Pepe Escobar
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Liu He ha studiato economia in Cina, alla Renmin University e ha conseguito un master ad Harvard. Dal 2018 è uno dei vice premier cinesi, insieme a Han Zheng, Sun Chunlan e Hu Chunhua. È direttore della Commissione centrale per gli affari finanziari ed economici e dirige il Comitato per la stabilità finanziaria e lo sviluppo della Cina. Chiunque nel mondo voglia sapere che direzione prenderà l’economia cinese nell’Anno del Coniglio deve prestare attenzione a Liu He.
Davos 2023 è arrivato e se n’è andato: un lungo esercizio di distopia demenziale unito a picchi di parossismo. Un minimo accenno di realtà è stato offerto dal discorso di Liu He. Un’analisi limitata ma competente di ciò che ha detto è infinitamente più utile dei torrenti di “ricerche” sinofobiche, a malapena mascherate, vomitate dai Think Tank statunitensi.
Liu He ha citato alcuni dati chiave dell’economia cinese riferiti al 2022. Una crescita complessiva del 3% potrà anche non essere rivoluzionaria, ma ciò che conta è che il valore aggiunto per la produzione di alta tecnologia e di attrezzature è aumentato rispettivamente del 7,4% e del 5,6%. Ciò significa che la capacità industriale cinese continua a salire sulla scala dei valori.
Il commercio, come prevedibile, regna sovrano: del 2022 il valore totale delle importazioni e delle esportazioni ha raggiunto l’equivalente di 6.215 trilioni di dollari, con un aumento del 7,7% rispetto al 2021.
Liu He ha anche chiarito che il miglioramento della ricchezza dei cittadini cinesi rimane una priorità fondamentale, come annunciato nel Congresso del Partito del 2022. Il numero di Cinesi della classe media, entro il 2035, dovrebbe passare dagli attuali 400 milioni a ben 900 milioni.
Liu He ha spiegato che tutto ciò che riguarda le riforme cinesi ruota attorno al concetto di “economia socialista di mercato.” Che si potrebbe tradurre in “permettere che il mercato giochi un ruolo decisivo nell’allocazione delle risorse e lasciare che il governo svolga un ruolo migliore.” Questo non ha assolutamente nulla a che vedere con il fatto che Pechino privilegi un’economia pianificata. Come ha spiegato Liu He, “approfondiremo la riforma delle imprese statali, sosterremo il settore privato e promuoveremo la concorrenza leale, l’antimonopolio e l’imprenditorialità.”
La Cina, dal punto di vista economico, sta raggiungendo il livello successivo: ciò costruire, il più velocemente possibile, una base commerciale guidata dall’innovazione. Gli obiettivi specifici includono la finanza, la tecnologia e una maggiore produttività nell’industria, tramite, ad esempio, con l’utilizzo di più robotica.
Sul fronte della tecnologia finanziaria, una Hong Kong risorta è destinata a svolgere un ruolo estremamente importante a partire dal 2024, soprattutto grazie ai diversi meccanismi del Wealth Management Connect.
Entrare, o rientrare, nel ruolo chiave della Greater Bay Area di Guangdong-Hong Kong-Macao, è uno dei nodi chiave per lo sviluppo della Cina del XXI secolo.
La cosiddetta Greater Bay Area’s Wealth Management Connect è un sistema che consente agli investitori facoltosi delle nove città continentali che compongono l’area di investire in prodotti finanziari denominati in yuan emessi dalle banche di Hong Kong e Macao – e viceversa. In pratica, ciò significa un’ulteriore apertura dei mercati finanziari della Cina continentale.
Aspettatevi quindi un nuovo boom di Hong Kong entro il 2025. Tutti coloro che sono scoraggiati dal pantano collettivo dell’Occidente, inizino a fare i loro piani.
La doppia circolazione arriva in Eurasia
Come previsto, Liu He ha anche fatto riferimento alla strategia chiave di Pechino per questo decennio: “Un nuovo paradigma di sviluppo, con la circolazione interna come pilastro e la circolazione interna e internazionale che si rafforzano a vicenda.”
La strategia della doppia circolazione riflette l’enfasi della leadership di Pechino sulla necessità di potenziare contemporaneamente l’autosufficienza della Cina e il suo vasto mercato di esportazione. Praticamente tutte le politiche governative riguardano la doppia circolazione. Quando Liu He parla di “stimolare la domanda interna cinese” sta inviando un messaggio diretto agli esportatori globali – orientali e occidentali – che dovrebbero concentrarsi sulla massa gigantesca e in continua crescita rappresentata dai consumatori della classe media cinese.
Riguardo al quadro generale geopolitico e geoeconomico, Liu He è stato diplomaticamente circospetto. Si è limitato a far filtrare che “crediamo che un ordine economico internazionale equo debba essere preservato da tutti.”
Traduzione: le Nuove Vie della Seta, o BRI, così come gli sforzi di integrazione dei BRICS+, della SCO e dell’EAEU saranno in prima linea nella politica cinese.
E questo ci porta a quella che dovrebbe diventare uno dei cardini dell’Anno del Coniglio: il rinnovato impulso alle Nuove Vie della Seta.
Storicamente, pochi meglio dei Cinesi, capiscono che da Samarcanda a Venezia, da Bukhara a Guangzhou, da Palmira ad Alessandria, dal Karakoram all’Hindu Kush, dai deserti che inghiottivano le carovane ai giardini degli harem nascosti, una formidabile forza d’attrazione di fattori economici, politici, culturali e religiosi non solo aveva collegato le propaggini dell’Eurasia – dal Mediterraneo alla Cina – ma aveva determinato e continuerà a determinare la sua storia secolare.
Le Antiche Vie della Seta non riguardavano solo la seta, ma anche spezie, porcellane, pietre preziose, pellicce, oro, tè, vetro, schiavi, concubine, guerre, conoscenze, pestilenze – ed è così che, in tutta l’Eurasia, [queste vie] si erano trasformate nel simbolo degli “scambi da popolo a popolo,” come le esaltano oggi Xi Jinping e la leadership di Pechino.
Questi processi avevano coinvolto l’archeologia, l’economia, la storia, la musicologia, la mitologia comparata; così, in continuità con il passato, anche oggi le Nuove Vie della Seta significano ogni sorta di scambio tra Oriente e Occidente. La storia perpetua del commercio ininterrotto, in questo caso, è solo la base materiale, un pretesto.
Prima della seta c’erano i lapislazzuli, il rame, l’incenso. Anche se la Cina si era aperta al mondo esterno solo nel II secolo a.C. – grazie alla seta – la tradizione cinese, nel più antico romanzo cinese, La storia di Re Mu, figlio del cielo, racconta che l’imperatore Mu aveva visitato la regina di Saba già nel X secolo a.C.
Gli scambi tra Europa e Cina potrebbero essere iniziati solo nel I secolo a.C. Gli uomini che, all’epoca, avevano effettivamente attraversato le immensità eurasiatiche erano stati pochi. Solo nel 98 l’ambasceria cinese di Gan Ying era partita per Da Qin, cioè Roma. Non era mai arrivata.
Nell’anno 166, l’ambasceria di Antonino Pio, presumibilmente inviata dall’imperatore stesso, era finalmente riuscita a completare il viaggio fino alla Cina; in realtà, si trattava solo di un mercante avventuroso. Per 13 secoli c’era stato un enorme vuoto esplorativo.
Nonostante i prodigiosi progressi dell’Islam e, a partire dal VII secolo, gli onnipresenti mercanti musulmani, era stato solo nel XIII secolo – all’epoca delle ultime Crociate e della conquista mongola – che gli Europei avevano ripreso la strada verso l’Oriente. E poi, nel XV secolo, gli imperatori Ming, succeduti ai Mongoli, avevano definitivamente chiuso la Cina al mondo esterno.
Era stato solo grazie ai Gesuiti, nel XVI secolo, che era finalmente avvenuto un incontro – con 17 secoli di ritardo. L’Europa aveva finalmente iniziato ad acquisire una certa conoscenza della Cina, anche se la sognava in continuazione, fin da quando i patrizi romani chic erano soliti indossare vesti di seta trasparente.
Solo intorno al 1600 gli Europei avevano iniziato a rendersi conto che la Cina settentrionale e la Cina meridionale si trovavano nello stesso continente. Possiamo quindi concludere che la Cina è stata realmente conosciuta in Occidente solo dopo la “scoperta” delle Americhe.
Due mondi che si sono ignorati a lungo – eppure, per tutto il tempo lungo le torri di guardia in mezzo alle steppe, il commercio aveva continuato a spostarsi da una parte all’altra dell’Eurasia.
Ora è il momento di un’altra spinta storica, anche se un’Europa disorientata è tenuta in ostaggio da una cabala di neoconservatori e neoliberisti imperiali e straussiani. Duisburg, nella valle della Rhur, il più grande porto interno del mondo, dopo tutto rimane il nodo chiave della Via della Seta di Ferro, lungo la BRI, collegato con una lunghissima rete ferroviaria a Chongqing, in Cina. Svegliatevi, giovani tedeschi: il vostro futuro è a est.
Pepe Escobar
Fonte: strategic-culture.org
Link: https://strategic-culture.org/news/2023/01/24/can-you-smell-what-year-rabbit-is-cooking/
24.01.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. Seguitelo su Telegram.