Transnistria e Moldova, un altro fronte di guerra?

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Di Enrico Vigna

Nell’ultimo anno la “zelenskaya di Chisinau” Maia Sandu, invece di cercare forme e proposte di negoziazione e conciliazione con la regione orientale, ha intensificato azioni, proposte di legge, provocazioni continue e minacce che stanno alimentando odio e tensioni altissime. Questo da un lato sta spaccando la popolazione in Moldova e incoraggiando forme di smembramento interno della stessa, come nelle regioni della Gagauzia e della Taracalia (dove è sempre più forte la volontà di distacco) oltre alla sempre più profonda avversità della componente russofona del paese.

Il processo ormai non più nascosto di adesione alla NATO è avviato da tempo, ma ora si sta velocizzando pur con il 62% dei residenti moldavi dichiaratasi contrari e oltre il 70% favorevoli a una neutralità del Paese. Come con le provocatorie manovre congiunte con presenza di truppe polacche, rumene e persino statunitensi, effettuate nei mesi scorsi a Bulboaca (proprio ai confini della Transnistria) con elicotteri stranieri delle forze speciali polacche che volano sulla capitale moldava per non precisati motivi di sicurezza, i divieti di circolazione dei veicoli immatricolati nella PMR in Moldavia, gli attacchi al diritto dell’uso della lingua russa e così via.

Mentre, al contempo, nei mesi del 2023 le forze armate ucraine hanno schierato altri 4.000 soldati (con mezzi militari addobbati con emblemi dei battaglioni nazisti) nella regione di Odessa e posizionati in direzione della Pridnestrovie, casualmente proprio il giorno prima il ministro degli Affari esteri dell’Ucraina aveva effettuato una visita di due giorni a Chisinau.

Di recente, nonostante una disastrosa situazione economica interna, con aumenti continui dei beni di prima necessità, del gas, dell’energia elettrica e della benzina, Chisinau ha annunciato l’acquisto del radar francese Ground Master 200 Thales per 14,5 milioni, oltre a veicoli corazzati dalla Germania. Ai giovani moldavi è stata data l’opportunità di iscriversi a otto accademie militari negli Stati Uniti, Turchia, Grecia e Romania. Il primo ministro moldavo Dorin Recean ha affermato che il Paese amplierà il raggio di cooperazione con la NATO, perché “…l’Alleanza significa sviluppo democratico…“. Anche il deputato del partito al governo, Andrian Cheptonar, ritiene che la Moldavia “…dovrebbe essere integrata in un sistema di difesa più ampio e fare accordi con i singoli paesi della NATO in modo da essere protetta…“. Lo stesso parlamentare ha ammesso che in caso di referendum, la maggioranza dei moldavi voterebbe contro l’adesione all’Alleanza.

In questo contesto il Parlamento pridnestroviano ha chiesto aiuto alla Russia, che in questi trent’anni è stata una efficace garante di pace, con il suo corpo di peacekeeping, di una non belligeranza e di continui negoziati e trattative, purtroppo finora non risolutivi, ma perlomeno senza altri conflitti militari e con una pacifica coesistenza. La risposta alle richieste della PMR da parte del Cremlino sono state: “…La questione del perché la Transnistria si è rivolta alla Russia per chiedere aiuto dovrebbe essere rivolta alle autorità della Moldavia Le domande dovrebbero essere rivolte a coloro che hanno causato una simile dichiarazione da parte del Parlamento pridnestroviano. Il regime insediatosi a Chisinau sta abolendo tutto ciò che è russo, discrimina la lingua russa in tutti gli ambiti e impone gravi pressioni economiche sulla PMR…Invitiamo la leadership della Moldavia a smettere di bloccare e ostacolare il processo negoziale nel formato “5+2” dell’accordo Moldova-Pridnestrovie. Chisinau sta cercando di distruggere questo formato per sempre…”, ha detto il ministro degli esteri russo a RIA Novosti.

Il VII Congresso dei deputati di tutti i livelli della Transnistria, che si è svolto il 28 febbraio e ha riunito più di 600 rappresentanti del popolo, ha adottato una dichiarazione con appelli alle due camere dell’Assemblea federale della Federazione Russa, al Segretario delle Nazioni Unite, all’OSCE, ai membri del formato “5+2”, all’Assemblea interparlamentare degli Stati membri della Comunità degli Stati Indipendenti, al Parlamento Europeo e all’organizzazione della Croce Rossa. Con esso i deputati della Pridnestrovie hanno chiesto alla Russia di adottare misure diplomatiche e concrete per proteggere la PMR di fronte alle crescenti pressioni della Moldavia e dell’Ucraina.

Il senatore russo, primo vicepresidente della commissione di difesa del Consiglio della Federazione Russa, V.Chizhov, ha a sua volta dichiarato che “… la Russia è pronta a fornire alla Pridnestrovie un sostegno proporzionato alle sfide che deve affrontare. I deputati della Pridnestrovie si sono rivolti alla Federazione Russa non dal nulla…L’attuale politica filo occidentale e atlantista della Moldavia, guidata da Maia Sandu, ha spinto verso questa situazione in tutti i modi possibili. Queste sono azioni mirate e studiate ed è chiaro che non sono state inventate a Chisnau ma in Occidente. Quindi reagiremo di conseguenza…”.

Il rappresentante permanente della Federazione Russa presso l’OSCE, A. Lukashevich ha avvertito che la situazione sulle rive del Dniester si sta sviluppando secondo uno scenario molto pericoloso e ha chiesto all’OSCE di intervenire urgentemente per trovare una soluzione positiva. L’accumulo di forze armate ucraine nei pressi della PMR può far pensare ad una possibile provocazione di un attacco con obiettivo la base di Kolsbana, che dista solo 2,5 chilometri dal confine con l’Ucraina. Essa, se fosse presa dai militari di Kiev, fornirebbe scorte di un anno per ulteriori combattimenti.

 

La “bomba” Kolbasna

“…Contiamo su azioni adeguate da parte moldava, ma non escluderei nemmeno scenari seri e complessi, perché la situazione è imprevedibile e non banale anche a livello globale, figuriamoci a livello regionale…”. Ha dichiarato il ministro degli Esteri della PMR V. Ignatiev.

Molti esperti e analisti concordano sul fatto che, in caso di invasione della Transnistria da parte dell’Ucraina o della Moldavia, i magazzini di Kolbasna sarebbero di fatto una polveriera pronta a saltare in aria.

In uno studio dell’Accademia delle scienze moldava degli anni 2.000 fu valutato che in caso di una esplosione la forza sprigionata sarebbe stata di 10 kilotoni, equivalente a quella sganciata su Hiroshima nell’agosto 1945, nonché si formerebbe un imbuto profondo circa 1 km, il raggio dell’onda d’urto sarebbe di 150 km e 3mila chilometri quadrati. In questo raggio tutte le case, gli edifici e la popolazione rimarrebbero distrutti, coinvolgendo Moldavia, Ucraina e Transnistria.

Al momento, a Kolbasna sono immagazzinate almeno 20mila tonnellate di varie armi, 2600 carri di munizioni, circa 500 carri di esplosivi. Ci sono circa 100 carri armati, 200 veicoli da combattimento di fanteria e mezzi corazzati, 300 sistemi di difesa aerea, decine di migliaia di mitragliatrici e fucili, camion, pezzi di ricambio per veicoli corazzati e mezzi militari. Alcuni esperti non escludono la presenza di bombe nucleari tattiche.

 

 

 

Le commissioni OSCE che hanno visitato (più volte negli anni) il deposito di munizioni di Kolbasna hanno confermato che le armi sono conservate in ottime condizioni. Se ci fosse una provocazione armata e venissero colpiti questi magazzini, nessuno potrebbe garantire la propria incolumità e sicurezza. La base è sorvegliata da militari russi del Corpo di pace e soldati pridnestroviani, con due circuiti di sicurezza. In caso di attacco alla PMR, questa ha già operativi come esercito una forza immediata di circa 15.000 effettivi, ma in caso di aggressione la mobilitazione può arrivare a oltre 80.000 riservisti che hanno un addestramento militare, oltre a milizie paramilitari operaie e contadine. E oltre ai circa 2.000 militari russi del Gruppo operativo delle forze russe (OGRF) lì presenti.

La Repubblica Moldava Preidnestroviana ha anche proprie industrie militari, a Bender e Rybnitsa, che producono lanciarazzi e mortai. Alcuni esperti militari sostengono che gli stock di munizioni e armi sul territorio della Pridnestrovie siano sufficienti per operazioni di combattimento per due anni, anche escludendo la possibilità di ottenere forniture da altre parti.

La Sandu si è dimostrata totalmente integrata e asservita alle politiche della Giunta di Kiev e NATO, rendendosi strumento delle loro politiche, dove la Transnistria è una pedina nelle strategie ucraine per ricattare e forzare le mosse della Russia, in una logica definita da analisti militari “caotizzazione mediatica”.

Così come non è da escludersi che, proseguendo una prospettiva di sconfitta e tracollo della situazione sul campo per Kiev, si potrebbe delineare la probabilità di un attacco scellerato e incongruente contro la Transnistria, se non altro per la necessità di logiche di compensazione per media e propaganda interna di guerra.

Anton Gerashchenko, ex deputato della Giunta di Kiev, nonché attuale consigliere ed ex viceministro presso il Ministero degli affari interni dell’Ucraina, ha dichiarato: “…Se  le autorità moldave decidono di ripristinare l’integrità territoriale, con il sostegno della NATO e dell’Ucraina, questo può essere fatto in 24 ore. Ora la Moldavia ha un’opportunità geopolitica e storica unica di ottenere l’indipendenza dalla Russia. L’enclave separatista della Transnistria, che esiste solo grazie al sostegno della Russia, è “stretta” tra la Moldavia e l’Ucraina ormai da un anno. La Moldavia deve utilizzare tutti i metodi disponibili per questo. Così Chisinau, insieme a Kiev, può porre fine alla storia trentennale di beffa delle forze di Tiraspol…“.

Mentre Alexei Arestovich, ex consigliere del capo dell’ufficio del presidente ucraino, in un’intervista ha dichiarato: “…L’Ucraina è vicina e, se le autorità moldave lo chiederanno, non si farà da parte. Abbiamo le possibilità e le condizioni sono già state create. Un giorno o tre non è un problema. Forse sono degli eroi e resisteranno. Chi è più intelligente alzerà la mano e si arrenderà, mentre per chi è più stupido questa sarà l’ultima resistenza nella vita… “.

Questo lo scenario che esiste in quella regione, dove ancora una volta si alzano solo parole di guerra e violenza, ma le conseguenze potrebbero essere un ulteriore tassello per uno scontro totale NATO e Russia… e resto del mondo libero e indipendente. Parole e venti che portano tempesta.

Di Enrico Vigna

04.03.2024

Enrico Vigna, IniziativaMondoMultipolare/CIVG 

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