Venti capitoli e venti video, di settimana in settimana. È una sorta di viaggio agli inferi col biglietto di ritorno, quasi fossi un novello Dante, ma privo di un Virgilio a farmi da guida.
E allora, visto che Virgilio non c’è, in questo lungo viaggio mi accompagnate voi?
AMAZONIADE CAPITOLO 08
L’ossessione del rate
Di Massimiliano Cacciotti per ComeDonChisciotte.org
Ogni giorno, appena arrivo in postazione, per un po’ mi sembra proprio di essere tranquillo. Mi organizzo, tolgo il giaccone, sistemo le cose. Poi, sereno sereno, incomincio a paccare. Paccare, da me a Roma, era come quando i milanesi ti dicono “limonare”: vuol dire sbaciucchiarti e avvinghiarti con qualcuno. Però qui no. Qui da Amazon è diverso. Qui dicono proprio così: paccare. Ma intendono: “impacchettare i pacchi”. Che impacchettare è un verbo troppo lungo. Sono sei lettere in più e, al ritmo di due pacchi al minuto, per otto ore filate, per mille persone a turno, fa un enorme spreco di tempo: inaccettabile! Quindi, è andata per paccare e amen. Qui va ottimizzato tutto: anche il numero di lettere da usare quando si parla. Se si parla.
E comunque, mentre inizio a paccare, mi sembra di stare tranquillo, dicevo, almeno per un po’. Poi, però, subito mi viene un dubbio: ma lo starò seguendo nel modo giusto il “rate”? O sto andando troppo lento? Oppure troppo veloce? Non lo so. Non lo so mai.
Il rate sarebbe il punteggio. Cioè, per chi fa il packer, è il numero di pacchi da paccare quando sei al lavoro, secondo gli standard decisi dai lead. O forse non proprio dai lead. Insomma, secondo gli standard. C’è chi dice che siano cento pacchi all’ora. Chi dice centocinquanta. Chi addirittura duecento. Ma tanto non lo sa nessuno il numero, quello vero. Sempre che quel numero esista. Non lo sanno nemmeno i lead. Nemmeno i manager.
Come per gli alligatori nelle fogne di New York, l’esistenza di questo inafferrabile rate, è una voce che si diffonde di continuo, girando di bocca in bocca. Non si sa come sia nata. Si sa solo il perché si diffonda: perché serve – meravigliosamente bene – a farti sentire perennemente in difetto. Vado troppo lento? Troppo veloce? Serve anche a scatenare una gara fra packer, a chi impacchetta – anzi, sorry, a chi “pacca” – più velocemente. Perché, poi, se non fai il rate giusto, ti mandano via, così, su due piedi: tanti saluti e grazie. Invece, se sei una scheggia, se fai mille pacchi al secondo, poi ti danno il blue badge, cioè il contratto a tempo indeterminato.
Ovviamente, anche questa teoria – anzi questa “certezza”, a detta di tutti – è un altro alligatore nelle fogne di New York: una leggenda metropolitana che forse ha un suo fondo di verità. O forse no.
Resta il fatto che non puoi stare mai tranquillo. E anche se vai troppo veloce, mica va tanto bene lo stesso qui, eh. Non importa che, magari, tu hai trovato il tuo bel ritmo di lavoro, quello giusto per reggere otto ore, senza finire in debito d’ossigeno. Che otto ore, poi, è come quattro maratone. Alle Olimpiadi di ore ne bastano solo due, per una maratona. In otto si farebbero esattamente centosessantotto chilometri e settecentottanta metri. E, quindi, per reggerli tutti, senza scoppiare, dovresti prendere il tuo passo, senza spezzare il ritmo. Ti direbbe così il tuo allenatore, se tu fossi alle Olimpiadi.
Ma qui no. Qui le leggi della fisica e della biologia non esistono. Qui in Amazon il tuo ritmo si può cambiare, si può spezzare, si può frenare, si può rallentare, si può accelerare di continuo, indipendentemente da te. Qui dipende solo dai flussi degli ordini dei clienti. Da quello che dice l’algoritmo. E allora, anche se vai troppo veloce, arriva subito un manager per bloccarti.
E allora, per un bel po’, tu te ne stai fermo così, a girare i pollici. Ad aspettare che ti si riempia il wall. E allora – e solo allora – ecco che ti ridanno il via. E allora – e solo allora – lo devi svuotare tutto in un lampo, quel wall. E devi paccare e paccare e paccare veloce, velocissimo, come se non ci fosse un domani. Come se tu fossi Bolt. Anche se Bolt non corre mai come una scheggia per otto ore filate. Anche se Bolt mica fa la maratona, lui.
Lui fa i cento metri. Ma tu sei meglio di Bolt. Molto meglio. Tu sai essere più veloce di lui e per tutti i centosessantotto chilometri. Per tutte le otto ore. Spezzando di continuo il ritmo. Più veloce e più resistente. Perché tu sei un amazoniano.
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