Kevin Barrett – Kevin’s Newsletter – 31 ottobre 2023
L’ISIS è, funzionalmente, un gruppo terroristico a sotto falsa bandiera con un sostegno popolare praticamente nullo tra i musulmani. Mentre Hamas è un gruppo di resistenza legittimo, non un gruppo terroristico, e gode di un sostegno molto ampio tra i musulmani e altri nella regione.
La mia collega di False Flag Weekly News, Cat McGuire, mi ha inviato un e-mail:
“Molte persone continuano a sostenere che Israele sia dietro l’attacco di Hamas, con l’obiettivo di polverizzare Gaza… Kevin, puoi scrivere l’articolo definitivo per dissuadere la gente dall’idea che Israele abbia gestito il 7 ottobre? Risolvi i fatti. Quel buon articolo su Cosa è successo veramente non sfata la narrativa della falsa bandiera. Penso che questi siano i tre ostacoli principali che impediscono alle persone di credere che non si sia trattato di un’azione sotto falsa bandiera:
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È chiaro che Israele era al corrente.
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Le vantate capacità di sicurezza di Israele.
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Il Mossad ha creato Hamas.
Prima di affrontare questi tre punti, che si basano tutti su esagerazioni delle capacità di Israele, spiegherò perché lo scenario dell’operazione sotto falsa bandiera ha un senso intuitivo per così tante persone.
Avendo passato gran parte degli ultimi 20 anni a spiegare che l’11 settembre e altri eventi sono stati azioni sotto falsa bandiera, so bene che ogni volta che i media occidentali incolpano un “gruppo terroristico islamico” per l’ultima sanguinosa atrocità, lo scetticismo è giustificato. Per le persone che hanno studiato l’11 settembre, è naturale essere sospettosi quando un massacro attribuito a “musulmani radicali” è prevedibilmente seguito da un massacro di musulmani molto più grande, come è successo quando la morte di circa 3.000 persone l’11 settembre ha innescato l’invasione, l’occupazione e il saccheggio di Paesi musulmani e l’uccisione di milioni di musulmani in tutto il mondo.
Prima dell’11 settembre, Bibi Netanyahu e i suoi amici neoconservatori-sionisti stavano cercando un modo per ingannare gli Stati Uniti e indurli a organizzare un massacro genocida tra più nazioni in Medio Oriente. Il loro obiettivo era quello di cambiare completamente la situazione strategica della regione distruggendo “sette Paesi in cinque anni“, tutti nemici di Israele. Hanno annunciato il loro piano nel documento Clean Break del 1996 e di nuovo nell’appello del 2000 per una “Nuova Pearl Harbor“. Poi, l’11 settembre, hanno fatto esplodere il World Trade Center in pieno giorno e hanno usato il loro potere mediatico per farla franca.
Superficialmente, la Tempesta di al-Aqsa sembra simile. Come osserva Richard Medhurst:
Poche settimane fa, proprio prima dell’inizio della guerra a Gaza, Netanyahu si è recato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e, tenendo in mano una mappa, ha dichiarato il suo piano per un nuovo Medio Oriente: un corridoio economico che si estende dall’India agli Emirati Arabi Uniti, all’Arabia Saudita, alla Giordania, a Israele e infine all’intero continente europeo… Si tratta di un rivale della Nuova Via della Seta… Israele si è improvvisamente proposto come soluzione alla carenza di gas dell’Unione europea…
Nel 2010, avevano condotto un’indagine geologica ed avevano trovato questo mostruoso giacimento gigante di gas in Medio Oriente. Si chiama Leviathan e si trova nel Mar Mediterraneo, nel bacino del Mar di Levante. Ciò significa che si trova proprio al largo delle coste della Palestina, del Libano, della Siria e quando Netanyahu si è presentato alle Nazioni Unite con il suo brillante piano, gli israeliani hanno pensato: “Oh, è un affare fatto, convinceremo l’Arabia Saudita a normalizzare i legami e così elimineremo la questione palestinese una volta per tutte”.
Quindi, prima dell’11 settembre e della Tempesta di Al-Aqsa, Netanyahu ha esposto i piani per rifare radicalmente il Medio Oriente. Ma c’è un’enorme differenza. L’11 settembre lo ha aiutato a realizzare il suo piano di rottura, laddove la Tempesta di Al-Aqsa ha distrutto il suo piano per il Nuovo Medio Oriente. Gli Emirati, i Sauditi e i Giordani sono ormai fuori, in modo permanente. Nessun oleodotto verso Israele! E il piano di Israele di sfruttare il gas del Mediterraneo non darà frutti a breve, dato che la regione è nel caos.
Alcuni americani con una conoscenza solo superficiale dell’Oriente musulmano sostengono che Bibi abbia organizzato l’azione sotto falsa bandiera del 10/7 per poter sgomberare i palestinesi da Gaza e sfruttare i giacimenti di gas al largo della costa di Gaza. Piccolo problema: non aveva bisogno di sgomberarli! La marina di Israele non deve affrontare alcuna minaccia significativa da Gaza (potrebbe doversi preoccupare del Libano, della Siria o persino della Turchia, ma non di Gaza).
In breve, la Tempesta di Al-Aqsa ha completamente messo fuori uso il piano di Israele (e di Bibi) di aggirare la questione palestinese e di rifare la regione. Come osserva Medhurst, il paradigma post-10/7 favorisce il progetto della “Nuova Via della Seta” Russia-Cina-Iran-Turchia-Siria e ha distrutto l’alternativa preferita dai sionisti sostenuti dagli Stati Uniti. Ha messo in primo piano la causa palestinese e sta portando la maggior parte del mondo a schierarsi a suo favore. Ovviamente questo non è il risultato che Netanyahu, o chiunque altro in Israele (o negli Stati Uniti, se è per questo) voleva.
Esaminiamo ora i tre punti di Cat McGuire.
È chiaro che Israele era al corrente.
Di fatto Israele aveva ricevuto avvertimenti, dall’Egitto e persino dallo stesso Hamas, che qualcosa stava per accadere. Ma non ci sono prove che abbiano capito che Hamas stava per mettere a segno un’operazione così grande e di successo. Erano più preoccupati per la Cisgiordania, dove i musulmani sono infuriati per la crescente profanazione della Moschea di al-Aqsa da parte dei sionisti, e per il confine settentrionale con il Libano e la Siria. I sionisti hanno sempre considerato Hezbollah, sostenuto dall’Iran e dalla Siria, come la loro minaccia più grave. Hamas era considerato un non-problema. Quindi l’esercito israeliano si è concentrato sulla Cisgiordania e sul confine settentrionale, non su Gaza, che si pensava fosse sotto controllo.
E se pensate davvero che la Tempesta di Al-Aqsa si sia svolta come voleva Bibi, come spiegate i 200 prigionieri israeliani? Lo scopo simbolico dell’operazione era quello di vendicarsi delle profanazioni sioniste di al-Aqsa, ma il suo scopo operativo era quello di prendere prigionieri israeliani da scambiare con prigionieri palestinesi. Chiunque pensi che Israele si fermerà mai e lascerà che il suo popolo venga preso in ostaggio è pazzo. Israele riconosce il valore strategico degli ostaggi e fa tutto il possibile per assicurarsi che nessun israeliano venga mai preso in ostaggio. Il 7 ottobre, ciò ha comportato l’uso di carri armati, bombe a razzo e artiglieria pesante per uccidere centinaia di civili israeliani e le loro decine di possibili “cacciatori di ostaggi”, in conformità con la Direttiva Hannibal. In effetti, la stragrande maggioranza dei civili israeliani uccisi quel giorno è stata probabilmente vittima dei propri stessi militari, sia nel fuoco incrociato della “nebbia di guerra” sia per impedire che venissero presi in ostaggio.
Le millantate capacità di sicurezza di Israele.
Abbiamo letto affermazioni secondo cui nemmeno un insetto potrebbe avvicinarsi al muro del campo di concentramento di Gaza senza che Israele lo sappia. Questo poteva essere vero quando i segnali di sorveglianza e di comunicazione fluivano. Ma Hamas ha messo fuori uso le torri cellulari di Israele con i droni, accecando i difensori sionisti e permettendo l’evasione dal campo di concentramento (i droni stanno inaugurando la nuova era della guerra e danno un enorme vantaggio alla parte svantaggiata).
Chi non pensa che Hamas possa essere così competente e Israele così incompetente, è stato fuorviato dalla propaganda sionista. Israele cerca di scoraggiare le persone dall’opporsi fingendo di essere onnipotente e onnisciente. In realtà, le mie fonti di intelligence statunitensi con conoscenze interne dicono che l’intelligence israeliana è buona, ma non così buona. La loro più grande risorsa sono i sayanim miliardari negli Stati Uniti e in Europa. Persone come Arnon Milchan e Larry Silverstein e Les Wexner e il suo protetto, il fu Jeffrey Epstein (e prima di loro Meyer Lansky) sono ottimi per rubare [i progetti del]le armi nucleari americane, far saltare le Torri Gemelle e raccogliere informazioni sui leader americani. E i miliardari ebrei-sionisti che possiedono Hollywood e dominano i media possono assicurarsi che i loro crimini vengano insabbiati e la loro propaganda pubblicizzata. Ma niente di tutto ciò li aiuta a tenere sotto controllo Hamas.
Il Mossad ha creato Hamas.
A volte sembra che gli israeliani mentano su tutto, ma non è del tutto vero. “Rise and Kill First” di Ronan Bergman può essere stato censurato dall’IDF, ma i suoi racconti sulle origini di Hamas e Hezbollah sono credibili. Lo sceicco Yassin ha creato Hamas nel 1987, appena uscito dalla prigione israeliana e, almeno inizialmente, ha ottenuto modesti finanziamenti dai suoi ex carcerieri. Gli israeliani speravano che Hamas avrebbe diviso i palestinesi e indebolito l’OLP. Ma il gruppo di resistenza islamica sfuggì rapidamente al controllo e Israele ha passato la maggior parte degli ultimi 30 anni a rimpiangere di aver fatto uscire di prigione Yassin. Hanno finito per ucciderlo, così come una lunga lista di altri leader di Hamas.
Ma Israele non si infiltra in Hamas? Certo, ci provano, con alterni successi proprio come Hamas infiltra Israele, e tutti infiltrano tutti. Rispetto agli Stati Uniti, Israele è piuttosto bravo a infiltrare i gruppi arabi. Metà degli “ebrei” israeliani sono in realtà arabi, cioè madrelingua arabi e indistinguibili dagli arabi non ebrei. Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno meno agenti madrelingua tra cui scegliere e non si fidano di quelli che hanno. Ma anche se i falsi arabi del Mossad battono quelli della CIA, e possono aver avuto un grande successo molto tempo fa nell’infiltrazione dell’OLP e di altri gruppi palestinesi laici, hanno avuto più problemi nell’infiltrazione di gruppi a base religiosa come Hamas e Hezbollah, come appunto sottolinea Bergman in Rise and Kill First.
Inoltre, non c’è motivo di pensare che Hamas sia particolarmente abile nella segretezza operativa, e la Tempesta di Al-Aqsa è stata un’operazione altamente compartimentata. È stata condotta da piccole squadre, ognuna delle quali conosceva [solo] i propri ordini, ma non la portata dell’attacco. Solo poche persone fidate sarebbero state a conoscenza del quadro generale.
Solo superficialmente plausibile
Quindi, nonostante la sua plausibilità superficiale, l’idea che Netanyahu abbia orchestrato o deliberatamente permesso la Tempesta di Al-Aqsa poggia su paragoni fuorvianti, impressioni vaghe e, soprattutto, sulla millantata propaganda sionista, il cui scopo è quello di intimidire gli avversari esagerando la bravura di Israele. E ora questa bolla propagandistica è stata fatta scoppiare. Così come la vittoria di Hezbollah nel 2006 ha demoralizzato Israele e ispirato la Resistenza palestinese, la Tempesta di al-Aqsa ha avuto lo stesso effetto nonostante, e in parte anche a causa, degli orribili crimini di guerra che Israele sta commettendo quasi di minuto in minuto (crimini di guerra che probabilmente si riveleranno controproducenti nel lungo periodo, dal momento che hanno alienato la maggior parte del mondo e stanno creando un ardore crescente negli antisionisti pro-Palestina).
Ma che dire della situazione politica personale di Netanyahu? Questa crisi non lo salverà? La risposta è: quasi certamente no. A questo proposito mi rimetto a Ron Unz, che ha recentemente pubblicato due eccellenti analisi che toccano la questione delle operazioni sotto falsa bandiera. Qui di seguito ne riporto gli estratti.
Ron Unz: perché lo scenario dell’operazione sotto falsa bandiera è inverosimile
“American Pravda: Israel, Gaza, and Broader Issues” Oct. 23
Per molti mesi, il governo israeliano del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dovuto affrontare enormi manifestazioni pubbliche da parte dei suoi acerrimi oppositori politici, rappresentando una divisione storica nella sua società che stava addirittura sfiorando la guerra civile. Secondo questa teoria, Netanyahu avrebbe deliberatamente permesso che l’attacco avesse luogo, sperando di usarlo come la sua “Pearl Harbor” o “11 settembre” per consolidare la propria posizione politica, forse anche fornendogli una scusa per espellere i palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania, raggiungendo così l’obiettivo politico dei membri più estremisti della sua coalizione di espandere le frontiere di Israele risolvendo definitivamente l’incancrenito “problema palestinese”.
Nonostante la sua apparente popolarità, la probabilità di questo scenario non regge a qualsiasi attenta considerazione. Israele ha probabilmente subito la peggiore sconfitta di un giorno nella sua storia nazionale, un disastro strategico. Anche a prescindere dall’enorme perdita di vite umane in una popolazione così piccola, il tremendo successo di Hamas ha sfatato il potente mito della forza militare israeliana, che per tre generazioni è stato la pietra angolare della strategia di sicurezza nazionale del Paese. Perdite così pesanti hanno suggerito che l’IDF sia diventato un tigre di carta, amplificando notevolmente la lezione delle sue sconfitte militari del 2006 per mano di Hezbollah in Libano. Se i militanti di Hamas, scarsamente armati, hanno potuto mettere a segno un colpo così pesante, tutti gli avversari regionali di Israele si sono sicuramente rafforzati, e questo sarebbe stato ovvio per qualsiasi funzionario della sicurezza nazionale israeliana che avesse preso in considerazione una simile mossa.
Dobbiamo anche ricordare che Israele era sul punto di normalizzare le relazioni con l’Arabia Saudita, lo Stato arabo più ricco e influente, una prospettiva che ora è completamente svanita. I leader israeliani hanno perseguito questo particolare obiettivo per decenni e sembra molto improbabile che il governo israeliano avrebbe sacrificato questa opportunità consentendo deliberatamente un grande attacco di Hamas.
Ma supponiamo che Netanyahu fosse stato così disperato politicamente e così irrazionale da decidere di permettere il successo di un assalto di Hamas, abbassando le proprie difese di sicurezza. Come avrebbe potuto farlo?
Oltre all’esercito regolare, Israele ha tre distinti servizi di intelligence, il Mossad, lo Shin Bet e l’Unità 8200, tutti tendenzialmente rivali. Quindi, come ha notato l’ex analista della CIA Larry Johnson, Netanyahu avrebbe dovuto coinvolgere i vertici di tutte e tre queste organizzazioni in questo suo viscido piano per facilitare il successo di un attacco di Hamas, assicurandosi che nessuno dei funzionari superiori fosse in disaccordo e facesse trapelare la storia ultra-esplosiva ai media ferocemente anti-Netanyahu. Sembra un’impresa impossibile.
Inoltre, come già accennato, la società israeliana è stata recentemente estremamente divisa, con la maggior parte delle élite del Paese schierate contro Netanyahu e che cercano di cacciarlo dalla carica. Secondo quanto riportato dai media, la leadership del Mossad era schierata apertamente contro Netanyahu e si sostiene che agenti del Mossad abbiano persino contribuito a orchestrare le grandi manifestazioni pubbliche che chiedevano le sue dimissioni. Sicuramente se avessero avuto il minimo indizio che Netanyahu stava deliberatamente aprendo il Paese a un enorme attacco di Hamas, avrebbero usato questo fatto per distruggerlo.
Inoltre, Netanyahu è a capo di un governo di coalizione, con molti dei suoi principali ministri che lo odiano e sono desiderosi di minare la sua reputazione. Persino i suoi stessi luogotenenti potrebbero accogliere con favore la sua caduta per poterlo sostituire e salire al potere ed è difficile credere che un segreto così mortale possa essere stato mantenuto in una simile fossa politica. E ora che centinaia di civili israeliani sono stati uccisi, anche una sola fuga di notizie potrebbe far processare o addirittura linciare Netanyahu e i suoi colleghi cospiratori. Secondo le fonti israeliane di Seymour Hersh, la lunga carriera politica di Netanyahu non potrà sopravvivere alle conseguenze del disastro militare che il suo Paese ha subito.
Le notizie secondo cui un avvertimento egiziano di un progetto di attacco di Hamas è stato ignorato possono essere o meno un segno di negligenza; forse numerosi avvertimenti precedenti di questo tipo si erano sempre rivelati falsi allarmi. Più gravi sono le notizie secondo cui Netanyahu avrebbe recentemente spostato in Cisgiordania due dei tre battaglioni israeliani di stanza al confine con Gaza, per sostenere i coloni ebrei nelle loro azioni aggressive contro i palestinesi locali. Ma questo sembra più un segno di compiacenza e di incompetenza che un complotto proditorio.
Pro-Israel Propaganda-Lies vs. Reality (Oct. 30)
… Penso che gli sviluppi politici successivi abbiano quasi eliminato questa possibilità. Qualche giorno fa, il New York Times ha descritto la situazione politica in Israele:
Netanyahu è apparso insolitamente isolato dopo l’attacco di Hamas, tra il crollo dei sondaggi e le accuse che la sua caotica leadership nell’ultimo anno abbia preparato il terreno per il catastrofico fallimento della sicurezza del 7 ottobre.
Pochi membri del suo governo gli hanno dato il loro appoggio incondizionato da quel giorno, e molti si sono limitati a dire che l’esame degli errori del governo dovrà aspettare la fine della guerra.
“Lo dico nel modo più chiaro possibile: per me è chiaro che Netanyahu, l’intero governo israeliano e tutti coloro che dovevano vigilare su quanto accaduto sono responsabili di ciò che è successo”, ha detto giovedì a una stazione radio un ministro del partito di Netanyahu, Miki Zohar. “Questo è chiaro anche a Netanyahu. Che anche lui è responsabile”.
Data questa critica pubblica a Netanyahu da parte del suo stesso ministro di gabinetto, ci sarebbe un gigantesco incentivo politico per qualsiasi informatore a farsi avanti e rivelare che il governo ha deliberatamente permesso che l’attacco di Hamas procedesse. In questa atmosfera, sarebbe del tutto impossibile tenere segreta una rivelazione così esplosiva.
Nel frattempo, se Netanyahu avesse la minima ragione di sospettare che i suoi numerosi nemici politici nei servizi di sicurezza abbiano deliberatamente facilitato l’attacco di Hamas per metterlo in imbarazzo, starebbe muovendo cielo e terra per scoprire quei fatti e salvare la sua carriera.
Eppure non è successo nulla del genere. Il turbolento parlamento israeliano è noto per le sue accuse selvagge e l’accesa retorica, eppure non ho sentito un solo membro della Knesset fare affermazioni così incendiarie.
Un commentatore del nostro sito ha fatto un’osservazione molto simile riguardo alle reazioni nel mondo arabo:
Attualmente ci sono 465 milioni di arabi sul pianeta, che parlano la stessa lingua di Hamas, che hanno i loro media, canali e giornalisti, alcuni profondamente impegnati in Palestina e altri che si inchinano ai sionisti. Non c’è un solo media, giornalista o cittadino arabo intervistato per strada che esprima la folle opinione che la Tempesta di Al-Aqsa del 7 ottobre sia stata un’operazione sotto falsa bandiera.
Arabi e israeliani possiedono ovviamente la migliore comprensione della situazione locale e sono spesso molto “cospiratori” nelle loro convinzioni. Quindi, se praticamente nessuno di loro suggerisce questa possibilità, sembra piuttosto sciocco che lo facciano degli estranei non al corrente.
Kevin Barrett, Ph.D., è un accademico specializzato nel mondo arabo e islamico ed una delle più note voci critiche americane contro la c.d. Guerra al terrorismo. Ha insegnato dal 1991 al 2006 nelle università di San Francisco, Parigi e nel Wisconsin. Per le sue opinioni politiche, dal 2007 è stato ufficiosamente messo in lista nera per l’insegnamento universitario in America. Attualmente lavora come organizzatore no-profit, conferenziere e opinionista per la radio.
Link: https://kevinbarrett.substack.com/p/al-aqsa-storm-was-not-a-false-flag
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