Big Serge
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Il secolo che va dalla caduta di Napoleone, nel 1815, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, nel 1914, è solitamente considerato una sorta di età dell’oro per il militarismo prussiano-tedesco. In questo periodo, l’establishment militare prussiano aveva ottenuto una serie di vittorie spettacolari su Austria e Francia, stabilendo un’aura di supremazia militare tedesca e realizzando il sogno di una Germania unificata attraverso la forza delle armi. La Prussia di quest’epoca aveva prodotto anche tre storiche ed emblematiche personalità militari: Carl von Clausewitz (un teorico), Helmuth von Moltke (un praticante) e Hans Delburk (uno storico).
Questo secolo di vittorie e di eccellenza aveva creato nell’establishment prussiano-tedesco un senso di arroganza e di militarismo che, nell’agosto del 1914, aveva portato il Paese a marciare impetuosamente verso la guerra, per poi naufragare in un terribile conflitto in cui le nuove tecnologie avrebbero vanificato il suo approccio bellico idealizzato. L’orgoglio, come si dice, precede la caduta.
Si tratta di una storia interessante e appagante, che presuppone un ciclo di arroganza-caduta abbastanza tradizionale. C’è comunque un fondo di verità in questa storia, perché molti elementi della leadership tedesca possedevano un eccesso di fiducia di livello indecoroso. Tuttavia, bisogna anche considerare che, prima della [grande] guerra, c’erano molti pensatori tedeschi di spicco che avevano espresso paura, ansia e assoluto timore. Avevano qualcosa di prezioso da insegnare ai loro colleghi – e forse anche a noi.
Torniamo indietro, fino al 1870, alla guerra franco-prussiana.
Questo conflitto è generalmente considerato l’opera magna del titanico comandante prussiano, il feldmaresciallo Helmuth von Moltke. Con un abile controllo operativo e uno straordinario senso dell’intuizione, Moltke aveva orchestrato un’aggressiva campagna iniziale, facendo affluire in Francia le armate prussiano-tedesche come fossero una massa di tentacoli. Nelle prime settimane di guerra aveva intrappolato e messo sotto assedio il grosso dell’esercito francese nella fortezza di Metz. Quando l’imperatore francese, Napoleone III, si era messo in marcia con un’armata di soccorso (comprendente il resto delle formazioni francesi ancora in grado di combattere), Moltke aveva dato la caccia anche a quell’armata, accerchiandola a Sedan e portando l’intera forza (e l’imperatore) in cattività.
Da un punto di vista operativo, questa sequenza di eventi era stata (ed è) considerata un colpo da maestro e uno dei motivi principali per cui Moltke è diventato uno dei veri grandi talenti della storia (è sul mio personale Monte Rushmore, insieme ad Annibale, Napoleone e Manstein). I prussiani avevano realizzato il loro ideale platonico di guerra – l’accerchiamento del corpo principale del nemico – non una, ma due volte nel giro di poche settimane. Nella narrazione convenzionale, questi grandi accerchiamenti erano diventati l’archetipo della Kesselschlacht tedesca, o battaglia di accerchiamento, che sarebbe diventato l’obiettivo finale di tutte le operazioni militari. In un certo senso, l’establishment militare tedesco aveva trascorso il mezzo secolo successivo a sognare di replicare la vittoria di Sedan.
Questa storia è vera, ma fino ad un certo punto. Il mio obiettivo non è quello di “sfatare miti” sulla guerra lampo o cose del genere, tuttavia, non tutti nell’establishment militare tedesco avevano considerato lo scontro franco-prussiano come una guerra ideale. Molti erano terrorizzati da ciò che era accaduto dopo Sedan.
A tutti gli effetti, il capolavoro di Moltke a Sedan avrebbe dovuto porre fine alla guerra. I francesi avevano perso entrambi i loro eserciti addestrati insieme al loro capo di Stato e avrebbero dovuto cedere alle richieste della Prussia (acconsentire cioè all’annessione dell’Alsazia-Lorena).
Invece, il governo di Napoleone III era stato rovesciato e a Parigi aveva assunto il potere un governo nazionale, il cui primo atto era stato dichiarare una guerra totale. Il nuovo governo aveva abbandonato Parigi e ordinato una Levee en Masse, un richiamo alle guerre della Rivoluzione Francese, in cui tutti gli uomini di età compresa tra i 21 e i 40 anni dovevano essere chiamati alle armi. I governatori regionali avevano ordinato la distruzione di ponti, strade, ferrovie e linee telegrafiche per impedirne l’uso ai prussiani.
Invece di mettere in ginocchio la Francia, i prussiani si erano trovati di fronte una nazione in rapida mobilitazione, determinata a combattere fino alla morte. La capacità di mobilitazione del governo francese d’emergenza si era dimostrata sorprendente: nel febbraio 1871, aveva raccolto e armato più di 900.000 uomini.
Fortunatamente per i prussiani, questa mobilitazione non si era mai tramutata in una vera emergenza militare. Le unità francesi appena costituite avevano un equipaggiamento scadente e un addestramento insufficiente (soprattutto perché la maggior parte degli ufficiali francesi addestrati era stata catturata nella campagna di apertura). Le nuove armate francesi della leva popolare avevano una scarsa efficacia di combattimento. Moltke, infatti, era riuscito a catturare Parigi e, contemporaneamente, aveva iniziato una campagna che aveva visto le forze prussiane marciare in tutta la Francia per attaccare e distruggere gli elementi del nuovo esercito francese.
Crisi scongiurata, guerra vinta. Tutto era tranquillo a Berlino, o almeno così avrebbe dovuto essere.
Niente affatto. Anche se molti si erano accontentati di stringersi la mano e di congratularsi l’un l’altro per il lavoro ben fatto, altri nella seconda parte della guerra e nel programma di mobilitazione francese avevano visto qualcosa di spaventoso. Sorprendentemente, lo stesso Moltke era tra questi.
Moltke considerava la forma ideale di guerra quella che i tedeschi chiamano Kabinettskriege. Letteralmente “guerra di gabinetto”, termine che si riferisce alle guerre limitate che avevano dominato la scena europea dal XVI al XIX secolo. La particolarità di queste guerre era che vi erano coinvolti unicamente i militari di professione degli Stati partecipanti e le loro leadership aristocratiche – nessuna leva di massa, nessuna orribile terra bruciata, nessun nazionalismo o patriottismo popolare. Per Moltke, la precedente guerra contro l’Austria era stata un esempio ideale di guerra di gabinetto: gli eserciti professionali prussiani e austriaci si erano scontrati in battaglia, i prussiani avevano vinto e gli austriaci avevano accettato le richieste della Prussia. Non c’erano state faide di sangue o guerriglie, solo un riconoscimento vagamente cavalleresco della sconfitta e concessioni limitate.
In Francia, al contrario, la guerra era iniziata come Kabinettskriege e si era trasformata in Volkskriege – una guerra di popolo, un evento che aveva messo in discussione l’intero concetto di guerra di gabinetto limitata. Come aveva detto Moltke:
Sono passati i tempi in cui, per fini dinastici, piccoli eserciti di soldati professionisti andavano in guerra per conquistare una città, o una provincia, e poi cercavano i quartieri d’inverno o facevano la pace. Le guerre di oggi chiamano alle armi intere nazioni…
Secondo Moltke, l’unica soluzione ad un Volkskriege era rispondere con una “guerra di sterminio”. Moltke, ovviamente, non stava parlando di genocidio. Intendeva qualcosa di più vicino alla distruzione delle risorse francesi di base – smantellare lo Stato, distruggere le sue ricchezze materiali e gestire i suoi affari. In sostanza, chiedeva qualcosa di simile a ciò che la Germania aveva imposto alla Francia nel 1940: Hitler non aveva cercato di annientare la popolazione francese, ma non si era neanche limitato a prendere alcuni territori e ad andarsene. Invece, la Francia, come Stato indipendente, era stata schiacciata.
Nel 1870-71 Moltke aveva sostenuto che perseguire obiettivi bellici limitati contro la Francia non aveva più senso, dal momento che l’intera nazione francese era ormai adirata con la Prussia-Germania. I francesi, sosteneva, non avrebbero mai perdonato alla Prussia la conquista dell’Alsazia e sarebbero diventati nemici intrattabili. Pertanto, la Francia doveva essere annientata come entità politico-militare, altrimenti si sarebbe semplicemente rialzata e, ben presto, sarebbe diventata un nemico pericoloso. Sfortunatamente per Moltke, il cancelliere prussiano Otto von Bismarck voleva una rapida risoluzione della guerra e non era interessato a cercare di occupare e umiliare la Francia. Aveva detto a Moltke di dare la caccia al nuovo esercito francese e di farla finita, e Moltke aveva obbedito.
Tuttavia, il timore di fondo di Moltke – che una guerra limitata non avrebbe ridotto in modo duraturo la minaccia della Francia – si era sarebbe rivelato corretto. C’erano voluti solo pochi anni perché i francesi ricostruissero completamente le loro forze armate: nel 1875, Moltke e il suo staff avevano concordato che la finestra di opportunità era ormai chiusa e che la Francia era nuovamente pronta a combattere un’altra guerra.
Nel frattempo, dal punto di vista militare, molti nell’establishment prussiano erano terrorizzati dal successo della Francia nel mobilitare un esercito d’emergenza. La vittoria della Prussia, sostenevano, era stata possibile solo perché la mobilitazione francese era stata improvvisata e le truppe prive di armi e di addestramento. Secondo loro, una nazione pronta a mobilitare e ad armare milioni di uomini in richiami ripetuti, con le infrastrutture logistiche e di addestramento necessarie, sarebbe stata quasi impossibile da sconfiggere, mettendo così in discussione l’intera struttura del processo bellico prussiano.
L’idea era così importante che Moltke aveva dedicato all’argomento gran parte del suo ultimo discorso al Reichstag, prima del suo pensionamento. Ecco cosa aveva detto in quell’occasione:
L’epoca della Kabinettskriege è alle nostre spalle – tutto ciò che abbiamo ora è la Volkskrieg e qualsiasi governo prudente dovrebbe esitare a scatenare una guerra di questa natura con tutte le sue incalcolabili conseguenze… Se la guerra dovesse scoppiare… nessuno può stimarne la durata o prevedere quando finirà. Le più grandi potenze d’Europa, armate come mai prima d’ora, si combatteranno tra loro. Nessuna può essere annientata così completamente in una o due campagne da dichiararsi vinta e da essere costretta ad accettare dure condizioni di pace.
Una simile affermazione sembra, e di fatto è, in contrasto con la percezione di una Germania bellicosa e troppo sicura di sé e con l’idea che tutti siano stati colti di sorpresa dalla durata e dalla ferocia della [Prima] Guerra Mondiale. In realtà, il più venerato esperto militare tedesco del periodo prebellico aveva esplicitamente previsto una guerra raccapricciante, totalizzante e lunga.
Altri membri dello staff di Moltke avevano parlato in modo ancora più esplicito della minaccia di una guerra di popolo, o guerra totale. Il feldmaresciallo Colmar von der Goltz era stato il più prolifico, scrivendo ampiamente sul progetto di mobilitazione francese e sostenendo che i francesi avrebbero potuto facilmente travolgere i tedeschi se avessero avuto la capacità di addestrare e rifornire adeguatamente i loro nuovi eserciti. La sua tesi generale era che le guerre future avrebbero necessariamente coinvolto tutte le risorse dello Stato e che la Germania avrebbe dovuto porre le basi per addestrare e sostenere eserciti di massa per anni di conflitto.
Negli anni precedenti la Prima Guerra Mondiale, nell’establishment tedesco era nata un’ala minoritaria con le idee particolarmente chiare sull’imminente conflitto, che , secondo loro, avrebbe potuto essere vinto tramite il completo logoramento strategico [del nemico] e con la mobilitazione di tutte le risorse delle nazioni in una lotta che sarebbe durata molti anni. Dal punto di vista funzionale, l’apparato militare tedesco era diviso tra una maggioranza che prendeva a modello la prima metà della guerra franco-prussiana (con le schiaccianti vittorie di Moltke) e una minoranza meno importante, ma molto rappresentativa, che temeva le avvisaglie della mobilitazione nazionale francese e presagiva un futuro di “guerra di popolo”.
Tutto questo è molto interessante per gli appassionati di storia militare e per i discepoli della sanguinosa storia bellica dell’umanità. Ciò che serve ai nostri scopi, tuttavia, è la discussione tra Moltke e Bismarck nei mesi finali del 1870. Moltke si era chiaramente reso conto della nascita del patriottismo bellico francese ed era del parere che una guerra limitata sarebbe stata controproducente, in quanto non sarebbe riuscita ad indebolire sostanzialmente la Francia nel lungo periodo, permettendo la sopravvivenza di un nemico intatto e vendicativo. Questo calcolo si era rivelato sostanzialmente corretto e, nella successiva guerra mondiale, la Francia era stata in grado di sostenere un potente sforzo bellico. Al contrario, Bismarck era favorevole ad una guerra ristretta e con obiettivi limitati, commisurati alla situazione politica interna. Non è esagerato affermare che la decisione di privilegiare le condizioni politiche interne rispetto ai calcoli strategici a lungo termine avrebbero impedito alla Germania diventare una potenza mondiale, portandola alla sconfitta nelle guerre mondiali successive.
Ovviamente quella che ho voluto fare qui è un’analogia storica abbastanza trasparente.
La Russia aveva iniziato una Kabinettskriege nel 2022, con l’invasione dell’Ucraina, per poi trovarsi impantanata in qualcosa di più simile ad una Volkskriege. Il modo di operare e gli obiettivi bellici della Russia sarebbero stati immediatamente riconoscibili ad uno statista del XVII secolo: l’esercito professionale russo aveva cercato di sconfiggere l’esercito professionale ucraino e di ottenere guadagni territoriali limitati (il Donbass e il riconoscimento dello status giuridico della Crimea). Era stata chiamata “operazione militare speciale”.
Invece, lo Stato ucraino aveva deciso – come il governo nazionale francese – di combattere fino alla morte. Alle richieste di Bismarck per l’Alsazia-Lorena, i francesi avevano semplicemente risposto “non ci può essere risposta se non Guerre a Outrance” – guerra a oltranza. La guerra di gabinetto di Putin – guerra limitata per obiettivi limitati – è esplosa in una guerra nazionale.
A differenza di Bismarck, però, Putin ha scelto di vedere il rilancio dell’Ucraina. Il mio suggerimento – ed è solo questo – è che la doppia decisione di Putin, nell’autunno dello scorso anno, di annunciare una mobilitazione e di annettere i territori ucraini contesi, equivaleva ad un tacito riconoscimento della Volkskrieg ucraina.
Nel dibattito tra Moltke e Bismarck, Putin ha deciso di seguire la linea di Moltke e di condurre una guerra di sterminio. Non – e lo sottolineiamo ancora una volta – una guerra di genocidio, ma una guerra che distruggerà l’Ucraina come entità strategicamente funzionante. I semi sono già stati gettati e i frutti iniziano a germogliare: un democidio ucraino, ottenuto attraverso il logoramento sul campo di battaglia e l’esodo di massa dei civili della prima età [25-54 anni], un’economia in frantumi e uno Stato che si sta auto-cannibalizzando mentre raggiunge i limiti delle sue risorse.
C’è un modello per questo: ironicamente, la stessa Germania. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, si era deciso che alla Germania – ora chiamata a rispondere di due terribili conflagrazioni – non si poteva permettere di persistere come entità geopolitica. Nel 1945, dopo il suicidio Hitler, gli Alleati non avevano preso il bottino di una guerra di gabinetto. Non c’erano state piccole annessioni qui, né confini ridisegnati là. No, la Germania era stata annientata. I territori erano stati divisi, l’autogoverno era stato abolito, il popolo era sfinito e sfiduciato, la politica e la vita stessa erano ormai un giocattolo del vincitore – proprio quello che Moltke avrebbe voluto fare alla Francia.
Putin non lascerà un’Ucraina intatta dal punto di vista geostrategico, un’Ucraina che cercherebbe di riprendere il Donbass e di vendicarsi, né permetterà che diventi una potente base avanzata della NATO. Al contrario, trasformerà l’Ucraina in un Trashcanistan, in uno stato fallito che non potrà mai condurre una guerra di revanscismo.
Clausewitz ci aveva avvertito. Anche lui aveva scritto del pericolo di una guerra di popolo. Così aveva parlato della Rivoluzione Francese:
Ora la guerra si presentava in tutta la sua cruda violenza.
La guerra era stata restituita al popolo che ne era stato in parte separato dagli eserciti professionali; la guerra si era liberata delle sue catene e aveva superato i limiti di ciò che un tempo era sembrato possibile.
Big Serge
Immagine di copertina: La dignità morente di un guerriero francese – L‘Oublié! (Dimenticato) di Émile Betsellère (1872)
Fonte: bigserge.substack.com
Link: https://bigserge.substack.com/p/the-end-of-cabinet-war
01.12.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org