Larry Romanoff
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Il 14 gennaio 1893, il Ministro degli Stati Uniti assegnato al Regno sovrano e indipendente delle Hawaii aveva cospirato con un piccolo gruppo di residenti non hawaiani del Regno delle Hawaii, tra cui alcuni cittadini degli Stati Uniti, e con il sostegno non autorizzato della Marina statunitense, per rovesciare il governo indigeno e legittimo delle Hawaii. Poco dopo, imprigionata e informata del rischio di spargimento di sangue, la regina Liliuokalani era stata costretta a cedere il controllo del suo Regno al Governo degli Stati Uniti. In un messaggio al Congresso del 18 dicembre 1893, il Presidente Grover Cleveland l’aveva descritto come un “atto di guerra, commesso con la partecipazione di un rappresentante diplomatico degli Stati Uniti e senza l’autorità del Congresso”, ammettendo che era stato rovesciato il governo di un popolo pacifico e amichevole. Il Presidente Cleveland aveva inoltre concluso che “è stato fatto un torto sostanziale e con il dovuto rispetto per il nostro carattere nazionale e per i diritti del popolo leso dovremmo fare di tutto per cercare di ripararlo” e aveva chiesto la restaurazione della monarchia hawaiana.
La creazione fraudolenta di uno “Stato” americano
Il “processo di statalizzazione” delle Hawaii era stato una doppia frode. Non solo non aveva fornito il corretto insieme di scelte da votare, ma aveva dato la possibilità di votare per lo più solo agli americani, e a nessuno agli hawaiani veri e propri. L’ONU ha chiarito che autogoverno significa dare alla popolazione del territorio la possibilità di scegliere come relazionarsi con l’ONU: integrazione, libera associazione o indipendenza. Questo processo di autogoverno avrebbe dovuto spezzare le catene della colonizzazione. Ma, invece di acconsentire alle scelte richieste dalle Nazioni Unite, gli Stati Uniti avevano limitato la scelta all'”integrazione”. Nel 1959, infatti avevano posto al popolo solo la domanda: “Le Hawaii devono essere immediatamente ammesse nell’Unione come Stato?”. Gli elettori qualificati in questo processo erano i cittadini statunitensi che risiedevano nelle Hawaii da almeno un anno. Dopo l’invasione e l’annessione americana e durante i 60 anni successivi, migliaia di persone erano emigrate alle Hawaii, molte con l’esercito americano. Tutti gli hawaiani che avevano o avevano preso la cittadinanza statunitense erano autorizzati a votare. Ma coloro che osavano dichiararsi cittadini hawaiani, rifiutando di accettare la cittadinanza americana imposta, non potevano votare. Era stato così che le Hawaii erano diventate il 50° Stato degli USA.
Le Hawaii non sono legalmente uno Stato degli USA
È facile trovare il coraggio necessario per sostenere una posizione morale se questa va a vantaggio di se stessi. Il vero coraggio morale, tuttavia, si dimostra quando si sceglie di sostenere ciò che è moralmente ed eticamente giusto anche quando tale posizione va a discapito di se stessi. Il popolo degli Stati Uniti si trova in questo momento in una posizione del genere, costretto a scegliere tra una posizione morale ed etica che comporta un potenziale inconveniente o sostenere lo status quo e dover ammettere con se stesso di non essere il campione di giustizia che immagina di essere. Alla fine di questo articolo, saprete da soli quale dei due siete. Ma la realtà è che in un mondo in cui le nazioni sono vincolate dallo stato di diritto tanto quanto i cittadini delle nazioni (se non di più), la verità è ben diversa. La verità è che ogni singolo passo lungo il percorso delle Hawaii da nazione sovrana e indipendente a territorio annesso, a Stato, è avvenuto in violazione delle leggi e dei trattati allora in vigore, senza tener conto della volontà del popolo hawaiano. Molte persone, tra cui il presidente Grover Cleveland, si erano opposte all’annessione delle Hawaii. Ma alla fine, la semplice avidità e gli interessi militari avevano avuto il sopravvento su ogni preoccupazione di diritto morale e legalità. Il governo legittimo delle Hawaii era stato rovesciato con la minaccia della forza militare americana. Le Hawaii erano state sottratte al loro popolo a beneficio dei ricchi proprietari di piantagioni e degli interessi militari americani, e le giustificazioni per il crimine erano state inventate a posteriori.
Il governo delle Hawaii era stato rovesciato il 17 gennaio 1893 da un gruppo relativamente ristretto di uomini, la maggior parte dei quali americani di nascita o di origine. Avevano preso il controllo delle isole con l’appoggio delle truppe americane inviate a terra da una nave da guerra alla fonda nel porto di Honolulu. A questa “forza superiore degli Stati Uniti d’America”, la regina Liliuokalani aveva ceduto il suo trono, in segno di protesta, per evitare uno spargimento di sangue. Confidava che il governo degli Stati Uniti avrebbe riparato al torto subito da lei e dal popolo hawaiano. Chi era questo gruppo di uomini americani e perché avevano roveciato il governo? I parenti di Bob Dole e lo zucchero. Lo zucchero era di gran lunga il principale sostentamento delle isole e i profitti e la prosperità dipendevano da trattati favorevoli con gli Stati Uniti, il principale mercato dello zucchero hawaiano, e questo aveva creato potenti legami economici. I proprietari delle piantagioni erano, per la maggior parte, i discendenti delle famiglie missionarie originarie che avevano portato la religione nelle isole al seguito delle navi baleniere. Con l’arrivo della proprietà privata nelle isole, le famiglie missionarie avevano finito con il possedere grandi estensioni di terreno! Le Hawaii hanno poche ricchezze minerarie, quindi la terra era utile solo per l’agricoltura. In un’epoca in cui i velieri non refrigerati erano l’unico mezzo per spedire i prodotti nel continente americano, lo zucchero e, in misura minore, le noci di cocco erano gli unici prodotti che potevano sopravvivere ad un lungo viaggio in mare.
Ma, nel 1826, gli Stati Uniti avevano riconosciuto le Hawaii come nazione sovrana a sé stante e avevano imposto le consuete tariffe di importazione sullo zucchero proveniente dalle isole. Questo riduceva i profitti dei proprietari delle piantagioni di zucchero. Infatti, essendo essi stessi cittadini americani, erano irritati dal fatto che il governo degli Stati Uniti ricavasse più profitti dal loro zucchero di quanti ne ricavassero i proprietari stessi. Per eludere la tariffa, i proprietari delle piantagioni ritenevano necessario che le Hawaii cessassero di essere una nazione separata e sovrana. Nel 1887, durante il regno del fratello di Liliuokalani, il re Kalakaua, un gruppo di piantatori e uomini d’affari, cercando di controllare il regno sia politicamente che economicamente, aveva dato vita ad un’organizzazione segreta, la Lega Hawaiana. I membri (solo poche centinaia, rispetto ai 40.000 nativi hawaiani del regno) erano prevalentemente americani, guidati da Lorrin A. Thurston, avvocato e nipote di un missionario. Il loro obiettivo, per il momento, era quello di “riformare” la monarchia. Ma ciò che era “riforma” per gli americani era tradimento per la popolazione delle Hawaii, che amava e rispettava i propri monarchi. È importante ricordare che, a differenza dei sovrani ereditari europei, gli ultimi due re delle Hawaii erano stati effettivamente eletti a tale carica con un voto democratico. Kalakaua e sua sorella Lili’uokalani erano istruiti, intelligenti, a loro agio in socità e altrettanto a loro agio con le tradizioni hawaiane e la cerimonia di corte. Soprattutto, erano profondamente preoccupati per il benessere del popolo hawaiano e per il mantenimento dell’indipendenza del regno. Non vedevano alcun motivo per rinunciare alla loro indipendenza solo per arricchire ulteriormente i già ricchi americani.
I membri più radicali della Lega Hawaiana erano favorevoli all’abdicazione del re e uno ne aveva addirittura proposto l’assassinio. Ma avevano infine deciso che il re sarebbe rimasto sul trono, ma con il suo potere fortemente limitato da una nuova costituzione di loro creazione. L’uccisione sarebbe stata l’ultima risorsa se si fosse rifiutato di accettare. Molti membri della Lega Hawaiana appartenevano ad una milizia volontaria, gli Honolulu Rifles, che ufficialmente era al servizio del governo hawaiano, ma che, in segreto, era il braccio militare della Lega Hawaiana. Kalakaua era stato costretto ad accettare un nuovo gabinetto composto da membri della Lega, che, a Iolani Palace, gli avevano presentato la loro costituzione per la firma. Il re, riluttante, aveva discusso e protestato, ma alla fine aveva firmato il documento, che sarebbe diventato noto come Costituzione della Baionetta,nel senso “firmata in punta di”. Come aveva osservato un membro del Gabinetto, “poco era stato lasciato all’immaginazione del sovrano esitante e riluttante, riguardo a ciò che avrebbe potuto aspettarsi nel caso in cui si fosse rifiutato di ottemperare alle richieste che gli erano state fatte”. La Costituzione della Baionetta aveva notevolmente ridotto il potere del re, rendendolo una mera figura di riferimento. Il potere esecutivo effettivo era affidato al Gabinetto, i cui membri non potevano più essere licenziati dal re, ma solo dalla legislatura. Anche la modifica della Costituzione era prerogativa esclusiva della legislatura. L’altro scopo della Costituzione della Baionetta era quello di eliminare il dominio della maggioranza dei nativi hawaiani alle urne e nella legislatura. I giusti riformatori erano determinati a salvare gli hawaiani dall’autogoverno.
Il privilegio del voto non era più limitato ai cittadini del regno, ma era veniva esteso ai residenti stranieri, purché americani o europei. Gli asiatici erano esclusi, anche quelli naturalizzati. La Camera dei Nobili, precedentemente nominata dal re, sarebbe stata ora eletta e gli elettori e i candidati avrebbero dovuto soddisfare un requisito di proprietà o di reddito elevato, che escludeva la maggior parte dei nativi hawaiani. Sebbene potessero ancora votare per la Camera dei Rappresentanti, per farlo dovevano giurare di sostenere la Costituzione della Baionetta. Gli hawaiani si erano strenuamente opposti alla diminuzione della loro voce nel governo del Paese e si erano risentiti della riduzione dei poteri del monarca e del modo in cui gli era stata imposta la Costituzione della Baionetta. Hawaiani, cinesi e giapponesi avevano quindi chiesto al re di revocare la Costituzione. Il sedicente Gabinetto della Riforma aveva però risposto che solo un atto legislativo poteva farlo, anche se la loro nuova costituzione non era mai stata messa ai voti. Nel 1889 un giovane hawaiano di nome Robert W. Wilcox aveva inscenato una rivolta per rovesciare la Costituzione della Baionetta. All’alba aveva guidato circa 80 uomini, hawaiani ed europei, con armi acquistate dai cinesi, in una marcia verso il Palazzo `Iolani, con una nuova costituzione da far firmare a Kalakaua. Il re era fuori dal palazzo e il Gabinetto aveva chiamato le truppe che avevano soffocato con la forza l’insurrezione. Processato per cospirazione, Wilcox era stato poi dichiarato non colpevole da una giuria di nativi hawaiani, che lo consideravano un eroe popolare.
Il 20 gennaio 1891, il re Kalakaua era morto per una malattia ai reni all’età di 54 anni, lasciando come regina delle Hawaii la sorella Liliuokalani’, che, senza figli, aveva dichiarato suo successore al trono la giovane principessa Ka`iulani. Appena sette mesi dopo, era morto anche il marito di Liliuokalani, John Dominis, figlio di un capitano di mare americano. L’anno successivo, Lorrin Thurston e un gruppo di uomini che la pensavano allo stesso modo, per lo più di origine americana, avevano formato un Annexation Club, che aveva come scopo il rovesciamento della regina e l’annessione agli Stati Uniti. Thurston si era recato a Washington per promuovere l’annessione e aveva ricevuto un messaggio incoraggiante dal presidente Benjamin Harrison: “Qui troverete un’amministrazione estremamente comprensiva”. Il 14 gennaio 1893 la regina aveva tentato di proclamare una nuova costituzione che avrebbe ridato il potere al trono e ripristinato i diritti dei nativi hawaiani. Avvertito in precedenza dell’intenzione della regina da due membri del suo gabinetto, il Club dell’annessione era subito entrato in azione, con un Comitato di Sicurezza di 13 membri scelto per pianificare il rovesciamento della regina e l’istituzione di un governo provvisorio. Mentre tramavano la rivoluzione, sostenevano che la regina, proponendo di alterare la costituzione, avrebbe commesso “un atto rivoluzionario”.
La nave da guerra americana USS Boston era alla fonda nel porto di Honolulu. Pensando già ad uno un sbarco di truppe, Lorrin Thurston e altri due si erano rivolti al ministro americano alle Hawaii, John L. Stevens, dichiaratamente annessionista. Stevens aveva assicurato che non avrebbe protetto la regina e che avrebbe fatto sbarcare truppe dalla Boston se necessario “per proteggere le vite e le proprietà americane”. Aggiungendo che se i rivoluzionari fossero stati in possesso di edifici governativi e avessero effettivamente controllato la città, avrebbe riconosciuto il loro governo provvisorio. È importante notare che Stevens non aveva alcun titolo legale per riconoscere un nuovo governo a nome degli Stati Uniti. Il giorno successivo, il 15 gennaio, Thurston aveva comunicato al Gabinetto della Regina che il Comitato di Sicurezza l’avrebbe sfidata, consegnando una lettera al Ministro Stevens con la richiesta di far sbarcare le truppe dalla Boston, affermando che “la sicurezza pubblica è minacciata e la vita e la proprietà sono in pericolo”. Questo era un punto critico. La “sicurezza pubblica” era minacciata solo dal Comitato di Sicurezza stesso. Stevens non aveva alcuna base legale per inviare truppe americane a terra in forze. Si trattava, secondo qualsiasi definizione del termine, di un’invasione di truppe americane volta a rovesciare un governo straniero. Il Comitato di Sicurezza aveva offerto la presidenza del governo provvisorio a Sanford B. Dole, un altro dei “missionari”, come li chiamava Thurston. Piuttosto che abolire la monarchia, Dole aveva preferito sostituire la regina con una reggenza che tenesse il trono in custodia fino alla maggiore età della principessa Ka’iulani. Aveva accettato la presidenza e presentato le sue dimissioni da giudice della Corte Suprema delle Hawaii. La mattina del 17 gennaio, Dole aveva consegnato a Stevens una lettera di Thurston, chiedendo il suo riconoscimento del governo provvisorio, che avevano intenzione di proclamare alle 3 del pomeriggio. Il ministro americano aveva detto a Dole: “Penso che lei abbia una grande opportunità”.
Il 17 gennaio 1893, al tramonto, la regina Liliuokalani aveva rinunciato al trono in segno di protesta, con queste parole: “Io, Liliuokalani, per grazia di Dio e in base alla costituzione del Regno hawaiano, regina, con la presente protesto solennemente contro ogni e qualsiasi atto compiuto contro di me e contro il governo costituzionale del Regno hawaiano da parte di alcune persone che affermano di aver istituito un governo provvisorio di e per questo Regno. Che mi arrendo alla forza superiore degli Stati Uniti d’America, le cui truppe il Ministro Plenipotenziario, Sua Eccellenza John L. Stevens, ha fatto sbarcare a Honolulu dichiarando che avrebbe sostenuto il suddetto Governo Provvisorio. Ora, per evitare qualsiasi scontro tra forze armate e forse la perdita di vite umane, sotto questa protesta e spinta da tali forze, cedo la mia autorità fino a quando il Governo degli Stati Uniti, su presentazione dei fatti, annullerà l’azione del suo rappresentante e mi reintegrerà nell’autorità che rivendico come sovrano costituzionale delle Isole Hawaii”.
Si noti che la regina aveva ceduto la sovranità delle Hawaii non ai rivoluzionari, ma alla “forza superiore degli Stati Uniti d’America”. Questo pone gli Stati Uniti nella posizione legale di aver invaso e rovesciato il governo di una nazione straniera senza alcuna provocazione. Il governo provvisorio aveva assunto il controllo del palazzo e dichiarato la legge marziale. In seguito, su richiesta [del governo provvisorio], il ministro Stevens aveva proclamato le Hawaii un protettorato temporaneo e issato la bandiera americana sugli edifici governativi. Aveva scritto al Dipartimento di Stato per sollecitare l’annessione, dicendo: “La pera hawaiana è ora pienamente matura e questo è il momento d’oro per gli Stati Uniti di coglierla”. Il governo provvisorio aveva noleggiato un piroscafo e Thurston e altri quattro si erano recati a Washington con un trattato di annessione in mano. Agli inviati della regina era stato negato il permesso di imbarcarsi sulla stessa nave e, quando erano arrivati a Washington, il presidente Harrison aveva già inviato il trattato di annessione al Senato. Ma Harrison era agli ultimi giorni di potere e il suo successore, Grover Cleveland, aveva ritirato il trattato, allarmato dalle ramificazioni legali dell’accaduto.
Il presidente Cleveland aveva inviato a Honolulu il commissario speciale James H. Blount, ex presidente della Commissione Affari Esteri della Camera. Il compito di Blount era quello di indagare sulle circostanze della rivoluzione, sul ruolo svolto dal Ministro Stevens e dalle truppe americane e di valutare i sentimenti della popolazione delle Hawaii nei confronti del governo provvisorio. Blount aveva immediatamente ordinato alle truppe di tornare alla loro nave e di ammainare la bandiera americana e sostituirla con quella hawaiana. Il rapporto finale di Blount accusava il ministro Stevens di aver cospirato illegalmente nel rovesciamento della monarchia, cosa che non sarebbe potuta succedere senza lo sbarco delle truppe statunitensi. Blount aveva raccomandato il reinsediamento della regina, affermando: “L’indubbio sentimento del popolo è a favore della regina, contro il governo provvisorio e contro l’annessione”. Aveva osservato: “Non c’è un annessionista nelle Isole, per quanto ho potuto osservare, che sarebbe disposto a sottoporre la questione dell’annessione ad un voto popolare”.
Sulla base delle conclusioni di Blount, il presidente Cleveland aveva deciso che, in nome della giustizia, avrebbe fatto tutto il possibile per reintegrare la regina. Il ministro Stevens era stat richiamato dalle Hawaii in disgrazia e sostituito con Albert Willis, che aveva espresso alla regina il rammarico del presidente per l’intervento non autorizzato degli Stati Uniti che le aveva fatto cedere la sovranità. Willis si era quindi recato da Sanford Dole e dal governo provvisorio, riconoscendo il torto commesso dagli Stati Uniti nella rivoluzione e chiedendo loro di dimettersi dal potere e di ripristinare la regina. La risposta, ovviamente, era stata negativa. Il governo ripudiava il diritto del presidente americano di interferire nei loro affari interni e affermava che se le forze americane avevano assistito illegalmente la rivoluzione, il governo provvisorio non era responsabile. Il 18 dicembre 1893, il presidente Cleveland aveva tenuto un eloquente discorso al Congresso sulla situazione delle Hawaii. Aveva avuto parole dure per lo sbarco delle truppe americane, avvenuto su richiesta dei rivoluzionari:
“Questa dimostrazione militare sul suolo di Honolulu è stata di per sé un atto di guerra, a meno che non sia stata fatta con il consenso del governo delle Hawaii o per proteggere in buona fede le vite e le proprietà dei cittadini degli Stati Uniti. Ma non c’è alcuna pretesa di tale consenso da parte del governo della regina… il governo esistente, invece di richiedere la presenza di una forza armata, ha protestato contro di essa. Altrettanto poco fondata è la pretesa che siano state sbarcate forze per la sicurezza della vita e della proprietà americana. Se così fosse, avrebbero dovuto stazionare nelle vicinanze di tali proprietà e in modo da proteggerle, invece che a distanza e in modo da comandare il palazzo del governo hawaiano e il palazzo. … Quando questi uomini armati erano sbarcati, la città di Honolulu era nella sua consueta condizione di ordine e pace. … “
“Se non fosse stato per le famose predilezioni del ministro degli Stati Uniti per l’annessione, il Comitato di Sicurezza, che avrebbe dovuto chiamarsi Comitato di Annessione, non sarebbe mai esistito. “Se non fosse stato per lo sbarco delle forze statunitensi con falsi pretesti riguardanti il pericolo per la vita e la proprietà, il Comitato non si sarebbe mai esposto ai piani e alle pene del tradimento intraprendendo la sovversione del governo della Regina. “Se non fosse stato per la presenza delle forze statunitensi nelle immediate vicinanze e in grado di fornire tutta la protezione e il sostegno necessari, il comitato non avrebbe proclamato il governo provvisorio dai gradini del Palazzo del Governo. “E, infine, se non fosse stato per l’occupazione illegale di Honolulu con falsi pretesti da parte delle forze statunitensi, e se non fosse stato per il riconoscimento del governo provvisorio da parte del ministro Stevens quando le forze statunitensi erano il suo unico sostegno e costituivano la sua unica forza militare, la regina e il suo governo non avrebbero mai ceduto al governo provvisorio, nemmeno per un certo periodo e al solo scopo di sottoporre il suo caso alla giustizia illuminata degli Stati Uniti. … “
“… se uno Stato debole ma amico rischia di essere derubato della sua indipendenza e della sua sovranità a causa di un uso improprio del nome e del potere degli Stati Uniti, questi ultimi non possono esimersi dal rivendicare il loro onore e il loro senso di giustizia con uno sforzo sincero per fare tutto il possibile per riparare”.
Il Presidente Cleveland aveva concluso rimettendo la questione nelle mani del Congresso. Le audizioni del Senato erano state tenute dal presidente della Commissione per le Relazioni Estere, John Tyler Morgan, un annessionista, il cui rapporto finale era riuscito ad assolvere tutti, tranne la regina. Molti al Senato non erano d’accordo e la Camera aveva condannato Stevens e approvato una risoluzione contro l’annessione. Con l’annessione in stallo, i leader del governo provvisorio avevano quindi deciso di formare una repubblica, in attesa di un clima politico più opportuno. Nel frattempo, vaste porzioni di terra hawaiana (tra cui Pearl Harbor) erano state sottratte ai legittimi proprietari dal nuovo governo senza alcun indennizzo e scambiate con gli Stati Uniti in cambio di una riduzione della tariffa sullo zucchero. La Marina degli Stati Uniti aveva iniziato a studiare come utilizzare la “Corazzata inaffondabile Hawaii” nella sua posizione di comando nel Pacifico.
Il nuovo governo provvisorio aveva quindi redatto una costituzione, trasformandola in legge con una proclamazione – lo stesso sistema con cui aveva costretto Liliuokalani a lasciare il trono. La nuova costituzione richiedeva agli elettori di giurare fedeltà alla repubblica, e migliaia di nativi hawaiani si erano rifiutati, per fedeltà alla regina e al Paese. Gli stranieri che si erano schierati con la rivoluzione avevano potuto votare. I requisiti di proprietà e le altre qualifiche erano così rigidi che relativamente pochi hawaiani e nessun asiatico era stato ammesso al voto. Il 4 luglio 1894, (ancora una volta assecondando gli Stati Uniti nella speranza di un’eventuale annessione) Sanford Dole aveva annunciato l’inaugurazione della Repubblica delle Hawaii, dichiarandosi presidente. Non volendo arrendersi, molti hawaiani e altri realisti avevano iniziato ad accumulare armi per una controrivoluzione volta a ripristinare la monarchia. Nella rivolta del gennaio 1895, guidata ancora una volta da Robert Wilcox, i realisti erano stati costretti a ritirarsi nelle valli dietro Honolulu dalle truppe governative e, dopo 10 giorni di combattimenti, la maggior parte di loro, compreso Wilcox, era stata catturata.
Il vero premio per la repubblica era stata la regina Lili`uokalani. Una perquisizione aveva rivelato un nascondiglio di armi nel giardino della sua casa di Washington Place (oggi palazzo del governatore). Era stata arrestata il 16 gennaio 1895, esattamente due anni dopo lo sbarco delle truppe americane a sostegno della rivoluzione. Imprigionata in una stanza d’angolo al secondo piano di `Iolani Palace, veniva sorvegliata giorno e notte, con il permesso di avere un solo assistente e di ricevere visite. Le finestre della sua stanza erano state verniciate per evitare che lei vedesse fuori e che i suoi sostenitori vedessero dentro. La vernice è visibile su quelle finestre ancora oggi. Lili’uokalani passava le lunghe ore scrivendo musica (Lili’uokalani ha scritto molte delle melodie tradizionali più popolari delle Hawaii) e cucendo trapunte. A Lili’uokalani era stato consegnato da firmare un documento di abdicazione, facendole credere che, se avesse rifiutato, molti dei suoi seguaci sarebbero stati fucilati per tradimento. Aveva scritto: “Per quanto mi riguarda, avrei scelto la morte piuttosto che firmarlo; ma mi è stato comunicato che firmando questo documento tutte le persone che erano state arrestate, tutto il mio popolo ora in difficoltà a causa del loro amore e della loro lealtà verso di me, sarebbero state immediatamente rilasciate… uno spargimento di sangue pronto a scorrere se non fosse stato fermato dalla mia penna”. Vale la pena notare che la Costituzione hawaiana non prevedeva un processo legale per l’abdicazione del monarca e, senza l’approvazione del legislatore, il documento non aveva validità legale.
Nonostante la firma di Lili`uokalani sul documento di abdicazione, Wilcox e altri quattro erano stati condannati a morte. Molti altri realisti avevano ricevuto lunghe pene detentive e pesanti multe. Lili’uokalani aveva scritto: “Le loro sentenze sono state emesse come se la mia firma non fosse stata ottenuta. Il fatto che non siano stati giustiziati è dovuto esclusivamente ad un fatto ammesso ufficialmente: ‘Dagli Stati Uniti era giunta la notizia che l’esecuzione dei ribelli prigionieri avrebbe ostacolato l’annessione”. In altre parole, gli americani che avevano rubato il governo stavano ancora mentendo alla regina per ottenere ciò che volevano, trattenuti dall’uccidere Wilcox e gli altri solo dall’intercessione degli Stati Uniti, che stavano ancora cercando di capire quale fosse il proprio ruolo nel fiasco. La regina era stata accusata di occultazione di tradimento e le era stata inflitta la pena massima di cinque anni di reclusione ai lavori forzati e una multa di 5.000 dollari. Per paura che vedere la regina ai lavori forzati potesse scatenare un’altra rivolta armata tra la popolazione, Lili’uokalani era rimasta rinchiusai nel palazzo per otto mesi e poi agli arresti domiciliari fino al 1896.
Una volta ottenuta la libertà, Lili’uokalani si era recata a Washington, armata di documenti firmati da molti hawaiani che chiedevano al Presidente Cleveland di reintegrare la loro regina. Ma ormai era troppo tardi perché potessero essere d’aiuto. Il suo mandato era terminato e non poteva più fare nulla. Grover Cleveland aveva scritto: “Mi vergogno dell’intera vicenda”. Il suo successore, il presidente William McKinley, aveva inviato il trattato di annessione al Senato. Gli hawaiani avevano presentato al Congresso una petizione con 29.000 firme contro l’annessione e petizioni alla Repubblica delle Hawaii, chiedendo che l’annessione fosse sottoposta a votazione pubblica. Non era mai permesso loro di votare sulla questione. In totale, erano stati inviati al Congresso tre distinti trattati di annessione. Tutti e tre erano stati respinti. Alla fine, le Hawaii erano state annesse con una risoluzione congiunta del Congresso. Ma il Congresso non aveva l’autorità legale per farlo. Una risoluzione congiunta del Congresso non ha alcun valore legale in un Paese straniero, che continuava ad essere la condizione delle Hawaii, anche sotto il governo provvisorio.
La sovranità delle Hawaii era stata formalmente trasferita agli Stati Uniti nel corso di una cerimonia a `Iolani Palace il 12 agosto 1898. Sanford Dole aveva parlato in qualità di nuovo governatore del Territorio delle Hawaii. Era stato suonato l’inno hawaiano “Hawaii Pono `I”, con parole scritte dal re Kalakaua, quando era stata ammainata la bandiera hawaiana, subito sostituita dalla bandiera americana e da “The Star-Spangled Banner”. Il popolo hawaiano aveva perso la sua terra, la sua monarchia e ora la sua indipendenza. I proprietari delle piantagioni americane erano ora liberi dalle tariffe di importazione; poco importava che, nel frattempo, il popolo hawaiano avesse perso la propria indipendenza. Anche questo trasferimento di potere era illegale secondo il diritto internazionale. Dopo l’attacco dell’Ammiraglio Dewey a Manila [nella guerra ispano americana, N.D.T.], erano entrate in vigore le regole internazionali di guerra, con la Spagna e gli Stati Uniti come belligeranti e le Hawaii come nazione neutrale. In base alla Convenzione dell’Aia del 1907, il governo degli Stati Uniti era tenuto ad applicare la legge hawaiana anziché la propria, cosa che non aveva mai fatto. Annettendo le Hawaii senza un trattato e poi dislocando forze militari sulle isole, gli Stati Uniti, pur essendo una nazione belligerante in tempo di guerra, aveva commesso un’incursione non provocata in una nazione neutrale e vi avevano stabilito forze militari. Questo è ciò che aveva fatto Hitler in Europa e il Giappone in Cina. Questo è un atto di guerra secondo qualunque legge.
L’anno successivo era morta all’età di 23 anni la giovane e bella principessa Kaiulani, erede al trono hawaiano. Con lei erano morte le ultime speranze di restaurazione della monarchia hawaiana. Ancora oggi ci si interroga su come e perché sia morta una donna così giovane e in salute. Liliuokalani era rimasta uno spirito indomito, onorata e venerata dal suo popolo come regina fino alla fine. Era morta nel 1917, all’età di 79 anni, ancora in attesa di giustizia. Le Hawaii erano rimaste un possedimento territoriale degli Stati Uniti per molti anni. La presenza militare iniziata illegalmente durante la guerra ispano-americana aveva continuato a crescere, compresa la base navale di Pearl Harbor. Le famiglie delle piantagioni diventavano sempre più ricche, mentre il popolo hawaiano autoctono veniva emarginato, spesso senza casa nella propria terra. L’astio tra hawaiani e americani era pubblicamente esploso durante il celebre caso del [presunto] stupro [di Thalia Massie] avvenuto ad Ala Moana, in cui il famoso avvocato Clarence Darrow aveva avuto la parte della difesa. La sottile patina di paradiso tropicale, creata per l’emergente industria turistica, si era infranto in pochi istanti per la rabbia mostrata da entrambe le parti.
Nel 1941, Franklin Delano Roosevelt aveva deciso che il modo migliore per spingere un’America riluttante a entrare in guerra contro Hitler era quello di “far entrare la guerra dalla porta sul retro”, attirando il Giappone in un attacco contro gli Stati Uniti. Bloccando le esportazioni di petrolio al Giappone, Roosevelt aveva costretto il Giappone ad invadere le Indie Orientali Olandesi e, posizionando la flotta statunitense del Pacifico a Pearl, Roosevelt aveva reso l’attacco a Pearl la prima mossa obbligatoria per qualsiasi movimento militare del Giappone in qualsiasi direzione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le Hawaii erano stato inserite dalle Nazioni Unite nell’elenco dei territori non autogestiti, con gli Stati Uniti come fiduciario, ai sensi dell’articolo 73. In base all’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, lo status di un territorio può essere modificato solo da un voto speciale, chiamato plebiscito, tenuto tra gli abitanti del territorio. Il plebiscito deve prevedere tre scelte sulla scheda elettorale. La prima scelta è quella di diventare parte della nazione fiduciaria. Nel caso delle Hawaii, ciò significava diventare uno Stato. La seconda scelta è quella di rimanere un territorio. La terza scelta, richiesta dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, era l’opzione per l’indipendenza. Per le Hawaii, ciò significava non essere più un territorio degli Stati Uniti e tornare ad essere una nazione sovrana indipendente.
Nel 1959 si era svolto il plebiscito delle Hawaii e, ancora una volta, il governo degli Stati Uniti aveva modificato le regole. Sulla scheda elettorale del plebiscito si poteva scegliere solo tra l’essere uno Stato e il rimanere un territorio. Sulla scheda non compariva alcuna opzione per l’indipendenza, come richiesto dalla Carta delle Nazioni Unite. Truffati ancora una volta dalla loro indipendenza, gli hawaiani avevano votato per il male minore ed erano diventati il 50° Stato. La storia della transizione delle Hawaii da nazione sovrana a Stato degli Stati Uniti è una storia di crimini su crimini, di politiche proposte con proclami e rafforzate da armi da guerra americane, di incursioni militari, di violazioni del diritto internazionale e dei trattati allora in vigore. Nessuno degli eventi che hanno trasformato le Hawaii da nazione sovrana a parte degli Stati Uniti era legale e in regola. È stata una rapina, secondo qualsiasi definizione del termine, con le giustificazioni e le scuse inventate a posteriori per rendere la vicenda appetibile ad un pubblico americano che voleva ancora vedere il proprio governo come equo, giusto e onorevole.
Nel 1988, uno studio del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva concluso che il Congresso non aveva l’autorità di annettere le Hawaii con una risoluzione congiunta. La finta annessione era una copertura per l’occupazione militare delle isole Hawaii per scopi legati alla guerra ispano-americana. Il 23 novembre 1993, il Presidente Clinton aveva firmato la Legge Pubblica degli Stati Uniti 103-150, che non solo riconosceva le azioni illegali commesse dagli Stati Uniti nel rovesciamento del legittimo governo delle Hawaii, ma anche che il popolo hawaiano non aveva mai ceduto la propria sovranità. Quest’ultima è la parte più importante della Legge Pubblica degli Stati Uniti 103-150, perché chiarisce che il popolo hawaiano non ha mai cessato di essere legalmente una nazione indipendente e sovrana. Non c’è argomento che possa cambiare questo fatto. La Legge Pubblica degli Stati Uniti 103-150, nonostante il suo linguaggio gentile, è un’ammissione ufficiale che il governo degli Stati Uniti occupa illegalmente il territorio del popolo hawaiano.
Nel 1999, le Nazioni Unite avevano confermato che il voto plebiscitario che aveva portato alla statualità delle Hawaii violava l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Il voto per la statualizzazione delle Hawaii, secondo il trattato allora in vigore, era illegale e non vincolante. (Lo stesso vale per il plebiscito in Alaska). In un mondo in cui le nazioni sono governate da leggi come gli uomini, le Hawaii non sono e non sono mai state legalmente parte degli Stati Uniti. Le Hawaii sono state rubate al popolo hawaiano, che le rivuole indietro. Incapaci di argomentare contro queste questioni legali che mettono in discussione la legittimità della presenza degli Stati Uniti nelle Hawaii, i sostenitori dello status quo hanno continuato a portare avanti argomentazioni di comodo per giustificare il fatto che, anche se il popolo hawaiano è stato illegalmente privato del suo governo e delle sue terre, le cose dovrebbero rimanere così come sono oggi.
Uno degli argomenti più spesso utilizzati è che una monarchia limitata da una Costituzione sarebbe un male. Non sembra che questo abbia danneggiato l’Inghilterra, il Principato di Monaco o i prosperi Emirati Sauditi. Due dei re delle Hawaii erano stati eletti a tale carica dal voto popolare. Nessun’altra monarchia vanta un simile processo democratico. E, come dimostrarono le ribellioni di Wilcox, gli hawaiani avevano trovato la vita sotto il dominio americano molto meno piacevole di quanto fosse sotto la regina Lili`uokalani. Un altro argomento di comodo è che l’indipendenza hawaiana significherebbe l’eliminazione totale dell’esercito americano. È un’assurdità. Queste basi non sono qui per il bene delle Hawaii, ma per il bene degli Stati Uniti continentali. Le forze armate americane mantengono basi in tutto il mondo, in nazioni straniere come Okinawa, Germania e Cuba. L’America non esiterebbe a stipulare un trattato con il governo di un arcipelago delle Hawaii indipendente per continuare ad affittare le sue strutture qui e non c’è motivo per il governo di una Hawaii indipendente di rifiutare.
Un altro argomento di comodo è che se le Hawaii fossero restituite agli hawaiani, questi sarebbero obbligati a pagare per i miglioramenti apportati da quando le loro terre erano state prese. Anche questa è un’assurdità. Se un ladro ruba la vostra auto e mentre è in suo possesso la dipinge e installa uno stereo, siete obbligati a risarcire il ladro per i miglioramenti quando la polizia vi restituisce l’auto rubata? Ovviamente no. Il ladro ha apportato le migliorie alla proprietà rubata a suo, non a vostro vantaggio. Allo stesso modo, i miglioramenti apportati alle Hawaii sono stati fatti per favorire i rovesciatori, non i rovesciati. Se proprio si vogliono monetizzare i miglioramenti, dobbiamo essere giusti e includere gli affitti arretrati dovuti per le proprietà su cui si trovano tali miglioramenti. L’ultima argomentazione è che l’indipendenza delle Hawaii provocherebbe il disfacimento della società nelle isole. Ma la verità è che un nuovo governo delle Hawaii indipendenti è ben motivato a non cambiare nulla; a mantenere l’industria, il turismo, l’alta tecnologia e tutta la vita hawaiana più o meno com’è ora, possibilmente senza sconvolgimenti o spostamenti. A parte gli estremisti e gli evidenti fomentatori di paura, il passaggio delle Hawaii da Stato a nazione indipendente cambierebbe i destinatari degli affitti e le tasse, e poco altro.
Anche la bandiera delle Hawaii rimarrebbe probabilmente la stessa. Le Hawaii perderebbero l’enorme e complessa burocrazia che le collega alla terraferma, e i cittadini delle Hawaii sarebbero liberati dall’obbligo di partecipare al debito federale di 7.000 miliardi di dollari e ai suoi rovinosi interessi, ma chi piangerebbe una tale perdita? Le basi militari sarebbero ancora qui. Gli Stati Uniti lo vorrebbero. Anche il governo delle Hawaii indipendenti lo vorrebbe. La gente vorrebbe continuare a gestire le proprie attività. Il governo di un arcipelago delle Hawaii indipendente vorrebbe esattamente la stessa cosa. La confusione e la discordia danneggiano il turismo. Un nuovo governo hawaiano indipendente sarebbe ben motivato a mantenere le isole serene. Ma il punto è se si crede o meno nella giustizia. È facile sostenere la giustizia che va a proprio favore, ma la vera prova di cittadinanza morale è sostenere la giustizia anche quando è un inconveniente personale. Se si ritiene che il governo degli Stati Uniti sia obbligato a rispettare le leggi e la Carta delle Nazioni Unite che ha liberamente sottoscritto, allora lo status del popolo hawaiano come nazione distinta e sovrana è fuori discussione. In questo caso gli Stati Uniti nelle Hawaii, come Gandhi descriveva gli inglesi in India, agiscono come padroni in casa d’altri.
Il testo integrale della “Risoluzione di scuse” del Congresso al Regno e al popolo delle Hawaii approvata dal Congresso degli Stati Uniti e firmata dal Presidente William J. Clinton, il 23 novembre 1993.
Per riconoscere il 100° anniversario del rovesciamento del Regno delle Hawaii, avvenuto il 17 gennaio 1893, e per offrire le scuse ai nativi hawaiani a nome degli Stati Uniti per il rovesciamento del Regno delle Hawaii.
Considerando che, prima dell’arrivo dei primi europei nel 1778, il popolo nativo hawaiano viveva in un sistema sociale altamente organizzato, autosufficiente e di sussistenza, basato sul possesso comune della terra, con una lingua, una cultura e una religione sofisticate;
Considerando che un governo monarchico unificato delle Isole Hawaii era stato istituito nel 1810 sotto Kamehameha I, il primo Re delle Hawaii;
Il Presidente Cleveland aveva inoltre concluso che “è stato fatto un torto sostanziale che un doveroso rispetto per il nostro carattere nazionale e per i diritti del popolo leso richiede che ci sforziamo di riparare” e chiesto la restaurazione della monarchia hawaiana.
DICHIARAZIONE:
Considerando che dal 1826 al 1893 gli Stati Uniti hanno riconosciuto l’indipendenza del Regno delle Hawaii, hanno esteso il pieno e completo riconoscimento diplomatico al governo hawaiano e hanno stipulato trattati e convenzioni con i monarchi hawaiani per regolare il commercio e la navigazione nel 1826, 1842, 1849, 1875 e 1887;
Considerando che la Chiesa Congregazionale (ora nota come Chiesa Unita di Cristo), attraverso il suo American Board of Commissioners for Foreign Missions, ha sponsorizzato e inviato più di 100 missionari nel Regno delle Hawaii tra il 1820 e il 1850;
Considerando che il 14 gennaio 1893 John L. Stevens (di seguito indicato nella presente Risoluzione come il “Ministro degli Stati Uniti”), il Ministro degli Stati Uniti assegnato al Regno delle Hawaii, sovrano e indipendente, aveva cospirato con un piccolo gruppo di residenti non hawaiani del Regno delle Hawaii, tra cui cittadini degli Stati Uniti, per rovesciare il governo indigeno e legittimo delle Hawaii;
Considerando che, in seguito alla cospirazione per rovesciare il governo delle Hawaii, il Ministro degli Stati Uniti e i rappresentanti navali degli Stati Uniti avevano fatto sì che le forze navali armate degli Stati Uniti invadessero la nazione hawaiana sovrana il 16 gennaio 1893 e si posizionassero vicino agli edifici del governo hawaiano e al Palazzo Iolani per intimidire la regina Liliuokalani e il suo governo;
Considerando che, nel pomeriggio del 17 gennaio 1893, un Comitato di Sicurezza che rappresentava i piantatori di zucchero americani ed europei, i discendenti dei missionari e i finanzieri, aveva deposto la monarchia hawaiana e proclamato l’istituzione di un Governo Provvisorio;
Considerando che il Ministro degli Stati Uniti aveva quindi esteso il riconoscimento diplomatico al Governo Provvisorio che era stato formato dai cospiratori senza il consenso del popolo nativo hawaiano o del governo legittimo delle Hawaii e in violazione dei trattati tra le due nazioni e del diritto internazionale;
Considerando che poco dopo, informata del rischio di spargimento di sangue in caso di resistenza, la regina Liliuokalani aveva rilasciato la seguente dichiarazione in cui cedeva la sua autorità al governo degli Stati Uniti piuttosto che al governo provvisorio:
“Io Liliuokalani, per Grazia di Dio e in base alla Costituzione del Regno Hawaiano, Regina, con la presente protesto solennemente contro ogni e qualsiasi atto compiuto contro me stessa e il Governo Costituzionale del Regno Hawaiano da alcune persone che affermano di aver istituito un Governo Provvisorio di e per questo Regno”.
“Mi arrendo alla forza superiore degli Stati Uniti d’America, il cui ministro plenipotenziario, Sua Eccellenza John L. Stevens, ha fatto sbarcare le truppe statunitensi a Honolulu e ha dichiarato che sosterrà il governo provvisorio.
“Ora, per evitare qualsiasi scontro tra forze armate e forse la perdita di vite umane, lo faccio in segno di protesta e spinta da questa forza cedo la mia autorità fino a quando il Governo degli Stati Uniti, su presentazione dei fatti, annullerà l’azione dei suoi rappresentanti e mi reintegrerà nell’autorità che rivendico come Sovrano costituzionale delle Isole Hawaii”.
Fatto a Honolulu, il 17 gennaio 1893;
Considerando che, senza il sostegno attivo e l’intervento dei rappresentanti diplomatici e militari degli Stati Uniti, l’insurrezione contro il governo della Regina Liliuokalani sarebbe fallita per mancanza di sostegno popolare e per l’insufficienza di armi;
Considerando che il 1° febbraio 1893 il Ministro degli Stati Uniti aveva alzato la bandiera americana e proclamato le Hawaii protettorato degli Stati Uniti;
Considerando che il rapporto di un’inchiesta istituita dal Presidente e condotta dall’ex membro del Congresso James Blount sugli eventi riguardanti l’insurrezione e il rovesciamento del 17 gennaio 1893 aveva concluso che i rappresentanti diplomatici e militari degli Stati Uniti avevano abusato della loro autorità ed erano responsabili del cambiamento di governo;
Considerando che, a seguito di questa indagine, il Ministro degli Stati Uniti alle Hawaii era stato richiamato dal suo incarico diplomatico e il comandante militare delle forze armate degli Stati Uniti di stanza alle Hawaii disciplinato e costretto a dimettersi dal suo incarico;
Considerando che in un messaggio al Congresso del 18 dicembre 1893, il Presidente Grover Cleveland aveva riferito in modo completo e accurato sugli atti illegali dei cospiratori, descrivendo tali atti come un “atto di guerra, commesso con la partecipazione di un rappresentante diplomatico degli Stati Uniti e senza l’autorità del Congresso” e riconoscendo che con tali atti era stato rovesciato il governo di un popolo pacifico e amichevole;
Considerando che: Il Presidente Cleveland aveva affermato che “è stato fatto un torto sostanziale che un dovuto rispetto per il nostro carattere nazionale e per i diritti del popolo ferito richiede che ci sforziamo di riparare” e chiesto la restaurazione della monarchia hawaiana;
Considerando che il Governo provvisorio aveva protestato contro l’appello del Presidente Cleveland per la restaurazione della monarchia e aveva continuato a detenere il potere statale e a perseguire l’annessione agli Stati Uniti;
Considerando che il Governo Provvisorio aveva esercitato con successo pressioni sul Comitato per le Relazioni Estere del Senato (di seguito indicato nella presente Risoluzione come il “Comitato”) affinché conducesse una nuova indagine sugli eventi relativi al rovesciamento della monarchia;
Considerando che il Comitato e il suo presidente, il senatore John Morgan, avevano condotto delle udienze a Washington, D.C., dal 27 dicembre 1893 al 26 febbraio 1894, in cui i membri del Governo Provvisorio avevano giustificato e condonato le azioni del Ministro degli Stati Uniti e raccomandato l’annessione delle Hawaii;
Considerando che, sebbene il Governo Provvisorio fosse stato in grado di oscurare il ruolo degli Stati Uniti nel rovesciamento illegale della monarchia hawaiana, non era riuscito a raccogliere il sostegno dei due terzi del Senato necessario per ratificare un trattato di annessione;
Considerando che il 4 luglio 1894 il Governo provvisorio si era dichiarato Repubblica delle Hawaii;
Considerando che, il 24 gennaio 1895, mentre era imprigionata a Palazzo Iolani, la regina Liliuokalani era stata costretta dai rappresentanti della Repubblica delle Hawaii ad abdicare ufficialmente al trono;
Considerando che alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 1896 William McKinley aveva sostituito Grover Cleveland;
Considerando che, il 7 luglio 1898, a seguito della guerra ispano-americana, il Presidente McKinley aveva firmato the Newlands Joint Resolution che prevedeva l’annessione delle Hawaii;
Considerando che con la Newlands Joint Resolution, la Repubblica autodichiarata delle Hawaii aveva ceduto agli Stati Uniti la sovranità sulle isole Hawaii;
Considerando che la Repubblica delle Hawaii aveva ceduto anche 1.800.000 acri di terre della corona, governative e pubbliche del Regno delle Hawaii, senza il consenso o la compensazione del popolo nativo hawaiano delle Hawaii o del suo governo sovrano;
Considerando che il Congresso, attraverso la Newlands Joint Resolution, aveva ratificato la cessione, aveva annesso le Hawaii come parte degli Stati Uniti e aveva conferito agli Stati Uniti il titolo di proprietà sulle terre delle Hawaii;
Considerando che la Newlands Joint Resolution specificava anche che i trattati esistenti tra le Hawaii e le nazioni straniere dovevano cessare immediatamente ed essere sostituiti da trattati degli Stati Uniti con tali nazioni;
Considerando che la Newlands Joint Resolution aveva permesso la transazione tra la Repubblica delle Hawaii e il Governo degli Stati Uniti;
Considerando che il popolo indigeno hawaiano non ha mai rinunciato direttamente alle proprie rivendicazioni di sovranità intrinseca come popolo o al passaggio delle proprie terre nazionali agli Stati Uniti, né attraverso la monarchia né attraverso un plebiscito o un referendum;
Considerando che il 30 aprile 1900 il Presidente McKinley aveva firmato l’Atto Organico che prevedeva un governo per il territorio delle Hawaii e definiva la struttura politica e i poteri del governo territoriale appena istituito e il suo rapporto con gli Stati Uniti;
Considerando che il 21 agosto 1959 le Hawaii erano diventate il 50° Stato degli Stati Uniti;
Considerando che la salute e il benessere dei nativi hawaiani sono intrinsecamente legati ai loro profondi sentimenti e al loro attaccamento alla terra;
Considerando che i cambiamenti economici e sociali a lungo termine avvenuti nelle Hawaii nel corso del diciannovesimo e dell’inizio del ventesimo secolo sono stati devastanti per la popolazione e per la salute e il benessere del popolo hawaiano;
Considerando che i nativi hawaiani sono determinati a preservare, sviluppare e trasmettere alle generazioni future il loro territorio ancestrale e la loro identità culturale in conformità con le loro credenze spirituali e tradizionali, i loro costumi, le loro pratiche, la loro lingua e le loro istituzioni sociali;
Considerando che, al fine di promuovere l’armonia razziale e la comprensione culturale, la legislatura dello Stato delle Hawaii ha stabilito che l’anno 1993 debba servire alle Hawaii come anno di riflessione speciale sui diritti e le dignità dei nativi hawaiani nella società hawaiana e americana;
Considerando che il diciottesimo Sinodo generale della Chiesa Unita di Cristo, riconoscendo la complicità storica della denominazione nel rovesciamento illegale del Regno delle Hawaii nel 1893, ha dato ordine all’Ufficio del Presidente della Chiesa Unita di Cristo di presentare pubbliche scuse al popolo nativo hawaiano e di avviare il processo di riconciliazione tra la Chiesa Unita di Cristo e i nativi hawaiani.
Considerando che è opportuno e tempestivo che il Congresso, in occasione dell’imminente centenario dell’evento, riconosca il significato storico del rovesciamento illegale del Regno delle Hawaii, esprima il suo profondo rammarico al popolo nativo hawaiano e sostenga gli sforzi di riconciliazione dello Stato delle Hawaii e della Chiesa Unita di Cristo con i nativi hawaiani;
Pertanto, il Senato e la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America, riuniti in Congresso, hanno deliberato quanto segue,
SEZIONE 1. RICONOSCIMENTO E SCUSE.
Il Congresso – (1) in occasione del centesimo anniversario del rovesciamento illegale del Regno delle Hawaii il 17 gennaio 1893, riconosce il significato storico di questo evento che ha portato alla soppressione della sovranità intrinseca del popolo nativo hawaiano;
(2) riconosce ed elogia gli sforzi di riconciliazione avviati dallo Stato delle Hawaii e dalla Chiesa Unita di Cristo con i nativi hawaiani;
(3) si scusa con i nativi hawaiani a nome del popolo degli Stati Uniti per il rovesciamento del Regno delle Hawaii, avvenuto il 17 gennaio 1893 con la partecipazione di agenti e cittadini degli Stati Uniti, e per la privazione dei diritti di autodeterminazione dei nativi hawaiani;
(4) esprime il proprio impegno a riconoscere le ramificazioni del rovesciamento del Regno delle Hawaii, al fine di fornire una base adeguata per la riconciliazione tra gli Stati Uniti e il popolo nativo hawaiano; e
(5) esorta il Presidente degli Stati Uniti a riconoscere le ramificazioni del rovesciamento del Regno delle Hawaii e a sostenere gli sforzi di riconciliazione tra gli Stati Uniti e il popolo nativo hawaiano.
SEZ. 2. DEFINIZIONI.
Ai sensi della presente Risoluzione congiunta, per “nativi hawaiani” si intende qualsiasi individuo discendente delle popolazioni aborigene che, prima del 1778, occupavano ed esercitavano la sovranità nell’area che oggi costituisce lo Stato delle Hawaii.
SEZ. 3. DISCLAIMER.
Nulla di quanto contenuto nella presente Risoluzione congiunta è da intendersi come una liquidazione di eventuali richieste di risarcimento nei confronti degli Stati Uniti.
Approvata il 23 novembre 1993
Larry Romanoff
Fonte: bluemoonofshanghai.com
Link: https://www.bluemoonofshanghai.com/politics/12466/
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org