LA POLITICA DI BUSH

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Le azioni di forza in politica estera da parte dell’amministrazione Bush sembrano avere una logica.

L’11 settembre 2001 quattro aerei sono stati dirottati da terroristi: due di essi hanno colpito le Torri Gemelle, simboli del potere finanziario occidentale, uno ha colpito il Pentagono, sede del Ministero degli Esteri, e il quarto (destinato forse alla Casa Bianca) si è schiantato prima di arrivare a destinazione. La CIA individua presto come colpevole Usama Bin Ladin, terrorista afghano protetto dal regime talebano. Gli USA si imbarcano, con l’appoggio dell’ONU, in una guerra che li porta a conquistare l’Afghanistan, nel tentativo di dare una scossa al terrorismo e ad Al Qaida, quindi per legittima difesa. In più i talebani hanno instaurato un regime che priva la popolazione (e soprattutto le donne) dei più elementari diritti umani, e potrebbe essere imposta la democrazia in uno stato dove finora era sconosciuta.

Anche in Iraq vi è una dittatura, in questo caso laica, ma comunque feroce: vi è a capo il raìs, Saddam Hussein. Già nel ’91 gli USA avevano attaccato il Paese (colpevole di aver invaso il Kuwait), rinunciando all’ultimo giorno di guerra, che avrebbe affossato il regime, nella convinzione che ci avrebbero pensato gli stessi iracheni. Ciò non è accaduto, ma con la seconda guerra del Golfo Bush jr ha definitivamente abbattuto il tiranno. Le ragioni erano armi di distruzione di massa che il tiranno era sospettato di possedere. Non sono state trovate, ma comunque sotto l’amministrazione prima degli USA e poi dell’ONU si potrà aprire un capitolo nuovo per l’Iraq.

Questo viene sostenuto dal governo Bush e da intellettuali vicini alla sua politica.La maggior parte dell’opinione pubblica sostiene che la guerra all’Iraq è sbagliata perché così non si fa altro che fomentare il terrorismo, e comunque non sono mai state trovate armi di distruzione di massa.
Un’altra parte dell’opinione pubblica critica anche la guerra in Afghanistan, ritenuta sbagliata per le sue vittime e perché Al Qaida è un’organizzazione internazionale, che non è stata di certo indebolita conquistando il Paese.

Ma tutte queste opinioni si basano su certezze che andrebbero messe in discussione, a partire dall’attentato dell’11 settembre.
Se alcuni dei dati di fatto o dei ragionamenti che verranno elencati possono essere messi in dubbio, o confutati, altri sono sotto gli occhi di tutti, e se si possiede un minimo di logica non si può non accettarli.

Partiamo dall’attentato dell’11 settembre. L’FBI aveva assoldato un famoso esperto giapponese per chiarire le dinamiche dell’attentato. Dopo aver studiato il caso ha dichiarato che le Torri non potevano implodere su se stesse se non con l’ausilio di bombe all’interno degli edifici. Inoltre molti giornalisti ed esperti di volo sul momento hanno pensato che una manovra del genere non potesse essere eseguita che da un aereo militare, e un pezzo di lamiera nei pressi delle Torri (che tutti i giornali hanno indicato come proveniente da un aereo dell’American Airlines) non appartiene ad alcun Boeing 757-200 dell’American Airlines. In più dei membri del governo USA hanno venduto azioni in blocco poco prima dell’attentato.

Scettici? E allora passiamo alle domande che ancora cercano una risposta. Com’è possibile che un aereo colpisca il Pentagono, uno dei luoghi più protetti del mondo, circondato da batterie di protezione antimissilistiche? Come mai non sappiamo ancora perché il quarto aereo si è schiantato al suolo? E le famose scatole nere? Dove sono?
E alla fine resta una domanda: ma perché Bin Ladin l’ha fatto? Cosa gliene viene in tasca? Ha speso milioni di dollari per addestrare diciannove uomini kamikaze, semplicemente per fare un dispetto all’Occidente? I ragazzi che si fanno esplodere in Palestina, sebbene usino metodi drammaticamente sbagliati, meritano comprensione: si tratta di gesti dettati dall’ignoranza (oltre che dall’oppressione di cui sono vittime)…ma davvero possiamo pensare che Bin Ladin sia un fanatico che invece di godersi i suoi milioni li butti al vento e accetti di diventare consapevolmente l’uomo più ricercato al mondo?

Comunque sia, gli USA attaccano l’Afghanistan, che è sotto il comando del regime talebano, fiancheggiatore del terrorista di cui sopra. Ma chi sono i talebani? I media devono essere stati vittime di un’amnesia collettiva, visto che hanno dimenticato che qualche annetto fa furono proprio gli USA, insieme con tutti gli occidentali, a vendere loro armi che ne agevolarono l’ascesa, il tutto in funzione anti-sovietica. Fino a poco tempo fa i talebani erano dittatori buoni. Adesso non più. Inoltre Bush e Bin Ladin affidavano i propri affari allo stesso esperto, il cognato di quest’ultimo (Curzio Maltese commentò questa notizia con una triste sentenza: “Com’è piccolo il mondo, eppure com’è facile nascondere la verità).
La guerra in Afghanistan ha prodotto centinaia di migliaia di morti, e già l’informazione mondiale se ne disinteressa completamente, in base al tacito patto di “lasciar fare agli americani quello che gli pare”. Un nuovo ditattore-fantoccio verrà piazzato al potere, supino agli ordini delle multinazionali interessate, e appena sgarrerà verrà sostituito. Visto che sembra un’ipotesi campata in aria, ricordo che un emissario dell’UE, visitando le carceri dove erano rinchiusi i talebani dichiarò “Auschwitz non è niente in confronto a questo posto”, e comunque più avanti farò esempi dell’opera degli occidentali buoni nei paesi poveri.

Passiamo adesso alla guerra all’Iraq.
Innanzitutto smontiamo l’argomentazione di difesa più sciocca. Si sente dire che “si attacca per legittima difesa”. Falso: l’Iraq non ha mai torto un capello agli Stati Uniti. Le congetture su un appoggio a Bin Ladin sono rimaste congetture.
La ragione dell’attacco è stata più volte espressa da Bush: le armi di distruzione di massa. Ormai sono diventate una macabra barzelletta. USA e Regno Unito non hanno mai provato la presenza in territorio iracheno di queste fantomatiche armi batteriologiche, chimiche, nucleari e chi più ne ha più ne metta. Il Ferrara di turno potrebbe obiettare che loro avevano prove, che però poi si sono rivelate false. Ammesso e non concesso che l’iracheno fuggito negli USA abbia detto che Saddam lavora all’atomica senza pressioni o allettanti promesse (e sarebbe veramente da ingenui, ma stiamo ragionando sui fatti), o che Blair davvero non sapesse che il dossier sulle armi del raìs era di uno studente fantasioso (e qui veramente ci vuole un bello sforzo per crederci), e cioè che si è agito allegramente in buona fede, si è comunque attuata una guerra assassina che è costata centinaia di migiliaia di morti e che nei fatti ha visto svanire la sua ragione primaria, e dunque dirigenti della CIA, governo USA e governi alleati hanno mostrato una inaccettabile incompetenza. Non si può accettare la logica del “tutti possono sbagliare”, bensì del “chi sbaglia paga”. Se si è colpevoli di un vero e proprio genocidio rimetterci la poltrona è veramente poco. I governi hanno semplicemente dato credito a delle informazioni dei servizi segreti? Ebbene, hanno sbagliato a darglielo, anche se inconsapevoli.

Esemplare è a questo punto il mito di Edipo. Milan Kundera lo narrò a proposito dell’occupazione sovietica della Repubblica Ceca. Edipo era un bambino che venne adottato dal re di Tebe. Un giorno, in un litigio, uccise un nobile. In seguito sposò la regina Giocasta e diventò re, ma delle pestilenze si diffusero tra i sudditi. Edipo capì di aver ucciso il padre e aver sposato la madre. Si cavò gli occhi e partì da Tebe. Come poteva sapere? Eppure si è sentito colpevole. Kundera paragona questo mito alla situazione della Repubblica Ceca: ovvero comunisti entusiasti, in buona fede, spianarono la strada all’occupazione sovietica. Non sapevano, ma erano comunque colpevoli di non sapere. Nel nostro caso, un Bush che attacca cercando armi che poi si rivelano inesistenti non dovrebbe rendersi conto della propia colpevolezza?
Se avesse agito in buona fede (ovvero, se fosse un cretino: perché tale è chi è convinto di poter fare del bene facendo fuori mezzo milione di persone sulla base di prove alquanto debolucce) adesso sarebbe tramortito da tremendi sensi di colpi. Ma così non è, ergo Bush e compagnia bella sono tutt’altro che pazzi buoni, sono dei furbi perfidi.
Le armi non si sono trovate, quindi è venuto meno il casus belli. Ma se veramente in Iraq ve ne fossero state? Davvero il buon Saddam avrebbe lasciato che le trovassimo noi? Non ce le avrebbe scagliate contro con tutto il loro potenziale distruttivo? Non si sarebbe assistito a un’ecatombe di proporzioni mondiali? Se davvero ci fossero state armi di distruzioni di massa in Iraq la guerra sarebbe stata, se possibile, ancora più folle. Ma Bush non è un folle. Purtroppo no. Secondo voi si sarebbe mai avventurato in una guerra con un rischio così assurdo? Avrebbe rischiato la diffusione di virus in tutto il mondo? Che figura ci avrebbe fatto di fronte ai suoi elettori. Possibile che né lui né i suoi consiglieri militari non avessero fatto una constatazione tanto semplice? Esiste una sola conclusione verosimile: tutti sapevano benissimo che in Iraq non c’era uno straccio di arma, o che comunque non sarebbe stata utilizzata.
Per finire, qualche osservazione lapalissiana, ma che sempre meno persone fanno.
Con il suo regime criminale, Saddam Hussein ha ignorato le direttive ONU. Anche Bush ha agito contro il volere dell’ONU. Non sono poi così diversi.
Esiste il diritto di autodeterminazione dei popoli, non possiamo imporre il nostro modello semplicemente perché lo crediamo migliore, dunque sostenere che siamo andati in Iraq per portare la democrazia è andare contro i diritti umani. Lo stesso Bush nei suoi discorsi indicava come causa del conflitto le armi di distruzione di massa, e solo come conseguenza di esso la liberazione dell’Iraq, ben sapendo che altrimenti sarebbe stata un’occupazione illegale (e illegale lo è comunque stata).
Esistono ben nove Paesi che ammettono candidamente di avere la bomba atomica. Gli USA, la Francia e il Regno Unito, che sono Stati democratici, o presunti tali. Israele e la Russia, democrazie obiettivamente ancora incompiute (in particolare la Russia) e che hanno situazioni interne drammatiche, con i Palestinesi e i Ceceni. India e Pakistan, due Paesi in continuo conflitto: il bel giorno che uno dei due decidesse di usare la bomba contro l’altro non ci resterebbe molto da vivere. E poi Cina e Corea del Nord, due dittature sanguinarie. In particolare, la Corea del Nord, secondo stime, è lo Stato meno libero al mondo. Gli occidentali non si azzarderebbero mai a toccare uno di questi Paesi, che non costituiscono evidentemente alcun pericolo. Mentre un popolo dilaniato da anni di embargo (non dimentichiamo che in Iraq si fanno le operazioni senza anestesia. Si tratta di un particolare agghiacciante che potrebbe passare inosservato, meglio sottolinearlo con un esempio: immaginate un chirurgo inesperto che vi trapassa il ventre con un bisturi mentre voi siete ben cosciente), povero e oppresso, che è costretto a mandare dei ragazzini a difendersi è invece pericoloso. Ho parlato di mezzo milione di morti: non me lo sono inventato, sono stime ONU. Considerate anche il Dopoguerra, e soprattutto gli anni di embargo, più la guerra all’Iran e al Kuwait (la guerra all’Iran è passata inosservata, quella al Kuwait no, per qualche strana ragione): vi renderete conto che parliamo di milioni e milioni di morti, tutti a causa nostra. Già, perché la guerra all’Iran e al Kuwait vennero fatte con i nostri fucili, non con le scimitarre.
Ora, mi sembra evidente il fatto che la guerra è stata semplicemente criminale e che Bush e compagnia cantante andrebbero processati immediatamente. Il problema è che anche noi che ci siamo opposti a questa guerra stiamo commettendo un errore fondamentale, ovvero stiamo scendendo in piazza e criticando i governi semplicemente perché i governi occidentali stanno facendo con maggior strepito quanto fanno da decenni in ogni parte del mondo: una politica di occupazione.
Qualche esempio.
Nell’America Centrale (e non si tratta di informazioni segretissime di cui sono venuto in possesso tra mille pericoli: è scritto su molti libri di geografia) vige la cosiddetta “economia del dopopranzo”, ovvero non vengono coltivati beni di prima necessità, come i cereali: gli abitanti sono costretti a coltivare tè e caffè, da vendere poi alla United Fruit in cambio di quattro soldi.
In Indonesia la tremenda dittatura del generale Suharto venne appoggiata da USA e Regno Unito (e documenti lo provano), nel suo colpo di stato contro il partito comunista che aveva legalmente preso il potere vennero uccise duecentomila persone, e altre centomila a Timor Est.
Ben noto è poi il compiacimento (e l’appoggio) di Nixon quando Pinochet prese il potere a Cuba, uccidendo Allende.
Ancora, vogliamo dimenticare la spina nel fianco degli USA, ovvero Cuba. Qui esprimerò un giudizio che forse deluderà ma che mi sembra obiettivo: la presenza di Castro è quantomai necessaria. Chiaro è che la democrazia è sempre il miglior ordinamento per qualunque stato, ma è un organismo debolissimo, che deve svilupparsi in un ambiente adatto. Non è difficile immaginare che con l’uscita di scena di Castro gli USA ci metterebbero poco a piazzare un loro uomo a capo del governo. La sinistra mondiale si sta comportando in maniera inquietante. Non trova di meglio da fare che denunciare la dittatura (decisamente morbida, a dire il vero) di Castro, dimenticando l’embargo imposto dagli Stati Uniti, e, soprattutto, i dittatorelli sparsi nel mondo foraggiati da quella o dall’altra potenza.
Con questo voglio dire che qualunque guerra, anche quella del Kosovo, che poteva apparire di liberazione, o quella del Kuwait, è sbagliata. Davvero pensiamo che un governo pur di aiutare il più sfortunato staterello spenda miliardi di dollari? Non ci sorge il dubbio che sa di ricavarne decine di volte tanto? Si sentono i soliti geni dichiarare “lo so che la guerra si fa per soldi, ma il popolo starà comunque meglio”. Tanto per cominciare, invece di popolo dovremmo dire “il rimanente popolo”, perché si dimenticano sempre le vittime. Ma davvero si può essere così stupidi da pensare che il denaro che alimentava un dittatore sia maggiore di quello che alimenterà decine di multinazionali? Se un dittatore ruba al suo popolo cento, l’Occidente ruberà mille, diecimila.
Già conosco la cantilena: ma gli americani ci hanno liberato durante la Seconda Guerra Mondiale. Non mi risulta che quando ci fu, nel ’22, la marcia su Roma, intervennero, né che dissero due paroline a Hitler che saliva al governo (poi chiaramente ci sono Franco, Tito…). Ci hanno liberati perché sono stati attaccati a Pearl Harbour, e non conveniva più starsene con le mani in mano. Ma Churchill ostentava buoni rapporti col nostro Duce, così come tutti i leader europei. E non è perfettamente vero che ripristinarono la democrazia, visto che sono venuti a galla documenti che ci hanno fatto sapere nientedimeno che la CIA sabotava i convegni del PCI. Che poi esistesse il rischio che i comunisti non fossero ancora pienamente democratici è fuori dubbio, ma noi italiani avevamo il diritto di scegliere comunque. E poi in Italia il ritorno alla democrazia sarebbe stato impossibile senza la Resistenza (in Italia il numero di partigiani fu secondo solo a quello della Jugoslavia). Mentre non mi risulta che gli Stati Uniti siano stati aiutati dalla Resistenza irachena a Saddam. Una Resistenza è sorta ora, ma contro i militari alleati. Continuando il parallelo con la Liberazione italiana, ci si ferma alla guerra (e già abbiamo visto che le differenze sono molte). Perché non diciamo che i soldati USA poi se ne andarono lasciando a noi italiani la ricostruzione. Ci furono gli aiuti del piano Marshall, ma non soldati chiamati a mantenere a modo loro l’ordine. Pacchi di dollari certo sarebbero più graditi agli iracheni. E neanche su questo possiamo giurare. Se l’Italia non avesse accettato la ricostruzione sarebbe stata immensamente più lunga e dolorosa, ma non avremmo proclamato eterna devozione agli USA e adesso saremmo economicamente più indipendenti, e certo anche più forti. Non stupisca che la valuta più sicura del globo sia il franco svizzero, che un Paese dalle minime risorse territoriali sia così prospero: succede così quando si sceglie di non sottomettersi ad alcuna superpotenza.
Ritorniamo al punto: è assurdo aspettare la liberazione di un popolo dall’esterno. Foscolo se ne rese conto amaramente quando Napoleone cedette Venezia all’Austria. E anche Manzoni conseguì che un popolo deve liberarsi da solo, punto.
Certo è che gli iracheni non si sarebbero mai potuti liberare. Non per colpa di Saddam Hussein, che è un dittatorello male in arnese, alla pari di tanti tiranni africani, ma reso Attila dalla propaganda di Bush e dei nostri governi. Per colpa nostra. Adesso nessuno se ne ricorda, ma pochi anni fa Rumsfeld aveva cordiali colloqui con il buon Saddam. E adesso racconta Bush senior che rinunciarono all’ultimo giorno di guerra per non spargere altro sangue, convinti che ci avrebbero pensato gli iracheni a liberarsi. E magari aveva anche ragione, peccato che poco tempo dopo autorizzò il raìs a far volare gli elicotteri e a soffocare nel sangue una ribellione scoppiata nel sud del Paese. E quando il addam attaccò l’Iran nessuno se ne curò poi tanto, anche se usò armi di distruzione di massa made in USA (quella volta le aveva…), quando attaccò il Kuwait invece, chissà perché tutti a parlarne. Vi sono decine di conflitti in Africa, e passano sotto totale silenzio. E chi conosce il nome del dittatore dello Zimbabwe, o del Malawi, o del Ciad? Ma sì, sbattiamocene altamente, anche noi “pacifisti”. Poi Bush ne spara qualcuna e noi scendiamo in piazza, a lui vengono i rimorsi e cambia idea.
Mi dispiace rivolgere queste critiche, ma queste manifestazioni servono solo a noi, non a coloro che diciamo di voler difendere. Perché se avessimo veramente voglia di aiutarli non compreremmo più Coca-cola, che si produce ancora perché qualche sindacalista è misteriosamente scomparso in Sudamerica, e che le donne incinte non dovrebbero bere, ma sulle lattine non si scrive. Andiamo a vedere le vostre scarpe Nike: vi sono ottime probabilità che ci sia scritto made in Indonesia. Eppure li vediamo in televisione, i bambini che cuciono i palloni. E ce ne sarebbe da dire. Colpiamoli al cuore: il portafoglio. I popoli non si liberano né con le guerre né con le manifestazioni. Abbiamo un’arma: i nostri soldi. Boicottiamo tutti prodotti di aziende che hanno affari oscuri alle spalle. D’altronde il movimento nero di Martin Luther King ottenne i primi riconoscimenti boicottando i mezzi pubblici, e anche Gandhi conquistò l’indipendenza rifiutando qualunque collaborazione con gli oppressori.
Le manifestazioni servono, ma non devono ridursi a scampagnate.

Mi sono dilungato tanto che stavo dimenticando la ricostruzione dei fatti relativi all’11 settembre e alle successive due guerre. Occorre un po’ di fantasia per trovare quella che mi pare l’unica valida e coerente, appurato che le panzane messe in giro da Bush non ci portano a nulla. Pasolini scrisse un noto articolo in cui dichiarava di poter svelare tutti i misteri italiani successivi al ’68 , ma mestamente aggiungeva “Io so. Ma non ho le prove”. Noi le prove le abbiamo, e anche se sbagliassi, in fondo sono state dette tante di quelle bugie, che me ne posso permettere una anch’io.
Dunque, l’economia mondiale, dopo il furore dovuto all’avvento della new economy sta per andare in recessione. E’ nell’aria, e Bush viene avvisato. Serve qualcosa per distrarre la gente, e allo stesso tempo deviare la colpa dall’incapacità dei politici mondiali di fermare per tempo il disastro. Del resto Condoleeza Rice aveva detto, qualche mese prima dell’11 settembre, che serviva un evento simile a Pearl Harbour. L’11 settembre 2001 vengono abbattuti i simboli del capitalismo mondiale, e il simbolo della sicurezza militare occidentale. Dunque, se l’economia va male, Bush ha una risposta pronta: l’incertezza economica deriva da quella internazionale. In più, la popolarità del governo sale alle stelle, poiché Bush dimostra subito di essersi arrabbiato e che scioglierà l’artiglieria pesante. Scatena la guerra all’Afghanistan, che è accusato di proteggere Bin Ladin, che, facendo parte dell’accordo, non nega responsabilità. Si scatena la guerra, che raggiunge tre obiettivi:
1 distrae la gente dall’economia, in decisa recessione: negli USA, e in gran parte del mondo, i governi sono giudicati solo in base alla loro politica estera, mentre ci si disinteressa totalmente della crisi economica; li salva dall’imbarazzo di dover ammettere un totale fallimento e che troppo devotamente avevano aperto le porte alla new economy;
2 permette alle fabbriche di armi di ritornare ai tempi d’oro. Sapevate che se non si combattessero guerre continuamente per tutto l’anno il sistema economico mondiale fallirebbe?
3 permette a Bush di far passare praticamente inosservato un provvedimento fiscale che abbassa le tasse ai più ricchi e le alza ai più poveri, per la gioia degli ambienti conservatori che lo hanno portato al potere.
La crisi si prolunga, ma già è pronto il piano: la salvezza si chiama Iraq. Bush lo sceglie perché è un tipo sicuro (vigliacco e leccapiedi), perché può dire di voler concludere l’opera paterna, e, soprattutto, perché sa di non dover aspettarsi scherzi, visto che sa bene che non vi sono armi di alcun genere. Ho già detto che nessun pazzo si sarebbe impelagato in una guerra col rischio di trovarsi il proprio paese investito da batteri o il proprio esercito sconfitto grazie ad armi proibite. In compenso, è l’esercito USA a usare uranio impoverito, che ha reso altamente radioattivi sia l’atmosfera irachena che quella afgana. Si calcola che in Afghanistan l’aria presenti una radioattività tale che è come se vi avessero lanciato 400.000 bombe atomiche, e in Iraq molte volte quella quantità.
Non dimentichiamo che Bush ha nel frattempo fatto approvare il Patriot Act, un provvedimento che permette perquisizioni e arresti non autorizzati a sospetti terroristi (che ricorda la defunta crociata anti-comunista, il maccartismo): dunque, già che c’era, ha anche fatto in modo da distruggere diritti fondamentali dell’uomo, ma un po’ scomodi per una moderna dittatura mascherata.
L’esercito USA ha perfino trovato Saddam (e dov’era rintanato? In quale inconcepibile anfratto remoto del pianeta? A Tikrit, cioè nel suo paese di nascita, e ci hanno messo mesi a trovarlo). Aveva barba grigia e capelli neri. Chiaramente li tingeva. Ovvero, nonostante si vedesse chiaramente che erano mesi che non si radeva aveva la cura di tingersi i capelli! E come hanno fatto il test del DNA? Occorre un campione da confrontare, e dove l’hanno preso?
Di Saddam non sappiamo praticamente nulla. Già sta girando la voce che è impazzito. Un buon chirurgo gli cambierà volto e finirà chissà dove, magari in una villa di Miami, mentre l’uomo arrestato, che con tutta probabilità è un sosia, subirà probabilmente la stessa sorte, o magari verrà pure giustiziato, tanto è un povero scemo che non serve a nessuno.
Bin Ladin? Lui serve. Ogni tanto deve mandare qualche videocassetta alle tv arabe per ricordare alla gente che deve avere paura. Confesso di aver pensato che sarebbe stato “trovato” prima delle elezioni, invece (con tempismo insuperabile) ha mandato solo una cassetta. A Bush fa più comodo da spauracchio che da trofeo di guerra: è la paura il punto fermo delle moderne dittature occidentali. Hanno capito che la paura dello stato può essere pericolosa, la paura dello straniero (anche se creata ad arte) fa avvicinare allo Stato. Nessuno si rende conto che il tanto decantato patriottismo, di questi tempi, è diventato xenofobia della peggior specie.

Beh, io ho finito. Molti che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui avranno pensato che sono un contaballe. Probabilmente ci saranno ricostruzioni più organiche, ma certo saranno lontane anni luce da quelle efficaci.
Quanto ai boicottaggi e a ciò che effettivamente si può fare per frenare i potenti di questo mondo, immagino che quasi tutti troveranno più interessante il Grande Fratello.

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