La BCE non può più permettersi di non garantire il nostro debito pubblico

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

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Quanto avvenuto nelle ultime settimane, in merito al rialzo dello spread e al suo immeditato salto all’indietro, conferma ancora una volta, se mai qualcuno avesse ancora dei dubbi, che la BCE non ha alternative rispetto al garantire ogni emissione di debito degli stati membri. Questo, se ancora vuol far rimanere in vita la sua creatura, ovvero la moneta EURO.

Sono anni che lo dico e che lo scrivo, anche in altri blog – e un mio articolo sull’argomento in questione, uscito su “Come Don Chisciotte”, poche settimane fa, ne è l’ennesima testimonianza concreta (Basta con l’accusare i Poteri Europei, oggi il “NEMICO” lo abbiamo in casa….. che sia ben chiaro a tutti!!!!! – Come Don Chisciotte).

Mentre tutti ripetono frasi del tipo: “ma se la BCE smette di comprare i nostri titoli”, “ma se la BCE ci chiede indietro i soldi dei nostri titoli che ha in pancia”, “ma se riparte lo spread”, dovete dare atto al sottoscritto di avervi sempre reso edotti del fatto che tutto ciò sarebbe stato improbabile e lontano dal divenire realtà o, quanto meno, che se la BCE cambiasse completamente rotta e mettesse in atto politiche contrarie a quelle attuali, questo condurrebbe direttamente alla rottura del sistema euro.

E vi spiego ancora una volta perché! Oggi la BCE detiene quasi il 30% del debito italiano, diciamo indicativamente 700/800 mld. Cosa succederebbe se a Francoforte decidessero di volere indietro tali somme? Chiaramente stiamo parlando di soldi che lo Stato italiano non ha più disponibili sui propri conti del Tesoro, avendoli già spesi e messi in circolo nel settore privato per mezzo della spesa pubblica.

Per rispondere al quesito, occorre prima trovare risposta ad un’altra domanda.

Quanto debito pubblico italiano acquista la BCE?

Attraverso i vari programmi, nei primi nove mesi del 2021 la BCE ha acquistato titoli del debito italiano per 122 miliardi. Nell’ultimo trimestre, si stima che ne acquisterà, soprattutto attraverso la Banca d’Italia, circa 37 miliardi (vedi appendice), per un totale di 159 miliardi nel 2021 (Tav. 1). [1] La BCE coprirebbe così il 95 per cento del deficit del 2021, che la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza stima in 167 miliardi. Nel 2020 erano stati acquistati titoli per 175 miliardi, coprendo più che interamente il deficit di quell’anno (159 miliardi).

Oltre ai nuovi acquisti, la BCE continua a rinnovare i titoli già detenuti che giungono in scadenza: circa 73 miliardi per il 2021. Complessivamente, la BCE dovrebbe quindi coprire il 46 per cento del fabbisogno lordo di finanziamento (ossia del totale dei titoli emessi per finanziare il deficit e rifinanziare i titoli in scadenza), stimato in circa 500 miliardi.

Anche se non rilevante ai fini del presente articolo, teniamo presente che nel 2021 sono anche aumentati i finanziamenti dell’Unione Europea allo stato italiano: i prestiti sono ammontati a 25 miliardi provenienti dalla Recovery and Resilience Facility e dal SURE; nel 2020 invece questi ammontavano a 17 miliardi (solo dal SURE). Sono anche arrivati 23 miliardi di contributi a fondo perduto per finanziare spese non incluse nel deficit.

A fine anno, la BCE e le altre istituzioni europee dovrebbero detenere debito pubblico per il 43 per cento del Pil, quasi il doppio che nel 2019 (Fig. 1). Si tratta del 27,7 per cento del debito italiano. Di conseguenza, si riduce l’ammontare del debito detenuto dai mercati finanziari, che in termini assoluti passa da 2.010 miliardi nel 2019 a 1.975 nel 2021. Ciò ha contribuito alla riduzione dei tassi di rendimento richiesti dagli investitori: il rendimento medio sui BTP decennali è sceso dall’1,97 per cento del 2019 allo 0,73 per cento del 2021. [2]

 

Per andare avanti con il nostro ragionamento, vi ricordo ancora, che il debito pubblico corrisponde esattamente alla ricchezza finanziaria del settore privato, ovvero matematicamente parlando, equivale alla somma dei deficit annuali che lo Stato ha conseguito.

Ma torniamo alla domanda che ci siamo posti. Lo Stato dunque, qualora la BCE intendesse non continuare con il “rollover” del nostro debito ma bensì ne richiedesse la monetizzazione, non sarebbe in grado materialmente di restituire questi soldi, a meno di un prelievo forzoso dalle tasche di noi cittadini. Un prelievo di tale entità che, ammesso che il settore privato fosse in grado di onorare, devasterebbe in maniera definitiva la nostra economia.

Non dimentichiamo un tassello fondamentale: il nostro paese, adottando la moneta euro e la conseguente decisione di appartenere a questo sistema monetario, allo stato attuale non ha la possibilità di avere una banca centrale direttamente alle dipendenze del Ministero del Tesoro e quindi la possibilità di poter creare una propria moneta dal nulla, la quale gli consentirebbe di saldare immediatamente il conto con l’istituto di Francoforte.

Quindi, se la BCE forzasse la mano, immettendo tale quantità di titoli (700/800 mld) sul mercato e di fatto togliendo la garanzia sul debito italiano, tale semplice ma devastante atto diventerebbe immediatamente causa del nostro default, che porrebbe immediatamente il nostro paese di fronte a un’unica strada, ovverosia quella di un ritorno ad una moneta nazionale.

Il ritorno del nostro paese alla Lira, sia per le dimensioni della nostra economia all’interno dell’eurozona, sia per le questioni politiche e geopolitiche connesse, con ogni probabilità comprometterebbe, oserei dire in maniera definitiva, il progetto euro.

Ulteriore prova a conferma del mio ragionamento, ci arriva proprio dagli eventi accaduti nei giorni scorsi, quando una leggera frenata da parte della BCE in riferimento ai programmi di acquisto, ha fatto schizzare lo spread a oltre 135 punti. Evidentemente a Francoforte, in perenne lotta con gli “dei dell’economia” e i giudici della Corte di Karlsruhe, dal famoso “whatever it takes” di Draghi sono ancora in fase di sperimentazione ed eseguono “test”, per vedere fino a dove possono spingersi contro le forze, contrarie e senza padroni, della scienza economico-monetaria.

Ma come potete vedere dal grafico sotto, hanno dovuto nel giro di pochi giorni interrompere il test, ovvero ricominciare a comprare, per riportare il differenziale dei tassi, sui nostri titoli, sotto controllo.

 

Un altro elemento che fa capire quanta attenzione ci sia da parte della BCE alla situazione del debito italiano e, di conseguenza, quanto quest’ultima abbia le mani legate nel dover fare di tutto e di più per sostenerlo e nel dover di fatto assurgere al canonico ruolo di lender of last resort” (prestatore di ultima istanza), come ogni altra banca centrale del mondo, è la correlazione degli acquisti dei nostri titoli con quelli degli altri paesi dell’eurozona. Ovvero la BCE arriva perfino, con decisione autonoma, a contravvenire alla regola imposta del capital key.

Infatti, se analizziamo gli acquisti di titoli italiani nel contesto degli acquisti complessivi effettuati dalla BCE nei paesi dell’area euro, vediamo che, tra gennaio e settembre 2021, la BCE ha acquistato titoli per 834 miliardi (prevalentemente di debito sovrano). Nell’ultimo trimestre dovrebbe acquistare 61 miliardi con l’APP e tra 180-210 miliardi con il PEPP (vedi appendice). Questi si sommano agli acquisti effettuati nel 2020 (1.116 miliardi tra APP e PEPP).

Si può, quindi, facilmente notare che gli acquisti di titoli condotti con il PEPP da inizio 2020 a favore dell’Italia, riportati nei paragrafi precedenti, sono più elevati di quello che sarebbe stato coerente con la quota del nostro paese nel capitale della BCE (la cosiddetta capital key), pari al 17 per cento, soprattutto per effetto di acquisti particolarmente elevati nel 2020 (Fig.2). [3]

Infine, al di là delle verità economiche e dei numeri che sono fondamentali, a supporto di quanto affermo consentitemi anche un analisi storica che ripercorra gli eventi.

Come abbiamo visto, un sistema economico-monetario fondato sulle falsità economiche ha una sua naturale evoluzione, che alla fine si scontra con quelle che sono le regole della scienza economica stessa. Questo a Francoforte e Bruxelles era già ben noto nel 2011, quando nell’ingordigia di massimizzare sempre più i trasferimenti dai paesi del sud a quelli del nord (con Italia e Grecia in prima fila nel ruolo di “colui che trasferisce” e Germania e Francia in quello di “colui che riceve”), il nostro spread era schizzato oltre i 500 punti base. Sapevano benissimo che tale situazione non sarebbe potuta andare oltre e che il sistema euro si sarebbe disintegrato a breve. L’Italia da quel momento, oltre ad essere il “pollo da spennare” per i poteri europei in simbiosi con quelli italiani, divenne anche il principale detonatore per far esplodere il loro sistema predatorio. Dovevano assolutamente prendere il controllo di ogni istituzione democratica del nostro paese, e così spinsero l’acceleratore sullo spread per far cadere il nostro governo e portare un loro uomo (Mario Monti) al comando.

Il giorno dopo, senza perder tempo, arrivò l’ormai famosa dichiarazione di Draghi, il “whatever it takes”, che di fatto, da quel preciso istante, rese la Banca Centrale Europea garante del debito dei paesi membri. Lo spread come per magia crollò, i mercati si “inginocchiarono” chiedendo pietà e da allora niente è più cambiato. Abbiamo visto chiaramente, e ancora con più forza durante la pandemia, quello che la MMT ci diceva da molti anni, ovverosia che i tassi non li decidono i mercati ma le politiche monetarie delle Banche Centrali.

Il prezzo che il nostro paese e le nostre istituzioni democratiche hanno dovuto pagare per avere questa garanzia, oltre naturalmente al proseguimento della distruzione economica in atto, è stato quello di non avere più un governo eletto e di avere a capo del MEF un nominato dai poteri forti. Basti pensare al veto categorico del Presidente Mattarella sul nome di Savona, quando l’allora costituendo governo giallo-verde, lo propose per ricoprire tale ruolo.

E qui torniamo a quello che vi dico da tempo: è lampante che , per quei poteri,  è essenziale avere un loro uomo al MEF, per le ragioni che vi ho spiegato.

Un vero patriota al MEF che conosce la materia – oggi, forte della garanzia della BCE e conscio della partita win to win”, che sta giocando – se, infischiandosene delle appartenenze, schianta immediatamente sul mercato 300 mld di titoli (sapendo che la BCE sarebbe costretta a comprarli), con i quali stanzia una spesa in deficit per finanziare un programma di PLG (“piani di lavoro garantiti”), come ideato dalla Modern Monetary Theory…… immediatamente, darebbe il via alla ripresa della nostra economia e porrebbe la parola fine al disegno predatorio dell’élite nei confronti del popolo italiano.

NOTE

[1] In generale gli acquisti di titoli del debito italiano vengono effettuati per il 90 per cento tramite la Banca d’Italia e per il 10 per cento direttamente dalla BCE. Si noti che gli interessi pagati dallo stato alla Banca d’Italia sui titoli da questa detenuti sono restituiti allo stato attraverso la distribuzione dei profitti della nostra banca centrale (tranne una piccola parte distribuita alle banche partecipanti al capitale della Banca d’Italia).

[2] Per una sintesi sugli effetti dei programmi di acquisto titoli della BCE sui tassi di rendimento dei titoli del debito sovrano. Vedi: https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2021/html/ecb.sp210920_annex~77c012f14b.en.pdf

[3] Di norma, la capital key viene utilizzata per ripartire gli acquisti dei programmi della BCE tra i diversi Stati dell’Eurozona, ma nel caso del PEPP (e del PSPP negli ultimi due anni) la BCE aveva indicato l’intenzione di deviare parzialmente da tale norma. Vedi: https://www.ecb.europa.eu/ecb/orga/capital/html/index.it.html e https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:32020D0440

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