Fusaro, poco rosso molto bruno ?

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DI NELLO GRADIRA’

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Il filosofo più cercato dalle Tv. Il suo criterio interpretativo della realtà è principalmente basato sull’esistenza di un complotto “plutocratico” contro le identità nazionali

Una nuova star

Tra i personaggi televisivi più in vista negli ultimi tempi c’è senz’altro il giovane filosofo torinese Diego Fusaro, ospite fisso in alcuni talk show (soprattutto su La7) e titolare di rubriche su giornali molto diffusi, come Il Fatto Quotidiano. Deve la sua popolarità ad alcuni blog di cui è animatore,  come www.filosofico.net e www.interessenazionale.net, e scrive per grandi case editrici come Bompiani ed Einaudi.

Lo chiamano in TV perché “buca lo schermo”: giovane, piacente, polemista acuto ma pacato, con un eloquio forbito un po’ demodé che però lo rende autorevole. Ma lo chiamano soprattutto perché le sue idee consentono di ricondurre la critica alla dittatura dei mercati nel grande recinto del populismo reazionario. 

Lui si considera “allievo indipendente di Hegel e di Marx, di Gentile e di Gramsci, al di là di destra e sinistra”. Ma il suo riferimento principale è Costanzo Preve, anche lui torinese, morto a 70 anni nel 2013, che nell’ultima parte della sua esistenza teorizzò il superamento della contrapposizione tra destra e sinistra e scrisse pagine decisamente provocatorie e stimolanti contro il “politically correct”.

In rete si trovano molti articoli critici sul “fusarismo”, che però il più delle volte non fanno altro che portare acqua al suo mulino, sia per la scarsa credibilità di chi li scrive, sia perché spesso sono privi di argomenti e sono impregnati di un sarcasmo e di un disprezzo esasperati e poco intelligenti (“il filosofo della supercazzola”, “anticapitalista con la Lacoste” ecc.).

Sarebbe invece importante discutere seriamente della tendenza culturale e politica di cui Fusaro è dichiarato sostenitore (il “rossobrunismo”), anche perché è destinata in futuro a guadagnare consensi. Lo spazio che abbiamo a disposizione qui non ci consente un’analisi approfondita, ma possiamo ricordarne le origini e le principali caratteristiche.

 Il “perverso disegno”

Il punto di partenza delle tesi di Fusaro è la convinzione che esista un “perverso disegno” che avrebbe come obiettivo “la sostituzione programmata della popolazione europea con il nuovo esercito industriale di riserva dei migranti provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo”.

Tale progetto avrebbe le sue origini storiche nel cosiddetto “piano Kalergi”, dal nome del conte austriaco Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi, vicino alla massoneria e coniugato con una donna ebrea, che negli anni ’20 fondò il movimento “Paneuropa” ispirandosi ai principi di un vago pacifismo aristocratico e auspicando il meticciato come soluzione alle guerre tra le nazioni. Non ebbe praticamente alcuna influenza reale ma riuscì ad attirarsi gli anatemi di Hitler. Il suo libro Praktischer idealismus, che Fusaro cita, è stato rispolverato qualche anno fa da tale Gerd Honsik, un negazionista dell’Olocausto, che stravolgendone il contenuto scriveva che secondo Kalergi  “la razza bianca deve essere sostituita da una razza meticcia facilmente dominabile [da un’élite ebraica]”, e che questo piano sarebbe alla base della costituzione dell’Unione Europea.

In questa concezione complottistica quindi la causa principale dell’immigrazione di massa non sarebbero le politiche neocoloniali di rapina delle risorse del sud, quanto un vero e proprio malefico piano messo in atto da poteri occulti per far arrivare in Europa masse di migranti. Se così fosse naturalmente apparirebbe legittimo e sensato chiudere le frontiere.

Promotori del complotto? Un gruppo di finanzieri capeggiato da George Soros (ebreo guarda caso) che utilizzano come manovalanza le famigerate ONG, ormai etichettate come le portatrici di tutti i mali del mondo.

In questo quadro va letta anche la recente esternazione nella quale Fusaro, scandalizzando molti benpensanti, si chiedeva come mai il terrorismo islamista non sia mai diretto contro i potenti dell’Europa finanziaria (la risposta ovviamente è che anche questo farebbe parte del “perverso disegno”).

Interpretazioni caricaturali che però risultano accattivanti per un’opinione pubblica sprovveduta in cerca di spiegazioni semplicistiche e di capri espiatori. E infatti basta guardare in rete per accorgersi di quanto sia diffusa tra i soliti “bufalari” che credono di saperla lunga (oltre che nei siti della destra estrema).

 Contro ogni multiculturalismo

Sulla base di queste concezioni quasi paranoiche Fusaro riserva un’ostilità ossessiva per tutto ciò che è transnazionale, tanto da scagliarsi perfino contro i progetti Erasmus: “Abbiamo tolto la leva obbligatoria e abbiamo messo come nuova naia l’Erasmus, per rieducare i giovani al globalismo post-nazionale. Di modo che essi abbandonino ogni radicamento nazionale e ogni residua identità culturale e si consegnino senza coscienza infelice all’erranza planetaria, all’espatrio permanente, al moto diasporico globalizzato e alla centrifugazione postmoderna delle identità. I pedagoghi del mondialismo possono così, con profitto, imporre ai giovani femminilizzati la nuova postura cosmopolita no border”.

Questioni di genere

Il termine “femminilizzati”, usato in modo dispregiativo in contrapposizione alla sana virilità della leva obbligatoria, tradisce anche la misoginia di Fusaro, che si scaglia con particolare ardore contro la cosiddetta ideologia “gender”. Questa sarebbe un’altra arma utilizzata dai malvagi per la distruzione delle identità culturali nazionali in quanto “disgiunge la sessualità dalla funzione procreativa e contrabbanda il nuovo mito omosessualista, transgenderista e post familiare come paradigma glamour per le masse precarizzate e indotte all’abbandono del modello familiare borghese e proletario mediante riti di normalizzazione post moderna (gay pride, sfilate arcobaleno, Pussy Riot)”.

Contro il laicismo

L’accettazione della sessualità solo per la sua funzione procreativa è tipica degli ambienti integralisti religiosi, ai quali Fusaro fa l’occhiolino criticando quel “laicismo integralista”, che “si pone come il completamento ideologico ideale del dilagante fanatismo economico, in cui l’Economist diventa l’Osservatore Romano della globalizzazione capitalistica e le leggi imperscrutabili del Dio monoteistico divengono le inflessibili leggi del mercato mondiale”.

Tornando all’ideologia gender, Fusaro rifiuta la patente di omofobo, accampando argomenti di tipo “benaltrista”: l’attenzione a suo giudizio eccessiva dedicata ai diritti civili delle minoranze sarebbe un modo per svicolare dalla vera contraddizione, quella tra capitale e lavoro.

L’ ”interesse nazionale”

Nonostante i richiami perfino stucchevoli a Marx e Gramsci, però, è tuttavia lui stesso a mettere in cantina questa contraddizione, proponendo il recupero della “sovranità nazionale”.

In nome dell’”interesse nazionale” propone un’alleanza tra le “classi produttive”, cioè i lavoratori precarizzati e gli imprenditori “sani” contro il capitalismo finanziario parassitario. Questa visione, che ci riporta al corporativismo fascista, è un’altra conseguenza dell’ossessione per il complotto plutocratico, che non gli permette di capire che non esiste alcuna contraddizione tra il capitalismo finanziario cattivo e quello “manifatturiero” buono, che magari vorrebbe assumere ma non può a causa delle politiche di austerità dettate dalla dittatura delle banche: un’altra favoletta per gli sprovveduti.

Naturalmente la divisione tra destra e sinistra, che si pone come ostacolo a questa alleanza interclassista, è vista come la peste. E quindi anche l’antifascismo, che -scrive Fusaro, “è la nobile categoria che legittima nuove pratiche fasciste come la chiusura dei giornali, lo squadrismo mediatico contro i non omologati, la diffamazione permanente di ogni pensiero non ortodosso e subito liquidato en bloc come ‘fascista’”. Infatti lo invitano Casapound e Fratelli d’Italia, cachet profumatissimo permettendo.

Per opporsi al “sovranismo”

Crediamo di aver messo in evidenza le origini culturali e la natura dell’ideologia di cui Fusaro è portatore, ma sarebbe semplicistico etichettare il rossobrunismo come una mascheratura del vecchio fascismo storico. È invece necessario cogliere questa sfida ideologica controbattendo le panzane “sovraniste” con la costruzione di un nuovo progetto internazionalista che parta dal protagonismo delle comunità locali.

Nello Gradirà 

articolo tratto da Senza Soste cartaceo n.128 (febbraio 2018)

Fonte: www.senzasoste.it

Link: http://www.senzasoste.it/fusaro-poco-rosso-bruno

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