Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
Pochi settimane fa a conclusione della riunione del Consiglio Ecofin e dell’Eurogruppo, il ministro delle Finanze austriaco Blumel (guardandosi bene dal nominare l’Italia), ha dichiarato all’agenzia Bloomberg (1) che “la strada è una sola, quella di ridurre il rapporto debito/PIL soprattutto per i Paesi con livelli elevati di questo rapporto che, altrimenti, rischiano di trovarsi in difficoltà di fronte al mercato che potrebbe richiedere tassi più alti per il maggior rischio”. Secondo il ministro austriaco “non è impossibile soddisfare quelle regole. È una questione di volontà politica. Si può e basta solo volerlo”.
Il dibattito sul “riesame della governance economica della UE”, un ambizioso tema su cui la Commissione ha rilanciato il dibattito pubblico interrottosi a febbraio 2020 per la pandemia e sul quale a fine ottobre ha prodotto un documento (2) sottoposto in questi giorni all’attenzione dei ministri degli Stati membri, si sta facendo sempre più acceso.
Il quesito principale è: “cosa ne sarà del Patto di Stabilità e della procedura per gli squilibri economici eccessivi?” – ovvero di tutto il vecchio strumentario che ha fatto dell’economia dell’eurozona l’eterna ultima tra le economie dei Paesi più sviluppati.
Convinto che l’ingannevole (per il popolo) dibattito durerà a lungo, voglio partire da quelle che sono le certezze che abbiamo oggi per poi rendervi edotti, come sempre, di come stanno realmente cose.
Le certezze, ed aggiungerei non buone per noi, sono due: 1) le regole non solo ritorneranno dal 2023, ma già da oggi la traiettoria di rientro del deficit/PIL e del debito/PIL definita dal governo di Mario Draghi è del tutto coerente col loro rispetto; 2) la Commissione Europea, evidentemente tutt’ora convinta che quelle regole abbiano funzionato bene, si trincera dietro la foglia di fico delle “nuove sfide” (la solita solfa del digitale e della transizione ecologica) per riaprire la discussione sulla loro eventuale modifica e lancia la palla in tribuna col “dibattito pubblico”. Tanto aprile 2022 non è lontanissimo e il bilancio per il 2023 è molto probabile che segua il binario (morto) già predefinito.
Tenendo bene in mente, che dietro al “pizzino” fatto recapitare dagli austriaci, come logica dei poteri forti vuole, ci sia un “capo dei capi”, andiamo ora a vedere cosa sia “Il Patto di Stabilità” nella sua vera essenza.
Il Patto di Stabilità è uno dei pilastri su cui si regge la politica di bilancio dei Paesi europei e come ben sappiamo è stato sospeso con l’inizio del periodo pandemico.
Il Patto di Stabilità e Crescita (Stability and Growth Pact) è un accordo tra i Paesi membri dell’Unione Europea. Richiede il rispetto di alcuni parametri di bilancio e ruota attorno a due cardini:
1) il deficit pubblico (cioè la differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) non deve superare il 3% del Pil;
2) il debito pubblico non deve superare il 60% del Prodotto Interno lordo.
La maggior parte dei Paesi membri sono molto lontani da quest’ultimo parametro. Ecco perché il Patto di Stabilità prevede, in alternativa, la necessità di dimostrare “un calo a un ritmo soddisfacente”. Significa che “il divario tra il livello del debito di un Paese e il riferimento del 60% deve essere ridotto di un ventesimo all’anno”, calcolato come media di un triennio.
Come spiega la Commissione Europea, le norme del Patto di Stabilità e crescita “mirano a evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni potenzialmente problematiche” e a “correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi”. In sostanza, l’idea di fondo è che gli squilibri interni e la mancanza di rigore di un singolo Stato possa mettere a rischio la tenuta sua e dell’UE.
Il Patto di Stabilità accoglie principi contenuti negli accordi che hanno strutturato l’Ue così com’è oggi, a partire dai trattati di Roma (l’intesa che ha istituito la Comunità europea), di Maastricht e di Lisbona. L’accordo vero e proprio e i suoi confini tecnici sono nati nel 1997, prima con una risoluzione e poi con due regolamenti (poi modificati nel 2005) del Consiglio europeo.
Nel caso in cui i limiti del Patto di stabilità non vengano rispettati, la Commissione UE può far partire una procedura di infrazione. Un primo avvertimento “preventivo” viene inviato al Paese membro il cui deficit si avvicina al 3%. Allo sforamento del tetto, l’avviso si trasforma in una serie di raccomandazioni che mirano a far calare il rapporto deficit/PIL. Se le misure intraprese dallo Stato sotto esame vengono ritenute soddisfacenti, la procedura di infrazione viene sospesa in attesa di un rientro sotto il tetto del Patto. In caso contrario, il Paese rischia una sanzione.
Questa in sintesi la struttura del patto di stabilità. Il mio compito però è quello di andare ad aprire come si apre una scatoletta di tonno, il significato a livello di verità economica dei due parametri, dal quale obbligo di rispetto, ne derivano tutte le devastanti conseguenze che la nostra economia e di conseguenza le nostre vite stanno affrontando da anni.
E’ bene essere chiari fin da subito, i due parametri non hanno nessuna valenza indicativa rispetto allo stato dell’economia di un Paese. Sarebbe troppo semplice citare i soliti esempi già ampiamente riportati, vedi l’economia giapponese che con un rapporto record debito/PIL al 240%, riesce ad emettere da anni bond con tassi prossimi allo zero, smentendo di fatto la principale preoccupazione del ministro austriaco, su come faremo a farci finanziare dai mercati a tassi ragionevoli, qualora tali parametri non venissero rispettati.
Ma scendiamo sul pratico ed andiamo a vedere più da vicino la nostra realtà, per farvi capire con un semplice e chiaro esempio che quello che sto affermando non è una opinione.
Il rapporto debito/PIL italiano oggi è circa al 160% – tenendo conto che la BCE oggi detiene circa il 30% del debito italiano, ovvero circa 700/800 miliardi, ed in virtù, anche delle nozioni apprese dal mio articolo precedente (La BCE non può più permettersi di non garantire il nostro debito pubblico – Come Don Chisciotte), ossia che questo stock di debito in pancia a Francoforte, potrebbe essere facilmente cancellato con un “click”, senza creare scompensi di alcun tipo – ecco, potete ben comprendere, che abbassando il numeratore della frazione (rapporto debito/PIL), di conseguenza il risultato che si ottiene dal rapporto è notevolmente più basso.
Pensate, addirittura, quanto potrebbe scendere ancora il risultato di tale rapporto, stante il fatto che i programmi della BCE essendo ancora in atto, sicuramente porteranno ad aumentare gli stocks di debito nei bilanci della BCE.
Quindi in conclusione ditemi voi, che valore e quale attendibilità può avere un dato risultante da un rapporto che lo si può cambiare a piacimento in qualsiasi misura con un semplice “click”, frutto della volontà umana, nello specifico politica del board della BCE.
Praticamente noi, Italia, siamo costretti da oltre due decadi, a fare surplus in via continuativa (prelevando soldi dalle tasche dei cittadini) e privandoci della possibilità di fare i propedeutici deficit necessari a risolvere il problema occupazionale, solo in virtù di un dato risultante da un rapporto che può essere in qualsiasi momento riportato ad un livello desiderato, senza che questo comporti nessun tipo di conseguenza o danno alcuno a chicchessia.
Beh… non ditemi che non vi sentite un po’ truffati!!!!!
Ma andiamo velocemente ad analizzare l’altro parametro, quello del limite invalicabile del 3% di deficit rispetto al PIL. Ripasso veloce, deficit è quando lo Stato spende nell’anno più di quanto introita con le tasse, surplus l’esatto contrario. Già qui, i più esperti possono notare il primo inganno e chiedersi: ma se ho un rapporto debito/PIL più alto rispetto a quanto richiesto (60%), l’unica via per rientrare con il tempo entro i limiti, è quella di conseguire ripetuti surplus governativi, oppure aumentare notevolmente il PIL tramite la crescita e/o per mezzo di consistenti surplus commerciali con l’estero. Assodato che i surplus governativi tolgono spesa pubblica (elemento che incide notevolmente sul PIL), risparmi privati e quindi capacità di spesa e di investimento dal settore privato, rendendo pressoché impossibile la crescita per mezzo della domanda interna, non ci resta che affidarci alla crescita tramite il settore export. Cosa, come possiamo ben immaginare, impossibile da realizzare in modo permanente, poiché presuppone l’essere in costante deficit commerciale da parte di altri Paesi, cosa che non può essere garantita neppure dal “Supremo Nostro” che sta nell’alto dei cieli.
Vediamo dai grafici sotto come si è comportata l’Italia negli anni dell’Euro, rispetto ai parametri in questione:
Come potete vedere a livello di rispetto del limite del 3% del PIL in riferimento al deficit, il nostro Paese è stato ligio al dovere (eccetto che per il 2008 – crisi dei sub-prime), addirittura, abbondantemente sotto alla media europea. Nonostante questo, ovvero l’aver seguito diligentemente le indicazioni imposte dai trattati, il rapporto debito/PIL è schizzato dal 110% all’attuale 160%.
Questo dovrebbe farvi accendere una lampadina e capire l’inganno. I due rapporti oltre ad essere non indicativi sono anche in antitesi, qualora non vi sia crescita del PIL, oltre al fatto che anche la crescita del PIL stesso, spesso è in antitesi con bassi deficit governativi o peggio ancora in presenza di avanzi primari (come quelli conseguiti dal governo italiano negli ultimi 25 anni), qualora i tuoi saldi con l’estero non siano in forte attivo.
Ricapitoliamo, si seguono determinate regole (deficit/PIL sotto 3%) per anni, al fine di avere un supposto miglioramento (debito/PIL 110% nel 2000) per evitare la tragedia – bene, il risultato non si raggiunge, anzi si peggiora molto la situazione di partenza (debito/PIL attuale 160%)……. ma la tragedia non arriva!!!!
La tragedia è sempre la stessa, quella che ci ripete, come un maestro elementare ai suoi alunni, il ministro austriaco: i mercati che ci chiederanno tassi più alti sul nostro debito pubblico.
Torniamo sempre lì…. allo spread!!!
Ed allora andiamo a vederlo l’andamento dello spread in questi anni, nei grafici qua sotto
Comparando il grafico dell’andamento del rapporto debito/PIL con quello dell’andamento dello spread, si può facilmente notare che non sono minimamente correlati. Ovvero il pericolo prospettato di un innalzamento dei tassi sul nostro debito all’innalzarsi del rapporto debito/PIL è una bufala degna di Pinocchio. Addirittura oggi, ironia della sorte, con il rapporto che tocca i suoi massimi storici i tassi viaggiano sui loro minimi, prossimi allo zero.
Se correliamo il grafico dello spread agli eventi del Paese, si vede come quest’ultimo sia stato usato, da parte dei poteri forti, come arma di minaccia nei confronti delle nostre istituzioni democratiche, per imporre governi, premier, ministri e politiche si austerity ad oltranza, prive di ogni ragionevolezza e come abbiamo visto di necessità. Questo con l’unico evidente scopo e risultato di distruggere il nostro sistema economico al fine di depredarlo.
Dal famoso anno 2011 dove con un rapporto debito/PIL inferiore al 120%, per far cadere il governo Berlusconi, volutamente si fece schizzare lo spread a quasi 600 punti, arrivando a due passi dal default per il nostro paese ed al conseguente dissolvimento dell’eurozona – dico, da allora, lo spread ed i tassi sono precipitati in caduta libera, per il semplice ed esclusivo effetto della dichiarazione dell’allora governatore Mario Draghi (“whatever it takes”) ed il conseguente inizio dei programmi di acquisti da parte dell’istituto di Francoforte. Queste azioni trasformarono la BCE in prestatore di ultima istanza, la quale da allora di fatto garantisce tutti i debiti dei Paesi membri.
L’effetto di queste dichiarazioni ed il fatto che Draghi avrebbe potuto farle anche prima (“ovvero, con un governo democratico in carica”), sono la pistola fumante del delitto che si è consumato e che poi è diventato perpetuo.
In riferimento sempre al limite del deficit del 3% sul PIL, e sul fatto che tale limite è totalmente scollegato con la realtà dei fatti e che sia un numero preso a caso, proprio come si sceglie il numero preferito da giocare sulla roulette del casinò – lo dimostra il fatto che anche con deficit nettamente superiori niente di drammatico succede nel sistema economico. Di tassi più elevati ed inflazione, ossia gli “spauracchi” costantemente prospettati da politica e main-stream, non ne vediamo traccia.
Tanto per fare un esempio, guardate nel grafico qua sotto, quali livelli di deficit ha raggiunto il nostro Paese nel 2020 e nel 2021, rispetto al passato:
Dall’essere diligenti esecutori nel rispetto del parametro del Patto di Stabilità, siamo schizzati a deficit del 10,8 nel 2020 e 11,8 nel 2021. Deficit per di più tutti interamente e direttamente finanziati dalla BCE, la quale si è bevuta in un sorso, (“come si beve una gazzosa al bar d’estate”), la tanto a noi sbandierata regola dei trattati, che finanziare direttamente gli Stati membri da parte della banca centrale, sarebbe equivalso al peccato originale biblico.
Quindi abbiamo detto, i deficit salgono in modo vertiginoso, il debito incanala record su record, ma” l’Uomo Nero” non arriva….. basterebbe questo per far accendere una lampadina, anche nelle menti dell’uomo di strada che giustamente non mastica la materia, ma si presume dotato di logica.
Ci stanno ingannando, con una serie di falsità galattiche che diventano realtà nelle nostre menti, solo per il fatto che vengono ripetute all’infinito dai più svariati canali di informazione. Aprite gli occhi per favore!!!!!!
Quindi, in conclusione, abbiamo visto che il prospettato arrivo “dell’Uomo Nero” è una paura totalmente infondata. Veniamo gestiti esattamente come si gestiscono i bambini con le favole. Questo per allontanarci da quelle che invece dovrebbero essere le vere nostre paure, che poi puntualmente diventano realtà e dramma delle nostre vite.
Parlo di disoccupazione, deflazione da debiti, diritti calpestati, libertà personali sempre più a rischio, imprenditori soffocati dai debiti, istruzione sempre più controllata e per pochi, Sanità allo sbando senza uomini e mezzi che non da più nessuna sicurezza, lavoro sottopagato, ponti che crollano, strutture fatiscenti, città che si allagano, finanza sfrenata senza regola alcuna, una moneta monopolio di Stato che è diventata privata ad uso esclusivo di pochi, istituzioni democratiche che sono diventate sede di lobbies gestite in base all’appartenenza massonica, una Giustizia privatizzata anch’essa gestita sempre con gli stessi criteri di appartenenza a logge e lobbies… il resto aggiungetelo VOI!!!
Di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), ComeDonChisciotte.org
NOTE
(1) Austria Calls for Compliance With EU Fiscal Rules in 2023 Budgets – Bloomberg
(2) CELEX_52021DC0662_IT_TXT[18001].pdf
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Pubblicato da Jacopo Brogi e Verdiana Siddi per ComeDonChisciotte.org
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13.11.2021