Cos’è il “Parternariato globale pubblico-privato”?

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Iain Davis
off-guardian.org

Il Parternariato Globale Pubblico-Privato (Global Public-Private Partnership GPPP) è una rete mondiale costituita da stakeholder [portatori d’interessi] capitalisti e dai loro partner.

Questo collettivo di stakeholder (i capitalisti e i loro partner) comprende società globali (incluse le banche centrali), fondazioni filantropiche (filantropi multimiliardari), think-tank politici, governi (e le loro agenzie), organizzazioni non governative, istituzioni accademiche e scientifiche selezionate, enti di beneficenza globali, sindacati e altri “leader di pensiero” selezionati.

Il GPPP controlla la finanza globale e l’economia mondiale. Stabilisce la politica mondiale, nazionale e locale (tramite la governance globale) e poi promuove queste politiche usando le corporazioni dei media mainstream (MSM),  anch’esse “partner” all’interno del GPPP.

Spesso queste politiche sono concepite dai think-tank, prima di essere adottate dai governi, che sono anche partner del GPPP. I governi sono il processo di trasformazione della governance globale del GPPP in politica, legislazione e legge.

Secondo il nostro attuale modello di sovranità nazionale westfaliana, il governo di una nazione non può legiferare per un’altra. Tuttavia, attraverso la governance globale, il GPPP crea iniziative politiche a livello globale che poi si riversano a cascata sulle popolazioni di ogni nazione. Questo avviene tipicamente attraverso un distributore di politiche che funge da intermediario, come il FMI o l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), con i governi nazionali che, successivamente, mettono in pratica le politiche raccomandate.

La traiettoria politica è stabilita a livello internazionale dalla definizione autorizzata dei problemi e delle loro soluzioni prescritte. Una volta che il GPPP fa valere il consenso a livello internazionale, il quadro politico è stabilito. I partner del GPPP collaborano poi per fare in modo che le politiche desiderate vengano sviluppate, implementate e applicate. Questo è il tanto citato “sistema internazionale basato sulle regole.”

In questo modo il GPPP controlla contemporaneamente molte nazioni senza dover ricorrere ad atti legislativi. Questo ha l’ulteriore vantaggio di rendere estremamente difficile qualsiasi sfida legale alle decisioni prese dai partner più anziani del GPPP (è una gerarchia autoritaria).

Il GPPP è stato tradizionalmente citato nel contesto della salute pubblica e, in particolare, in una serie di documenti delle Nazioni Unite (ONU), compresi quelli di alcune delle loro agenzie, come l‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Nel suo documento del 2005 Connecting For Health, l’OMS, nel far notare ciò che gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio significavano per la salute globale, aveva salutato la nascita del GPPP:

“Questi cambiamenti si sono verificati in un mondo di aspettative riviste sul ruolo del governo: che il settore pubblico non ha né le risorse finanziarie né quelle istituzionali per affrontare le sfide e che è necessario un mix di risorse pubbliche e private……Costruire una cultura globale di sicurezza e cooperazione è vitale….Gli inizi di un’infrastruttura sanitaria globale sono già in atto. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno aperto opportunità di cambiamento nel campo della salute, con o senza responsabili politici a fare da apripista…….I governi possono creare un ambiente favorevole e investire in equità, accesso e innovazione.”

Il ruolo rivisto dei governi stava a significare che non erano più al comando. I tradizionali responsabili politici erano destinati a non fare più politica, sarebbero stati gli altri partner del GPPP a farla. Il governo nazionale era stato relegato a creare l’ambiente favorevole al GPPP, tassando la popolazione e aumentando il debito pubblico.

Questo è un debito dovuto ai partner anziani del GPPP. Essi sono anche i beneficiari dei prestiti e usano questo misconosciuto “investimento pubblico” per creare mercati per loro stessi e, in modo più ampio, per il GPPP.

I ricercatori Buse & Walt 2000 forniscono un buon resoconto ufficiale sullo sviluppo del concetto di GPPP. Suggeriscono che [il GPPP] era stato una risposta alla crescente disillusione nel progetto delle Nazioni Unite nel suo complesso e alla presa di coscienza che le corporazioni globali erano sempre più la chiave per l’attuazione della politica. Tutto questo è correlato allo sviluppo del concetto di capitalismo dei portatori di interesse, reso popolare per la prima volta negli anni ’70.

Secondo Buse & Walt i GPPP sarebbero stati progettati per facilitare l’inserimento [nei processi decisionali] di un nuovo genere di corporation. Queste entità avevano riconosciuto la follia delle loro precedenti e distruttive pratiche commerciali. Erano pronte a riconoscere i loro errori e a fare ammenda.

Avevano deciso che avrebbero raggiunto questo obiettivo collaborando con i governi per risolvere i problemi globali. Queste minacce esistenziali erano state definite dai GPPP e da scienziati, accademici ed economisti selezionati e sponsorizzati dagli stessi GPPP.

I due ricercatori avevano identificato un discorso chiave, pronunciato dall’allora segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, al WEF di Davos nel 1998, come l’inizio della transizione verso un modello di governance globale basato sul GPPP:

“Dal nostro ultimo incontro qui a Davos le Nazioni Unite si sono trasformate. L’organizzazione ha subito una revisione completa, che ho descritto come una ‘rivoluzione silenziosa’… È avvenuto un cambiamento fondamentale. Le Nazioni Unite una volta si occupavano solo dei governi. Ora sappiamo che la pace e la prosperità non possono essere raggiunte senza partnership che coinvolgano i governi, le organizzazioni internazionali, la comunità imprenditoriale e la società civile… Gli affari delle Nazioni Unite coinvolgono gli affari del mondo.”

Buse & Walt sostenevano che questo avrebbe significato l’arrivo di un nuovo tipo di capitalismo globale responsabile. Come vedremo, non è così che le corporazioni vedevano questo accordo. Infatti, Buse e Walt hanno riconosciuto il motivo per cui il GPPP era una prospettiva così allettante per i giganti globali di banche, industria, finanza e commercio:

“Le ideologie mutevoli e le tendenze della globalizzazione hanno evidenziato la necessità di una più stretta governance globale, un problema sia per il settore privato che per quello pubblico. Ipotizziamo che almeno una parte del sostegno ai GPPP derivi da questo riconoscimento e dal desiderio del settore privato di far parte dei processi decisionali di regolamentazione globale.”

Il conflitto di interessi è evidente. [Secondo Buse & Walt] dovremmo semplicemente dare per scontato, senza fare domande, che le corporazioni globali accettino di anteporre le cause umanitarie e ambientali al profitto. Presumibilmente, un sistema di governance globale guidato dal GPPP dovrebbe, in qualche modo, essere vantaggioso per noi.

Credere ad una cosa del genere richiede un notevole grado di ingenuità. Molte di queste corporation sono state condannate, o ritenute pubblicamente responsabili, per i reati commessi, che includono anche crimini di guerra. L’apparente e passiva disponibità della classe politica, pronta ad accettare che questi “partner” decidano, a tutti gli effetti,  la politica globale, i regolamenti e le priorità di spesa sembra quasi una credulità infantile.

Questa ingenuità è, di per sé, una farsa. Come molti accademici, economisti, storici e ricercatori hanno sottolineato, l’influenza corporativa, compreso persino il dominio del sistema politico, è andata in crescendo per generazioni. I politici eletti sono da tempo i partner minoritari in questo accordo.

Con l’arrivo del GPPP abbiamo assistito alla nascita di un processo inteso a formalizzare questa relazione, con la creazione di un ordine mondiale coeso. Da allora, i politici si sono semplicemente attenuti al copione. Un copione non scritto da loro.

In un contesto globale è importante capire la differenza tra governo e governance. Il governo rivendica il diritto, anche attraverso un mandato quasi democratico, di stabilire la politica ed emanare leggi.

Le presunte democrazie rappresentative occidentali, che non sono affatto democrazie, sono un modello di governo nazionale in cui i rappresentanti eletti formano l’esecutivo che, sua volta, legifera. Per esempio, nel Regno Unito questo si ottiene attraverso il processo parlamentare.

Forse la cosa più vicina a questa forma di governo nazionale su scala internazionale è l‘Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ha una tenue pretesa di responsabilità democratica e può approvare risoluzioni che, anche se non vincolano gli stati membri, possono creare “nuovi principi,” che possono diventare legge internazionale quando vengono applicati dalla Corte Internazionale di Giustizia.

Tuttavia, questo non è realmente un “governo” mondiale. L’ONU non ha l’autorità di approvare leggi e di farle rispettare. L’unico modo in cui i suoi “principi” possono diventare legge è attraverso una sentenza giudiziaria. Il potere non giudiziario di creare leggi è riservato ai governi e la loro portata legislativa è valida solo all’interno dei confini nazionali.

A causa delle relazioni spesso difficili tra i governi nazionali, il governo mondiale comincia ad essere impraticabile. Sia per la natura non vincolante delle risoluzioni dell’ONU che per la lotta internazionale per assicurarsi vantaggi geopolitici ed economici, non c’è attualmente nulla che potremmo chiamare un governo mondiale.

C’è poi il problema aggiuntivo dell’identità nazionale e culturale. La maggior parte delle popolazioni non è pronta per un governo mondiale remoto e non eletto. La gente, di solito, vuole che la classe politica abbia più responsabilità democratica, non meno.

Il GPPP vorrebbe certamente gestire un governo mondiale, ma l’imporlo con la forza è palesemente al di là delle sue capacità. Pertanto, ha impiegato altri mezzi, come l’inganno e la propaganda, per promuovere il concetto di governance globale.

L’ex consigliere dell’amministrazione Carter e fondatore della Commissione Trilaterale, Zbigniew Brzezinski, aveva previsto il modo migliore per mettere in pratica questo approccio. Nel suo libro del 1970 Between Two Ages: Americas Role In The Technetronic Era, aveva scritto:

“Anche se l’obiettivo di formare una comunità delle nazioni sviluppate è meno ambizioso di quello di un governo mondiale, è [un traguardo] più raggiungibile.”

Gli ultimi 30 anni hanno visto formarsi numerosi GPPP, mentre il concetto di governance globale si è evoluto. Un importante punto di svolta era stato il conspetto del WEF sulla governance multistakeholder. Nella sua pubblicazione del 2010 su Everybody’s Business: Strengthening International Cooperation in a More Interdependent World, il WEF aveva delineato gli elementi caratteristici della governance globale degli stakeholder del GPPP.

Avevano istituito i loro Global Agenda Councils per mettere a punto e suggerire politiche che coprissero praticamente ogni aspetto della nostra esistenza. Il WEF aveva creato un  organo di governance globale per ogni aspetto della nostra società. Dalla scala dei valori all’economia, passando per la sicurezza e la salute pubblica, i  sistemi di welfare, il consumismo, l’accesso all’acqua, la sicurezza alimentare, la criminalità, i diritti, lo sviluppo sostenibile, il sistema finanziario e monetario globale, nulla era stato trascurato.

Il presidente esecutivo del WEF, Klaus Schwab, aveva così illustrato l’obiettivo della governance globale:

“Il nostro scopo è stato quello di stimolare un processo di pensiero strategico tra tutte le parti interessate sui modi in cui le istituzioni e gli accordi internazionali dovrebbero essere adattati alle sfide contemporanee… le principali autorità mondiali hanno lavorato nei Global Agenda Councils interdisciplinari e multistakeholder per identificare lacune e carenze nella cooperazione internazionale e per formulare proposte specifiche di miglioramento…

Queste discussioni si sono svolte durante i vertici regionali del Forum, nel corso del 2009, e, nel 2020, nel recente incontro annuale del Forum a Davos-Klosters, dove molte delle proposte emergenti sono state sottoposte a ministri, amministratori delegati, capi di ONG e sindacati, importanti accademici e ad altri membri della comunità di Davos…

Il processo di Riprogettazione Globale ha fornito un laboratorio informale o un mercato per una serie di buone idee politiche e opportunità di partnership… Abbiamo cercato di espandere le discussioni sulla governance internazionale… per intraprendere azioni maggiormente preventive e coordinate sull’intera gamma di rischi che si sono accumulati nel sistema internazionale.”

Nel 2010 il WEF si era assunto il compito di mettere a punto un processo di Riprogettazione Globale. Aveva definito le sfide internazionali e proposto le soluzioni. Fortunatamente per il GPPP, le sue proposte significavano più controllo e più opportunità di partnership per il GPPP stesso. Il WEF aveva cercato di guidare l’espansione di questa governance internazionale.

Solo per fare un esempio, nel 2019 il governo britannico aveva annunciato la sua partnership con il WEF per sviluppare i futuri regolamenti commerciali, economici e industriali. Il governo britannico si era impegnato a sostenere un ambiente normativo creato dalle corporazioni globali, che sarebbero poi state regolamentate da normative da loro stesse messe a punto.

Il WEF non ha un mandato elettorale di alcun tipo. Nessuno di noi ha la possibilità di influenzare o anche solo di mettere in discussione le sue delibere, eppure sta lavorando in collaborazione con i nostri presunti governi democraticamente eletti (e con altri attori del GPPP) per ridisegnare il pianeta su cui tutti viviamo.

Il cuore del GPPP è il capitalismo dei portatori di interessi. Essenzialmente usurpa il governo democratico (o qualsiasi altro tipo di governo) mettendo le corporazioni globali al centro del processo decisionale. Nonostante l’autorità non derivi da nessuno se non da loro stessi, i leader del GPPP sono la versione moderna del “diritto divino dei re” e governano in modo assoluto.

Nel gennaio 2021 il WEF ha esposto il suo concetto di capitalismo degli stakeholder:

“La caratteristica più importante del modello degli stakeholder oggi è la posta in gioco del nostro sistema, ora più che mai chiaramente globale. Ciò che una volta era visto come esternalità nel processo decisionale della politica economica nazionale e delle singole aziende dovrà ora essere incorporato o internalizzato nelle operazioni di ogni governo, azienda, comunità e individuo. Il pianeta è… il centro del sistema economico globale e la sua salute dovrebbe essere ottimizzata nelle decisioni prese da tutte le altre parti interessate.”

Il GPPP supervisionerà tutto. Tutti i governi, tutte le imprese, le nostre cosiddette comunità (dove viviamo) e ognuno di noi individualmente. Non siamo noi la priorità. La priorità è il pianeta. O almeno così sostiene il WEF.

Il controllo centralizzato dell’intero pianeta, di tutte le sue risorse e di tutti coloro che ci vivono è l’ethos centrale del GPPP. Non c’è bisogno di interpretare le intenzioni del GPPP, non dobbiamo leggere tra le righe. È dichiarato senza mezzi termini nell’introduzione all’iniziativa Great Reset del WEF:

“Per migliorare lo stato del mondo, il World Economic Forum sta avviando l’iniziativa del Grande Reset.. La crisi della Covid-19.. sta cambiando fondamentalmente il contesto tradizionale del processo decisionale. Le incongruenze, le inadeguatezze e le contraddizioni dei sistemi multipli – da quello sanitario e finanziario a quello energetico e dell’istruzione – sono più evidenti che mai. I leader si trovano ad un bivio storico. Mentre entriamo in una finestra unica di opportunità per modellare la ripresa, questa iniziativa offrirà spunti per aiutare ad informare tutti coloro che determinano lo stato futuro delle relazioni globali, la direzione delle economie nazionali, le priorità delle società, la natura dei modelli di business e la gestione di un bene comune globale.”

Va notato che il WEF è solo un’organizzazione partner tra le tante del GPPP. Tuttavia, sono stati forse i più influenti in termini di relazioni pubbliche durante tutta la pseudopandemia. Contrariamente alle speranze di Buse & Walt, vediamo emergere una dittatura aziendale globale, non una gestione premurosa del pianeta.

Il GPPP determinerà lo stato futuro delle relazioni globali, la direzione delle economie nazionali, le priorità delle società, la natura dei modelli di business e la gestione di un bene comune globale. Non c’è possibilità per nessuno di noi di partecipare né al loro progetto né alla successiva formazione della politica.

Mentre, in teoria, i governi non dovrebbero adottare la politica del GPPP, la realtà è che lo fanno. Le politiche globali sono state un aspetto sempre più importante della nostra vita nell’era del secondo dopoguerra. Il meccanismo di traduzione delle iniziative politiche del GPPP, prima in politica nazionale, poi regionale e infine locale, può essere chiaramente identificato guardando allo sviluppo sostenibile.

Nel 1972 un think-tank politico indipendente, finanziato da privati, il Club di Roma (CoR) aveva pubblicato I Limiti della crescita. Come abbiamo visto con il lancio della pseudopandemia, il CdR usava modelli informatici per prevedere quelli che sarebbero stati i complessi problemi che l’intero pianeta si sarebbe trovato a dover affrontare: la”world problematique” [la problematica mondiale].

Le loro opinioni derivavano dal “modello World3” un lavoro commissionato al Massachusetts Institute of Technology (MIT). Questo presupponeva che la popolazione globale avrebbe esaurito le risorse naturali e inquinato l’ambiente fino al punto in cui il “superamento [delle risorse] e il collasso” si sarebbero inevitabilmente verificati.

Questo non è un “fatto” scientifico, ma piuttosto uno scenario suggerito.

Finora, nessuna delle previsioni si è avverata.

Tutto il tira e molla scientifico e statistico sulle affermazioni contenute ne I Limiti della Crescita è stato prolifico. Tuttavia, ignorando tutti i dubbi, il modello World3 è stato saldamente posto al centro della politica sullo sviluppo sostenibile.

Nel 1983, era stata convocata dall’ex primo ministro norvegese Gro Harland Brundland e dall’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Javier Pérez de Cuéllar, quella che sarebbe stata chiamata la Commissione Brunlantd. Entrambi i fondatori erano membri del Club di Roma. Basandosi sui presupposti altamente discutibili del modello World3, avevano cercato di convincere i governi di tutto il mondo a mettere a punto politiche di sviluppo sostenibile.

Nel 1987 la Commissione aveva pubblicato il Rapporto Brundtland, noto anche come Our Common Future. Al centro dell’idea di sviluppo sostenibile, delineata nel rapporto, c’era il controllo (riduzione) della popolazione. Questa decisione politica, di sbarazzarsi delle persone, aveva fatto guadagnare plauso internazionale e riconoscimenti agli autori.

I presupposti alla base di queste proposte politiche non erano mai stati contestati pubblicamente. C’era stato un accanito dibattito accademico e scientifico, ma era stato quasi completamente sottratto all’attenzione dei media. Per quanto ne sapeva il pubblico, le assunzioni e le speculazioni scientifiche erano un fatto provato. Ora è impossibile mettere in discussione quelle assunzioni indimostrate e quei modelli, ovviamente imprecisi, senza essere accusati di “negazionismo climatico.”

Questo aveva portato agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e, alla fine, nel 2015, aveva lasciato il posto alla piena adozione da parte delle Nazioni Unite degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), che, a loro volta, sono stati tradotti in varie politiche governative. Per esempio, il governo britannico, nel 2019, aveva orgogliosamente annunciato il suo impegno politico Net Zero per gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Gli SDGs stanno già avendo un impatto a livello regionale e locale nelle contee, città, paesi e distretti di tutto il Regno Unito. Quasi ogni consiglio in tutto il Paese ha un “piano di sviluppo sostenibile.”

Indipendentemente da ciò che si pensa delle minacce globali che possiamo o non possiamo affrontare, l’origine e il percorso di distribuzione della politica risultante è chiaro. Un think-tank globalista e finanziato da privati è stato il motore di un’agenda politica che ha portato alla creazione di un quadro politico globale, adottato dai governi di tutto il mondo e che condiziona ogni comunità in quasi tutti gli angoli della Terra.

Gli SDGs sono solo uno dei numerosi esempi di governance globale GPPP in azione. In questo processo, il ruolo dei politici eletti è trascurabile. Servono semplicemente per implementare e vendere la politica al pubblico.

Non importa chi si elegge, la traiettoria della politica è stabilita a livello di governance globale. Questa è la natura dittatoriale del GPPP e niente potrebbe essere meno democratico.

Iain Davis

Foto di copertina: I capi dell’ONU e del WEF, António Guterres e Klaus Schwab, firmano un “quadro di partenariato strategico,” New York 2019

Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/10/20/what-is-the-global-public-private-partnership/
20.10.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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