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La Redazione

 

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Scuola Digitale: Provati danni a apprendimento e QI dei minori

In Senato l'allarme degli esperti già dal 2019. ComeDonChisciotte riporta gli interventi dell'“indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti”. Capitolo 1 - Manfred Spitzer, neuropsichiatra, fra i massimi esperti mondiali del rapporto fra mente e tecnologia.
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A cura di Sonia Milone
Il 2 Ottobre 2023
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Introduzione a cura della Redazione

Adottato con decreto del Ministro dell’Istruzione n. 161 del 14 giugno 2022 – durante il Governo Draghi – e finanziato dal PNRR come parte degli obiettivi fissati per l’ottenimento dei fondi (Target UE M4C1-19), il ‘Piano Scuola 4.0’ rappresenta il definitivo tassello per la transizione digitale di tutto il sistema scolastico italiano entro il 2025.

Lo scopo dichiarato è dotare la didattica dell’uso massivo di tecnologie informatiche, allo scopo di trasformare le aule “in ambienti innovativi di apprendimento” e realizzare “laboratori per le professioni digitali del futuro” prevedendo persino lezioni nel Metaverso, denominato orwellianamente Eduverso. Tutto in perfetta conformità con quanto stabilito dalla Commissione europea con il ‘Piano d’azione per l’istruzione digitale’ a partire dal 2018, ribadito e rafforzato nel 2021 in piena pandemia.

Per comprendere l’evoluzione della trasformazione digitale imposta dalla Commissione in Europa a partire dal 2010 vi invitiamo a scaricare il PDF allegato.

In questa sede vogliamo invece incentrarci sui pericoli che la digitalizzazione della didattica comporta per i più piccoli, i nostri figli, fratelli, nipoti; soggetti considerati fragili poiché dalla mente plasmabile che più di tutti subiranno questa trasformazione, inconsapevoli dei danni che subiranno.

Il ‘Piano Scuola 4.0’ è infatti stato adottato nonostante non esista nemmeno uno studio scientifico in grado di dimostrare la migliore efficacia della nuova didattica rispetto alla metodologia tradizionale e nonostante – fatto ancora più grave – numerose ricerche ne abbiano evidenziato i danneggiamenti dei processi di apprendimento e della salute degli studenti.

E quando tutto ciò, tra qualche anno, sarà palese – proprio come sta accadendo in questo momento in Svezia – i nostri rappresentanti non potranno giustificarsi poiché proprio la 7ª Commissione permanente del Senato italiano organizzò nel 2019, un’“indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”, invitando alcuni dei più autorevoli esperti del settore che lanciarono un vero e proprio grido di allarme.

La Redazione ha quindi deciso di pubblicare i resoconti dell’indagine, in vari appuntamenti (1 ogni settimana) relativi alle rispettive sedute, svoltesi dal 11 giugno 2019 al 2 dicembre 2020.

Qui l’indagine integrale: https://www.senato.it/Leg18/3545?indagine=16

Resoconto n° 1 – 11 giugno 2019 – Audizione del prof. Manfred Spitzer, neuropsichiatra, direttore della Clinica psichiatrica e del Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm, autore dei saggi  “Demenza digitale” (2013), “Solitudine digitale” (2016), “Connessi e isolati” (2018), “Emergenza smartphone” (2019).

Video della seduta: https://www.senato.it/Leg18/4621?video_evento=1319

Documentazione depositata agli atti: Risks and Side Effects of Digital Information Technology in Health, Education & Society – Manfred Spitzer, M.D., Ph.D. Ulm University

 

“Signor Presidente, onorevoli senatori, innanzitutto permettetemi di presentarmi, molto brevemente: sono primario all’ospedale psichiatrico di Ulm e mi occupo da quindici anni a questa parte dei rischi e degli effetti collaterali della tecnologia dell’informazione, su cui ho scritto quattro libri e numerose altre pubblicazioni.

Voglio dire fin dall’inizio che non sono anti-digitale, non sono contro i computer, non sono contro gli smartphone; al contrario, questi sono splendidi strumenti. La mia professione medica non sarebbe possibile, la scienza in generale non sarebbe possibile, senza la tecnologia digitale. Quindi sono qui come scienziato, come medico, e non sono contrario ad essa. Tuttavia, qualsiasi cosa abbia degli effetti comporta anche dei rischi e degli effetti collaterali, che non vengono nè citati nè sottolineati.

In particolare gli smartphone, l’ultima incarnazione della tecnologia digitale, non sono mai stati valutati seriamente per quanto riguarda le conseguenze sulla salute, sull’istruzione, sulla società. Queste conseguenze non volute in realtà sono molto gravi, e voglio sottolinearlo fin dall’inizio.

Cominciamo ad illustrare alcuni rischi ed effetti collaterali sulla salute, per quanto riguarda il corpo: dalla cattiva postura al sovrappeso, ma anche al diabete, all’ipertensione. Questi ultimi sono due fattori di rischio che sono al primo posto come possibile causa di morte, e guardando i numeri la loro incidenza è raddoppiata, non sto scherzando. C’è un’ampia evidenza nella letteratura medica, ad esempio, di come l’insonnia porti all’aumento dei disturbi legati al diabete, e il diabete all’aumento di ictus e infarti nella popolazione: queste cause hanno raddoppiato il numero dei morti. Lo stesso vale per l’ipertensione e per la miopia.

Nell’immagine che ora vi mostro vediamo due bambini che usano un dispositivo digitale ed entrambi portano gli occhiali. C’è un motivo: l’occhio per mettere a fuoco si «allunga»; ma se si allunga troppo vede sfocato e richiede una correzione della miopia. Gli occhi dei bambini sono troppo piccoli e si ingrandiscono finchè non riescono a mettere a fuoco. Se si guarda a distanza ravvicinata, e poichè lo smartphone è molto piccolo viene guardato da vicino, l’occhio si allunga; nei bambini che usano lo smartphone anche dalle tre alle cinque ore al giorno, l’occhio si «allunga» e così diventano miopi e finiscono per avere bisogno degli occhiali.

In Europa il tasso di miopia è normalmente tra l’1 e il 5%, ma tra i giovani è tra il 30 e il 50%; in Cina è all’80%, in Corea del Sud, Paese primo produttore di smartphone, è del 95%. Questa è quella che noi medici chiamiamo pandemia. Non sto scherzando. Tanto premesso, la miopia comporta il rischio di cecità in età avanzata.

È una percentuale piccola, diciamo il 5%. Ma, per fare un esempio, riprendendo il dato della Cina, l’80% di quasi un miliardo e 300 milioni sono circa un miliardo di persone miopi; il 5% significa che ci saranno 50 milioni di ciechi in più tra qualche decennio. Questo solo in Cina. Quindi sto parlando di numeri reali, di malattie reali, che derivano dall’uso degli smartphone che provoca un’alterazione sul normale sviluppo dell’occhio. Non è uno scherzo, ma un fattore preoccupante.

Cosa possiamo fare?

Lo stesso avviene per l’istruzione, perchè anche il normale sviluppo cerebrale è alterato dall’uso degli smartphone. Non c’è un modo giusto di guardare lo schermo di uno smartphone. Se lo si usa per cinque minuti va bene, ma per i bambini e per gli adolescenti è un problema notevole. Per noi adulti non è un problema, possiamo guardare lo smartphone a lungo perchè i nostri occhi sono già formati; magari possono essere danneggiati, ma solo lievemente, mentre per i bambini, i cui occhi sono in fase di sviluppo, è un problema grave.

Ci sono tante altre malattie che possono insorgere dall’uso degli smartphone, ma per esigenze di tempo mi limito a dirvi che io sono uno psichiatra e in psichiatria si studiano la dipendenza, l’aggressione, l’ansia, la depressione, la diminuzione dell’empatia, la diminuzione del grado di soddisfazione nella vita.

In Gran Bretagna è stato fatto uno studio in cui si evidenzia che le ragazze che passano più di tre ore su Facebook a 13 anni hanno il doppio dei rischi di essere depresse a 18 anni.

Uno studio americano ha rilevato, per esempio, che il tasso di suicidi negli ultimi sette anni tra le ragazze giovani è raddoppiato: un raddoppio del tasso di suicidi in un Paese grande significa migliaia di persone in più che muoiono. Negli uomini è aumentato del 30%; tra le ragazze è cresciuto del 100%.

Sempre in America, hanno esaminato 500.000 giovani e hanno visto che maggiore è il numero di ore che questi ragazzi e ragazze passano di fronte agli schermi, maggiori sono i comportamenti suicidi. Si tratta di uno studio pubblicato un anno e mezzo fa: più tempo si passa con lo smartphone più si diventa potenzialmente suicidi. C’è una correlazione diretta, con numeri raddoppiati nelle persone che usano questi media; quindi sicuramente c’è un qualcosa che non funziona. Sono dati che non leggiamo sui giornali; sulla stampa tutti dicono che il digitale è il futuro perchè c’è la lobby più potente del mondo, con tasche e portafogli molto grandi, che ci racconta continuamente quanto è splendido questo progresso di digitalizzazione.

Ebbene, nella sola Germania la lobby del tabacco costa ogni anno 140.000 morti all’anno, il che vuol dire 7 milioni di morti nei prossimi 50 anni, causati da una lobby molto potente. La lobby digitale è molto più potente e provoca molti più morti. Se non crediamo a queste cifre atteniamoci all’evidenza medica: questi sono dati che provengono tutti dalla letteratura medica.

Passiamo ad analizzare i rischi e gli effetti collaterali sull’istruzione: abbiamo una diminuzione dell’istruzione, ovvero un calo dell’attenzione, dell’apprendimento, della conoscenza e una maggiore demenza. Il mio primo libro apparso in Italia si intitola «Demenza digitale», ma l’espressione scelta non è mia e i dati riportati non sono miei. Partiamo dalla diminuzione dell’attenzione: sono stati fatti molti studi in merito; in quello più ampio sono stati presi in esame 7.000 adolescenti cinesi e si è visto che tanto maggiore era il tempo passato allo smartphone, che è il dispositivo digitale più utilizzato, tanto maggiore era la probabilità di soffrire di iperattività e disturbi dell’apprendimento (ADHD).

Che cosa succede se squilla il cellulare? Uno studio di circa 10 anni fa evidenzia una diminuzione dell’attenzione e della memoria: quando il telefono squilla e si misura l’attenzione in quel momento, ovvero proprio mentre sta squillando, già si vede una diminuzione dell’attenzione.

Questo è ovvio ed è stato rilevato dieci anni fa. Più recentemente, nel 2017, si è studiato cosa succede quando il telefono è semplicemente presente, inattivo; ebbene, c’ è un condizionamento diverso a seconda che il telefono stia sul tavolo, nello zaino o nella stanza a fianco.

Si fa un test computerizzato sulle capacità di concentrazione; si fanno test di memoria; si fanno test standard sul quoziente intellettivo che si fanno da decenni. Ebbene, cosa succede in questi casi? Se il telefono è sul tavolo, diminuisce la capacità di memoria e di pensiero.

Nei grafici A e B, depositati agli atti, viene indicata la capacità di memoria e la quantità di pensiero. Da sinistra a destra i grafici indicano la riduzione di queste capacità a seconda che il cellulare sia sul tavolo, nella tasca, nello zaino o nell’altra stanza. Si tratta di un test che misura l’IQ: se lo misuriamo con il cellulare sul tavolo, la differenza registrata è quella rilevabile nel passaggio dalla scuola media alle superiori. È un test facile da fare, ma non lo avrei fatto perchè mai avrei pensato che gli effetti della presenza di uno smartphone fossero così significativi. La ragione è semplice: se lo smartphone è sul tavolo attira costantemente un poco della nostra attenzione; possiamo guardarlo, e quindi ci vuole forza di volontà per non farlo; è richiesto quindi uno specifico sforzo della volontà misurabile con questo test.

Ci raccontano che è un importante strumento di apprendimento: non è vero. È soprattutto uno strumento di distrazione. Molti studi e ricerche dimostrano una diminuzione dell’apprendimento. Parto da uno studio del gennaio 2019 fatto su 2.500 bambini: ebbene, si riscontra una chiara associazione fra lo sviluppo cognitivo all’età dell’asilo (dai 2 ai 5 anni) e l’uso di media che fanno uso di schermi. Oggi le evidenze scientifiche vengono pubblicate in modo molto criptico; nella mia documentazione riporto i risultati dello studio del 2019 condotto, ripeto, su 2.500 bambini insieme ai loro genitori.

Mettendo a confronto il dato relativo al tempo che un bambino di due anni passa davanti allo schermo con il test del suo sviluppo cognitivo, si evince chiaramente una relazione diretta tra i due dati. C’è sicuramente un rapporto tra il tempo trascorso davanti a uno schermo a due anni e lo sviluppo cognitivo a tre anni: non è che se vi è un minore sviluppo cognitivo si ha una maggiore propensione a stare dinanzi a uno schermo; vale invece il contrario: il tempo che il bambino di due anni passa davanti allo schermo ne comporta un minore sviluppo cognitivo a tre anni; e analogamente è il tempo che un bambino di tre anni passa davanti allo schermo che pone le basi per un minore sviluppo cognitivo a cinque anni. E non vale l’inverso.

Stiamo parlando di uno studio molto autorevole, pubblicato su una rivista di medicina importante, secondo cui i dispositivi con schermo non dovrebbero entrare negli asili. Punto.

Tutto il resto è retorica.

Spesso si dice che c’è bisogno dei tablet negli asili perchè i bambini devono abituarsi a utilizzare la tecnologia. E’ sbagliato, perchè impareranno a utilizzare le mani solo per passarle sullo schermo e come dimostrano le neuroscienze, invece, la rappresentazione sensoriale e motoria che consente di sviluppare la cognizione ad alto livello. E ciò perchè le aree di conoscenza cognitiva di più alto livello non sono collegate al mondo esterno: lo sono solo per il tramite delle rappresentazioni sensoriali e motorie. Se si muove solo la manina sullo schermo, il bambino non sarà mai in grado di sviluppare una rappresentazione sensoriale che consenta di distinguere tra i vari oggetti. Il ritorno sensorio su uno schermo di vetro è pari a zero; il bambino non impara a distinguere se sta toccando metallo piuttosto che marmo, ferro o legno.

Quindi, quando mettiamo un bambino dell’asilo di fronte a un touchscreen e gli facciamo usare l’iPad riduciamo il suo sviluppo cognitivo.

Non è per niente istruttivo, e a chi dice che è meglio avere delle toilette per bambini con i leggii per gli iPad dico che non ha alcun senso e che una scelta del genere non ha alcun fondamento.

Passiamo alla scuola elementare, ai bambini dagli 8 agli 11 anni. Parliamo di uno studio che ha esaminato 4.524 bambini di 21 scuole degli Stati Uniti nel periodo settembre 2016 – settembre 2017: si è esaminata la correlazione tra sonno, sport e dispositivi con schermo e lo sviluppo cognitivo. C’era un piccolo effetto positivo sullo sviluppo cognitivo derivante dal sonno, un piccolo miglioramento derivante dallo sport e, per contro, un enorme effetto negativo derivante dall’uso degli screen media, ovvero i dispositivi con schermo. Quindi, si registra un limitato effetto positivo del sonno e dello sport sullo sviluppo cognitivo e un forte impatto negativo invece derivante dall’uso di dispositivi con schermo.

C’è poi uno studio che riguarda i quattordicenni: più si utilizza lo smartphone, minore è lo sviluppo accademico, aumenta l’ansia, aumenta l’insoddisfazione della vita. La platea di riferimento è composta da ragazzi da 14 a 16 anni, con effetti molto chiari. Quando si impara meno, si sviluppa minore conoscenza. E questa, di nuovo, non è una mia opinione: un documento pubblicato nel 2017 dimostra che gli studenti stanno meglio senza un laptop in classe. Questo studio raccoglie molte prove che sono state raccolte a conferma di ciò.

Nella documentazione riporto alcuni studi originali che hanno preceduto un altro studio, pubblicato a fine 2017: si chiama «Logged In and Zoned Out».

La Germania ha speso 5 miliardi di euro per avere sistemi wireless nelle classi – non riesco a dirlo senza arrabbiarmi perchè vi darò i dati di quello che sta succedendo in Germania a causa di questo – e il Governo ha voluto assegnare un computer a ogni ragazzino. Quindi, è stata costituita una nuova classe dove tutto è computerizzato, tra studenti e insegnanti a volte si parla attraverso il computer per cui la giornata scolastica è molto computerizzata. Il mainframe, il server, controlla quello che ogni studente fa al computer e, dopo 15 settimane di corso, si dà un esame sull’utilizzo del computer.

Ebbene, il primo risultato di questo esame è che il 34% del tempo del corso di studio è stato speso per usi non accademici: gli studenti hanno passato tempo su Facebook, hanno fatto shopping, hanno letto email, hanno chattato, hanno letto notizie, hanno guardato i video, hanno giocato sul computer. Ognuno di questi usi è correlato negativamente al risultato dell’esame. Ma questo è ovvio: se si passa il tempo a non studiare non si impara e questo studio lo dimostra chiaramente.

Poi c’è un secondo risultato molto interessante. Questo studio è stato condotto su un centinaio di ragazzi. Ogni ragazzo ha studiato al computer quattro materie scolastiche e, tenendo in considerazione la correlazione tra l’attività al computer su materie di studio curriculari e il rendimento scolastico, questa è stata pari a zero.

Il miglioramento dato dal computer è stato pari a zero.

Quindi, non è vero che più tempo gli studenti passano al computer studiando la materia, più imparano. Se il computer fosse una pillola contro la stupidità diremmo che non ha alcun effetto per il miglioramento della conoscenza e ha molti effetti collaterali negativi. Una simile «pillola» non sarebbe mai approvata, la Food and Drug Administration non l’avrebbe mai autorizzata per scopi didattici.

All’Accademia militare americana di West Point è stato recentemente condotto uno studio randomizzato su 50 classi e 726 studenti: 17 classi hanno ricevuto un laptop e un tablet, 15 classi hanno ricevuto soltanto un tablet e 18 classi non hanno ricevuto nulla. E poi hanno lavorato in base al principio business as usual, agendo cioè come al solito; hanno lavorato un intero semestre con le classi equipaggiate così, seguendo il normale programma didattico e alla fine del semestre hanno fatto molti esami. Il risultato è stato chiarissimo:

Gli studenti che non avevano mezzi digitali sono risultati del 20% migliori di quelli appartenenti agli altri due gruppi. Ricordo che siamo a West Point: si tratta quindi di gente molto motivata, molto impegnata, di giovani che spendono tanti soldi perchè vogliono fare una carriera. E se va così male a West Point, sarà molto peggio in tutte le altre strutture di istruzione.

Molto peggio sarà nelle scuole, dove i ragazzi hanno un minore bagaglio informativo, e forse andrà peggio in tante università, dove gli studenti talvolta – come accade in Germania – vanno a passare il tempo solo per avere l’assicurazione sanitaria gratuita per un paio di anni. Quindi, anche su persone molto determinate come quelle che frequentano l’Accademia militare di West Point si verifica questo significativo effetto negativo.

Da ultimo, vengo allo studio PISA, che tutti conosciamo. Si tratta di quindicenni che vengono esaminati ogni due-tre anni, con una valutazione fatta in 32 Paesi OCSE e in altri 25 Paesi non OCSE. Il direttore del Dipartimento istruzione dell’OCSE, nel settembre 2015, ha pubblicato uno studio nel quale è stato osservato il rendimento dei quindicenni di questi circa 50 Paesi, misurato sul livello di competenza di questi ragazzi negli ultimi dieci anni. I livelli miglioravano o peggioravano? È stato realizzato un grafico, dove lo zero si trova a metà; quindi, quelli che stanno sopra lo zero, nella metà superiore, sono i più bravi, quelli che sono migliorati, mentre quelli al di sotto dello zero sono gli studenti che sono peggiorati. L’asse dà conto di quanto è stato speso nel Paese in quell’arco di tempo a livello di computer pro capite. Se il computer fosse uno strumento buono per l’istruzione ci si aspetterebbe che, più si spende, più i ragazzi migliorano; mentre, se si spende di meno, questi peggiorano.

I grafici invece dimostrano che più un Paese ha speso per la digitalizzazione e meno si è sviluppato negli ultimi 10 anni.

L’Australia, dopo aver investito 2,4 miliardi di dollari australiani sulla digitalizzazione nel 2008, ha registrato nei successivi dieci anni un peggioramento notevole dei livelli di apprendimento. La Germania non ha investito tantissimo, un fatto che viene spesso criticato sui giornali; e tutto sommato ha avuto un miglioramento del 10 per cento nell’ultimo decennio.

Dai grafici quindi si evince che i dati su un campione di oltre un milione di studenti di 50 Paesi non portano affatto alla conclusione che digitalizzando le scuole i ragazzi impareranno di più!

Non c’è modo di arrivare a una simile conclusione!

Poichè sono il primo a intervenire in questa indagine, sono sicuro che tanti che ascolterete dopo vi parleranno di quanto è bella la digitalizzazione. Ebbene, chiedete di avere le prove, di vedere quali studi sono sta utilizzati per dimostrarlo. Quando io l’ho fatto, qualcuno ha risposto che sicuramente degli studi esistono, ma ogni volta che ho chiesto che mi venissero forniti nessuno mi ha poi mandato niente. E se anche qualcuno mi ha mandato qualche ricerca, era evidente quanto fossero infondate e guidate dall’interesse. Se uno è uno scienziato, si rende facilmente conto, al primo sguardo, che le ricerche che dicono il contrario di quanto sto dicendo sono un non sense, delle fesserie.

Uno studio del Regno Unito ha osservato cosa succede quando si vieta il cellulare nelle scuole. Questo studio è stato condotto da un economista di Londra su 90 scuole che, tra il 2002 e il 2012, hanno introdotto il divieto dell’utilizzo del cellulare a scuola. Quindi, sono stati esaminati tutti i voti di oltre 130.000 studenti ogni anno, per cinque anni, prima e dopo il divieto di usare gli smartphone. Sono stati messi insieme i dati, assegnando il valore zero al momento in cui è iniziata l’osservazione, e sono stati valutati 130.000 voti ricevuti dagli studenti a fine anno. Ebbene, ecco i dati.

Considerando zero il momento in cui è partito il divieto dei cellulari, un anno dopo gli studenti hanno migliorato i voti in modo significativo e l’anno dopo hanno fatto ancora meglio e così via, sempre meglio. E il miglioramento è iniziato dal giorno in cui sono stati tolti gli smartphone nelle scuole. Questa è un’altra prova che dimostra che gli smartphone sono una distrazione, non servono e sono nocivi per l’apprendimento.

Prima c’era una curva che saliva e scendeva intorno allo zero. Poi, sin dal primo anno, subito si parte con una curva che segna una significativa tendenza in aumento. Con tutti questi dati a disposizione, gli studiosi hanno potuto articolare le analisi dei sottogruppi; lasciatemi dire di una di queste, che ritengo molto importante: hanno esaminato i cambiamenti apportati dal divieto di smartphone ai voti, misurando i voti. Quindi hanno esaminato il 20% dei ragazzi che hanno avuto i voti peggiori, poi il 20% di quelli che hanno fatto un po’ meglio, il 20% in posizione centrale e così via, esaminando cinque gruppi in base al voto: hanno esaminato come cambiavano questi 5 gruppi. I ragazzi che facevano peggio hanno beneficiato di più del divieto di usare i cellulari. I migliori non hanno cambiato per niente i propri risultati e questo corrisponde a tutti i dati reperibili anche in altre analisi.

Ho letto altre sei ricerche dove è stata fatta questa misurazione e tutte e sei hanno dimostrato chiaramente che gli studenti che non vanno bene peggiorano molto quando si introducono i computer nelle scuole, mentre quelli che vanno meglio non modificano il loro rendimento. Ma gli studenti peggiori sono molto danneggiati.

Questo è importante, perchè in Germania molti politici e le maggiori associazioni delle industrie del settore digitale, sostengono continuamente nelle loro pagine web che per ogni ragazzo figlio di disoccupati è necessario dare uno strumento digitale gratuito e l’accesso gratuito al web, in modo che possano avere accesso gratuito a tutta la conoscenza del mondo, e che la digitalizzazione consenta di colmare il divario educativo tra chi ha e chi non ha. Questo è un pio desiderio e anzi è vero il contrario.

Se si introducono apparecchi digitali nelle scuole si aumenta il divario di apprendimento tra chi ha e chi non ha. Quindi l’idea di digitalizzare per dare una chance ai poveri è sbagliata; la digitalizzazione toglie le possibilità ai poveri, non gliele dà: questo è un punto politico molto importante da sottolineare.

Abbiamo parlato della minore conoscenza. Ci sono tantissimi studi; questo è uno studio pubblicato su una rivista scientifica condotta da un professore di Harvard e della Columbia, che è stato pubblicato nel 2011. Hanno condotto cinque esperimenti molto semplici: hanno dato delle informazioni attraverso dei libri o delle riviste scientifiche, attraverso Google oppure dei libricini ed opuscoli; cinque giorni dopo hanno valutato quanto rimaneva nella loro memoria, quanto avevano imparato. Hanno riscontrato per cinque volte la stessa cosa, ovvero se si danno le informazioni tramite Google si impara di meno, si impara il minimo.

Questo è importante: non si impara di più utilizzando Google, si impara di meno.

Parliamo di riviste scientifiche, di professori di Harvard e della Columbia. Questo studio è stato condotto circa dieci anni fa. Forse è la prima volta che ne sentite parlare, ma sono informazioni disponibili, pubbliche e i dati parlano chiaro.

Passiamo ai libri di testo elettronici.

Secondo quanto pubblicato su una rivista scientifica nel 2012, si impara di meno utilizzando i libri di testo elettronici, non si impara di più rispetto ai libri cartacei.

Sono state pubblicate una serie di meta-analisi che raffrontano diverse centinaia di studi che comparano la lettura su carta e la lettura su schermo. A novembre del 2018 sono usciti i risultati di queste meta-analisi.

È emerso che leggere da un libro cartaceo consente di memorizzare meglio rispetto alla lettura da uno schermo.

Ci sono centinaia di studi che giungono alla stessa conclusione. I cervelli non fanno download.

Un computer può scaricare qualcosa perchè ha un hard drive e una CPU: la CPU si occupa del calcolo dei numeri mentre l’hard drive si occupa della memoria. Il vostro cervello contiene 100 miliardi di neuroni che elaborano le informazioni attraverso un sistema di segnalazione che collega tutti questi neuroni. Tutto ciò cambia le connessioni tra neuroni, quindi il grado di connettività. Più c’è cross feeding, più c’è questo fuoco incrociato, maggiore è la connettività. Questo migliora la performance del dispositivo; e il nostro dispositivo è la memoria. Non abbiamo una divisione tra la memoria e l’elaborazione dei numeri; l’elaborazione dei numeri e la memoria sono la stessa cosa: sono i neuroni e le loro connessioni. I cervelli quindi cambiano attraverso il loro utilizzo, che è la cosa più importante; è il fatto più importante che possiamo derivare dagli studi delle neuroscienze negli ultimi cinquant’anni. Il cervello, l’encefalo, si modifica attraverso l’utilizzo: più si utilizza il cervello, più cambia, ed è una cosa molto importante.

Avete letto molto dei nativi digitali. A volte si dice: è outsource, e quando è outsource c’è più spazio per fare altre cose e si possono fare meglio altre cose. Non è così, questa cosa è una enorme sciocchezza: non si migliora la capacità di imparare il cinese a vent’anni quando magari si è saltato l’inglese al ginnasio perchè si è liberato spazio nel centro che si occupa della elaborazione linguistica. Non è così: quante più lingue si conoscono, tanto più bravi si diventa nell’imparare altre lingue. Non c’è questo concetto del risparmio di spazio nel cervello. Quello che non si è imparato da giovani o da ragazzi non ci dà più spazio per imparare altre cose; in realtà ci impedisce di imparare altro. Questa è una cosa molto importante, ma è un’informazione che non è contenuta nelle notizie che si diffondono sui nativi digitali. Si dice sempre che è fantastico che non sappiano nulla, perchè così sono tabula rasa e possono imparare tante altre cose. No, è proprio il contrario: più si sa e migliore è l’apprendimento sotto tutti i punti di vista. È una cosa ovvia e davvero banale. E tuttavia, poichè spesso si dice il contrario nelle pubblicazioni più recenti, ma in realtà è una affermazione totalmente fuorviante, occorre ribadirlo. Ancora: si dice «non c’è bisogno di conoscere nulla perchè possiamo googlare tutto»; anche questa è una sciocchezza, perchè per usare Google dovete già conoscere delle cose. È la vostra conoscenza preesistente che vi consente di selezionare i risultati che ottenete attraverso la ricerca su Google. Se non avete una conoscenza preesistente, non avreste domande da porvi e non utilizzereste comunque Google. Se non sapete nulla, non sarete in grado di utilizzare Google; è la vostra conoscenza pregressa che vi consente di utilizzarlo.

Non so se conoscete il cosiddetto morbus Google: è un bellissimo esempio proprio di quello che vi ho appena detto. Vi è uno studio pubblicato da ingegneri della Microsoft nel 2009 ottenuto analizzando diverse migliaia di ricerche mediche nel più grande motore di ricerca del mondo. È stato riscontrato che solitamente si comincia dalla ricerca di un mal di testa, tremori e quant’altro, e poi, a un certo punto, dopo 0,1 secondi, si finisce per passare per esempio al tumore cerebrale o alla SLA e si può arrivare al decesso. Ci sono persone devastate dopo questa esperienza; e la loro ricerca al computer non giunge a una conclusione, perchè il giorno dopo magari si fa una nuova ricerca e poi si va da un medico. Questo alla società tedesca è costato l’1 o 2 % della spesa sanitaria. Questo è il morbus Google, il morbo di Google ci sono studi anche su questo: un miliardo al giorno. Una spesa causata da persone che non sanno nulla di medicina che usano Google per ricerche su sintomi e malattie. Qual è la conclusione? È molto semplice:

Se si usa Google per scopi medici, è bene essere un medico. Solo allora si può utilizzare veramente Google, perchè si hanno le conoscenze che bisogna avere per usare Google. Non esiste una competenza mediatica o un’alfabetizzazione mediatica che ci consentano di utilizzare Google e di capire cosa è vero e cosa è falso, se non si sa nulla prima. Queste capacità non esistono, e questo è dimostrato chiaramente; non possono esistere. Se si sa qualcosa, si può sapere qualcosa di più; ma in assenza di una conoscenza preesistente, Google è inutile.

Ma in che modo la conoscenza arriva nel nostro cervello? Non usando Google. Vi ho fatto vedere lo studio scientifico che dimostrava proprio questo.

Se ci si vuole preparare, se si vuole preparare la prossima generazione per l’era digitale, c’è una cosa che non si deve fare nel periodo della scuola: usare Google. Perchè è importante che questa generazione acquisisca delle conoscenze. Solo una volta in possesso di queste conosce sarà in grado di utilizzare Google. Non si può imparare a utilizzare Google usando Google, non ha senso.

Vi mostro ora i dati relativi a 1,8 milioni di corsi online, per darvi un’idea di quanto ampia sia la letteratura su questo tema; nel grafico si illustra la percentuale di successo a seconda dell’indice di sviluppo del Paese dell’utente. Potete vedere la percentuale di successo dell’e-learning, che è tra il 2 e l’8%, che è una cosa pessima, a pensarci. Se fossi un dottore e avessi inventato un nuovo metodo per operare e tra il 92 e il 98 % dei pazienti morisse sul tavolo operatorio, non diventerei famoso. Ma l’e-learning viene considerato il metodo migliore per imparare, ma non lo è. Qui vedete una correlazione molto chiara tra la conoscenza pregressa e la conoscenza acquisita: quanto maggiore è, in media, la conoscenza delle persone nel Paese d’origine, tanto maggiori sono le possibilità di avere successo in un corso di e-learning. Questo è stato dimostrato molte volte: l’e-learning è pessimo nel trasferimento delle informazioni, specialmente nei confronti di coloro che non hanno conoscenze. Io potrei seguire un corso online perchè sono un professore, ho dei dottorati di ricerca, quindi ce la farei a superare un corso online. Ma gli studenti giovani che vanno a scuola, no, non potrebbero, ed è molto importante sottolineare questo aspetto.

Scrivere a macchina o al computer non facilita l’apprendimento rispetto alla scrittura a mano. Questo è uno studio condotto nel 2014 da alcuni americani, Mueller e Oppenheimer della Silicon Valley, dell’Università di Princeton, che hanno fatto quattro esperimenti con una classe molto numerosa. Metà degli studenti ha utilizzato una penna, mentre gli altri hanno utilizzato un dispositivo elettronico. E dopo la lezione hanno sottoposto agli studenti un questionario a risposta multipla sulla lezione.

Ebbene, chi aveva scritto a mano è andato molto meglio degli altri nel test. Il motivo è molto semplice: quando si scrive al computer ci si può persino dimenticare quello che la persona sta dicendo; non si pensa, ci rimane solo la voce in testa e si trascrive. È il pensiero che si elabora quando si ascolta qualcuno che cambia il nostro cervello. Ancora una volta: è il cervello che cambia con l’utilizzo. Se si scrive, non si può scrivere velocemente quanto una persona che sta parlando, quindi bisogna concentrarsi su quello che è importante, su cosa dobbiamo annotare per riportare un fatto, su come dobbiamo organizzare gli appunti.

Si pensa molto online in concomitanza con una presentazione di un professore, ed è esattamente ciò che si fa quanto si memorizza: quindi si utilizza il cervello, non ci si addormenta e non si clicca soltanto scrivendo con il pilota automatico.

I libri di testo, quanto più sono digitalizzati, tanto peggiori sono.

Se si studia su libri di testo in cui riferimenti o la bibliografia sono sostituiti da hyperlink e le fotografie dai video, l’apprendimento peggiora. Se si trasferisce un libro su uno schermo con il PDF, l’apprendimento peggiora, anche se non peggiora quanto una digitalizzazione completa di un libro di testo. E ciò avviene perchè se si sfruttano appieno le potenzialità di digitalizzazione nell’ambito di un libro di testo con hyperlink e video l’esito educativo sarà il peggiore.

Questo è molto importante, perchè a volte si dice che bisogna imparare a utilizzare in modo migliore le tecnologie digitali e dobbiamo profondere maggiori sforzi nell’utilizzare al meglio queste capacità. In realtà, gli sforzi profusi in tal senso vanno a inficiare l’apprendimento. Ripeto che si tratta di una questione molto importante.

Salto la parte della mia presentazione relativa alla società, ma vi posso dire che ci sono chiare evidenze su «Science» e «Nature», due riviste scientifiche molto importanti, sul fatto che quando c’è Twitter si hanno subito fake news; si ha la radicalizzazione della popolazione mondiale da quando esiste YouTube, perchè l’algoritmo principale solitamente vi raccomanda la visione di video sempre più radicali. L’80% del contenuto di YouTube è raccomandato da YouTube stesso e l’algoritmo vuole incollarci allo schermo. Per questo motivo ci dà un video più radicale ogni volta che ne propone uno nuovo. Dal momento che la popolazione mondiale trascorre un miliardo di ore al giorno a visionare YouTube, ciò si traduce in 800 ore di video più radicali al giorno visionati dalla popolazione mondiale. Questa è radicalizzazione per definizione, perchè si visionano più video radicali rispetto a quelli che inizialmente si volevano visionare su YouTube.

Facebook ci spia. Conoscete lo scandalo della Cambridge Analitycs: quello che mi ha colpito è che tutto era stato già pubblicato sulle principali riviste scientifiche prima ancora che scoppiasse lo scandalo. È stato pubblicato uno studio sulla rivista «Nature» nel 2012 effettuato su 61 milioni di persone: si tratta di un esperimento su come influenzare un’elezione. Ebbene, possiamo dire che funziona. Mi riferisco all’elezione del Congresso del 2010: è stato dimostrato che le elezioni possono essere influenzate in questo modo. Si tratta di uno studio pubblicato su «Nature» in un articolo che si occupa di ricerca.

Su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America) è stato pubblicato nel 2014 un esperimento, condotto su 700.000 persone, su come sia possibile influenzare il loro stato emotivo. Sono importanti le parole che vengono usate in un news feed. Se si usano parole più depressive, i lettori tendono a deprimersi. Ci bastano 9 like su Facebook per arrivare a conoscere una persona come se fossimo suoi colleghi di lavoro; 60 like come fossimo suoi amici; 200 like come fossimo la moglie o il marito; 600 like per conoscerla meglio di se stessa.

Nel 2017 un altro studio pubblicato su PNAS ha riguardato mezzo milione di persone: la conoscenza della personalità può essere utilizzata per migliorare i comportamenti di acquisto, perchè si personalizzano gli annunci pubblicitari. Non so se lo avete notato, ma funziona: vi compare sul computer un annuncio personalizzato di un prodotto che avete in precedenza cercato.

Per quanto riguarda la fiducia, l’empatia e la salute, sono tutti elementi che ne sono danneggiati, come la verità e la sua diffusione. Le notizie errate, infatti, circolano molto più velocemente della verità, come stato scritto sulla rivista «Science» l’anno scorso. Pensate ai rischi e agli effetti collaterali, in particolare per quanto riguarda i giovani, la loro salute e istruzione, nonchè la società democratica, ovvero tutti noi.

Questo è quanto dovevo dire. Resto a vostra disposizione per rispondere a eventuali domande e fornirvi ulteriori dettagli nel caso ne aveste necessità”.


I resoconti dell’“indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento” – Capitolo 1.

CONTINUA…

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