Vince il Pizza, l’avatar del renzismo

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DI ROSANNA SPADINI

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Vince il Pizza, l’avatar del renzismo di rimessa, vincono i pennivendoli dei media, tutti schierati dalla parte dell’immagine, la città si è confermata incivile, distratta, disinformata, legata ai soliti frames culturali, esatta espressione dell’ottusità politica dei nostri tempi, vince l’hollywoodismo della politica.

Poco importa che Pizzarotti abbia decisamente tradito tutti i principi di una buona amministrazione (difesa del pubblico contro le privatizzazioni), cementificazioni, favori a IREN e alle banche, inceneritore che brucia anche i rifiuti di Reggio e altre province, vendita di azioni delle proprietà pubbliche (Iren, Ente Fiere, Tep), tariffazioni ai massimi livelli nazionali, costo dell’acqua tre volte superiore quella della Lombardia, privatizzazione di servizi pubblici attraverso le cooperative (Proges, Zerosei) … quello che importa invece è che il Pizza assomigli al Tom Cruise della Padania.

E poi soprattutto Mentana e Lilly del Bilderberg hanno raccontato l’esatto contrario.

La borghesia cittadina di Parma alle ultime elezioni amministrative si è rivelata incivile e autoreferenziale, come in tutti questi anni di disastri sociali provocati da euro, trattati, globalizzazione, in cui non si è preoccupata minimamente di capire le vere ragioni del disastro, di leggersi qualche libro ad hoc, di approfondire le proprie conoscenze. È una classe ormai destinata al declino, così come lo è stata l’aristocrazia nel medioevo, scalzata e sostituita poi, nella gestione del potere, da una borghesia allora nascente, ampiamente coraggiosa, energica, progressista.

La borghesia cittadina delle vacanze alternative radical chic, riflette il sinistrismo ormai confuso e sempre più antiquato di certi ambienti culturali d’élite, che si atteggiano a promotori di riforme o cambiamenti politici e sociali più velleitari che sostanziali. Non sa che la globalizzazione contemporanea sta prendendo la forma di un nuovo tipo d’imperialismo in cui le grandi imprese capitalistiche, diventando multinazionali, hanno rotto l’involucro spaziale degli Stati nazione. Oggi il capitale opera su un mercato mondiale, perciò ha l’interesse ad abbattere ogni barriera, e ha acquisito un potere superiore a quello degli Stati stessi.

Cervello all’ammasso, legge sempre gli editoriali prestigiosi di Scalfari, segue le trasmissioni di Corrado Augias, presenzia magari ai convegni culturali di Roberto Saviano, crede che Michele Santoro sia di sinistra, e si alimenta vorace del gas venefico pompato nelle condutture dei media asserviti al potere.

La borghesia cittadina che vive nel proprio habitat autoreferenziale, presuntuosa dei propri saperi, in realtà non sa che l’Italia è destinata a diventare la Calabria d’Europa, con un’economia da terzo mondo, cervelli sempre più in fuga, disoccupazione giovanile al 45%, e un fenomeno d’immigrazione selvaggia, che l’Eurozona ha destinato con il Trattato di Dublino, a stanziare sul territorio dei paesi Piigs (maiali).

La media borghesia, scolarizzata e iper-laureata, si sente culturalmente e moralmente superiore rispetto al resto del mondo, legge sempre gli stessi giornali, ascolta sempre gli stessi opinion maker, si abbuffa dei soliti talk show televisivi, frequenta gente che la pensa allo stesso modo e pur criticandolo, sostanzialmente ammira l’establishment, non comprendendo che è alle dirette dipendenze del capitale non più nazionale, ma transnazionale, che distruggerà non solo posti di lavoro, industrie e welfare, ma la stessa identità etnica del Paese.

Sempre più attenta a soddisfare le proprie piccole ambizioni, si preoccupa del proprio lavoro, delle cene del sabato e delle vacanze estive o invernali. Non ha compreso minimamente il dramma vissuto dall’Italia, un cambio epocale di gestione del potere, la fine dello stato nazione, e la nascita del nuovo imperialismo delle multinazionali.

La borghesia cittadina degli aperitivi al bar del centro è destinata a confondersi tra le file del proletariato, perdita di posti di lavoro, perdita del welfare, fine della pace sociale e della sicurezza. Per questa classe sociale semicolta, ridotta ormai ad un ectoplasma della borghesia politica del ’45, che aveva ricostruito il paese e lo aveva trasformato nella 5° potenza industriale del mondo, l’ultima grave responsabilità resta quella del proprio insipiente consenso alla svendita di benessere sociale, economico e culturale.

Ma i semicolti credono solo nell’establishment, demonizzano i populismi, incapaci di percepire che le élite mediatiche, economiche, finanziarie e istituzionali, sono semplicemente oligarchie ripiegate su se stesse e preoccupate unicamente dei loro interessi. Incapaci di percepire che la stessa democrazia è in fase terminale di rottamazione, con lobbies di potere unicamente interessate a mantenere la propria egemonia, anche con affarismo mafioso e criminale.

I semicolti non sanno che l’establishment si serve dell’arma potentissima di giornali e televisioni, di cui è proprietario per il 90%, per tenersi ben stretto il potere. Non sanno che tutto il sistema ruota intorno a questi interessi corporativi e vitali per sé, quanto mortali per il resto della società, per cui le firme e i volti noti, giornalisti ed economisti, lavorano per il sistema, perché hanno puntato tutto su carriera e prebende, meglio ancora se sono quelle elargite dalle grandi banche d’affari.

Quindi Monti, mediocre economista con un attivo di pochissime pubblicazioni scientifiche, meglio di Stiglitz, che avrà pure il Nobel e una serie impressionante di studi, ma per la piccola borghesia di provincia è uno sconosciuto.

Naturalmente anche Internet deve essere demonizzato, come fanno tutti i bravi organi istituzionali, perché espressione dei populismi, luogo pestilenziale, roba per complottisti, con le sue scie chimiche e le bufale degli antivaccini. Ma i conformisti evitano come la peste di informarsi su siti che non siano istituzionali, ignari del tutto che esiste una controinformazione buona e una cattiva, esattamente come esistono articoli buoni o articoli manipolati sui siti dei grandi giornali.

La media borghesia per esempio, tronfia della propria crassa ignoranza in termini di comunicazione, non si è nemmeno accorta che in queste elezioni i media hanno fatto ancora una volta la differenza.

Per esempio  Enrico Mentana del Bilderberg, presentando le grane giudiziarie di Giuseppe Sala e Virginia Raggi,  li giudica di analoga consistenza politica e civile: «Dedicato proprio ai problemi delle città, a Roma e a Milano i sindaci hanno lo stesso problema (stesso??), due indagini velenose, due indagini impegnative, una riguardante l’azione di Sala quando era alla guida dell’EXPO, invece a Roma come sappiamo quelle riguardanti i rapporti della Raggi con Marra e le decisioni prese dalla Raggi … stiamo parlando insomma di richieste di rinvio a giudizio, cioè l’anticamera del processo, siamo ancora nella fase in cui bisogna usare tutti i condizionali e considerare innocenti fino a prova contraria coloro che sono indagati, ma certo sono due spine nel fianco, per chi governa la capitale, e per chi governa l’altra capitale quella del Nord, avendo l’appoggio del governo nazionale.

Però ci troviamo al cospetto di due problemi, innanzitutto quello degli amministratori nel rapporto con la giustizia, in secondo luogo quello delle leggi, che sono evidentemente delle camicie molto strette. Sono davvero gravi i reati ipotizzati? O lo sono fino ad un certo punto? Ma la questione resta, se i partiti e i movimenti, soprattutto i 5 Stelle, non avessero gridato al lupo tante volte, quando il problema erano Berlusconi e i suoi, la questione giudiziaria non sarebbe così opprimente, non sarebbe quella camicia così stretta».

https://www.facebook.com/100004987426407/videos/vb.100004987426407/826064014236505/?type=2&theater

 

 

La media borghesia, incapace di leggere la realtà con occhi vigili e autonomi, non è in grado di cogliere le scaltre malizie della comunicazione, quindi le notevoli differenze tra i due casi, che naturalmente Mentana non specifica, anzi li definisce lo «stesso problema».

Eppure la situazione giudiziaria di Giuseppe Sala è molto più pesante, visto che al centro delle verifiche dei magistrati (Corriere della Sera) è finita una fornitura di 6mila alberi, compresa nel principale appalto dell’EXPO 2015, quello da 272 milioni di prezzo base per la realizzazione della piastra. La fornitura delle piante fu affidata nel luglio del 2013 senza gara all’impresa Mantovani, il costruttore che si era aggiudicato il maxi-appalto, per ben 4,3 milioni di euro, 716 euro a pianta. Quattro mesi dopo però l’impresa stipulò un contratto di subfornitura con un vivaista per 1,6 milioni, 266 euro a pianta. Quindi un appalto senza gara e per di più spropositato in termini di costi e milioni di soldi pubblici nelle tasche di qualcuno, anche se i media hanno ripetutamente oscurato la notizia.

Invece negli ultimi giorni tg e giornali sono pieni di conversazioni, sms e messaggi in chat penalmente irrilevanti, che “inchioderebbero la Raggi”, depositati agli atti del processo per corruzione a Raffaele Marra e per l’indagine sulla sindaca di Roma per falso nella nomina di Renato Marra (fratello di Raffaele) a capo del Dipartimento Turismo e per abuso nella nomina di Salvatore Romeo a capo-segreteria.

Telefonate roventi, titola per tutto il giorno il tg di Sky, versione satellitare di Pd1, Pd2 e Pd3: insomma roba hard (M.Travaglio). Altro che la notizia dei servizi segreti coinvolti nelle soffiate Consip (qualche trafiletto e via).

Ma la crassa media borghesia cittadina, orgogliosa di appartenere ad un ceto medio, a sua insaputa, in via di estinzione, questo non lo sa, continua a vivacchiare nella sua endemica arroganza e insipienza, nel suo benessere sociale ormai a rischio collasso, e soprattutto è ormai proiettata a scegliersi l’unica meta che veramente la interessa.

E se fosse arrivato il momento di staccare? Percorrere la highway 49 per vivere in un vero western? Oppure fare glamping in Andalusia?

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

27.06.2017

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