha detto più volte di sostenere la causa del governo italiano e del Brexit. Anzi la stessa nascita del governo ha ricevuto il battesimo del presidente, visto che Carlo Cottarelli, investito da Mattarella di un incarico governativo alla Monti, dopo il fattaccio Savona, se n’era andato in giro per i palazzi romani, con i galloni da “premier incaricato”, a caccia di ministri e fiducie, senza concludere nulla.
Perché i primi li aveva trovati fra i trombati dell’ultima ora, ma poi si era accorto che non avrebbe potuto collezionare più di zero voti su 945, cifretta che lo aveva convinto a desistere.
Gli zeri abbondano nell’Italia piddina. Intanto mentre l’attenzione dei mercati finanziari si concentrerà probabilmente sul bilancio del governo italiano e su come potrebbero rispondere Bruxelles e Berlino, le prossime europee saranno senza ombra di dubbio le più significative di sempre.
Il risultato potrebbe essere l’emergere di un’alleanza populista nel parlamento europeo, decisa ad attaccare molte asimmetrie della zona euro, che si tratti del trattato di Maastricht nella sfera economica o della libera circolazione dell’immigrazione.
Un promemoria per Steve Bannon, che attivatosi per fondare in Europa “The Movement”, l’alleanza dei partiti di destra in previsione delle europee, a fine luglio aveva ricordato che “In Europa, il suo migliore amico era proprio Viktor Orban”.
L’internazionale nazional populista incontrerà però qualche problemuccio dopo il voto del PPE per le sanzioni all’Ungheria, che potrebbe spingere Orban tra le braccia dei sovranisti. Mara Bizzotto infatti (Capogruppo Lega al Parlamento europeo) ha detto: “Spero che Orban, dopo questo affronto, molli il PPE ed entri a far parte del nuovo blocco identitario e sovranista”. Ma lui riuscirà a spaccare il principale gruppo politico del parlamento?
Il variegato estremismo dei populisti, euroscettici, eurofobici, euroindifferenti, ora sta tentando una più o meno esplicita alleanza elettorale per scardinare il vecchio quadro politico UE che si fonda su PPE, Partito socialista, liberali e Verdi, con i primi due che si spartiscono le massime cariche della UE (Commissione, Consiglio e Parlamento).
Però mentre Farage è sovranista, si è battuto per il Brexit, e vuole uscire dall’UE, Orban invece abbaia molto ma non sembra mordere più di tanto, infatti prende i finanziamenti europei e resta ancorato al sistema, respinge i migranti a mazzate e demolisce i diritti dei lavoratori, mette sotto sequestro la giustizia, imbavaglia i giornali e permette un alto tasso di povertà nel suo paese.
Con orgoglio poi definisce “democrazia illiberale” il proprio sistema politico, che a prima vista sembra essere un toccasana per l’economia, però dietro una relativa stabilità si muove qualcosa che dovrebbe interessarci direttamente, in quanto finanziatori del bilancio europeo. L’Italia infatti versa molto più di quanto riceve, l’Ungheria l’opposto, poiché dal 2016 Budapest ha ricevuto trasferimenti netti da Bruxelles per 3,5 miliardi di euro, il 3,2% del PIL.
E cosa fa Orban di quei fondi? Per esempio nel suo villaggio di 1.600 anime, Felcsut, ora sorge uno stadio da 3.800 posti, costruito da un amico d’infanzia del premier, Lorinc Meszaros, passato in pochi anni da operaio a un patrimonio da 73 milioni di euro. Nel frattempo il genero di Orbán ha strappato un contratto da 65 milioni per mettere dei lampioni, sempre con fondi Ue.
Si stima che i cinque amici di sempre del premier abbiano rastrellato dal 2010 contratti per 2 miliardi. La democrazia illiberale di Orbán è anche una cleptocrazia mantenuta con i nostri soldi. Quanto agli investimenti esteri, la ricetta è semplice: sconti fiscali ai gruppi tedeschi concorrenti di quelli italiani. In Ungheria sui profitti del 2015 Bosch ha versato il 3,6%, Mercedes l’1,6% e Audi zero. Hanno compensato il buco di bilancio le famiglie e i lavoratori ungheresi, con Iva e contributi da record.
Modello economico da repubblica delle banane, ma soprattutto è particolarmente incantevole fare i nazionalisti col kulo degli altri.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
15.09.2018