Live from Baghdad : Il segreto del Rinascimento Iracheno

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 DI PEPE ESCOBAR

counterpunch.org

La scorsa settimana, a Baghdad, in una mattinata spazzata da una tempesta di sabbia, Abu Mahdi al-Muhandis, il leggendario vice comandante di Hashd al-Shaabi, anche conosciuta come unità di mobilitazione del popolo (PMU), e mente dietro le numerose battaglie terrestri contro l’ISIS/Daesh ha incontrato un piccolo numero di giornalisti ed analisti stranieri indipendenti.

Questo è stato un momento importante per più di una ragione. E’ stata la prima intervista dettagliata concessa da Muhandis da quando  è stata emessa la fatwa dal Grande Ayatollah al –Sistani – l’immensamente rispettato marja (fonte di emulazione) e massima autorità religiosa in Iraq – nel Giugno 2014, quando Daesh si scatenò attraverso il confine dalla Siria. La Fatwa, liberamente tradotta, dice, “E’ dovere di ogni Iracheno capace di portare le armi di arruolarsi volontario con le Forze Armate Irachene per difendere la santità della nazione.”

Muhandis si è allontanato dal campo di battaglia soprattutto per l’incontro, e poi è andato dritto verso al Qaim. Era sicuro che “al-Qaim sarà presa in qualche giorno” – un riferimento alla cruciale città di confine irachena tenuta da Daesh, che si collega alla fortezza di Daesh ad Abu Kamal in Syria.

E’ esattamente quello che è accaduto quattro giorni dopo; le forze Irachene iniziarono immediatamente un rastrellamento e si prepararono ad incontrare al confine le avanzanti forze siriane – il che rende ancora più evidente che la ricomposizione dell’integrità territoriale d’Iraq e della Siria è un (veloce ) lavoro in corso.

L’incontro con Muhandis si è tenuto in un compound dentro la massicciamente fortificata Zona Verde – una bolla, creata dagli americani, tenuta totalmente isolata dalla ultra-volatile Zona Rossa di Baghdad, con checkpoint multipli e cani poliziotto usati dai contractor statunitensi.

A peggiorare la situazione, il dipartimento di stato degli USA descrive Muhandis come un “terrorista”. Ciò equivale in pratica a criminalizzare il governo iracheno di Baghdad – il quale ha debitamente rilasciato una dichiarazione ufficiale che confuta furiosamente la definizione.

Le PMU sono un corpo ufficiale, con decine di migliaia di volontari, collegato all’ufficio del Comandante in Capo delle Forze Armate Irachene. Il parlamento Iracheno ha pienamente legittimato le PMU nel novembre 2016 attraverso la risoluzione 91 (l’articolo 4, per esempio, afferma che, “le PMU e le sue affiliate sono soggette alle normative militari che vengono applicate in ogni aspetto”.)

Le sue 25 brigate da combattimento – che includono Sciiti, Sunniti, Cristiani, Yazidi, Turkmeni, Shabak e Curdi – sono state assolutamente cruciali nella lotta contro Daesh a Samarra, Amirli, Jalawla, Balad, Salahuddin, Fallujah (35 differenti battaglie), Shirqat e Mosul (soprattutto sull’asse occidentale che va dalla base di Qayara al confine iracheno-siriano, tagliando le catene di approvvigionamento e sigillando Mosul contro una possibile fuga di Daesh in Syria).

Riprendere Kirkuk “in una manciata di ore”

Muhandis descrive le PMU come “una forza militare ufficiale” che svolge un “ruolo complementare” all’esercito iracheno. Il piano iniziale per le PMU era di diventare una guardia nazionale – cosa che infatti ora sono. “Noi abbiamo droni da ricognizione e unità ingegneristiche che l’esercito non ha. Non ci importa se ci chiamano gendarmi.” È orgoglioso che le PMU stiano combattendo una “guerra non convenzionale“, mantenendo le basi “militarmente e moralmente” con “vittorie ottenute in tempi da record“. E “contrariamente alla Siria“, senza alcun sostegno diretto russo.

Muhandis ha chiaro che l’Iran è stata l’unica nazione a sostenere la lotta dell’Iraq contro Daesh. L’Iraq ha ricambiato aiutando la Siria, “facilitando i voli degli aerei iraniani“. Senza accordo sullo stato delle forze (SOFA) tra Washington e Baghdad, “gli americani hanno ritirato le compagnie che mantengono i carri armati Abrams“. Nel 2014 “non avevamo nemmeno gli AK-47. L’Iran ce li ha dati. L’ambasciata degli Stati Uniti aveva 12 elicotteri Apache pronti a trasportare i diplomatici se Baghdad fosse caduta sotto il controllo di Daesh.”

Se non ci fossero state le PMU, un anno dopo “Baghdad sarebbe stata occupata“; “È come se tu fossi in ospedale e avessi bisogno di sangue. Gli americani si sarebbero presentati con la trasfusione quando era troppo tardi“. Egli è fermamente convinto che “gli USA non hanno fornito neanche un proiettile” nell’intera lotta contro Daesh. Eppure, Muhandis chiarisce che “gli Stati Uniti potrebbero rimanere in Iraq se il governo iracheno lo decidesse. La mia opinione personale è ben nota. ”

Muhandis considera l’[occidentale] “guerra dei media condotta contro Hashd al-Shaabi” come “normale fin dall’inizio “; “I paesi che hanno sostenuto il terrorismo non percepirebbero che una forza popolare è emersa e non riconoscerebbero il nuovo sistema politico in Iraq“. In quella nota, ha aggiunto mestamente: “puoi sentire l’odore della benzina“.

Muhandis è stato ferito ad Halabja ed anche ad Anfal, nelle operazioni anti-curde di Saddam Hussein. Era “felice di vedere il Kurdistan salvato dopo il 1991“; sottolinea “abbiamo avuto martiri caduti in Kurdistan che li difendevano“; e considera se stesso un amico dei curdi, mantenendo buone relazioni con i loro leader. Anche i consiglieri iraniani, insieme all’esercito iracheno e alle PMU, “hanno impedito a Daesh di conquistare Erbil“.

Anche dopo un “referendum unilaterale, l’Iraq ha dovuto rivendicare l’autorità dello stato“. Riprendere Kirkuk – in gran parte un’operazione delle PMU – era “una questione di ore“; le PMU “hanno evitato di combattere e sono rimaste solo alla periferia di Kirkuk“. In precedenza, Muhandis ha discusso i dettagli operativi con i Peshmerga, e c’è stato un pieno coordinamento sia con l’Iran che con la Turchia; “È un’idea sbagliata che i leader Curdi possano contare sulla Turchia“.

Fallujah, finalmente sicura

Le PMU insistono assolutamente sulla loro protezione delle minoranze etniche, riferendosi a migliaia di Sabak, Yazidi e turkmeni – tra almeno 120.000 famiglie – costrette dal governo Daesh a diventare sfollati. Dopo che le battaglie di liberazione furono vinte, le PMU fornirono a queste famiglie cibo, vestiti, giocattoli, generatori e carburante. Posso confermare che molte di queste donazioni provenivano da famiglie di combattenti del PMU da tutto il paese.

Le priorità del PMU includono team di ingegneri da combattimento che riportano le famiglie nelle loro aree dopo aver eliminato mine ed esplosivi e poi riaprendo ospedali e scuole. Ad esempio, 67.000 famiglie sono state reinsediate nelle loro case a Salahuddin e 35.000 famiglie a Diyala.

Muhandis sottolinea che “nella lotta contro Daesh a Salahuddin e Hawija, i comandanti delle brigate erano sunniti“. Le PMU hanno una brigata di cristiani di Babilonia, una brigata Yazida e una brigata turkmena; “Quando gli yazidi erano sotto assedio a Sinjar, abbiamo liberato almeno 300.000 persone“.

Complessivamente, le PMU comprendono oltre 20.000 combattenti sunniti. Confrontato con il fatto che il 50% degli attentatori suicidi di Daesh in Iraq sono cittadini sauditi. Ho confermato con Sheikh Muhammad al-Nouri, leader degli studiosi sunniti di Falluja, “Questa è una battaglia ideologica contro l’ideologia wahabita. Dobbiamo allontanarci dalla scuola Wahhabi e reindirizzare la nostra conoscenza ad altre scuole sunnite “. Ha spiegato come ha funzionato sul terreno ad Haditha (“siamo stati in grado di controllare le moschee“) e ha motivato le persone a Falluja, a 30 minuti di distanza; “Falluja è una città irachena. Crediamo nella convivenza “.

Dopo 14 anni in cui Fallujah non era sicura, e con l’esperienza Haditha in rapida espansione, Sheikh Muhammad è convinto che “l’Iraq dichiarerà una guerra diversa al terrorismo“. L’approccio inclusivo è stato confermato anche da Yezen Meshaan al-Jebouri, capo della brigata Salahuddin delle PMU. Questo è un fatto cruciale poichè egli è membro della famosissima famiglia sunnita Jebouri, che era storicamente nemica di Saddam Hussein; suo padre è l’attuale governatore di Tikrit. Al-Jebouri denuncia “la corruzione dello stato nelle regioni sunnite“, “un’impressione di ingiustizia” e il fatto che per Daesh “anche i sunniti che non li seguivano dovrebbero essere uccisi“. È preoccupato per “l’accumulo saudita di armi sviluppate. Chi garantisce che queste non saranno usate contro la regione?” E rifiuta l’idea che “siamo considerati dall’Occidente come parte del progetto iraniano “.

La vittoria militare incontra la vittoria politica

Lontano dal “terrorista” stereotipato, Muhandis è disarmante, arguto e sincero. E un vero patriota iracheno; “L’Iraq ora ripristina la sua posizione grazie al sangue dei suoi figli. Dovevamo avere una forza militare in grado di combattere una minaccia interna. Stiamo compiendo un dovere religioso, nazionale e umanitario“.

Soldati a parte, migliaia di volontari extra di PMU non ricevono salario. I membri del Parlamento e persino i ministri erano attivi sul campo di battaglia. Muhandis è orgoglioso del fatto che “abbiamo una catena di comando proprio come l’esercito“; che le PMU ospitano “migliaia di persone con titoli di studio universitari“; che gestiscono “dozzine di ospedali da campo, unità di terapia intensiva” e hanno “il più forte corpo di intelligence in Iraq“.

A Baghdad, ho personalmente verificato che è insensato il racconto nel quale accusano le PMU di essere un esercito privato del primo ministro Nouri al-Maliki. Se così fosse, il grande ayatollah al-Sistani dovrebbe prendersene la colpa, lui concettualmente è il padre delle PMU. Hadi al-Amiri, il segretario generale della potente organizzazione Badr, estremamente attiva nella lotta contro Daesh, mi ha sottolineato che le PMU sono “parte del sistema di sicurezza, integrato con il Ministero della Difesa“. Ma ora “abbiamo bisogno delle università e di enfasi sull’educazione“.

Il professore pakistano Hassan Abbas, del College of International Security Affairs della National Defence University di Washington, si è spinto ancora oltre, discutendo ampiamente non solo dell’Iraq e della Siria, ma anche dell’Afghanistan e del Pakistan; “L’Iraq si trova ora in una posizione unica verso una società pluralista e democratica“, dimostrando che “la migliore risposta al settarismo è l’armonia religiosa“. Questa “inclusività contro il takfirismo” deve ora collegarsi nelle strade “con lo stato di diritto e un sistema giuridico equo“. Abbas sottolinea che la base da cui iniziare, per l’Iraq, è l’applicazione della legge attraverso indagini scientifiche; “La sorveglianza è la prima linea di difesa“.

Baghdad è stata in grado, quasi simultaneamente, di realizzare due importanti conquiste in questa partita; una vittoria militare a Mosul ed una vittoria politica a Kirkuk. Se l’Iraq si stabilizzerà, cancellando il culto della morte di Daesh, così farà la Siria. Come osserva al-Jebouri, “ora ogni comunità deve avere un pezzo della torta“. Almeno 7 milioni di posti di lavoro e pensioni sono pagati da Baghdad. La gente vuole il ritorno degli stipendi pagati regolarmente. Questo inizia con l’assicurare una sicurezza decente in tutto il paese. Muhandis era l’ingegnere – la sua vera professione – delle battaglie chiave contro Daesh. C’è un ampio consenso a Baghdad sul fatto che senza di lui, Daesh sarebbe saldamente nella Zona Verde.

Hashd al-Shaabi è già un fenomeno pop iracheno, riflesso in questo enorme successo della superstar Ali Aldelfi. Dal pop alla politica è tutta un’altra questione. Muhandis è fermamente convinto che le PMU non saranno coinvolte in politica “e direttamente non contesterà le elezioni. Se qualcuno lo fa, e molte persone sono diventate molto popolari, devono lasciare Hashd. ”

Dalla guerra ibrida al rinnovamento nazionale

Dopo giorni, parlando con il personale di Hashd al-Shaabi e osservando come gestiscono un complesso ibrido campo di battaglia, unito ad un processo di reclutamento attivo e ad una presenza massiccia nei social media, è chiaro che le PMU sono ormai saldamente radicate, come una spina dorsale, alla base della sicurezza dello stato iracheno, con una serie di programmi di stabilizzazione – compresi i più che necessari servizi medici – e soprattutto, introducendo un criterio di efficienza di cui l’Iraq era totalmente digiuno da quasi tre decenni.

È una sorta di meccanismo di costruzione dello stato che scaturisce da un’etica della resistenza. Come se la letale minaccia di Daesh, che ha portato a 3,1 milioni di sfollati interni, abbia scosso il subconscio collettivo iracheno, abbia risvegliato il proletariato sciita iracheno / le masse diseredate ed abbia accelerato la decolonizzazione culturale. E questo complesso sviluppo non potrebbe essere più lontano dal bigottismo religioso.

Tra gli elogi di Wilson e i riferimenti al piano Marshall, il ministro degli esteri, Ibrahim al-Jaafari, è anche un convinto sostenitore delle PMU, sottolineando che si tratta di “un esperimento da studiare“, un “nuovo fenomeno con una base umana che opera in un quadro legale” e “capace di rompere l’assedio di solitudine di cui l’Iraq ha sofferto per anni“.

Riferendosi all’offensiva di Daesh, Jaafari ha insistito sul fatto che “l’Iraq non ha commesso un crimine” in primo luogo, ma spero che ci sia “una nuova generazione di giovani in grado di rafforzare l’esperimento”. L’enfasi ora, dopo la riconciliazione, è su di “un’era di partecipazione nazionale“. È fermamente convinto che “le famiglie dei membri del Daesh non dovrebbero pagare per i loro errori”. Gli informatori di Daesh saranno debitamente processati.

Ho chiesto al ministro degli esteri se Baghdad non temesse di essere coinvolta in un letale fuoco incrociato tra Washington e Teheran. La sua risposta è stata attentamente misurata. Ha detto di avere abbastanza esperienza per trattare con i neoconservatori “radicali” di Washington. E allo stesso tempo, era pienamente consapevole del ruolo delle PMU e dell’Iran nella riaffermazione della sovranità in Iraq. Il suo sorriso caloroso ha messo in evidenza la convinzione che, dalle ceneri di un culto nero della morte, il rinascimento iracheno è già in pieno movimento.

 

Pepe Escobar

Fonte: www.counterpunch.org

Link: https://www.counterpunch.org/2017/11/16/live-from-baghdad-the-secret-of-iraqs-renaissance/

16.11.2017

 

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MATTEO D’AMICO

 

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