Lo Yemen è pronto ad affrontare una nuova coalizione imperiale

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Pepe Escobar
sputnikglobe.com

Nessuno ha mai perso soldi scommettendo sulla capacità dell’Impero del Caos, della Menzogna e del Saccheggio di costruire una “coalizione dei volenterosi” ogni volta che si trova di fronte ad un problema geopolitico.

In tutti i casi, debitamente coperti dall’imperante “ordine internazionale basato sulle regole”, il termine “volonterosi” si applica ai vassalli costretti da carote o bastoni a seguire alla lettera i capricci dell’Impero.

Ecco l’ultimo capitolo: “Coalition Genocide Prosperity”, la cui denominazione ufficiale, eroica, un marchio di fabbrica dei maghi delle pubbliche relazioni del Pentagono, è “Operation Prosperity Guardian”, presumibilmente impegnata a “garantire la libertà di navigazione nel Mar Rosso”.

Traduzione: Washington ha dichiarato guerra al movimento Ansarullah dello Yemen. Un altro cacciatorpediniere statunitense è già stato inviato nel Mar Rosso.

Ansarullah non cambia la propria posizione e non si lascia intimidire. I militari Houthi hanno già sottolineato che qualsiasi attacco ai beni yemeniti o ai siti di lancio dei missili di Ansarullah colorerebbe letteralmente di rosso l’intero Mar Rosso.

I militari Houthi non solo hanno ribadito di avere “armi per affondare le vostre portaerei e i vostri cacciatorpedinieri“, ma hanno anche lanciato un incredibile appello ai Sunniti e agli Sciiti del Bahrein affinché si ribellino e rovescino il loro re, Hamad al-Khalifa.

Lunedì, ancora prima dell’inizio dell’operazione, la portaerei Eisenhower si trovava a circa 280 km dalle zone controllate da Ansarullah. Gli Houthi dispongono di missili balistici antinave Zoheir e Khalij-e-Fars con una gittata di 300-500 km.

Il membro del Consiglio politico supremo di Ansarullah, Muhammad al-Bukhaiti, si è sentito in dovere di ribadire l’ovvio: “Anche se l’America riuscisse a mobilitare il mondo intero, le nostre operazioni nel Mar Rosso non si fermeranno se non cesserà il massacro a Gaza. Non rinunceremo alla responsabilità di difendere i Moustazafeen (gli oppressi) della Terra“.

È meglio che il mondo si prepari: “Portaerei affondata” potrebbe diventare il nuovo 11 settembre.

Il trasporto marittimo nel Mar Rosso rimane aperto

Il mercante di armi Lloyd “Raytheon” Austin, nella sua attuale posizione di capo del Pentagono, sta visitando l’Asia occidentale – soprattutto Israele, Qatar e Bahrein – per promuovere questa nuova “iniziativa internazionale” per il pattugliamento del Mar Rosso, dello stretto di Bab al-Mandeb (che collega il Mar Arabico al Mar Rosso) e del Golfo di Aden.

Come ha osservato al-Bukhaiti, la strategia di Ansarullah è quella di prendere di mira qualsiasi nave che transiti nel Mar Rosso legata a compagnie israeliane o che rifornisca Israele – cosa che per gli yemeniti dimostra la complicità di queste compagnie con il genocidio di Gaza. Questo si fermerà solo quando il genocidio cesserà.

https://t.me/geopolitics_live/11919

Con una sola mossa – un blocco marittimo de facto – Ansarullah ha dimostrato che il re è nudo: In pratica, lo Yemen ha fatto di più per difendere la causa palestinese che la maggior parte dei principali attori regionali messi insieme. Tra l’altro, a tutti loro Netanyahu ha ordinato in pubblico di stare zitti. E l’hanno fatto.

È piuttosto istruttivo vedere, ancora una volta, dove vanno i soldi. Israele è stato colpito duramente. Il porto di Eilat è praticamente chiuso e le sue entrate sono diminuite dell’80%.

Ad esempio, il gigante taiwanese delle spedizioni Yang-Ming Marine Transport Corporation aveva inizialmente pianificato di dirottare verso il porto di Ashdod i suoi carichi diretti in Israele. Poi ha interrotto le spedizioni verso qualsiasi destinazione israeliana.

Non c’è da stupirsi che Yoram Sebba, presidente della Camera navale israeliana, si sia detto perplesso per le tattiche “complesse” di Ansarullah e per i criteri “non rivelati” che hanno imposto una “totale incertezza”. Anche Arabia Saudita, Egitto e Giordania sono finiti nella rete yemenita.

È fondamentale tenere presente che Ansarullah blocca solo le navi dirette in Israele. La maggior parte del traffico marittimo nel Mar Rosso rimane aperto.

Pertanto, la decisione del gigante dei trasporti marittimi Maersk, insieme ad altri colossi del trasporto marittimo globale, di non utilizzare il Mar Rosso potrebbe essere stata una mossa troppo precipitosa, quasi a implorare l’istituzione di un pattugliamento guidato dagli Stati Uniti.

Ecco che arriva la CTF 153

Finora, da una parte c’è lo Yemen che praticamente domina il Mar Rosso. Dall’altro lato, troviamo il tandem Emirati Arabi Uniti-Sauditi-Giordania, sotto forma di un corridoio terrestre alternativo per il trasporto delle merci, che parte dal porto di Jebel Ali nel Golfo Persico e attraversa l’Arabia Saudita fino alla Giordania e poi a Israele.

Il corridoio si avvale della tecnologia logistica di Trucknet: si tratta, in pratica, di una connettività via terra basata su camion, che riduce i tempi di trasporto dai 14 giorni attraverso il Mar Rosso a un massimo di 4 giorni su strada, utilizzando 300 camion al giorno, tutti i giorni.

La Giordania è ovviamente coinvolta, dovendo gestire il trasbordo dei carichi dagli Emirati Arabi Uniti e dall‘Arabia Saudita.

Il quadro di riferimento per tutto questo è il piano One Israel, promosso con entusiasmo da Netanyahu, il cui obiettivo principale è il collegamento con la penisola arabica e soprattutto la metropoli tecnologica NEOM, da costruire teoricamente entro il 2039 nella provincia nord-occidentale di Tabuk in Arabia Saudita, a nord del Mar Rosso, a est dell’Egitto oltre il Golfo di Aqaba e a sud della Giordania.

NEOM è il progetto di MbS per modernizzare il Paese, progetto che, tra l’altro, prevede città basate sull’intelligenza artificiale e gestite da Israele.

È su questo che Riyadh punta davvero, molto più che sullo sviluppo di relazioni più strette con l’Iran nel quadro dei BRICS+. O di preoccuparsi del futuro della Palestina.

Per quanto riguarda il previsto blocco navale dello Yemen, invece, i sauditi sono stati molto più cauti. Anche se Tel Aviv ha chiesto direttamente alla Casa Bianca di fare qualcosa, qualsiasi cosa, Riyadh ha “consigliato” a Washington di esercitare una certa moderazione.

https://t.me/geopolitics_live/11934

Tuttavia, dato che per gli psicopatici neocon straussiani che attualmente dirigono la politica degli Stati Uniti poche cose sono più importanti che proteggere gli interessi commerciali nel Mar Rosso della loro testa di ponte in Asia occidentale, la decisione di creare una “coalizione” era quasi inevitabile.

Ecco quindi l’ultima – in realtà quarta – incarnazione della Combined Maritime Force (CMF): una coalizione multinazionale di 39 nazioni istituita nel 2002 e guidata dalla Quinta Flotta statunitense in Bahrein.

La task force esiste già: è la CTF 153, che si concentra sulla “sicurezza marittima internazionale e sugli sforzi di sviluppo delle capacità nel Mar Rosso, a Bab al-Mandeb e nel Golfo di Aden“. Questa è la base della Coalition Genocide Prosperity.

I membri della CTF 153 includono, oltre ai soliti sospetti, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Canada, altri Paesi europei, come Norvegia, Italia, Paesi Bassi e Spagna, la superpotenza Seychelles e il Bahrein (l’elemento della Quinta Flotta).

L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, cosa fondamentale, non ne fanno parte. Sanno, dopo una guerra durata sette anni, quando facevano parte di un’altra “coalizione” (di cui gli Stati Uniti erano, in un certo, senso i “leader nascosti”) cosa significa combattere Ansarullah.

Tutti a bordo della Rotta del Mare del Nord

Se la situazione del Mar Rosso dovesse diventare davvero rossa, il cessate il fuoco tra Riyad e Sanaa andrebbe immediatamente in frantumi. La Casa Bianca e lo Stato profondo degli Stati Uniti, semplicemente, non vogliono un accordo di pace. Vogliono un’Arabia Saudita in guerra con lo Yemen.

Se il Mar Rosso si tingerà di rosso, anche la crisi energetica globale subirà un’impennata. Dopo tutto, almeno quattro milioni di barili di petrolio e il 12% del commercio marittimo globale verso l’Occidente transitano da Bab al-Mandeb, tutti i giorni.

Quindi, ancora una volta, abbiamo la conferma che l’Impero del Caos, della Menzogna e del Saccheggio chiede cessate il fuoco solo quando sta perdendo pesantemente: vedi il caso dell’Ucraina.

Tuttavia, il mancato cessate il fuoco a Gaza – sostenuto dalla stragrande maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite – rischia di trasformarsi in un’espansione della guerra in Asia occidentale.

Ciò può rientrare nella maldestra logica imperiale di incendiare l’Asia Occidentale per disturbare la spinta commerciale cinese della BRI e l’ingresso, il mese prossimo, di Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti nei BRICS allargati. Allo stesso tempo, e in sintonia con l’assenza di una vera pianificazione strategica a Washington, ciò non tiene conto di una serie di spaventose conseguenze impreviste.

Quindi, secondo l’ottica imperiale, l’unica strada da percorrere è un’ulteriore militarizzazione, dal Mediterraneo al Canale di Suez, al Golfo di Aqaba, al Mar Rosso, al Golfo di Aden, al Mar Arabico e al Golfo Persico. Ciò rientra esattamente nel quadro della guerra dei corridoi economici.

Un assioma dovrebbe essere fissato nella pietra: Washington preferirebbe scommettere su una possibile, profonda recessione globale piuttosto che, semplicemente, permettere un cessate il fuoco umanitario a Gaza. La recessione potrebbe mettere il turbo ad un crollo economico generalizzato dell’Occidente collettivo e ad un’ascesa ancora più rapida del multipolarismo.

Come necessaria consolazione di fronte a tanta follia, quasi casualmente, il Presidente Putin ha recentemente osservato che la Rotta del Mare del Nord sta diventando un corridoio commerciale marittimo più efficiente del Canale di Suez.

Pepe Escobar

Fonte: sputnikglobe.com
Link: https://sputnikglobe.com/20231220/pepe-escobar-yemen-ready-to-stare-down-a-new-imperial-coalition-1115695024.html
20.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. Seguitelo su Telegram.

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