La Transizione Ecologica può essere finanziata con l’emissione di moneta “senza debito”?

Diverse personalità ed economisti sostengono che le ingenti somme necessarie per organizzare la transizione ecologica potrebbero essere pagate a costo zero istituendo un meccanismo per la creazione di una moneta "libera", senza debiti. Nella sua rubrica mensile, David Cayla contesta questa soluzione e mette in guardia la sinistra contro le promesse illusorie che cercano di negare il costo per le famiglie del finanziamento della transizione.

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di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

Fonte: La Transizione Ecologica può essere finanziata con l’emissione di moneta “senza debito”? – Megas Alexandros

 

Questa Unione Europea è un dolore immenso in costante aumento dentro le nostre vite, ma se il detto paesano mal comune mezzo gaudio ha un effettivo valore significativo, ci possiamo consolare con il fatto che, tale dolore, possiamo condividerlo con il resto dei popoli europei.

All’interno di quelle che sono le molte relazioni che intrattengo con esperti in materia economica anche di altri Paesi, vi posso tranquillamente dire che il dibattito su come uscire dalla gabbia in cui ci costringe a vivere la moneta comunitaria e le sue regole, è ben vivo in tutta l’Eurozona. Anzi, se guardiamo bene le evidenze – delle quali l’articolo che vi sto per proporre ne è una testimonianza – in Paesi da sempre definiti pro-euro dal nostro mainstream, come la vicina Francia, pare proprio che il dibattito sia già molto più avanti rispetto a quanto avviene nel nostro Paese.

Questo giustificherebbe due importanti sospetti che ormai da tempo fanno parte delle nostre riflessioni: ovvero che quanto ci raccontano da sempre nel belpaese, su una Francia beneficiaria del sistema-euro, è completamente riconducibile alle medesimi balle che ci vengono impartite per far risalire i problemi derivanti dall’uso di una moneta comune ad una lotta tra Paesi, anziché di classe; e riguardo all’altro sospetto, dal momento che il dibattito da noi viene tenuto sottotraccia dagli stessi poteri che ci comandano, significa che sono loro effettivamente a tenerci dentro l’euro e non francesi e tedeschi, come vorrebbero farci credere.

Ma veniamo al tema dell’articolo che vi propongo, scritto dall’economista David Cayala, appartenente alla così detta associazione Les Économistes atterrés – tradotto: Gli economisti sconvolti – fondata in Francia nel 2011, che riunisce ricercatori, accademici ed esperti di economia che si oppongono all’ortodossia neoliberale.

Si parla di transizione ecologica e di come i governi potrebbero finanziarla all’interno della perenne mancanza di soldi che caratterizza questa folle unione monetaria di stampo elitario, dove non esiste moneta priva di debito.

Gli economisti così detti “sconvolti” non hanno dubbi: va fatto senza aumentare il debito! e prendono spunto dalla famosa proposta che in periodo pandemico fu avanzata da 150 economisti, la quale prevedeva di cancellare tutta la quota di debito pubblico in pancia alla BCE, in modo da liberare quello spazio fiscale necessario a finanziare l’investimento, oggi costretto nella camicia di forza dei famosi parametri di Maastricht.

La proposta pur all’interno di una approssimativa comprensione di cosa sia realmente il debito pubblico ed i relativi interessi che uno Stato decide di pagare a chi ha risparmio, direi assolve al compito che questi economisti assegnano ad essa. Ma distinguere il Debito Pubblico e la sua natura tra quello detenuto dalla Bce e quello in mani private, non ha alcun senso in dottrina, dal momento che trattasi sempre di soldi che si spostano da un conto ad un altro sempre dentro la Banca Centrale stessa.

Chiarito questo, prima di lasciarvi alla lettura, mi preme fare un’ultima importante considerazione sul problema di fondo che viene sollevato nell’articolo, riguardo alla possibilità di finanziare appunto la transizione ecologica con moneta emessa non a debito.

L’autore pone un problema diciamo di trade-off tra investimenti e consumi. Ovvero si vuol far intendere che – all’interno di quello che è l’imprescindibile rapporto fra economia finanziaria (i soldi) ed economia reale (le risorse a disposizione) – dal momento che necessitiamo di maggiori risorse da dedicare alla produzione per investimenti, dovremmo gioco-forza, toglierle alla produzione dedicata ai consumi.

Questo è certamente vero se i nostri sistemi economici si trovassero nel nirvana della Teoria della Moneta Moderna (MMT) – che ci insegna l’economista americano Warren Mosler – di pieno sfruttamento delle risorse reali ed umane. Mi spiego meglio: supponendo che ci sia un numero finito di lavoratori che lavorano tutti, la loro produzione può essere destinata solo al consumo o agli investimenti – questo è il limite che ci pone di fronte ad una scelta e non quello finanziario!

Tutti noi sappiamo bene, che la realtà (soprattutto quella dei Paesi appartenenti all’Eurozona), è del tutto lontana da quello che è il pieno sfruttamento delle risorse, soprattutto quelle umane. I dati occupazionali ed il forte precariato sono lì a dimostrarlo. E risorse e materie prime, ad oggi, non sono per niente scarse ma vengono rese tali all’interno di quelli che sono i giochi speculativi messi in atto degli stessi soggetti che guidano l’economia finanziaria e ci paventano costantemente la frode della scarsità di denaro.

È proprio questo gioco perverso, frutto, come detto, di una frode ben orchestrata da chi intende vivere con la rendita alle spalle di chi lavora, la principale causa che compromette appunto quell’imprescindibile equilibrio tra economia reale e finanziaria di cui parlavamo sopra.

Prospettare e sostenere tale criticità nel status delle risorse reali che caratterizzano i sistemi economici attuali e porla di fronte alla gente come una scelta – nella quale estremizzando si dice loro che se vogliamo investire dobbiamo mangiare meno e rinunciare a curarci o istruirci – mostra che anche un progressista come l’autore dell’articolo, non riesce ancora a liberarsi dalla solita balla neoliberista, che impone ai popoli di vivere in una perenne scarsità di moneta che non ha nessuna ragione di esistere.

Buona lettura.

* * * 

letempsdesruptures.fr

Di David Cayla, 17/11/2023

 

Nel febbraio 2021, in piena pandemia di Covid, 150 economisti e personalità europee, tra cui Thomas Piketty e l’ex Ministro belga Paul Magnette, hanno firmato un editoriale su Le Monde e altri giornali chiedendo alla BCE di cancellare la quota di Debito Pubblico detenuta, in cambio di un importo simile di investimenti “nella ricostruzione ecologica e sociale“. La proposta è stata troncata, con Christine Lagarde che ha risposto il giorno dopo che una tale misura era “impensabile” e che avrebbe violato i Trattati europei.

Se la cancellazione del Debito Pubblico detenuto dalla BCE sia o meno contraria ai Trattati è una questione difficile a cui rispondere fino a quando le autorità competenti (in questo caso la Corte di Giustizia dell’Unione europea) non l’avranno decisa. Quel che è certo, tuttavia, è che i Trattati garantiscono alla BCE piena indipendenza nell’applicazione di un mandato il cui elemento principale è la stabilità dei prezzi. Di conseguenza, quando l’inflazione nell’area dell’euro ha superato la soglia del 2% nell’estate del 2021, non si è più parlato di imporre alla BCE un allentamento della politica monetaria.

Il calo dell’inflazione a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi potrebbe essere l’occasione per rilanciare questo dibattito? Sembra proprio di sì, visto che di recente si sono sentite di nuovo diverse voci su questo argomento.

Intervistato durante la mattinata di France Inter del 19 ottobre in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, il banchiere d’affari Matthieu Pigasse ritiene ad esempio che l’unico modo per soddisfare i bisogni sociali ed ecologici sarebbe “creare più soldi“.

Una parte molto consistente del debito pubblico francese, circa un terzo, è detenuta dalla BCE e dalla Banque de France. Questo debito potrebbe essere facilmente cancellato senza effetti economici o finanziari negativi. […] Possiamo creare più denaro per finanziare grandi programmi di investimento, per la transizione energetica, per il clima o per costruire scuole o ospedali da un lato, e dall’altro per distribuire un reddito minimo. Questo è ciò che è stato fatto durante la crisi COVID. Il famoso “whatever it takes”, le centinaia di miliardi che sono stati versati nell’economia francese sono stati in realtà pagati non dal debito ma dalla creazione di denaro“.

Pochi giorni dopo, in un articolo pubblicato da Le Monde, l’economista Jézabel Couppey-Soubeyran, cofirmatario dell’editoriale del 2021, ha seguito la stessa logica citando Pigasse. Come possiamo finanziare investimenti non redditizi nella transizione ecologica, come la raccolta dei rifiuti oceanici o la creazione di riserve di biodiversità? Secondo lei, l’aumento del debito o l’aumento della tassazione non è possibile, “è quindi verso una nuova forma di creazione di moneta, senza debito, che dobbiamo rivolgerci per finanziare l’indispensabile non redditizio“.

Il ragionamento è simile, infine, per Nicolas Dufrêne, funzionario dell’Assemblea Nazionale e Direttore dell’Istituto Rousseau, citato anche da Couppey-Soubeyran in Debito nel ventunesimo secolo. Come liberarsene (Odile Jacob), denuncia «il discorso a volte dogmatico della sinistra secondo il quale è necessario tassare i ricchi e le multinazionali per fare lavoro sociale» (p. 175). Dufrêne ritiene inoltre che aumentare il Debito Pubblico sarebbe insostenibile, poiché l’onere del debito potrebbe, secondo lui, superare i 100 miliardi di euro entro il 2030 (p. 44), si capisce rapidamente che bisogna trovare altri modi per finanziare la transizione ecologica e il benessere sociale. E per fare questo, la “soluzione” è semplice: creare moneta e cancellare i debiti pubblici detenuti dalla BCE. Infatti, per Dufrêne, “la cancellazione è indolore” e consentirebbe l’attuazione di un “piano di investimenti gratuiti” (p. 189).

Dal denaro magico all’economia magica

Leggere il libro di Dufrêne è edificante. Il suo autore è chiaramente convinto di aver trovato la martingala economica definitiva. I conservatori che criticano la sua idea sono di vedute ristrette, incapaci di pensare “fuori dagli schemi”. “Il denaro è un’istituzione sociale, quindi è un po’ ‘magico’ per natura, poiché si basa sulla fiducia del corpo sociale e non su limiti fisici“, scrive (p. 178). Pertanto, sarebbe sufficiente “consentire al Parlamento di decidere in merito all’introduzione regolare di una certa quantità di denaro senza debiti in modo mirato per compiti di interesse generale” al fine diriportare la politica economica al suo antico splendore” (pag. 179). “Cerchiamo di essere audaci“, ha detto entusiasta più tardi sulla stessa pagina: “A lungo termine, non sarebbe impossibile immaginare una completa scomparsa della tassazione come mezzo di finanziamento della spesa pubblica“.

Maledizione! La logica è inarrestabile. Poiché la creazione di denaro è in grado di finanziare tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e poiché il denaro può essere creato senza limiti e nella misura che riteniamo necessaria, allora lasciamo che il Parlamento finanzi tutto ciò che la sinistra sogna.

Una volta messo a punto, il meccanismo sarà in grado di aumentare e assumere una quota maggiore nel finanziamento della spesa pubblica, o anche della spesa sociale. Potrebbe allora servire da base per progetti ambiziosi, la cui sola menzione per il momento si scontra con considerazioni insormontabili, in considerazione del loro costo potenziale per le finanze pubbliche: un reddito universale, una garanzia generalizzata del lavoro, una sicurezza sociale per l’alimentazione che consenta a tutti di mangiare prodotti biologici, una protezione generalizzata dei beni comuni a livello nazionale, o addirittura in tutto il mondo (p. 180).

Nella logica del “denaro gratuito” immaginata da Dufrêne, i vincoli di finanziamento non esistono e quindi la tassazione non è più necessaria. Così puoi avere tutto senza pagare. “Si tratta di passare da una visione in cui le finanze pubbliche sono viste solo come un mezzo per mettere in comune e distribuire la ricchezza creata dall’attività dei cittadini e delle imprese, a una visione in cui le finanze pubbliche diventano uno dei motori della creazione di questa ricchezza, senza dover attingere alla ricchezza creata dai cittadini e dalle imprese” (p. 180). “La nostra proposta di denaro gratuito equivale a dare allo Stato, cioè alla comunità, i mezzi per uscirne da solo, senza dover costringere nessuno, almeno (sic!) per motivi connessi all’obbligo di finanziare la spesa pubblica” (pag. 182).

Sogno o realtà

A questo punto del ragionamento, il lettore ben intenzionato non può che rimanere perplesso. Quindi sarebbe possibile finanziare centinaia di miliardi di euro di investimenti senza costare nulla a nessuno? Senza lavorare di più e senza ridurre il proprio reddito? Con il semplice meccanismo della creazione di denaro? Se questo fosse vero e se gli economisti lo sapessero, allora sarebbe un vero scandalo. La cosa più strana di questo caso è che è un non-economista a rivelare la stasi. La cospirazione degli economisti avrebbe impedito all’umanità di liberarsi dal debito una volta per tutte, quando la soluzione era ovvia? Emettere “moneta senza debiti”, “moneta libera”. Con un po’ di fortuna potremmo anche fare a meno del lavoro poiché il denaro, che possiamo creare in modo illimitato, lavorerebbe per noi.

Torniamo con i piedi per terra. E per farlo, esaminiamo alcune nozioni di base su come funziona l’economia.

La prima cosa da dire è che il denaro non è ricchezza. In economia, possiamo ragionare a più livelli studiando i flussi “monetari”, i flussi “finanziari” o i flussi “reali”. I flussi reali sono costituiti dai beni e dai servizi che produciamo e scambiamo. Questa si chiama ricchezza. Il denaro, d’altra parte, rappresenta e quantifica la ricchezza, ma non è la ricchezza stessa. In effetti, ha valore solo nella misura in cui può essere convertito in ricchezza reale. Si può quindi osservare che in una classica operazione di mercato ci sono due flussi di diversa natura. Un flusso “reale” dal venditore all’acquirente (che è la merce) e un flusso di denaro dall’acquirente al venditore.

Per comprendere le conseguenze di questa rappresentazione, è sufficiente tornare alle osservazioni sopra citate. Potremmo creare denaro “gratis” e stabilire “un sistema di sicurezza sociale per il cibo che permetta a tutti di mangiare prodotti biologici”? Se si ha una visione ingenua dell’economia, si potrebbe pensare che dando ai consumatori abbastanza spiccioli, potrebbero acquistare una quantità potenzialmente illimitata di prodotti biologici. Il problema è che si possono acquistare solo beni che sono stati prodotti nel mondo reale con il denaro. Per produrre cibo biologico servono terra, agricoltori e manodopera.

Secondo uno studio del Ministero dell’Agricoltura, le rese per ettaro dell’agricoltura biologica sono inferiori tra il 28% e il 57% rispetto a quelle dell’agricoltura convenzionale. Ciò significa che convertendo tutte le superfici coltivate al biologico, la Francia ridurrebbe la sua produzione agricola di oltre un terzo. Quindi, a meno che non ricorriamo massicciamente alle importazioni, non saremo in grado di sfamare tutti. In che modo la creazione di denaro potrebbe risolvere questo problema? La risposta è semplice: non può.

Né l’economia né il denaro sono “magici”. Tutto ciò che viene venduto e consumato è necessariamente il risultato di una trasformazione produttiva. Questa trasformazione ha un costo “reale”. Il lavoro, il tempo, le materie prime, le risorse che servivano per la produzione. Se i prodotti biologici sono più costosi in termini di denaro rispetto ai prodotti agricoli convenzionali, è per un motivo che ha a che fare con la sfera reale. Questo semplicemente perché per produrre un pomodoro biologico ci vuole più terra e manodopera rispetto a produrre un pomodoro convenzionale.

Nel sedicesimo secolo, le élite spagnole avevano una visione bullionista dell’economia. Credevano che la ricchezza di una nazione dipendesse strettamente dalla quantità di oro e argento che possedeva. Per questo motivo, l’obiettivo principale delle colonie spagnole nel Nuovo Mondo era quello di sfruttare le miniere d’oro e d’argento che vi si trovavano. Tuttavia, nonostante i considerevoli flussi di metalli preziosi che si riversarono in Spagna in quel periodo, il Paese si impoverì complessivamente durante il periodo coloniale.

Il costo reale dell’investimento

In un’economia, la ricchezza reale ha usi diversi. Può essere consumata o investita. Quando viene consumata, viene utilizzata dalle famiglie a beneficio del proprio benessere. Quando viene investita, viene utilizzata dallo Stato e dalle imprese principalmente per migliorare i mezzi di produzione, gli edifici e le infrastrutture produttive.

Da un punto di vista formale, l’economia può essere riassunta in questa equazione semplificata:

PIL = Consumi + Investimenti

In ogni società, c’è un compromesso tra consumare e investire. In termini reali, questa scelta si traduce così: o investiamo risorse, lavoro e tempo per produrre macchine produttive ed edifici, oppure decidiamo che queste risorse e questi tempi devono essere spesi per il consumo. A meno che non si pensi che le risorse naturali e l’orario di lavoro siano illimitati, il che è assurdo, non si possono aumentare gli investimenti e i consumi allo stesso tempo. In effetti, l’aumento dell’offerta di moneta non cambierà i dati di questa equazione. Se hai una forza lavoro, puoi farle produrre beni di consumo o farle produrre beni di produzione. Ma non si possono creare nuovi lavoratori ex nihilo, così come non si può creare il petrolio e la terra coltivabile.

Sappiamo che la transizione ecologica richiederà un enorme sforzo di investimento collettivo. In termini concreti, ciò significa che dovremo rinnovare il nostro patrimonio abitativo, costruire nuove ferrovie e decarbonizzare il nostro sistema energetico. Dovremo cambiare quasi tutti i nostri veicoli, sostituire le nostre centrali elettriche a gas e a carbone, produrre acciaio senza carbone…Tutto ciò avrà un costo reale considerevole. Milioni di posti di lavoro dovranno essere dedicati alla concreta realizzazione di questi investimenti. Le risorse energetiche e le materie prime dovranno essere indirizzate a questo scopo. Il problema è che tutte le risorse che saranno dedicate alla produzione di più beni capitali non possono essere utilizzate per produrre beni di consumo. In altre parole, per organizzare la transizione ecologica, dovremo riorientare la nostra economia verso maggiori investimenti e meno consumi.

Da lì, sono possibili due scenari. Se siamo ottimisti, possiamo dire che la crescita sarà sufficiente a rendere la transizione ecologica indolore per le famiglie. Ciò presuppone che la crescita del PIL sia interamente dedicata all’aumento degli investimenti senza intaccare i consumi delle famiglie. Il problema è che, in questo caso, il ritmo della transizione dipenderà dal livello di crescita economica. Tuttavia, questo non è garantito. Pertanto, lo scenario più realistico e responsabile sarebbe quello di non fare troppo affidamento sulla crescita. In questo caso, per garantire che gli investimenti siano effettuati il più rapidamente possibile, sarà necessario riorientare le risorse produttive dal consumo all’investimento. Ciò si tradurrà in un calo dei redditi delle famiglie e del potere d’acquisto.

Non esiste una soluzione magica ai parametri di questa equazione. La transizione ecologica sarà attuata tanto più rapidamente ed efficacemente quanto più il potere d’acquisto delle famiglie sarà complessivamente ridotto. Pertanto, l’unico modo per organizzare politicamente questa riduzione e introdurre un minimo di giustizia sociale sarà quello di garantire che le famiglie più ricche sopportino il peso di questa riduzione. E il modo più semplice per ridurre il potere d’acquisto dei ricchi è attraverso la tassazione. Mi dispiace fare un “discorso dogmatico”, ma promuovere false soluzioni agli ingenui è comunque il modo più sicuro per non organizzare mai una transizione ecologica ambiziosa.

Fonte: https://letempsdesruptures.fr/index.php/2023/11/17/peut-on-financer-la-transition-ecologique-par-lemission-de-monnaie-sans-dette/

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