DI ANTONIO FANNA
ilsussidiario.net
In queste ore (ma in realtà è nell’ombra da una settimana) viene fatto il nome di Giuseppe Conte come possibile premier. Per Salvini e Di Maio un clamoroso autogol.
Da molti giorni il tam tam dei giornali ironizza sulla designazione in salsa renziana di rito boschiano del più probabile tra i candidati di compromesso alla carica di presidente del Consiglio, il giurista Giuseppe Conte. Il professor Conte piace a Di Maio ma non piace a Salvini per via dei suoi legami professionali con un personaggio visto come la peste da entrambi gli elettorati, ovvero Maria Elena Boschi. E sarebbe un autentico coup de théâtre se a Palazzo Chigi finisse per arrivare un premier collegato in qualche modo all’odiatissima Meb.
Nato 54 anni fa a Volturara Appula, paesino del subappenino dauno, in provincia di Foggia — come il vecchio ras del Quirinale ai tempi di Scalfaro e Ciampi, Gaetano Gifuni —, Conte ha conseguito la laurea in giurisprudenza alla Sapienza di Roma nel 1988 e ha perfezionato i suoi studi giuridici negli Stati Uniti a Yale e Duquesne, in Austria a Vienna (International Kultur Institut, 1993), in Francia alla Sorbona, nel Regno Unito (Girton College) e poi ancora negli Usa alla New York University. Attualmente a Firenze insegna come ordinario di diritto privato, mentre alla Luiss insegna nella facoltà di economia ed è responsabile scientifico dal 2006 del corso “Giurista d’impresa”.
La cosa curiosa però per un professore considerato un esperto di pubblica amministrazione — e perciò valorizzato dai 5 Stelle che lo immaginano inizialmente ministro di quel settore —, è che negli anni 2010-2011 ha fatto parte del consiglio di amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), e nel 2012 è stato nominato dalla Banca d’Italia componente dell’Arbitro Bancario Finanziario. Nel 2013 il Parlamento lo ha designato a far parte del consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa.
Ma in quel 2010 governava Berlusconi e per poter occupare una poltrona all’Asi, peraltro, quella volta sì, senza competenze specifiche, un fiorentino aveva solo un tramite possibile: non l’allora sconosciuta Maria Elena Boschi, bensì Denis Verdini, sempre in difficoltà con banche e Bankitalia e questo spiegherebbe anche il successivo incarico.
Un renziano di rito verdiniano insomma, e non eletto dal popolo: il capolavoro dei populisti Di Maio e Salvini! Che sembra fare il verso alle alchimie di Giorgio Napolitano, ma con una differenza. Mentre Mario Monti ed Enrico Letta erano considerati più che autorevoli in sede internazionale, l’unico Conte conosciuto Oltralpe ed Oltremanica allena il Chelsea in quel di Londra. E per come butta nel dialogo schizofrenico tra i dioscuri giallo-verdi, che lo vorrebbero “da bar” appunto, e Mattarella, potrebbe essere magari lui ad occupare da martedì la poltrona, a quanto pare poco ambita, di Palazzo Chigi.
Antonio Fanna
Fonte: www.ilsussidiario.net
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22.05.2018