Di Konrad Nobile, fuoriperimetro.com
Era il 24 febbraio 2022 quando, con l’inizio dell’ “Operazione Militare Speciale”, la martellante campagna sulla “guerra al Covid” veniva bruscamente derubricata e messa in disparte dai media a favore della “nuova” e più “tradizionale” guerra (nuova tra virgolette, siccome in Donbass si combatte dal 2014). I governi del “libero e democratico” occidente, con al seguito la fedelissima stampa (quella che in inglese viene chiamata “presstitute”), potevano continuare serenamente a sbandierare la retorica e la terminologia emergenzial-bellicista abusata nei due anni precedenti. Ora però il principale nemico da combattere ed infangare, aizzando la massa, non era più né il Covid né il movimento di resistenza alla drammatica gestione, assassina ed autoritaria, della pandemia. Da quel giorno al centro del mirino finì la Russia e, soprattutto, il “mostro Putin”, reo di aver dato uno scossone internazionale di portata storica, una sorta di schiaffo (pur colmo di contraddizioni) al dominio indiscusso del cosiddetto “Occidente collettivo” e al suo ordine internazionale unipolare, del quale le popolazioni della Serbia, dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, della Siria, solo per citarne alcuni, hanno saggiato nel tempo la vera e più brutale natura.
In tutto ciò, chiunque non sia passivo ascoltatore della vulgata ufficiale e abbia un minimo di consapevolezza sulle cause del conflitto, oltre che del suo rilievo geopolitico, non può non aver trovato conferma della complicità dei nostri governi e della responsabilità dell’alleanza atlantica nello scoppio di questa guerra.
Da questa consapevolezza è nato un variegato e disomogeneo movimento, attualmente debole, poco visibile e impotente, il quale tuttavia, con la sola sua esistenza, offre un’alternativa al subdolo pacifismo “ufficiale”, ossia quel carnevalesco costume color arcobaleno indossato da coloro che sul fuoco della guerra ci soffiano: le istituzioni e tutte quelle organizzazioni colluse con esse (come i sindacati confederali), o comunque perfettamente inquadrate nel sistema di potere, affiancate da legioni di menestrelli del sistema e leccapiedi di ogni genere.
Nel movimento antisistema “contro la guerra” invece, oltre alla giustissima avversione per la NATO, si può ritrovare (almeno in un buon numero di casi) un genuino e disinteressato spirito pacifista, mirante a spingere le parti, paesi NATO in primis, a cessare le provocazioni, le ostilità, l’astio predatorio e a trovare un efficace dialogo che porti alla distensione e alla fine della carneficina.
A questo genere di pacifisti onesti, buoni e genuini, che umanamente colgono il dolore e la disgrazia della guerra, mi voglio innanzitutto rivolgere. A costoro voglio proporre alcune mie personali riflessioni, che potranno avere il sapore di sentenze dure e inattuali ma che sento di non voler nascondere, anche correndo il rischio di essere incompreso o criticato.
14/07/2023
Vedendo le numerose immagini dal fronte, in me si generano e convivono sentimenti bui e contrastanti. Compassione, pena e dolore per le sofferenze umane mi feriscono nell’animo mentre contemporaneamente, talvolta, vengo pervaso da una debole ebbrezza (virile o malata? O entrambe?), una strana eccitazione dionisiaca generata dal triste “spettacolo” di quella immane forza esplosiva (e distruttiva) in atto, della quale sono, fortunatamente, solo indiretto e lontano spettatore.
In tale energia distruttiva si concentrano e si mescolano storia, risorse, tecnica, ingegno, lavoro, esperienza, vite umane…
Se solo tale portento, tale capacità, tale forza fosse rivolta a fini umani!
Ciò che vedo, la guerra, è un mostro terribile e violento, eppure sento e penso che, pur nella sua bruttezza e cattiveria, celi pure nel profondo una qualche opportunità, qualcosa di forte, qualcosa di umano.
D’altronde se fosse vera la sentenza “Si diventa forti per necessità”, allora quale più forte trauma della guerra potrebbe imporre agli uomini indeboliti, sedati e asserviti (quali oggettivamente siamo) la dura necessità di diventare forti?
Ed ecco dunque che io dico no al semplice pacifismo, a quell’atteggiamento orbo e debole di mera fuga. No al pacifismo sia nella sua versione becero/ipocrita (ovviamente) che in quella rispettabile ed onesta.
Non potremo liberarci dalla morsa del “mostro della guerra” chiedendone ai fautori l’arresto, pregando ciecamente nella sua fulminea e magica fine, lanciando ingenui e vaghi appelli di pace e amore universale.
La guerra, come la violenza in generale, non è un fine ma un puro mezzo e anche nello scenario illusorio in cui si riuscisse a fermarla all’istante, rimarrebbero integre le sue cause e vive le volontà dei suoi promotori. Rimarrebbero insomma intatti tutti i problemi di fondo, sebbene gli sia temporaneamente impedito di manifestarsi come “sintomo guerra”. L’ambizione di sedare questo sintomo con il farmaco del pacifismo non porrà fine alla malattia che ne sta alle origini.
Essere contro la guerra ed essere per la pace non vuol dire, di per sé, nulla.
La via da seguire contro questa dolorosa morsa necessita invece di riflessione e comprensione delle cause, di consapevolezza con la quale cogliere gli spazi per agire con intelligenza ed efficacia.
Studiandolo, deviandolo, sabotandolo, accecandolo, comprendendolo e, fatto questo, trasformandolo faremmo sì che le membra di cui si serve questo mostro si ribellino, si voltino. Solo così porteremmo il suo organismo ad un rivoluzionario collasso, al cambiamento.
Ma per fare ciò bisogna appunto interiorizzare che la guerra, come già scritto, non è fine a se stessa.
Essa è un mostro stupido, un servo, un mero esecutore al servizio d’altri e d’altro.
È un’idiota bestia distruttiva, ma che in sé cova il germe di una grande forza vitale e creatrice: quella dell’uomo.
E se dunque, forse, più che porci contro la guerra, pensassimo di trasformarla, di strapparla dal controllo dei suoi attuali signori e farla serva nostra?
Dico io che, per liberarci dal dramma mortifero e disumano delle guerre presenti e future, dovremo infatti necessariamente dichiarare una guerra. La Nostra guerra!
Dovremo dichiarare e poi, a tempo debito, fare la guerra a chi ora sfrutta e muove il mostro, a chi ora lo dirige, a chi fa sì che la forza di questo ente (che è la nostra, umana, grande forza) si manifesti come una feroce ed antiumana bestia.
Non potremo sottrarci alla battaglia, dovremo rompere i gusci nei quali siamo rinchiusi, dovremo sottrarci alla castrazione impostaci, dovremo pronunciare a voce alta il nostro sì alla vita, il sì alla lotta che essa esige.
Prendere le armi in mano, avvicinarci alla bestia, osservarla, capirla, sedurla, farla nostra, baciarla… sarà così, come in una favola, che la mostruosa bestia chiamata Guerra, adultera dal matrimonio col demonio che l’ha fatta sposa (e dalla sua schiera di servi) e che la adopera per i suoi deliranti e antivitali fini, diverrà dopo il bacio un principe, un metamorfico principio. Il principio (nel senso di inizio) della nostra liberazione, della bella umanità, del nostro sì alla vita, della nostra Pace.
Ma chi è il succitato demonio? E chi sono i suoi servi? Chi sono i nemici contro cui rivolgere le armi, contro cui rivolgere il mostro della guerra reso nostro, trasformato dal bacio della bella umanità in principio della Vita?
Io dico che questo demonio puzza di carta straccia, puzza di dollaro.
ll mercato è la sua dimora e là si fa adorare e riverire dai suoi più intimi e privilegiati schiavi: Stati, burocrati, eserciti, alte caste sacerdotali, banchieri, sette massoniche, turpi schiere borghesi di affaristi, degenerati giullari di corte, “intellettuali”, scienziati…
Questo demonio, signore assassino e nostro aguzzino, è chiamato Interesse, Profitto, Capitale.
Ed è a tutto ciò che noi dovremmo dichiarare guerra.
Per questo però non siamo pronti, non ora. Siamo troppo confusi, alienati, castrati, deboli. Non percepiamo ancora distintamente questa necessità, storditi e affogati dall’opulenza e dal “benessere”, da una marea di illusioni e menzogne (alcune giovani, altre assai meno), zuppi di decadenza etica, estetica, spirituale, umana!
Indotti a dimenticare di Volere autenticamente, di Potere autenticamente, di Essere autentici.
Ma qualcosa e qualcuno ha iniziato debolmente a smuoversi, e ciò è avvenuto soprattutto a partire e “grazie” agli effetti della brutale guerra nel quale tutti noi siamo stati traumaticamente gettati di recente in prima persona (mi riferisco alla “guerra al Covid”, prima ancora che alla guerra in Ucraina).
Qualcuno, pochi a dire il vero, hanno sentito e avuto l’urgenza di fare un vero passo in avanti, in direzione della crescita, della maturazione, della forza. Per necessità questi pochi si sono dovuti rafforzare.
Ciò che, in questo periodo, costoro dovrebbero auspicabilmente fare sarebbe, con postura calma ma vigile, continuare a prendere coscienza, riflettere, studiare ed allenarsi per la lotta che, se vorremo vivere a pieno le nostre vite, saremo chiamati prima o poi a combattere.
Dobbiamo preparare il nostro arsenale, sapendo che dovremo far nostro il mostro e che lo dovremo usare per i nostri fini, che dovremo dichiarare una guerra radicale e violenta e che la dovremo combattere con valore. Essa non sarà una guerra tra Stati, non una guerra fratricida tra popoli, non uno scontro all’ombra del Capitale, bensì una guerra nuova, inedita, rivoluzionaria, una guerra di liberazione umana dal cancro che ci affligge.
Questo però avrà possibilità di avvenire solo quando tale e grave storica necessità sarà talmente radicale e drammatica da rompere in massa il fumo che tuttora ci acceca, da crepare il nostro “benessere”, da metterci al muro. Che ciò possa accadere come conseguenza di una guerra impostaci dal suddetto demonio? Che solo il trauma di una guerra e di immani catastrofi sia capace di risvegliarci dal letargo e di imporci di prendere in mano il nostro destino?
Sarà allora, quando non ci potremo più permettere il placebo del pacifismo, che i pochi (ma grandi) che avranno preparato l’arsenale potranno trovare nuovi compagni d’arme da armare ed infuocare per lo scontro. Uomini ritrovati e riscopertisi tali, mossi verso la “redenzione” e la forza dall’impellente e tragica necessità. Posti di fronte al bivio: O schiavi o Liberi. O larve o Uomini. O morte o Vita (Vita scelta anche a costo di morire).
Quei pochi che già da ora dovessero preparare genuinamente l’arsenale, se lo faranno bene e a dovere (compito assai arduo e colmo di rischi) saranno un giorno riconosciuti come moderne avanguardie. Come piccole fiammelle che resistettero circondate dall’acqua e sotto una pioggia scrosciante, capaci di tenere vivo il fuoco in una delle stagioni più umide mai viste e che, una volta terminata l’acqua per l’allagante irrigazione, seppero incendiare il vecchio mondo e, con le sue ceneri, fertilizzare la nostra terra, rendendola casa accogliente per una bella, rinnovata, rafforzata e liberata umanità.
Di Konrad Nobile, fuoriperimetro.com
26.07.2023
Fonte: https://fuoriperimetro.com/26/07/2023/fare-del-mostro-il-nostro-umano-principio/