DI MARCO GIANNINI
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Non c’è dubbio che le politiche di austerity abbiano aggravato il tasso di disoccupazione e ridotto la sicurezza di spesa (e non solo) dei cittadini. Storicamente quando la disoccupazione è alta si crea una competizione al ribasso di diritti e salari resa ancor più ingente in presenza di eccessiva immigrazione e puntualmente in Italia un Governo ha approvato il Jobs Act confermando quanto previsto da Gianni Agnelli.
In Italia infatti i sacrifici più controproducenti a livello socioeconomico li hanno imposti i governi di Centro-Sinistra rappresentati dal “combinato disposto” Banche-Apparato di Partito di cui il duo Matteo Renzi – Maria Elena Boschi è stato solo un esempio più eclatante rispetto ad altri meno appariscenti perché magari meglio protetti ed ammanigliati (Ciampi, Prodi, D’Alema, Amato ecc).
Prima della recessione a riconsegnare al paese prezzi fuori misura furono le dinamiche (eccessivamente) inflazionistiche mentre un po’ più recentemente fu il passaggio Lira/Euro gestito in modo scellerato dal Governo Berlusconi che abolì il doppio prezzo nei negozi troppo frettolosamente (il modo più opportuno per evitare l’escalation, non erano tanto i controlli quanto il mantenere a lungo il doppio prezzo Lira/Euro).
In Italia quindi è ormai all’ordine del giorno una riflessione sull’inadeguatezza dei salari ma la reazione “di pancia” ha messo il focus sugli sprechi che il sistema liberista spesso confonde appositamente con i servizi cercando di fare di tutta una erba un fascio; la situazione è ben più complessa e per prima cosa andrebbe osservato il contesto mondiale.
La globalizzazione, al di là della retorica del “mondo senza frontiere”, è un formidabile stratagemma per la mercificazione del lavoratore e per le privatizzazioni ed è promossa dal Fondo Monetario Internazionale (che, come afferma il Nobel dell’Economia Stiglitz, è praticamente controllato dalla finanza internazionale).
Grazie alla globalizzazione, al fine di ottenere maggiori profitti, i capitali imprendono preferibilmente nei paesi dove la manodopera è sottopagata e per questo motivo il lavoratore (come fosse merce), finisce per inseguire i capitali. Come intuirete è questo il principale motivo per cui diverse parti di uno stesso prodotto vengono realizzate in Nazioni diverse.
Difficilmente riusciremo a difenderci da ulteriori smottamenti del benessere (detto anche “Benessere Interno Lordo” dai teorici del superamento del PIL) se continuiamo a pensare che lo Stato vada smembrato in nome del liberismo; con parole meno “auliche” finiremo costantemente in altro “lacrime e sangue” se non volteremo le spalle a chi, in modo più o meno velato, ci propini questa versione.
Il concetto di mercificazione del lavoratore non si esaurisce in questi termini: quando un salariato viene assunto non è “proprietà del datore” bensì presta le proprie competenze in cambio di uno stipendio di livello, di tutele e diritti che garantiscano dignità. Il rispetto di questi Valori, tuttavia, è messo in seria discussione dalla competizione al ribasso tra Stati e Stati e tra Stati Sociali e Multinazionali (pronte a creare le condizioni per privatizzare comparti degli Stati Sociali); a farne le spese sono i cittadini che si ritrovano con salari reali da fame e servizi essenziali privatizzati costosissimi.
La stessa realizzazione di un Reddito Minimo Garantito di Cittadinanza è sotto certi aspetti auspicabile ma non deve essere il viatico per le privatizzazioni ed anche lo sbandierato “Piano Cottarelli” (FMI) va maneggiato con cura perché non è un dispositivo impeccabile ed esente da questi rischi.
Ad incidere in modo negativo sul costo della vita in Italia, infatti, sono state senz’altro anche le liberalizzazioni e le conseguenti privatizzazioni accompagnate, come se non bastasse, dai consueti aumenti di IVA e delle accise sui carburanti.
La quotazione in borsa di Eni ed Enel, la privatizzazione delle forniture delle “utilities” (acqua, corrente e gas) hanno contribuito in modo consistente a indebolire i salari reali italiani rendendoli molto più bassi se comparati a quelli degli altri paesi europei, la metà rispetto alla Germania.
Come poc’anzi accennato alcuni partiti politici hanno utilizzato il Piano Cottarelli, come strumento per la campagna elettorale spacciandolo nell’immaginario collettivo come la pozione magica che incide su questioni parassitarie e destina le risorse ai bisognosi.
In realtà questo protocollo restituisce molto gradualmente (servono anni) l’intero ammontare di risparmio ma, soprattutto, è manifestamente opportuno nella componente riguardante l’abbattimento dei reali sprechi ma diviene una discutibile linea politico-ideologica quando in mezzo alle proprie disposizioni nasconde le privatizzazioni di alcuni servizi offerti dalle partecipate.
Il Piano Cottarelli contiene provvedimenti certamente auspicabili come il taglio del 50% sull’acquisto di caccia da combattimento, la riduzione degli stipendi dei dirigenti delle PA (a mio avviso si potrebbe fare sensibilmente di più) e la razionalizzazione delle Partecipate (da 8000 a 1000), tuttavia comprende pure strette sull’età pensionabile delle donne, sulle pensioni di reversibilità e di accompagnamento, tagli alla sanità, ai sostegni per i disabili e all’edilizia scolastica.
Chi possiede uno spiccato senso della Patria proverà sorpresa consultando la voce riguardante la vendita della Portaerei Garibaldi ciononostante desta più concreta preoccupazione la riduzione degli elicotteri per il soccorso. E’ prospettata pure la riduzione dell’illuminazione pubblica quando a livello locale sappiamo tutti quanto essa sia fondamentale per questioni di sicurezza. Da approfondire sarebbero anche la riduzione dei fondi a famiglie e imprese (in primis di autotrasporto), ed al trasporto pubblico locale e ferroviario.
Concludendo un plauso al Movimento 5 Stelle che ha ricordato alle altre forze politiche che le campagne elettorali si fanno sui progetti ma una ferma critica per la deriva neoliberista (denunciata anche da Aldo Giannuli), su cui si è incamminato non solo nelle politiche proposte (vedasi l’euroentusiasmo) ma in primis diffondendo un impeccabile marketing subliminale di stampo liberista, con gli stessi concetti “meno Stato = felicità” che ricordano tanto il primo Silvio Berlusconi.
Marco Giannini, autore di saggi in materia economica, Giannini è stato vicino al Movimento 5 Stelle fino alla svolta ultra-europeista dei grillini al Parlamento Europeo
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19.03-2018