Il Chimico Mainardi: Cosa succede al tuo corpo quando ti vaccini

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La scorsa settimana ho avuto il piacere di conoscere il Dott. Paolo Mainardi, neurochimico di fama mondiale, che ha trascorso molti anni della sua vita lavorativa studiando il microbiota – l’insieme dei microorganismi simbiontici che convivono con l’organismo umano senza danneggiarlo.

Convinto sostenitore del ruolo centrale che hanno questi microrganismi nel controllo del processo infiammatorio, il Dott. Mainardi si è speso a lungo, attraverso collaborazioni nazionali e internazionali, per riportare l’attenzione del mondo scientifico sull’importanza di un’alimentazione sana che possa garantire l’equilibrio del microbiota, necessario al miglior funzionamento possibile del nostro sistema immunitario, battendosi quindi contro interessi commerciali e farmaceutici ben radicati.

In questa prima intervista che il Dott. Mainardi ci ha rilasciato, analizzeremo cosa avviene chimicamente quando nel nostro corpo vengono inoculati vaccini a mRNA, come quelli per il COVID-19, andando anche ad analizzare nel dettaglio sia alcune componenti del siero come il cd. PEG – responsabile di molte delle reazioni allergiche post inoculazione – sia come si innesca la cd. ADE – fenomeno molto pericoloso per la nostra salute in quanto porta virus e anticorpi a collaborare piuttosto che a scontrarsi.

Poichè l’intervista è molto tecnica, abbiamo chiesto al Dott. Mainardi di impegnarsi a rispondere ai dubbi e alle domande che possono sorgere nei nostri lettori in un successivo articolo. Per questo motivo su questioni tecniche e per chiarire alcuni concetti vi invitiamo a commentare in fondo, selezioneremo le migliori.

* * *

– Salve Dott. Mainardi e grazie per questa intervista. Partiamo da una domanda tanto semplice quanto importante per comprendere il contesto in cui ci muoviamo. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva crescita della fiducia nei vaccini da parte del mondo scientifico, tanto da utilizzarli in numero sempre maggiore in varie fasce d’età. Con la pandemia possiamo azzardare a dire che i preparati utilizzati in USA e in Europa, nonostante non avessero concluso le varie fasi di sperimentazione, sono stati considerati acriticamente salvifici e chiunque ha dubitato di ciò è stato messo alla berlina. Analizzando le statistiche però, cosa dicono i dati ufficiali sulla efficacia della vaccinazione antinfluenzale e della vaccinazione COVID-19?

Confermano quanto è noto: è impossibile realizzare vaccini contro virus mutanti. Gli studi europei retrospettivi annuali sui vaccini anti-influenzali (virus mutanti) mostrano un’efficacia diversa tra Stato e Stato, in quanto i ceppi circolanti sono differenti. Comunque, la loro efficacia è mediamente molto inferiore a quella dichiarata nella fase di registrazione, spesso addirittura negativa, soprattutto per le varianti tardive più mutate nel tempo rispetto a quelle campionate nel vaccino, e soprattutto per i giovani. Nella fascia di età 0-18 anni si sono registrate anche situazioni di efficacia al -49%, ossia si sono ammalati di influenza virale circa il 50% in più di giovani vaccinati rispetto ai non vaccinati.

Pertanto, quello che sta accadendo ora con il SARS-COV-2 era abbastanza prevedibile: si contagiano sia i vaccinati che i non vaccinati e non vi è alcuna protezione. In particolare, sicuramente il dato che maggiormente interessa la popolazione è proprio la protezione dall’esito peggiore della malattia e i dati ufficiali non sembrano essere brillanti. D’altra parte gli studi clinici iniziali, dato il numero di pazienti arruolati e il tempo di osservazione, non erano adeguati a valutare eventi avversi più rari del semplicemente risultare positivi ai test.

È da notare come prima dell’inizio della pubblicazione dei protocolli di studio, le informazioni rilasciate pubblicamente facevano intendere che gli studi stavano valutando l’effetto dei vaccini sulle formi gravi della COVID-19. Moderna, a esempio, ha definito i ricoveri ospedalieri un “endpoint secondario chiave“, in alcune dichiarazioni ai media. E un comunicato stampa del NIH ha rafforzato questa impressione, affermando che lo studio di Moderna “mira a studiare se il vaccino può prevenire COVID-19 gravi” e “cerca di rispondere se il vaccino possa prevenire la morte causata da COVID-19”. [1] Mentre, invece, Tal Zaks, chief medical officer di Moderna, ha dichiarato al BMJ che il loro trial non disponeva di un potere statistico adeguato a valutare tali risultati. “Il trial non può giudicare [i ricoveri ospedalieri], in base alla dimensione e alla durata” ha affermato.[2]

Il nostro studio non dimostrerà la prevenzione della trasmissione“, ha detto Zaks, “perché per farlo sarebbe necessario eseguire il tampone due volte a settimana per periodi molto lunghi, e questo diventa operativamente insostenibile”.

Ogni progetto di studio, in particolare la fase III, è sempre un equilibrio tra esigenze diverse“, ha affermato. “Se volessi avere una risposta su un endpoint che si verifica con una frequenza di un decimo o un quinto della frequenza dell’endpoint primario, avrei bisogno di uno studio che sia 5 o 10 volte più grande o di uno studio che sia 5 o 10 volte più lungo per raccogliere quegli eventi. Nessuno di questi, penso, siano accettabili nell’attuale esigenza di sapere rapidamente se un vaccino funziona”.

Zaks ha aggiunto: “Uno studio clinico su 30 000 [partecipanti] è già uno studio abbastanza ampio. Se vuoi uno studio su 300.000 pazienti allora devi parlare con chi lo finanzia, perché non stai parlando di uno studio tra i $ 500 milioni e $ 1 miliardo, stai parlando di qualcosa di 10 volte più grande. Penso che le risorse pubbliche e le capacità operative che abbiamo siano giustamente spese non scommettendo su un solo vaccino ma, come sta cercando di fare l’operazione Warp Speed, assicurandoci di finanziare diversi vaccini in parallelo”.

Ma così, dai diversi vaccini studiati in parallelo in modo rapido, avremo risultati insufficienti a stabilirne l’efficacia per gli esiti che maggiormente preoccupano la popolazione, e infatti così è stato.

Zaks ha confrontato i vaccini contro SARS-COV-2 con i vaccini antinfluenzali, dicendo che proteggono dalle malattie gravi meglio che dalle malattie lievi. Per Moderna è lo stesso per il COVID-19: se il suo vaccino ha dimostrato di ridurre il COVID-19 sintomatico, sarà fiducioso che proteggerà anche da esiti gravi. Non poteva fare peggior esempio, sui vaccini antinfluenzali non sono mai stati condotti studi su persone anziane che vivono in comunità per vedere se salva loro la vita. Inoltre, l’aumento drammatico dell’uso dei vaccini antinfluenzali non è stato associato a un calo della mortalità.[3]

È curioso notare come i vaccini a mRNa siano stati vaccini mai fatti prima, pertanto, senza precedenti, ma come su questo tipo di vaccini senza una storia precedente, uno studio teorico ipotizzasse un’efficacia del 2% in una ipotetica fase III. [4] Dato non tanto distante da quello che si ottiene valutando in modo corretto i risultati degli studi clinici inziali, per i quali il risultato “atteso” come protezione del vaccino è non essere infettato. Nello studio Pfizer abbiamo che oltre un 98% dei soggetti è stato protetto dalle forme gravi della malattia sia che fosse stato o no vaccinato. Se in uno studio sull’efficacia di un farmaco, trovassi che è guarito oltre un 98% dei pazienti sia con il placebo che con il farmaco, dubito che ascriverei il merito della guarigione al farmaco. Applicandolo correttamente, il test utilizzato nello studio Pfizer mostra una efficacia dell’1%, ma il test statistico più adeguato che avrebbero dovuto utilizzare è l’analisi del discriminante che permette di vedere quale tra le n variabili considerate (vaccino, n° di patologie pregresse, livello di colesterolo, …) discrimini maggiormente la popolazione, e dubito che utilizzando questo test verrebbe fuori il vaccino. Uno dei primi studi retrospettivi cinesi, sui registri d’ospedale, riportava che gli esiti peggiori erano stati nei soggetti con bassi livelli di colesterolo, rispetto agli alti, anche molto alti, dato che conferma quanto riportato da diverse metanalisi, su centinaia di migliaia di casi, che a bassi livelli di colesterolo corrisponde una maggiore mortalità per tutte le cause di morte. Altri studi hanno mostrato numero di patologie, obesità e altro come fattori di rischio.

Insomma, coloro che rischiano maggiormente sono i fragili/vulnerabili e non c’è da stupirsi in quanto la teoria dei germi come causa di malattia è stata ampiamente superata. La patogenicità è data da una relazione tra virus e ospite, per i soggetti fragili possono essere letali virus che convivono tranquillamente in soggetti non fragili.  I virus letali esistono solo nella fantascienza, non dobbiamo preoccuparci di un virus che muta.[5]  Dobbiamo chiederci perché muta.

Conviviamo con un numero di batteri che sono 10 volte le nostre cellule, un numero di virus che sono 100 volte le nostre cellule, essi sono simbionti commensali, sono a noi utili. I fagi controllano sovracrescite batteriche, i mutanti mantengono allenato il nostro sistema di riconoscimento e gestione di eventuali nuovi virus, con i quali impediamo la loro replicazione.

Oggi sappiamo che il corpo umano è un ecosistema dove il corpo cellulare non è al centro così come la Terra non è al centro dell’Universo,[6] è uno spazio abitativo che viene mantenuto sano e efficiente in cambio di un ambiente confortevole. Ed è anche fragilissimo, tanto che deve essere continuamente riparato e rigenerato dal microbiota, la nostra vera forza.

 

– Dottore, confermato che i vaccini non proteggono né dal contagio né da forme gravi della malattia, e che invece dovremmo concentrarci sul rafforzamento naturale del nostro sistema immunitario, le chiedo: Ripetuti booster del vaccino COVID-19, come si è visto, hanno una efficacia nel tempo negativa, secondo lei perchè? 

In generale, ripetute vaccinazioni abbassano la risposta del sistema immunitario, come è evidente per le vaccinazioni antinfluenzali, per le quali è riportato che le vaccinazioni ripetute in un individuo provocano una risposta immunitaria attenuata, un calo dell’efficacia del vaccino e una possibilmente ridotta durata della protezione.[7]

Purtroppo, non solo un’efficacia negativa al SARS-COV-2, ma anche a ulteriori rischi.

I vaccini mRNA forniscono la proteina spike altamente antigenica alle cellule che presentano l’antigene. In quanto tali, gli anticorpi monoclonali contro la proteina spike sono il risultato atteso dell’attuale vaccini a mRNA. Si è scoperto che gli anticorpi monoclonali della proteina spike umana producono alti livelli di anticorpi cross-reattivi contro proteine umane endogene.

C’è il rischio di un potenziamento anticorpo-dipendente (ADE: Antibody-Dependent Enhancement) (o potenziamento immunitario o potenziamento della malattia), è un fenomeno nel quale il legame tra un virus e gli anticorpi non neutralizzanti addirittura migliora il suo ingresso nelle cellule ospiti, e talvolta anche la sua replicazione, e porta a un aumento dell’infettività e della virulenza. È un fenomeno che si può verificare quando gli anticorpi sono in numero insufficiente per neutralizzare il virus e impedirgli di entrare nelle cellule, ma legandosi comunque al virus ne facilitano l’ingresso nella cellula e ne aumentano successivamente l’infettività del virus.[8]

C’è pertanto da sospettare che gli anticorpi alla proteina spike contribuiranno all’ADE provocato da una precedente infezione o vaccinazione da SARS-COV-2, che può manifestarsi come patologia autoimmune acuta o cronica e condizioni infiammatorie.

Non a caso, gli studi pre-clinici erano molto chiari: Tra i tanti, era stato riportato, per esempio, che le immunoglobuline G (IgG) pre-esistenti, indotte da una precedente vaccinazione, contribuiscono alla gravità del danno polmonare da SARS-COV-2 nei macachi.[9] Il meccanismo potrebbe essere “l’adescamento patogeno” dovuto alla omologia tra la proteina spike del SARS-COV-2 e quelle umane. Questi autori ipotizzano che una precedente esposizione al virus o vaccinazione precedente, potrebbe avviare la produzione di anticorpi che prendono di mira queste proteine endogene; pertanto, possono svolgere un ruolo nello sviluppo di malattie più gravi, in particolare nell’anziano. In questo caso gli anticorpi pre-esistenti agiscono per sopprimere l’immunità adattativa e portano a malattie più gravi.

Infatti, uno studio riporta l’ampia gamma di malattie autoimmuni riscontrate in associazione con una precedente infezione da SARS-COV-2, e gli autori riferiscono essere state innescate dalla proteina spike. Il loro commento su questi peptidi sovrapposti e il loro potenziale per produrre molti tipi di autoimmunità, è: “lo scenario clinico che emerge è sconvolgente”.[10]

Studi in vivo (Kuba et al., 2005) hanno dimostrato che il danno polmonare indotto da SARS-COV-2 era dovuto principalmente all’inibizione ACE2 da parte della proteina spike, causando un forte aumento dell’angiotensina-II. ACE2 è ubiquitariamente espresso nelle cellule endoteliali dei capillari cerebrali. L’espressione di ACE2 è sovraregolata nel sistema vascolare cerebrale in associazione con la demenza e ipertensione, entrambi fattori di rischio per esiti negativi da COVID-19.

In uno studio in vitro della barriera ematoencefalica, il componente S1 della proteina spike ha prodotto la perdita dell’integrità della barriera, suggerendo che la proteina spike innesca una risposta pro-infiammatoria nelle cellule endoteliali cerebrali, che potrebbe spiegare le conseguenze neurologiche della malattia. Gli autori concludono: “Le implicazioni di questa osservazione sono inquietanti perché i vaccini mRNA inducono sintesi della proteina spike, che teoricamente potrebbe agire in modo simile danneggiando il cervello”.[11]

Come vedete sono varie le reazioni che si innescano nel nostro corpo e molte sono dannose per il sistema immunitario.

 

– Quindi Dottore, oltre al pericoloso fenomeno dell’ADE, quale sarà l’effetto a lungo termine sul sistema immunitario naturale di questi vaccini COVID-19? Quali patologie si rischia di innescare?

Gli anticorpi con un’elevata affinità di legame con la proteina spike del SARS-COV-2 e altre proteine hanno anche un’elevata affinità di legame con tTG (associato a celiachia malattia), TPO (tiroidite di Hashimoto), proteina di base della mielina (sclerosi multipla) e diversi proteine endogene. Oltre all’adescamento del patogeno e all’ADE, questa stimolazione a produrre auto-anticorpi può portare nel tempo a sviluppare altre patologie come la tiroidite di Hashimoto o la sclerosi multipla ed è evidente che questo rischio riguarda soprattutto coloro che hanno scarsa capacità di controllare il sistema immunitario, ossia i fragili con un debole microbiota.

È stato affermato che i vaccini a base di mRNA sono più sicuri dei vaccini vettori di DNA, che funzionano incorporando il codice genetico per la proteina antigenica bersaglio nel DNA, perché l’RNA non può essere inavvertitamente incorporato nel genoma umano. Tuttavia, non è affatto chiaro se questo sia vero.

Oggi è noto che il modello classico di DNA → RNA → proteina è falso. Oggi è indiscutibile che esista una vasta classe di virus chiamati retrovirus che trasportano geni che invertono la trascrizione dell’RNA nel DNA complementare (cDNA).

Nel 1975 Howard Temin, Renato Dulbecco e David Baltimore hanno condiviso il Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina per la loro scoperta della trascrittasi inversa, e della sua sintesi da parte di retrovirus per derivare il DNA dall’RNA e incorporarlo nel genoma in modo da mantenere il nuovo gene attraverso le generazioni future.[12]  Più tardi, si è scoperto che la trascrittasi inversa non è esclusiva dei retrovirus. Più di un terzo del genoma umano è dedicato a misteriosi elementi mobili del DNA chiamati SINE e LINE. Le LINE forniscono la capacità della trascrittasi inversa per convertire l’RNA in DNA e i SINE forniscono supporto per l’integrazione del DNA nel genoma.

Oggi è chiaro si può anche importare RNA da una fonte esogena in un DNA di un mammifero ospite. I vaccini mRNA contro il SARS-COV-2 sono stati implementati con grande clamore, ma ci sono molti aspetti del loro utilizzo che meritano di essere presi in considerazione. Queste preoccupazioni sono potenzialmente serie e potrebbero non essere evidenti per anni o addirittura transgenerazionale .

 

– Passando alla domanda successiva, le faccio vedere questo video https://youtu.be/uRAvqOXpoLQ
Questa è la conferenza “Il Diritto alla Scelta” organizzata a Savignano il 17.05.2022, e tra gli interventi di quel giorno ci sono anche alcune testimonianze su analisi del sangue di soggetti vaccinati. Come può vedere nel video, nel loro sangue si trovano alcune sostanze che alcuni hanno detto essere “nanoparticelle lipidiche”. Cosa ci può dire lei che ha lavorato sui liposomi per tanti anni?

Le nanoparticelle lipidiche (LNP) sono diventate uno dei più accattivanti e comunemente usati strumenti di consegna dell’mRNA. Gli LNP sono spesso costituiti da quattro componenti: un lipide cationico ionizzabile, che promuove autoassemblaggio in particelle delle dimensioni di un virus (~100 nm) e consente il rilascio endosomiale di mRNA nel citoplasma; glicole polietilenico legato ai lipidi (PEG); colesterolo, un agente stabilizzante; e fosfolipidi naturali, che sostengono la struttura del doppio strato lipidico.

È interessante notare che le sospensioni di liposomi non devono essere congelate, in quanto il processo di congelamento potrebbe fratturare o rompere le vescicole, portando a un cambiamento nella distribuzione delle dimensioni e alla perdita del contenuto interno. Nonostante ciò i vaccini a mRNA sono congelati a -80°C. Una volta scongelati quindi, la struttura complessa liposome, colesterolo, lipide ancorato alla PEG si deve riformare.

Nonostante ci siano state tante rappresentazioni grafiche di questo composto veicolante l’mRNA, alcune anche fantasiose, qui possiamo vedere una foto in microscopia elettronica, molto simili a quelle che ottenevamo noi negli anni ’80 quando cercavamo di far veicolare il GABA al cervello attraverso i liposomi.[13]

Liposomi

I liposomi sono costituiti da fosfolipidi, molecole dotate di una testa polare e una coda apolare, che si orientano in soluzione acquosa formando delle micelle, così come fanno i saponi. Le catene apolari rappresentano un ottimo spazio per solubilizzare molecole lipofile, che saranno trasportate dal “cipollone” che espone all’acqua le teste polari. Così come fanno i saponi per detergere lo sporco (grasso). Come si può vedere dalla foto, tendono a formare multistrati (cipolle), noi, per evitare tanti multistrati, usavamo gli ultra suoni, per aumentare il volume lipofilo. Le nostre misure indicavano che il GABA intrappolato nei liposomi era irrisorio. Per me, chimico, era ovvio (è stato il mio primo incarico di ricerca) in quanto il GABA è una molecola idrofila e il volume idrofilo del liposoma è molto piccolo. Anche l’mRNA è idrofilo, per cui può rimanere “appiccicato” al guscio esterno del liposoma, ma con legami di attrazione di cariche elettriche, pertanto libero di staccarsi quando iniettato…e il tempo di sopravvivenza del mRNA è poco più di niente.

Il PEG blocca la nano particella “veicolante”, che si riforma nel momento dello scongelamento e che può assumere varie forme spaziali. A parte aver utilizzato sistemi di incapsulazione non adatti a molecole idrofile, la fase delicata di formazione della nano particella viene affidata all’operatore, che prende la fiala dal congelatore a -80°C e la porta a temperatura ambiente più o meno agitandola. Ossia è affidata al caso.

E’ preoccupante quando si legge negli articoli su questi innovativi sistemi di veicolazione di farmaci, vaccini e mRNA: “I meccanismi di rilascio dell’mRNA nel citoplasma non sono ancora capiti in modo completo, non solo per liposomi artificiali ma anche per gli esosomi naturali. Ulteriori ricerche in questo settore saranno probabilmente di grande beneficio per il comprendere i meccanismi di rilascio di questi sistemi”.

Ulteriori ricerche….dopo che sono stati applicati a miliardi di persone.

 

– Se questi nuovi metodi di veicolazione necessitano di ulteriori ricerche, perchè questo materiale – il PEG – è così utilizzato nei farmaci di nuova generazione? Siamo noi la sperimentazione?

Negli ultimi decenni si è sviluppata la tecnologia di PEGilazione, ossia la coniugazione di polietilenglicoli (PEG) a proteine ​​o nanosistemi per aumentare l’indice terapeutico di nano-biofarmaci. Sono state immesse sul mercato più di 15 terapie PEGilate, con altre in fase di sviluppo, anche se l’ipotesi ampiamente accettata che il PEG non avrebbe antigenicità o immunogenicità è sempre più messa in discussione con la divulgazione della tecnica di PEGilazione.  Infatti, anticorpi anti-PEG sono stati rilevati non solo in pazienti trattati con terapie PEGilate, ma anche in soggetti naïve al trattamento con farmaci PEGilati. Gli anticorpi anti-PEG esistenti possono attenuare l’efficacia terapeutica dei farmaci PEGilati e aumentare gli effetti avversi. Infatti, questi farmaci e agenti sono spesso immunogenici, innescando l’aumento degli anticorpi anti-farmaco (ADA).

Il PEG libero, in soluzione, mostra immunogenicità nulla o molto debole. Tuttavia, quando coniugato a una macromolecola o a nanosistemi di rilascio di farmaci, come liposomi, micelle, dendrimeri, nanoparticelle polimeriche (NP), diventa immunogenico.

Inoltre, la presenza di anticorpi anti-PEG, pre-esistenti al trattamento, può avere conseguenze importanti per qualsiasi terapia basata su farmaci PEGilati.[14]

La presenza di questi anticorpi non è rara, sono stati riportati nel 72% della popolazione senza precedenti esposizioni alla terapia medica basata su PEG.

Sellatura et. al. scrivono: “Il PEG è un allergene nascosto ad alto rischio, di solito insospettabile e può causare frequenti reazioni allergiche dovute a una riesposizione involontaria”. L’allergia al PEG è rara, ma è sempre più riconosciuta e può essere grave.  In letteratura sono riportati casi aneddotici.

La via di somministrazione è importante: se assunto oralmente, essendo una macromolecola idrofila, non ha alcuna possibilità di attraversare la membrana intestinale, pertanto non viene digerito ne metabolizzato dai batteri intestinali e viene escreto per un 99% integro. Mentre è tossico se iniettato in muscolo, scavalcando la protezione naturale offerta dal sistema digerente. Infatti, i topi iniettati per via intraperitoneale (ip) con PEG 200 a una dose di 8 ml/kg (cioè 9 g/kg) non lo tollerano e la metà degli animali doveva essere soppresso.[15]

Un altro aspetto curioso riguarda le somministrazioni ripetute nel tempo. Risulta infatti che i liposomi ricoperti con polietilenglicole (PEG) sono eliminati rapidamente quando iniettati ripetutamente nello stesso animale. Anche i liposomi senza rivestimento di PEG hanno mostrato il cd. “effetto di clearance potenziato”: i livelli ematici a 4 ore dopo l’iniezione sono diminuiti da 62,8% della dose iniettata dopo la prima iniezione a 0,54% della dose iniettata dopo la seconda iniezione. Inoltre, una dose di doxorubicina contenuta in liposomi PEG, iniettata 1 settimana dopo l’iniezione di liposomi PEG vuoti, è stata eliminata rapidamente dalla circolazione nei ratti.

Queste evidenze hanno un impatto considerevole sull’applicazione clinica di formulazioni liposomiali ripetutamente somministrate.

In un articolo pubblicato a maggio 2019, prima degli ampi studi clinici che coinvolgono questi vaccini PEGilati, Mohamed et. al. hanno descritto una serie di risultati preoccupanti riguardanti PEG e l’attivazione immunologica che ha dimostrato di produrre. Notano che, paradossalmente, grandi dosi di PEG iniettato non causano un’apparente reazione allergica. Piccole dosi, tuttavia, possono portare a una drammatica attivazione immunitaria patologica.

I vaccini che impiegano la PEGilazione utilizzano quantità micro-molari di questi lipidi, costituendo questa esposizione potenzialmente immunogenica a basse dosi.

Negli studi sugli animali è stato dimostrato che l’attivazione del sistema del complemento – un elemento essenziale del sistema immunitario – è responsabile delle anafilassi e del collasso cardiovascolare, e il PEG iniettato attiva molteplici percorsi del sistema del complemento anche negli esseri umani.

Gli autori concludono osservando che “Questa cascata di mediatori secondari amplifica sostanzialmente le risposte immunitarie effettrici e può indurre anafilassi in soggetti sensibili”.

In effetti, studi recenti sui suini hanno dimostrato che l’attivazione sistemica del complemento (ad esempio, indotto dopo l’iniezione endovenosa di liposomi PEGilati) può essere alla base di anafilassi cardiaca.[16] È anche importante notare che lo shock anafilattico nei suini non si è verificato con la prima iniezione, ma dopo la seconda. [17]

 

– Dottore anche la proteina spike può essere responsabile di reazioni immunitarie?

Come abbiamo visto le proteine del SARS-COV 2 sono omologhe a quelle umane, pertanto stimolano risposte auto-immuni, ma, nella fase di realizzazione, sono state fatte delle scelte operative che vanno ad aumentare questo aspetto.

Oltre alla scelta del PEG, la proteina spike contenuta nei vaccini è stata mutata geneticamente per incoraggiarla a favorire una configurazione stabile nel suo stato di pre-fusione, ossia cristallina, poiché questo stato provoca una risposta immunitaria più forte.[18] Il commento di Jackson et al a questa scelta: “Questo potrebbe anche significare che la versione geneticamente modificata della proteina spike, prodotta dalla cellula ospite umana in seguito alle istruzioni del vaccino mRNA, indugi nella membrana plasmatica legata ai recettori ACE2 a causa di capacità di fusione ridotte? Quale potrebbe essere la conseguenza di ciò? Non lo sappiamo”.

È curiosa anche la scelta di far codificare solo la proteina spike, dato che è stato confermato sperimentalmente che un vaccino contenente i geni completi per tutte e tre le proteine susciti una robusta risposta immunitaria di gran lunga superiori a quelle di un vaccino contenente solo la proteina spike. Mentre un vaccino che conteneva solo componenti critici della proteina spike non ha suscitato praticamente alcuna risposta.[19] Analoghi risultati sono stati ottenuti dai ricercatori di Moderna.[20]

Un’altra curiosa modifica è stata fatta nel codice RNA. Gli sviluppatori hanno arricchito la sequenza in citosina e guanina (C e G) a scapito di adenina e uracile, in quanto è stato dimostrato sperimentalmente che le sequenze di mRNA ricche in citosina e guanina sono espresse fino a 100 volte in modo più efficiente rispetto alle sequenze povere di G e C.

Questa modifica garantisce sintesi di abbondanti copie della proteina spike, ma i patogeni intracellulari, inclusi i virus, tendono ad avere un basso contenuto di G e C rispetto al genoma della cellula ospite. Quindi, questa modifica fa esprimere proteine ancora più simili a quelle umane, con elevato rischio di autoimmunità.[21]

Ancora una volta troviamo scritta la frase: “Non conosciamo le conseguenze indesiderate di queste scelte”.

Sembrerebbe quasi che gli sviluppatori abbiano maggiormente cercato di stimolare risposte autoimmuni rispetto a produrre vaccini efficaci, forse perché sapevano che era impossibile realizzarli.

 

– Dottore è chiaro che le sue risposte, frutto di studi accurati, sono molto tecniche e meriterebbero un confronto con esperti che possa portare alla fine, a un giudizio da parte del mondo scientifico corretto su questi vaccini. A tal proposito, ritiene che vista la pessima gestione della pandemia delle autorità sanitarie, sia oggi necessaria una maggiore collaborazione tra chimici, biologi e medici per portare alla luce le verità troppo spesso celate al pubblico?

Da quanto sopra scritto è evidente che oggi il problema non è la mancanza di conoscenze, ma il fatto di non volerle applicare. Purtroppo non dobbiamo sorprenderci più di tanto, Angel Marcia, dopo 10 anni come capo editore del NEJM, si è dimessa nauseata dal modo con cui vengono condotti gli studi clinici sponsorizzati e ha pubblicato un libro di denuncia dove commenta: “Cosa potevamo aspettarci di diverso dopo che abbiamo affidato la ricerca per la nostra salute a delle multinazionali?”

La “colpa” non è tanto delle multinazionali, ma di governi che non rendono autonomi dai finanziamenti delle multinazionali gli enti di controllo, così come le stesse riviste scientifiche ricevono fondi dalle multinazionali. Per proteggere i vaccini sono stati cancellati articoli già pubblicati, a ricercatori che hanno espresso criticità è stato sospeso l’incarico di editore di queste riviste, è stato ridotto l’accesso per le loro pubblicazioni. Fatti denunciati in articolo di Blaylock RL,[22] e Facebook ha cancellato il post dove lo avevo pubblicato. YouTube mi ha cancellato un audio di un amico che leggeva un brano di un libro di Kary Mullis, acquistabile in libreria. Chi sono questi censori che si immaginano di avere una conoscenza della medicina superiore a quella di un premio Nobel?

Spesso i ricercatori medici giustificano alcune contraddizioni della medicina, asserendo che la medicina non è una scienza esatta, ma non è vero. Anche la Fisica sarebbe stata altrettanto non esatta se non si fossero applicate le conoscenze. Certo, non è stato facile accettare che la Terra non fosse al centro dell’Universo, qualcuno ci ha perso gli occhi, ma quando eseguiamo una PET lo possiamo fare perché abbiamo accettato e applicato che l’atomo sia divisibile e che esista l’anti-materia (P = anti protone).

Non dobbiamo limitarci a criticare le multinazionali come ha scritto Angel Marcia, è evidente che a loro interessa il fatturato annuo. Dobbiamo far si che i ricercatori indipendenti possano svolgere le loro ricerche, dobbiamo svincolare le riviste scientifiche dall’essere al soldo delle multinazionali, ci devono essere finanziamenti pubblici e, non per ultimo, enti di controllo e stampa indipendenti.

Soprattutto oggi che stiamo vivendo un’enorme rivoluzione culturale grazie alle nuove conoscenze soprattutto sul microbiota, tema di ricerca che in 12 anni è passato da 82 a oltre 20 mila articoli indicizzati da PubMed, che sconvolgono concetti della fisiologia, della medicina e della nutrizione.

 

– Dottore le faccio un’ultima domanda: È a conoscenza di sostanze o terapie che possano aiutare il corpo a combattere il SARS-COV-2?

La “cura” è molto semplice, ma purtroppo è preventiva.

La patogenicità di un virus dipende dalla capacità dell’ospite di gestirlo, che dipende dalla forza del suo microbiota, che dipende da quanto è bio-diversificato nei suoi ceppi batterici. Se è scarsamente bio-diversificato produce una risposta infiammatoria debole di basso grado, dove sono prodotte citochine anti-infiammatorie diverse da quelle abili a riparare i tessuti, controllare la tolleranza dei linfociti B (autoimmunità),…e a riconoscere e gestire eventuali nuovi virus. Attraverso queste citochine possiamo impedire al virus di replicare ed è ovvio che meno replica meno danni produce e meno la persona è contagiosa.

A conferma di questo aspetto, sono sufficienti 3 lavori:

  • Una metanalisi cinese sui registri ospedalieri, che riporta, senza commentarlo, che le persone con esiti peggiori al SARS-COV-2 avevano livelli di colesterolo più bassi di quelli asintomatici o pauci sintomatici
  • Uno studio sulle citochine che mostra come siano prodotte in modo diverso nei soggetti con sintomi gravi:

cascata citochine

  • Biodiversità dei ceppi batterici

Uno studio riporta che i soggetti positivi al SARS-COV-2 hanno una minor biodiversità dei ceppi batterici rispetto ai negativi.

Nonostante quanto hanno voluto farci credere, è impossibile non essere stati esposti al SARS-COV-2, dato il livello della pandemia. Viviamo permeati da virus, batteri ambientali, da altri animali, da altre persone, che entrano ed escono. In ogni grammo di feci ci sono 100 virus, che hanno fatto un giretto nel nostro corpo, sono stati riconosciuti, gestiti, controllati e fatti uscire. Il problema è quando questi sistemi di controllo sono deboli.

Oggi abbiamo capito che siamo sani non per la salute dei nostri tessuti, ma per la forza del microbiota. I nostri tessuti, anzi, sono fragilissimi, tanto che devono essere continuamente riparati. Anche il nostro DNA, senza i meccanismi di riparazione (Nobel ai 3 biochimici che li hanno scoperti) subirebbe 10 alla 27 errori di replicazione al giorno (1 con 27 zeri).

Altra scoperta straordinaria è che il modo migliore per comunicare con il microbiota e mantenerlo forte è il cibo. Abbiamo compreso i precisi meccanismi per cui il cibo può essere considerato la migliore medicina. Il cibo complesso è utile ad allenare il microbiota come i pesi pesanti di un bilanciere nel sollevamento pesi.

Su www.dottpaolomainardi.it potrete approfondire, e qui https://www.dottpaolomainardi.it/strumenti/ potrete scaricare un mio ebook.

 

– Dottore grazie mille per questa intervista, sono sicuro che i nostri lettori apprezzeranno la professionalità e la scientificità delle sue affermazioni e avranno domande interessarti da sottoporle.

Grazie a lei per l’occasione che mi ha fornito. Ci sono tanti ricercatori seri, che studiano e lavorano per amore della ricerca, senza cercare spazi televisivi o altro, in modo onesto e indipendente, anzi spesso sono anche osteggiati, ma grazie all’informazione che fate hanno la possibilità di far conoscere i loro studi.

Mi piacerebbe se i lettori considerassero questa mia intervista come un punto di partenza per ulteriori approfondimenti. A presto.

 

Note:

[1] Moderna advances late-stage development of its vaccine (MRNA-1273) against COVID-19. https://investors.modernatx.com/news-releases/news-release-details/moderna-advances-late-stage-development-its-vaccine-mrna-1273
[2] National Institutes of Health. Phase 3 clinical trial of investigational vaccine for COVID-19 begins. 2020. https://www.nih.gov/news-events/news-releases/phase-3-clinical-trial-investigational-vaccine-covid-19-begins
[3] Simonsen L, Reichert TA, Viboud C, Blackwelder WC, Taylor RJ, Miller MA. Impact of influenza vaccination on seasonal mortality in the US elderly population. Arch Intern Med2005;165:265-72.
[4] Young, R., Bekele, T., Gunn, A., Chapman, N., Chowdhary, V., Corrigan, K., … Yamey, G. (2018). Developing New Health Technologies for Neglected Diseases: A Pipeline Portfolio Review and Cost Model. Gates Open Res 2:23.
[5] Grubaugh, N.D., Petrone, M.E. & Holmes, E.C. We shouldn’t worry when a virus mutates during disease outbreaks. Nat Microbiol 5, 529–530 (2020).)
[6] Herbert W. Virgin, M.D., Ph.D. The virome in mammalian physiology and disease. Cell. 2014 March 27; 157(1): 142–150.
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Massimo A. Cascone per ComeDonChisciotte.org

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