Nono fratello di una famiglia in cui si contano storici, matematici, medici, nonché un due volte presidente del Consiglio, per il professor Prodi “l’amore per il pianeta” è cresciuto di pari passo alla conoscenza dei fenomeni naturali che riguardano il clima: “Il servizio militare, che molte persone ricordano come una sciagura, per me è stato una salvezza. Nell’aeronautica, ho incontrato degli scienziati che mi hanno trasmesso la passione per la ricerca, grazie ai quali ho capito quale direzione da dare alla mia vita professionale: ovvero, applicare le leggi della fisica dello stato solido ai fenomeni atmosferici”. Ritiene che tutti i governi del mondo dovrebbero “puntare sulla tutela dell’ambiente, l’unica mossa che consentirebbe di prendersi veramente cura del futuro dell’umanità”. Ma, al contrario di alcuni suoi colleghi e del nuovo senso comune ecologista, è convinto che la battaglia portata avanti dalla sedicenne svedese Greta Thunberg e dal movimento Fridays For Future, non stia andando nella giusta direzione: “Con Greta – dice- siamo di fronte a un abbaglio mondiale”.
Perché questo movimento incanala nella direzione sbagliata, cioè la lotta al riscaldamento globale, quella che è in realtà un’urgenza giusta, ovvero la salvaguardia del pianeta.
Perché sarebbe la direzione sbagliata?
Perché, al momento, nessuna ricerca scientifica stabilisce una relazione certa tra le attività dell’uomo e il riscaldamento globale. Perciò, dire che siamo noi i responsabili dei cambiamenti climatici è scientificamente infondato.
Il cambiamento climatico è un falso?
No, io non nego affatto che ci siano i cambiamenti climatici. La storia del nostro pianeta è anche la storia dei cambiamenti climatici che si sono susseguiti nel tempo.
Quali, per esempio?
Nel tardo Medioevo, intorno all’anno 1200, è noto che la temperatura della Terra aumentò significativamente. Così come sappiamo che a metà del diciassettesimo secolo ci fu un fenomeno inverso, ovvero una piccola glaciazione. In entrambi i casi, l’uomo non aveva ancora sviluppato tutte quelle attività industriali che oggi sono considerate responsabili dei cambiamenti climatici. Come si può dire, dunque, che per il 95 per cento è colpa dell’uomo?
Ma il riscaldamento globale c’è o non c’è?
I dati che abbiamo a disposizione dicono che, dai primi anni dell’ottocento (quando sono state state impiantate le prime stazioni meteorologiche in diverse parti del mondo), la temperatura media globale è cresciuta ogni secolo di un decimo di grado. Questo è innegabile, nessuno lo contesta. Ciò che è in discussione, nella comunità scientifica, è la causa di questa crescita.
Cosa si sa per certo?
Che il clima terrestre è il risultato dello scambio di due flussi di fotoni: uno che dal Sole va verso la Terra, e l’altro che sale dalla Terra verso l’esterno. Come sa, il Sole è un corpo che misura quasi 6 mila gradi kelvin. La Terra, invece, ha una temperatura di 300 gradi kelvin, circa 25,5 gradi centigradi. È come se da una parte ci fosse una lampada, e dall’altra una palla di vetro. In mezzo a esse, l’atmosfera.
Cosa significa concretamente?
Che la temperatura della palla di vetro dipende da una molteplicità di fattori, tra cui la distanza che c’è tra la lampada e la palla di vetro. Una distanza che non è sempre costante, e che dipende da una molteplicità di fattori che non sono facilmente calcolabili. Per questo, non possiamo stabilire con esattezza quanto il riscaldamento climatico sia responsabilità dell’uomo e quanto, invece, dipenda da altri fattori.
Perché la scienza è così incerta?
Perché la scienza del clima è ancora nell’età dell’infanzia. È nata nel 1800. Prima non esisteva nulla di paragonabile. E con i modelli che ha a disposizione, può solo elaborare degli scenari incompleti. Incompleti, soprattutto, se qualcuno intende basare su di essi il destino dell’umanità. Farlo, non sarebbe un atto di coscienza ecologica. Piuttosto, di incoscienza scientifica.
Ma lei si allarma o no quando legge che una parte del Monte Bianco si sta sciogliendo?
Sinceramente no, non mi allarmo. Sono fenomeni che abbiamo già conosciuto. La pianura padana, per dire, era un’enorme ghiacciaio. Poi, la vita è ripresa.
Perché lei è uno dei pochi scienziati a dire queste cose?
Sono uno dei pochi, ma non sono l’unico: sia in Italia, sia nel mondo. Peraltro, non è nella mia natura essere controcorrente. Le confesso che, a volte, mi sento anche a disagio nel ruolo di grillo parlante.
Però?
Però non posso fare a meno, quando parlo, di parlare facendo riferimento alle conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione, e che non dicono quello che il regime catastrofista che domina il discorso pubblico vorrebbe che dicessi. Tutto qui.
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Autore: Di Nicola Mirenzi – Huffington Post Italia