Il gruppo GEDI potrebbe scoprire presto che le bugie hanno un prezzo. A esigerlo da ieri è la testata russa URA.RU, che ha dichiarato di avere avviato l’iter per citare in giudizio La Stampa in merito alla famosa foto di un massacro che troneggiava in prima pagina il 14 marzo. Al centro della vertenza l’errata attribuzione della strage all’esercito russo da parte del quotidiano di Giannini, che fa riferimenti a un mai avvenuto “massacro di Kiev”, mentre secondo il quotidiano di proprietà della moscovita Gruppa Kompanii Ese OOO l’immagine, scattata dal loro fotoreporter Eduard Kornienko – intervistato anche da Giorgio Bianchi, mostra in realtà “le conseguenze dell’esplosione del razzo Tochka-U ucraino nel centro di Donetsk”. I redattori di URA parlano espressamente di “uso illegale dell’immagine” e chiedono “che la giustizia italiana protegga il nostro copyright e punisca La Stampa per il falso. La causa di URA.RU contro La Stampa sarà senza precedenti. Ci appelleremo ad un’altra giurisdizione, il tribunale italiano. Gli avvocati di URA.RU stanno preparando una dichiarazione.” Poiché la testata russa si oppone “all’uso dei nostri prodotti nella guerra dell’informazione”, il quotidiano italiano deve ammettere di aver diffuso una notizia falsa ed essere punito dalla giustizia italiana. Scenario piuttosto improbabile, considerato che la giustizia la fanno i giudici, e quella dell’informazione non è l’unica guerra in corso. Inoltre, non è detto che ciò che è illegale per la giustizia russa lo sia anche in Italia. Già una settimana fa la denuncia dell’ambasciatore russo al direttore Giannini e al redattore Quirico per un articolo sul tirannicidio “Si considera possibile uccidere Putin, è contro l’etica giornalistica”, aveva detto Razov.
La nuova denuncia che arriva direttamente da Mosca fa comprendere non solo il livello ormai bassissimo della stampa italiana, che oltre ad essere serva dei poteri forti è anche incompetente forte, ma anche che la certezza dell’impunità che gli garantisce l’establishment italiano fuori Roma non vale. A spingere URA a questa mossa è stato il fatto che la fake nostrana è arrivata a suscitare commenti persino da parte delle autorità in madrepatria, come il portavoce presidenziale Dmitry Peskov: “Questo è un falso mostruoso” e la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova: “Un esempio di speciale cinismo che non può passare inosservato”. Una cosa è certa: il gruppo degli Elkann si può definire ambasciatore italiano nel mondo delle fake news.
MDM 01/04/2022