Gay Pride, il treno dell’inclusività targato PD

Di Sonia Milone per Comedonchisciotte

Come ogni giugno, anche quest’anno torna il rutilante carrozzone del Gay Pride. Da nord a sud, le città italiane vengono invase da parrucche, paillettes, borchie, catene e tutta la paccottiglia gender che, fino a non molto tempo fa, veniva pudicamente esibita solo al buio della propria sfera privata.

Più che arcobaleni, a sorgere entro l’orizzonte dei nostri millenari centri storici, capolavori dell’umanità, è il trash, il triviale, l’osceno, il diluvio di volgarità. C’è da chiedersi cosa pensino di tutto ciò i nostri raffinati stilisti (molti dei quali non hanno mai nascosto le proprie tendenze) che hanno vestito first lady e principesse dettando le regole dello stile e dell’eleganza a mezzo mondo. C’è anche da domandarsi che fine hanno fatto le regole sul decoro in luogo pubblico. E sia chiaro che la volgarità non è appannaggio esclusivo del Gay Pride: è divenuta pure essa fluida e dilaga in ogni angolo della società ormai. Se Dostoevskij affermava che “la bellezza salverà il mondo” possiamo essere sicuri anche del contrario: la bruttezza lo distruggerà.

Orgullo Gay de Roma 2024

Sono numerosi gli eventi organizzati in oltre 60 città anche perchè quest’anno si celebra il trentennale della prima manifestazione italiana dell’orgoglio LGBTQIA+ tenuta a Roma nel 1994. Per l’occasione il sindaco Roberto Gualtieri ha pensato bene di colorare l’intera linea A della metropolitana della città eterna per far salire tutti sul treno dell’ideologia in corsa verso il progresso dei diritti con tappa obbligata alle antiche Terme di Caracalla trasformate nella “croisette” degli eventi.

Il “treno dell’inclusività” resterà in servizio per tutta l’estate a spese dei cittadini romani lasciati perennemente in attesa della partenza dei lavori di sistemazione dei mezzi pubblici capitolini, una vera vergogna italiana tra degrado, sporcizia, ritardi, sovraffollamento, sospensioni del servizio, allagamenti, scale mobili e ascensori fuori servizio, lavori interminabili, servizi igienici da terzo mondo, borseggiatori e scarsa accessibilità per le persone con disabilità e le famiglie con passeggino per i bimbi piccoli.

E come se non bastasse l’abuso di beni pubblici a fine propagandistico, Gualtieri ha sfilato alla parata romana del 15 giugno indossando una fascia arcobaleno al posto di quella tricolore, un vero sfregio a un simbolo istituzionale della Repubblica Italiana. Siamo oramai diventati la “repubblica delle banane” con il sindaco che vuole fare di Roma “la capitale dell’amore”.


Non da meno il sindaco di Milano Giuseppe Sala che, con cravattino e calzettoni rainbow, invita i nonni a portare i nipotini agli eventi del Pride in mezzo a gente mezza nuda in esplicito atteggiamento sessuale con non celati ammiccamenti sado-maso. Lo stesso sindaco che a marzo era stato travolto dalle polemiche per il divieto della Commissione alle Belle Arti di installare in una piazza la statua di una donna che allatta il suo bambino (intitolata “Dal latte materno veniamo”, opera della scultrice Vera Omodeo) poichè “non rappresenta valori condivisi e universali”. Meglio celebrare con le bandierine arcobaleno la denatalità del nostro Paese, la più alta al mondo, dove il diritto-civilismo delle minoranze è la retorica che nasconde la cancellazione di ogni seria politica a supporto delle famiglie e dei cittadini.

Val la pena ricordare che il Pride di Roma è organizzato, con il sostegno del Comune, dal “Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli”, la più influente associazione LGBTQ+ in Italia nata in onore di un autore che, nel noto saggio “Elementi di critica omosessuale”, teorizza il principio di un eros libero, molteplice e polimorfo. “Nel processo politico di ristrutturazione della società (…) Mieli non esita a includere nel suo elenco di esperienze redentive la pedofilia, la necrofilia e la coprofagia”, scrive Tim Dan nella prefazione al testo edito da Feltrinelli.

Nella sua apologia della pedofilia, Mieli infatti sostiene che occorre liberare dai pregiudizi sociali la “perversità poliforme” innata dei bambini. Scrive: “Noi checche rivoluzionarie sappiamo vedere nel bambino non tanto l’Edipo, o il futuro Edipo, bensì l’essere umano potenzialmente libero. Noi, sì, possiamo amare i bambini. Possiamo desiderarli eroticamente rispondendo alla loro voglia di Eros, possiamo cogliere a viso e a braccia aperte la sensualità inebriante che profondono, possiamo fare l’amore con loro. Per questo la pederastia è tanto duramente condannata: essa rivolge messaggi amorosi al bambino che la società invece, tramite la famiglia, traumatizza, educastra, nega, calando sul suo erotismo la griglia edipica. La società repressiva eterosessuale costringe il bambino al periodo di latenza; ma il periodo di latenza non è che l’introduzione mortifera all’ergastolo di una vita latente. La pederastia, invece, ‘è una freccia di libidine scagliata verso il feto’ (Francesco Ascoli)”.

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La pedofilia non è in rapporto causale con l’omosessualità, è una piaga democraticamente distribuita fra tutti e, allora, come mai i membri del Circolo non prendono le distanze dalle teorie di Mario Mieli e sono stati persino nominati all’Unar, l’Ufficio Nazionale Antirazzismo che fa capo al Dipartimento delle Pari Opportunità?

Ma chiunque osi fare una critica viene accusato di omofobia come successo l’anno scorso al Governatore Francesco Rocca che, anche quest’anno, ha negato il patrocinio della Regione Lazio al Gay Pride.

Un vero omosessuale, una persona come tante altre che fa le sue scelte individuali, dovrebbe prendere le distanze dalla rappresentazione e dalla strumentalizzazione che manifestazioni come questa danno del mondo gay, una vera e propria caricatura da circo dove le vere pagliacciate, però, sono quelle di una classe politica indecente, ridicola e impresentabile. A cominciare dal segreterio del Pd Elly Schlein che ha ballato scatenata sul carro allegorico di apertura della parata di Roma sulle note di “Mon Amour” di Annalisa per elargire a destra e a manca i diritti delle minoranze LGBTQIA+. Soprattutto a destra dove, in seguito all’omicidio di Giulia Cecchetin, il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Valdidara del governo Meloni stava per nominare una transgender per tenere non meglio precisate lezioni di “educazione alla sessualità” nelle scuole superiori, salvo poi ritirare il progetto in fretta e furia per le polemiche sollevate.

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“Sono qua oggi perché è importante, perché il Pd sarà sempre nei luoghi della tutela e della promozione dei diritti Lgbtq+. A partire dal matrimonio egualitario, le adozioni e il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Noi come Pd continueremo a lottare per i diritti dei figli di tutti e di tutte le coppie omogenitoriali. Siamo qui in mezzo alle associazioni a supportare il Pride, come siamo a supporto e abbiamo aderito come PD a tutta l’onda Pride”, ha detto Schlein.

Mentre Roberto Gualtieri ha dichiarato: “È fondamentale essere qui. Noi ci siamo sempre perché dobbiamo ancora lottare perché non abbiamo tutti i diritti e non abbiamo ancora fatto quei passi in avanti per eliminare tutte le discriminazioni legislative, culturali o sociali. Il Pride è quindi come sempre una festa ma anche un momento di lotta”.

Per passi in avanti, naturalmente, si intende il riconoscimento delle adozioni gay, il diritto ad avere figli, il sostegno all’utero in affitto, alle lezioni scolastiche sul genere fluido e alla transizione sessuale dei minori: il vero mondo dell’inclusione arcobaleno.

Infatti, proprio il sindaco di Roma aveva tentato di trascrivere i primi due atti di nascita esteri dei figli di due mamme, bloccato poi, lo scorso marzo, da una circolare del Viminale. Ma Gualtieri non si arrende e al Pride ribadisce che “Ci sono sentenze chiarissime e univoche della Cassazione e dicono che la trascrizione di questi casi, che poi stiamo parlando di una fecondazione eterologa, sono legittime e doverose altrimenti sarebbe una discriminazione. Non si capisce perché non si potrebbe fare”.

Roma Pride. Oggi la parata

Il gay Pride non c’entra nulla con la difesa delle minoranze, le quali sono già ben tutelate dalle Carte Costituzionali, ma nasce allo scopo di compiere il salto di paradigma dalla famiglia tradizionale alla famiglia arcobaleno, da madre e padre a genitore 1 e 2, dalla procreazione naturale alla riproduzione artificiale dato che una coppia omo non può che ricorrere al laboratorio in vitro per assembrare geni XX e XY, su cui gli apprendisti stregoni sono pronti ad allungare le mani  della manipolazione genetica. Infatti, in America chi ricorre alla fecondazione assistita può già scegliere il colore degli occhi del nascituro, un’eccezione sconosciuta a chi si affida all’aleatorietà della natura.

Lgbtq+ è una delle quattro lobby più potenti al mondo, ha la funzione fondamentale di concorrere a trasferire massivamente la procreazione naturale verso la riproduzione artificiale, è finanziata dai poteri finanziari come la Fondazione Rockfeller e la Fondazione Ford, gli stessi che, per oltre un secolo, hanno finanziato la ricerca eugenetica. Se nel ‘900 l’eugenetica avanzava strumentalizzando i diritti delle donne e dei gay, nel XXI secolo procede con la propaganda pro gender, ideologia e falso scientifico nato nel 1965 ad opera di John Money, autore di un vero e proprio esperimento sul corpo di un bambino (che si è poi suicidato), subito sponsorizzato da Planned Parenthood, l’ente consultivo dall’ONU fondato nel 1946 dall’eugenetista Margareth Sanger dove sono confluite le politiche di controllo scientifico delle nascite.

Il gender e la fluidità di genere sono le armi della propaganda per compiere il grande salto di paradigma, definito da L. Wolfe come quell’insieme di “modalità per provocare mutamenti dei paradigmi culturali nelle società umane attraverso l’instaurazione di ambienti sociali perturbati e la manipolazione delle dinamiche occulte di gruppo”.

“E’ il più grande Pride degli ultimi anni nella storia della manifestazione” – ha dichiarato Mario Colamarino, portavoce del Roma Pride e presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli – “arriva in un momento decisivo per la comunità Lgbt+; dobbiamo essere tutti uniti e numerosissimi”.

Secondo Colamarino sono scesi in piazza un milione di persone, secondo altre fonti solo 40.000. La parata di Roma ha visto la tradizionale sfilata di carri (circa una quarantina) che, con altoparlanti a tutto volume e musica assordante, ha attraversato la città partendo da piazza della Repubblica per raggiungere il Circo Massimo. A guidare la fila, il carro ufficiale del Roma Pride su cui è salita la madrina della manifestazione, Annalisa, la cantante italiana più ascoltata, convocata per l’operazione di manipolazione delle giovani menti. A seguire i carri del circolo Mario Mieli, delle Famiglie arcobaleno, di Help gay line-Gay center, di Agedo, dell’associazione Libellula, del Muccassassina, di Latte Fresco e Radio Olimpo. In coda i tanti carri sponsorizzati come quello di W hotels, di Sephora, di Peroni, di  Cosmopolitan e della Disney che trascura sempre di più il target familiare in favore di quello pornografico senza disdegnare aberranti intersezioni trasformando la fatina di Biancaneve in una drag-queen.

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Numerosi gli esponenti politici scesi in piazza. Più Europa (il partito finanziato da George Soros, uno dei grandi promotori delle politiche di genere) ha partecipato con un proprio carro e lo slogan “Libera frociaggine in libero Stato, citando il Pontefice in una sua uscita non proprio felice, che però ci consente di rimettere al centro la questione della laicità dello Stato”, ha detto il segretario Riccardo Magi. A bordo del carro anche l’attrice hard Roberta Gemma, a conferma che il Pride rappresenta un ulteriore passaggio nell’iper-sessualizzazione della società perchè “come anestetico sociale non esiste nulla di meglio”, come aveva intuito fin dagli anni Cinquanta il filosofo Gunter Anders (marito di Hanna Arendt). “Pensiamo che la posizione dei diritti delle persone Lgbtqia+ sia la spia dello stato di salute di una democrazia”, ha dichiarato Magi.

Le foto del Pride di Roma - Il Post

“Il Movimento 5 Stelle partecipa al Roma Pride, come abbiamo sempre fatto, con le nostre bandiere e la bandiera Rainbow, perché mai come oggi, marciare con la comunità Lgbtqa+ è un atto politico. È una battaglia di tutte e tutti, anche di chi, da eterosessuale, ha a cuore i valori della libertà e dell’uguaglianza” – le parole di Alessandra Maiorino, vicepresidente vicaria del Gruppo M5S al Senato e coordinatrice del comitato Politiche di Genere e Diritti Civili – “Il governo non sottoscrive gli impegni in ambito europeo contro la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere”.

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Il Gay Pride occupa le piazze italiane per oltre un mese configurandosi come una sorta di rito di fondazione della nuova società fluida, così come la propaganda gender intasa ormai il piano del discorso pubblico ad ogni livello. Poche le voci dissonanti come quella di Giorgio Armani che durante l’ultima settimana della moda di Milano ha ribadito che “Gli uomini non mettono le gonne, vestono completi scuri su camicie bianche il cui polsino esce leggermente dalla giacca e mettono la cravatta. Poi ci sono le cafonate di quelli con gonne e rossetto, ma gli uomini vestono così.” E ha portato sulla passerella della sua sfilata la coppia donna e uomo.

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Di Sonia Milone per Comedonchisciotte

NOTE
Si veda anche La Storia del Grande Reset dell’Uomo: dal Transgender al Transumanesimo, da Tavistock all’Oms  Come Don Chisciotte

 

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